CAROLI, Giovanni
Nato a Firenze nel 1428 da Carlo della famiglia borghese dei Berlinghieri, è noto nella bibliografia sotto il patronimico "Caroli", creduto cognome. Entrò giovanissimo nel monastero cisterciense di S. Bernardo della badia di San Salvatore a Settimo; ma nel 1442 circa, essendo stati per intervento di papa Eugenio IV sostituiti i cisterciensi con i monaci benedettini della badia fiorentina nel quadro della riforma degli Ordini religiosi più corrotti, consigliato dal cardinale Domenico Capranica, passò tra i domenicani di S. Maria Novella dove, nel 1448, ricevette l'ordinazione sacerdotale per mano di s. Antonino arcivescovo di Firenze. Nel 1453 fu incaricato dell'insegnamento di Sacra Scrittura e delle sentenze nello Studio fiorentino. Dopo tre anni di attività didattica, "peracto cursu artium et theologiae", venne insignito della laurea magistrale (15 sett. 1456). Ritiratosi a Prato durante la peste scoppiata in quel tempo, scrisse la sua prima opera, la Laudatio Pratensis, un'esercitazione encomiastica dedicata a R. Firidolfi, in cui si dilungò sulla figura del card. domenicano N. Albertini.
Nell'aprile del 1449 il C. venne eletto, per la prima volta, priore del convento di S. Maria Novella. In quella veste ospitò Pio II di passaggio a Firenze per Mantova e accompagnò il generale dell'Ordine in missione a Siena. Incapace di gestire la lotta contro la dissoluzione della vita conventualt, egli non riuscì ad evitare che durante il suo priorato scoppiassero gravi disordini. Ragione per cui si rese necessaria l'ispezione canonica del maestro generale, frate Marziale Auribelli, il quale soggiornò ininterrottamente a S. Maria Novella dal settembre al dicembre del 1460. Dovette sicuramente trattarsi - come appare evidente dal contesto in cui si svolse - di un episodio di introduzione dell'"osservanza" nell'Ordine. L'esito del conflitto tra le due fazioni fu infatti la sostituzione del C. con l'osservante Cipriano da Raggiolo cui seguì, a livello dei massimi dirigenti domenicani, la deposizione dell'Auribelli, osteggiato da Tommaso di Leuco vicario della congregazione lombarda che era sostenuta da papa Pio II (capitolo di Siena, 16 ag. 1462).
Nel 1461, insieme al confratello Giacomo di Pietro, il C. venne esiliato nel convento di S. Romano a Lucca, dove riprese i suoi studi letterari ("in studiis humanitatis tempus hyemale transegimus") e anche l'insegnamento ("ego quidem publico civitatis instituto conductus fui"). Qui scrisse il Liber dierum Lucensium, un dialogo in tre parti. La prima contiene una "deplorationem praesentium temporum", la seconda presenta una "commemorationem praestantium patrum" del convento domenicano fiorentino, la terza discute la "conditionem praeteritorum temporum" ed è condotta sulla falsariga del ciceroniano Somnium Scipionis. Ritornato da S. Romano a S. Maria Novella, passò a insegnare di nuovo nello Studio fiorentino dove, nel 1469, fu nominato decano del Collegio dei teologi. Resse poi, come "magister studentium", lo studio conventuale (nell'ottobre, del 1476 venne sostituito dal bolognese Domenico di Fiandra).
Il risultato di questo periodo di insegnamento fiorentino è confluito nel De exemplis Sacrae Scripturae (1474), noto anche sotto il titolo di De virtutibus et vitiis, et de moribus bonorum et malorum, che fu pubblicato anonimo a Parigi nel 1478. Inoltre nel decennio 1470-1480, mettendo a frutto i suoi interessi per le "vitae" dei "praestantes patres" predicatori e una lunga serie di ricerche agiografiche conservateci nelle trascrizioni di testi e nei volgarizzamenti, compose la sua opera più importante per la storia dell'Ordine domenicano, le Vitae nonnullorum fratrum Beatae Mariae Novellae, che furono ampiamente utilizzate, in sunti e accomodamenti vari, nel repertorio biografico cinquecentesco di Leandro Alberti, De viris illustribus Ordinis praedicatorum, Bononiae 1517.L'opera, che il C. "communi librariae ad communem utilitatem apposuit", è preceduta da una epistola dedicatoria a Cristoforo Landino, cui l'autore sembra essere stato legato da rapporti di intima amicizia, e da una prefazione esplicativa. Il testo contiene le biografie di sette frati predicatori, alcune delle quali già divulgate separatamente: Giovanni da Salerno collaboratore di s. Domenico, Aldobrandino Cavalcanti vescovo di Orvieto, Simone Saltarelli arcivescovo di Pisa, Angelo Acciaiuoli vescovo di Firenze, Alessio Strozzi, Guido da Raggiolo, Giovanni Dominici.
Insignito il 15 giugno 1479 del rettorato dell'ospizio di San Giovanni Valdarno, nel novembre dello stesso anno il C. fu eletto, per la seconda volta, priore del convento di S. Maria Novella. La nomina, avvenuta in un periodo di interdetto, dovette essere confermata dal maestro generale dell'Ordine nel capitolo celebrato a Roma nel 1491. Distribuendo equamente il suo tempo tra l'attività teologica, scientifica e didattica trovò anche modo di ricostruire e giudicare gli avvenimenti storico-politici di cui era stato testimone. Si tratta dei tre Libri de temporibus suis, composti dal 1480 al 1482, nel primo dei quali, narrando il conflitto tra Cosimo il Vecchio e Francesco Filelfo, il C. prese una aperta posizione filomedicea (Defensio Cosmi et suorum adversus Philelphum).Gli altri due libri si intitolano: De bello Dietisalvico et Colionico e De bello Sixtico et Ferinandico.Negli anni che seguirono assunse varie cariche accademiche e conventuali: vicedecano del collegio teologico dell'università (1483-1484); sindaco e procuratore del convento - cui concesse anche dei prestiti ad interesse - in affari amministrativi (1486-1493); borsario e bibliotecario del convento, nella quale funzione contribuì grandemente all'arricchimento del patrimonio librario comune ("in libraria plurimos libros posuit"); "diffinitor" di molti capitoli provinciali dell'Ordine; servitore del visitatore straordinario del 1496 a S. Maria Novella. Nel 1499 il C. fu eletto, per la terza volta, priore e tenne la carica fino al settembre del 1500 lavorando soprattutto intorno ad alcuni opuscoli di pietà religiosa e di morale.
Del 1497 è il De comparatione aliarum aetatum ad senectutem.L'anno successivo, ad istanza di alcune suore, il C. compose una Esposizione dell'ufficio dei morti.Nell'anno santo del 1500 scrisse una Oratio de iubilei divinitate, seguita da un Sermone in latino su s. Niccolò e da una Esposizione sopra gli inni di s. Giovanni Battista fatti da Niccolò Massuoli. A Bernardo Gondi dedicò una Esposizione dei salmi penitenziali e in morte di Antonio Coli compose un Commentarium al salmo 113 ("in exitu Israël de Aegypto"). Per il convento di S. Maria Novella preparò un quaresimale ("composuit quadragesimale quod habetur in libraria") e un graduale con una "praerogativa" in lingua volgare per l'ufficio del mattutino e della compieta ("composuit sermones qui pro diebus festivis recitantur in matutinis"). Alle suore di S. Pier Maggiore offrì una Esposizione degli inni del corpo di Cristo scritti da s. Tommaso d'Aquino (un prologo, un commento a tre inni), una spiegazione del salmo 46: Omnes gentes).Alle monache di S. Ambrogio regalò un Ufficio del miracolo del corpo di Cristo et sue significazioni spirituali, secondo il rito benedettino. In una di queste opere minori il C. contesta "una famosa e antica opinione", che era tenuta "non solo da' gentili ma etiandio giudei et in presente d'alcuni cristiani", che cioè "fusse una medesima morte quella dell'anima umana e del corpo", riprendendo nelle argomentazioni la teoria tomistica del rapporto tra l'anima e il corpo.
A partire dal 1495 il C. si era impegnato attivamente nella polemica antisavonaroliana. Il suo primo scritto, composto in occasione del dibattito che si svolse il 18 genn. 1495 di fronte alla Signoria fiorentina tra Tommaso di Rieti, Domenico da Ponzo e Girolamo Savonarola (R. Ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Roma 1952, p. 164), è un trattato in volgare sopra il versetto paolino "Nemo militans deo implicat se negotiis saecularibus" (2 Timoteo 2, 4). Il C., volendovi "exponere scientificamente quella autorità dello apostolo", negava la liceità della partecipazione dei religiosi regolari alla vita politica. Il 7 nov. 1496 Alessandro VI aveva ordinato la riunione di vari conventi domenicani nella costituenda congregazione toscoromana. I frati di S. Marco risposero al pontefice con una lettera nella quale si dichiaravano contrari all'unione dei "riformati" coi "deformati" (che avrebbe significato passare da una "osservanza" più stretta a una più larga) e il Savonarola dette alle stampe un suo opuscolo, l'Apologeticumfratrum congregationis Sancti Marci, Florentiae 1497. Se da parte della Curia pontificia si ritenne opportuno non replicare ai savonaroliani, il C. al contrario volle impugnare sia l'una che l'altro. Alla epistola collettiva dei frati oppose le Confutazioni delle ragioni loro sopra il comandamento del pontefice. A un anonimo seguace del Savonarola - che aveva ripreso le tesi della Apologia - rispose con un analogo pamphlet fortemente polemico: Contro una difesa del convento di San Marco contrario all'unione dei conventi riformati tosco-romani. Nello stesso anno compilò anche una "refutatio" di un sermone savonaroliano, uscito a stampa (Lamentatio sponsae Christi, Florentiae 1497) sotto il titolo di Contra la lamentazione della falsa sposa di Cristo e lamentazione dello sposo. L'anno successivo intensificò l'attacco ai confratelli di S. Marco confutando, con una Esposizione del salmo 25: iudica me domine, uno dei punti basilari del messaggio savonaroliano: le prediche della settuagesima e della sessagesima sopra l'Esodo. La polemica contro i frati di S. Marco, non era per il C. solo una questione di carattere personale e di difesa del proprio convento che non era entrato tra i "riformati". Egli infatti rifiutava globalmente (in nome del "razionalismo" della tradizione tomistica domenicana) il "profetismo" che si manifestava in tutto il savonarolismo contemporaneo. In questo contesto vanno collocati sia il Libellus contro Giovanni Nesi (autore dell'Oraculumde novo saeculo, Florentiae 1496) con una Epistola confutativa "loco prooemii missa", sia l'opuscolo dedicato a Pietro Negro sotto il titolo Super quibusdam conclusionibus Iohannis Pici Mirandulae principis (divulgate dalla traduzione del Savonarola, Trattato contro li astrologi, Firenze 1497). Dopo l'esecuzione capitale del Savonarola il C. si assunse il compito di giustificare l'operato del pontefice come necessità della Chiesa di difendersi dall'eresia (Come la scienza d'Iddio è cagione delle cose) e confutò minutamente la dottrina del ferrarese per riaffermare la correttezza del comportamento del papa e la sua ortodossia: Dialogo della semplice verità e Della verità della doctrina di fra Girolamo: se è da Dio o no.
Il C. morì nel 1503, a 75 anni d'età e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Novella. Tenne, "usque ad ultimum vitae suae", la redazione degli Obitus del convento.
Le opere del C. sono conservate nei seguenti manoscritti: Firenze, Archivio di S. Maria Novella, VIII. C. 4; Ibid., Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, A. 3. 495, A. 7. 908, B.4.7, C.8.277-278-279, D.9.278-279, F.4.17, G.4.276; Ibid., Conventi soppressi da ordinare, 129 (F 50); Ibid., Magl. II.4.167, XXXVI.9.70, XXXVIII. 10.124, XL. 9.46; Firenze, Biblioteca Laurenziana, mss. 210, 260, 361, 571, plut. LXXXIX, inf. XXI; Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5878, 6329, 8088.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di S. Maria Novella: Z. Guasconi, Liber novus, passim; Ibid., M. Biliotti, Chronica pulcherrimae aedis Sanctae Mariae Novellae de Florentia, cap. 42, c. 45; Ibid., V. Borghigiani, Cronaca annalistica del convento di S. Maria Novella, III, cc. 79, 106 s., 165, 182; Firenze, Bibl. naz., Conventi soppressi, F. 6. 294: T. Sardi, Inventarium o librorum conventus Sanctae Mariae Novellae, cc. 14v, 18v, passim;S. Razzi, Istoria degli uomini ill. del sacro ordine dei predicatori, Lucca 1596, p. 326; G. M. Pio, Della nobile e generosa progenie di san Domenico in Italia, II, 3, Bologna 1651, col. 99; A. Altamura, Bibliothecae Domen., Romae 1677, ad annum e app.; R.Badii Constitut. et decreta sacrae Florentiae univers. theolog., Florentiae 1683, p. 105; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedic. recens., I, Lutetiae Parisiorum 1719, coll. 898-900; L. G. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, pp. 147-149, 174 s., 190; A. M. Bandini, Specimen literaturae Florentinae saeculi XV, I, Florentiae 1747, pp. 135, 149, 165, 173, 189-198; Id., Cathalogus codicum Latin. bibliothecae Mediceae Laurentinae, III, Florentiae 1774, pp. 371-378; G.Prezziner, Storia del pubblico Studio e delle società scientif. e letterarie di Firenze, I, Firenze 1910, pp. 145 s.; D. Salvi, Regola del governo di cura famigliare, Firenze 1860, p. CXXIV; S. Orlandi, La biblioteca di Santa Maria Novella in Firenze dal secolo XIV al secolo XIX, Firenze 1952, ad Indicem (con l'edizione del Sardi, Inventarium, cit.); Id., Necrologio di S. Maria Novella, Firenze 1955, I, pp. 203-205 (con l'ed. degli Obitus cit., nn. 687-749, a pp. 178-203); II, pp. 353-380; E. Garin, La cultura filosofica del Rinascimento ital., Firenze 1961, pp. 224 s.; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp.128, 142, 150, 152, 165; II, pp. 340, 377, 385, 513.