CASELLI, Giovanni
Nacque da Giacomo e da Domenica Caselli nell'ottobre 1698 a Castagnola Val d'Aveto, una piccola località dell'Appennino piacentino (Fiori).
Il C. si era stabilito giovanissimo a Piacenza, dove s'era specializzato, probabilmente senza maestro (la famiglia era poverissima), come pittore di miniature (nove ritratti in miniatura su pergamena erano conservati, secondo la testimonianza dell'Ambiveri, presso i conti Tedeschi Baldini, nel 1885). Con il quadraturista cremonese Francesco Natali egli lavorò alla decorazione del teatro piacentino dell'Accademia (1726-27), andato distrutto, e probabilmente anche in un ambiente del palazzo Farnese di Piacenza e nella rocca Farnese di Sala Baganza. Si sa che, pur abitando ancora a Piacenza, operava per la corte di Parma già fin dal 1723 come "primo disegnatore di cammei e pietre incise, primo ritrattista di miniatura" al servizio di Francesco Farnese (Fiori). Fornì il disegno per un Ritratto del duca Antonio Farnese inciso da M. Francia (Piacenza, Bibl. comunale).
Quest'attività è documentata dalle diciannove finissime incisioni di ritratti immaginari dei Famese illustri nel Medioevo inserite nel decimo volume dei Cesari pubblicato a Parma nel 1727 a cura di Pietro Piovene e dedicato al duca Francesco Famese. Esse costituiscono le uniche testimonianze certe della attività giovanile del C.; e gli omati che le incorniciano sembrano anticipare la sua futura attività di decoratore di porcellane. Per analogia si è tentati di riferirgli il piatto istoriato, ora in collezione privata milanese, pubblicato da Stazzi (figg. 64 s.).
Il C. fu attivo presso la corte di Parma con vari incarichi; nel 1733 era primo pittore di Camera. Carlo di Borbone (il futuro Carlo III di Spagna), che aveva avuto modo di apprezzarne le capacità durante il breve periodo in cui era stato duca di Parma e Piacenza e gli aveva fissato dal 10 genn. 1734 un buono stipendio, divenuto re delle Due Sicilie, lo chiamò a Napoli e se ne valse subito, con mansioni di fiducia, quando si trattò d'impiantare la fabbrica di porcellane, prima, nella fase sperimentale (1738), nei giardini del palazzo reale, e poi (1741) a Capodimonte.
Il C. è documentato a Napoli per la prima volta nel 1737 (Minieri Riccio, da consultare anche per tutta la documentazione seguente). Nello stesso anno chiese e ottenne dalla Curia vescovile di Piacenza la dichiarazione di stato libero (Fiori). Nel 1741, il re lo nominò primo pittore di Camera e direttore delle miniature; e nel giugno 1743, quándo, dopo un periodo di prove, ebbe inizio la lavorazione su vasta scala, gli affidò la direzione artistica della fabbrica, dove collaboravano con lui per la parte tecnica il chimico Livio Vittorio Schepers (allontanato nel 1744) e il figlio Gaetano, e per la modellazione i fratelli Giuseppe e Stefano Gricci (il C. dirigeva il gruppetto di miniatori).
Almeno nei primi tempi il C. ebbe presenti le finissime porcellane di Meissen, che dal 1738 erano nei palazzi reali, portate con il corredo nuziale dalla regina Maria Amalia, figlia di Federico Augusto, elettore di Sassonia e re di Polonia. Ma in seguito si riferì anche a stampe "alla cinese" (con figure, marine, paesi e fiori), ed a riproduzioni a stampa dei dipinti di Watteau e di Boucher, che tradusse per sintesi sulla porcellana. Nelle realizzazioni del C. i boschi si diradano, i prati si riducono a batuffoli aerei di verde tenero e le figure, già così leggere nei due pittori francesi, diventano evanescenti, fluttuano nell'aria sullo sfondo di paesi romantici. L'ordine del re era infatti di prendere spunti, ma di non copiare mai.
Il 4 giugno 1741 il C., che abitava in Napoli nella parrocchia di S. Marco di Palazzo, sposò Elisabetta Manzo, dalla quale ebbe Maria Felice nel 1744, Carlo nel 1746 e Angela nel 1749. A provare il prestigio di cui godeva basti osservare che padrino di battesimo di Maria Felice fu il piacentino conte Felice Gazzola, generale e comandante dell'artiglieria del Regno. Nel 1748, in un privilegio di nomina ad archiviario di certo Carlo Caselli (evidentemente non il figlio, ma un parente del C.), nomina avvenuta per "riguardo al singolare merito di Giovanni Caselli Piacentino", il re ricorda il curriculum dell'artista al servizio prima dei Famese e poi dei Borboni e ne mette in evidenza la "puntualità, fedeltà ed esattezza", per cui in Parma aveva avuto singolari attestazioni di fiducia dal duca Antonio, che l'aveva nominato "Guardaroba Segreto di quella Serenissima Duchessa senza lo menomo Inventario".
Il gusto del C. ha improntato tutta la prima produzione della celebre manifattura di Capodimonte. Le sue opere sono identificabili, oltre che per la tecnica "a punto" con cui sono eseguite, per "l'atmosfera di sogno silvestre e amoroso", per "il tocco sicuro e e sfumato" delle composizioni (Stazzi). Tra le sue creazioni di maggiore impegno è ricordato un "gioco", o servizio da caffè, di trenta pezzi decorati con gli "Amori", detto "gioco degli Amori" o "le pene degli innamorati", che nel 1744, insieme con un servizio da tavola dipinto poco prima ("turchino a paesi"), era stato spedito al re, che si trovava a Velletri con il suo esercito per le vicende della guerra di successione austriaca. Nello stesso anno il C. aveva miniato un "giuoco di fiori grandi" e un altro di battaglie. Opere attribuite al C. sono conservate a Londra nel Victoria and Albert Museum, a Napoli nei musei Duca di Martina, Pignatelli, Filangieri e di Capodimonte (cornice per specchiera), e a Benevento nella collezione Pironti.
Il C. non s'interessava solo della miniatura, ma anche della doratura; e inoltre sorvegliava tiratori di ruota e addetti alle fornaci. Oltre che artista il C. fu quindi anche tecnico: consigliava il combustibile adatto per evitare il deterioramento delle vernici, sceglieva ori, oli e colori; e organizzava gli acquisti delle materie prime. Inventò un tipo nuovo di muffola ed ebbe il merito di segnalare al re. che aveva piena fiducia in lui, le singolari doti di Gaetano Schepers.
Diresse la fabbrica di Capodimonte fino alla morte, avvenuta il 4 dic. 1752, come risulta dall'atto (steso il giorno 6) conservato presso l'archivio parrocchiale di S. Maria delle Grazie, a Capodimonte. Fu sepolto nella chiesa di S. Paolo dei Teatini, a Napoli.
Tra i suoi allievi e collaboratori sono da segnalare, oltre alla nipote Maria, Giuseripe, Giovanni Battista, Francesco e Nicola della Torre, Carlo Coccorese, Gennaro Avolio, Saverio Brancaccio, Nicola Senzapaura, Luigi Restile, Antonio Provinciale e Ferdinando Sorrentino.
La nipote Maria fu specialista di fiori e paesaggi in miniatura. Non si sa con precisione né dove né quando sia nata, ma poiché già nel 1744 lavorava come pittrice presso la fabbrica delle porcellane di Capodimonte diretta dallo zio (dopo essere stata allieva della scuola per pittori e modellatori istituita dal re presso la fabbrica stessa), è logico pensare che si fosse trasferita da Piacenza (o da Parma) a Napoli, con lo zio stesso, nel 1734.
Maria risulta attiva nella fabbrica di Capodimonte ancora nel 1745, ma non figura nella pianta del personale del 1755.
La sua attività si confuse con quella dello zio. Come suoi lavori sono ricordati piattini lavorati a fiori e a battaglie, teiere, zuccheriere, scodelle, chicchere, tazze, boccali e pomi di bastone: in qualche caso i fiori erano dipinti a chiaroscuro (turchini). Ma le attribuzioni non hanno un punto certo di riferimento.
Fonti e Bibl.: Parma, Gall. naz., E. Scarabelli Zunti, Documenti e mem. di Belle Arti parmigiane (ms.), VII (1701-1750), f. 34 (con trascrizione di docc.); P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, I, 7, Parma 1820, p. 51; C. Minieri Riccio, La Fabbrica della porcellana in Napoli ..., in Atti dell'Accad. Pontaniana, XIII (1880), pp. 267-364 passim (trascrizione di docc. distrutti durante la seconda guerra mondiale); L. Ambiveri, G. C., in Strenna piacentina, 1885, p, 114, L. Mensi, Diz. biograf. piacentino, Piacenza 1899: p. 112; A. Ambrogio, Di un miniaturista delle porcellane di Capodimonte, in Il Falco, 1° marzo 1922; A. de Eisner Eisenhof, Le porcellane di Capodimonte, Milano 1925, pp. 18-20, 27, 31 s., 53, 54, 62, 66; A. Ambrogio, Un artista piacentino a Capodimonte, in Libertà, 10 ag. 1947; E. Romano, Le Porcellane di Capodimonte, Napoli 1959, ad Indicem;G. Fiori, Nacque fra i monti di Valdaveto un grande miniaturista del '700, in Libertà, 4 nov. 1970; Id., Not. biograf. di pittori piacentini dal '500 al '700, in Arch. stor. per le prov. Parmensi, s. 4, XXII (1970), pp. 114-116; A. Carola Perrotti, La fabbrica di Capodimonte, in Storia di Napoli, VIII, Napoli 1971, pp. 610618 passim;F. Stazzi, L'arte della ceramica. Capodimonte, Milano 1972, ad Indicem; Christie's Review of the season 1974, New York 1974, p. 344; Christie's Review of the season 1975, London. 1975, p. 308; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 112.