CARRON, Giovanni
Nacque a Chambéry intorno al 1570 da famiglia borghese. Il padre Claudio era "cittadino" di Chambéry, oriundo del Bugey, "di assai modeste condizioni". Trasferitosi in Piemonte nel 1590 il C. iniziò una fortunata carriera al servizio dei duchi di Savoia, che lo portò a raggiungere i più alti gradi nell'amministrazione dello Stato e a gettare le basi della fortuna della sua famiglia.
Il suo caso può effettivamente costituire la miglior esemplificazione delle grandi possibilità che il servizio del principe offriva in tale periodo ai membri più intraprendenti della borghesia degli uffici, a somiglianza del più noto modello dei cursus honorum borghesi della vicina Francia.
Il C. infatti, dopo aver servito alcuni anni come aiutante particolare nella Gran Cancelleria, il 20 ag. 1595 ne venne nominato segretario, insieme con Filiberto Roncas in un primo tempo, in seguito da solo. Il 1ºott. 1603 ottenne la nomina a segretario di Carlo Emanuele I e il 22 sett. 1610 il duca lo nominò consigliere e segretario di Stato e Finanze. Il 27 ott. 1614 acquistò per 900 scudi la carica di mastro auditore camerale nella Camera dei conti di Savoia, ufficio che tuttavia esercitò raramente. A partire da tale anno il C. venne impiegato in quella che era l'attività principale dei segretari e dei consiglieri di Carlo Emanuele I, vale a dire l'attività diplomatica. Di conseguenza, come risulta dalle Istruttioni di S.A.R. al segretario Carron … del 18nov. 1615, il C. venne inviato una prima volta in Svizzera a Neuchâtel, per recare le congratulazioni e il saluto del duca di Savoia alla duchessa di Longueville ivi giunta e soprattutto per invitarla "a preferire S.A. nel caso volesse vendere il contado di Neuchâtel".
Inoltre il C. doveva informarsi con discrezione dell'eventuale prezzo richiesto e in particolare del numero "dei luoghi, terre e castella" del contado, del numero degli abitanti residenti e dei redditi di cui la duchessa godeva.
Poco meno di due anni dopo, nel dicembre 1617, ritroviamo il C. inviato a Milano in una missione di particolare importanza: insieme con il presidente del Senato gli Piemonte Giovan Francesco Piscina era incaricato di seguire le trattative fra l'ambasciatore di Francia Béthune e il governatore di Milano don Pedro de Toledo per la restituzione della piazza di Vercelli occupata dagli Spagnoli durante la guerra contro il duca di Savoia.
In seguito al trattato di Madrid e agli accordi di Pavia del 1617 era stato convenuto che fossero restituite tutte le piazze occupate dai rispettivi eserciti, vale a dire di Vercelli al duca di Savoia e delle piazzeforti del Monferrato ancora occupate da Carlo Emanuele I al duca di Mantova. Era stato deciso inoltre l'effettivo disarmo delle truppe sabaude catturate dagli Spagnoli a Vercelli e la loro riconsegna agli inviati del duca di Savoia a Milano. Quest'ultima parte delle trattative era competenza particolare del C.: costretto a trattenersi per tutto l'inverno a Milano, lamentava nelle sue lettere le lungaggini e i pretesti voluti in particolare da don Pedro de Toledo, assai restio a restituire la forte piazza di Vercelli.
Infine nell'aprile del 1618 venne raggiunto l'accordo generale per la restituzione reciproca delle piazze e delle milizie prigioniere dei rispettivi eserciti. Rientrato di conseguenza a Torino, il C. dopo poco venne nuovamente inviato all'estero. Al seguito del cardinale Maurizio di Savoia, insieme con il conte Filiberto Scaglia di Verrua, con il vescovo di Annecy, s. Francesco di Sales e con il presidente del Senato di Savoia Antonio Favre, nell'ottobre 1618 si recò a Parigi per condurre a termine le trattative già avviate per il matrimonio del principe di Piemonte, Vittorio Amedeo con la figlia di Luigi XIII, Cristina. Tale missione, conclusa felicemente con il matrimonio celebrato il 10 febbr. 1619 a Parigi, procurò al C., ormai noto e introdotto a corte, un ulteriore riconoscimento dei servizi prestati: già signore di Saint-Thomas-de Coeur in Savoia dal 16 dic. 1617 e segretario dell'Ordine della SS. Annunziata, ottenne, con patente del 25 apr. 1619, il feudo di Buttigliera, sempre con il titolo di signore. Nel gennaio 1623 fu nuovamente inviato in Svizzera, a Sion nel Vallese, per cercare di impedirne l'alleanza con gli Spagnoli e in particolare con il governatore di Milano duca di Fería.
La sua permanenza a Sion si protrasse per vari mesi, spesi in lunghe trattative con il vescovo della città (che ancora manteneva la potestà temporale dei luoghi), volte a impedire o almeno rimandare l'invio di delegati a Milano. E a questo scopo ricordava al suo interlocutore l'azione repressiva degli Spagnoli "nella Valtellina et contro i Grisoni".
Richiamato a Torino il C. venne nominato primo segretario di Stato insieme con Tommaso Pasero con patenti del 16 giugno 1625.
Alla morte del primo segretario Crotti l'ufficio venne infatti diviso da Carlo Emanuele I, e tale divisione testimonia l'ancora scarsa importanza attribuita all'ufficio stesso. Questa nomina peraltro segnò un profondo cambiamento nella carriera politica del Carron. Evitando infatti di impegnarsi nuovamente in missioni all'estero, preferì risiedere stabilmente presso la corte e il duca, rendendosi nel volgere di pochi anni indispensabile per la sua conoscenza dell'apparato burocratico e ampliando sempre più le attribuzioni e i compiti dell'ufficio di primo segretario di Stato e quindi dello stesso Consiglio di Stato.
Ottenuta l'erezione in comitato del feudo di Buttigliera nel 1631, il C. venne confermato nel suo ufficio di primo segretario da Vittorio Amedeo I con patenti 25 febbr. 1633 e in seguito anche dalla reggente Cristina di Francia. Quest'ultima inoltre, il 20 ott. 1637. concesse al C. che il figlio primogenito Guglielmo Francesco, marchese di San Tommaso, già consigliere di Stato e inviato sabaudo presso la corte di Parigi dal 1633 al 1636, acquistasse la "coadiutoria e la sopravvivenza" dell'ufficio paterno.
Sicché nelle stesse lettere patenti del 20 ott. 1637 Guglielmo Francesco viene nominato anch'egli primo segretario di Stato "in una sola piazza col padre", con la facoltà di succedergli "tanto per via di rinuntia, vacatione, caso di morte… che in qualsivolia modo…". Con questo mezzo il C. riuscì ad assicurare alla famiglia il possesso di tale ufficio, sempre più importante nel corso del secolo, per ben quattro generazioni, dal 1625 al 1717, quando Vittorio Amedeo II, rompendo la tradizione, istituì due diverse segreterie, una per gli Esteri e una per gli Interni. Proprio come in Francia la famiglia dei Phélypeaux occupò la medesima carica di primo segretario di Stato, di padre in figlio, senza interruzioni da Enrico IV a Luigi XVI.
Ottenuta la nomina del figlio al suo stesso ufficio, il C. cominciò gradualmente a ritirarsi dai suoi vari incarichi, affidandoli in prevalenza, come già quello i segretario dell'Ordine della SS. Annunziata, al figlio primogenito, per dedicarsi alla sua numerosa famiglia.
Egli infatti si era sposato tre volte: il 25 apr. 1591 con Caterina Camilla du Marché, una seconda volta il 22 giugno 1607 con Antonia Francesca Dumanié e infine, contro il parere delfiglio maggiore, una terza volta con la vedova Maria Tonda, il 1º marzo 1631. Da tali matrimoni il C. ebbe dieci figli che raggiunsero la maggiore età: il già ricordato Guglielmo Francesco, marchese di San Tommaso e primo segretario di Stato; Sigismondo, monaco carmelitano; Francesco Tommaso, monaco agostiniano; Vittorio Amedeo, consigliere di Stato dal 1653 e senatore nel Senato di Piemonte dal 1654; Maria che sposò il marchese di Mulazzano Emanuele Filiberto Negrone di Negro; Caterina, moglie del barone di Fenis Claudio Challant; e inoltre Felice Dionisio avuto da Maria Tonda, Anna, Maria e Maurizio. Il C. li ricorda tutti nel testamento che inviò negli archivi del Senato il 14 nov. 1648, dove ancora è conservato.
Il C. morì a Torino il 16 genn. 1649; secondo le sue disposizioni fu sepolto nel monumento di famiglia, nella cappella di S. Francesco, "nella chiesa della Madonna degli Angeli in città nova" a Torino.
Fonti e Bibl.: Per i vari incarichi ricoperti e soprattutto per l'ufficiodi primo segretario di Stato le fonti relative al C. sono numerosissime tutte conservate presso l'Arch. di Stato di Torino. In particolare, per gli incarichi diplom., Arch. di Corte, Lettere Ministri, Svizzera, mazzo 9 (1623); Milano, mazzo 15 (1617-18); Francia, mazzo 2 (1618-19); Negoziaz. con la Svizzera, mazzo 3, n. 3 (1615). Nelle serie Lett. partic., C, mazzi 32-33, figurano inoltre un centinaio di lettere del C. alla corte e alcune al figlio Guglielmo Francesco. Sempre in Archivio di Corte, Casa Reale,Protocolli dei notai ducali, n. 265, Minutari Carron di San Tommaso, 1626-1648. Inoltre, per le varie patenti di nomina e di nobilitaz., Sezione Camerale, Patenti Controllo Finanze, sub voce;e Interinazione patenti (20 ag. 1595; 1º ott. 1603; 22 sett. 1610; 22 ott. 1614; 26 dic. 1617; 25 apr. 1619; 14 giugno 1625; 25 febbr. 1633; 20 ott. 1637). Sempre nella Sezione Camerale, Senato di Piemonte, Testamenti pubblicati, vol. VIII, n. 9, è conservato il testamento del 14 nov. 1648; si veda, inoltre, Torino, Biblioteca reale, A. Manno, Il patriziato subalpino, III(dattiloscritto), sub voce;G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte e Paesi uniti colla serie cronol. delle persone che le hanno occupate…, Torino 1798, III, pp. 42-44.