CARLONE (Carloni), Giovanni (Giov. Andrea)
Figlio di Taddeo e Geronima Serra, nacque a Genova nel 1584. Allievo di P. Sorri, senese, durante il soggiorno di questo a Genova tra il 1595 e il 1597 e, poi, di Bernardo Castello, dicui sposò la figlia, Ersilia, nel 1609 (Soprani-Ratti, I, p. 262; Castelnovi, p. 153), egli completò la sua formazione pittorica a Roma, dove la sua presenza è accertata nel 1616 (Alfonso, p. 29) e a Firenze, presso il Passignano. Tornato poi a Genova, lavorò nella cerchia di D. Fiasella; certa somiglianza stilistica e compositiva con quest'ultimo è dovuta anche alla analoga esperienza accademica romana.
L'inizio della sua attività di frescante è da collocarsi poco prima del 1610, anno in cui esegue il Crocifisso tra i ss. Bernardo e Longino (Albisola Marina, parrocchiale), mentre del 1613 è la Pentecoste (Torino, parrocchiale). Probabilmente anteriori (1609) erano l'affresco della volta nella chiesa di S. Ilario a Nervi, ora completamente rifatto, e quello conla Fuga in Egitto (1611) nella chiesa di S. Giuseppe a Genova, ora demolita. Nella terza decade del secolo sono databili le decorazioni della chiesa del Gesù nelle volte della navata centrale, nel presbiterio, nel transetto e nella cupola con Storie di Gesù e di Maria.èdubbia la partecipazione del C. alla decorazione conquadri a olio dell'Annunziata in Portoria, asserita dalle fonti, ma messa in dubbio dai critici più recenti (Castelnovi, p. 154). Verso la fine del terzo decennio è impegnato alla Annunziata del Guastato, dietro commissione dei Lomellini: affresca le volte di tre campate della navata centrale e il transetto; e recentemente (ibid., p. 154) gli sono state attribuite altre volte affrescate nella stessa chiesa.
Nelle decorazioni di questa chiesa, ove lavora anche il firatello Giovanni Battista, il C. rivela la sua naturale inclinazione alla grandiosità nell'affresco, con un evidente richiamo alle composizioni carraccesche di Roma. Altri affreschi sono: le Storie di s. Rocco nella volta del presbiterio della chiesa omonima; le Imprese di Megollo Lercari nella volta del salone del piano nobile nella villa Spinola di S. Pietro a Sampierdarena (circa 1621-25); Scene mitologiche e bibliche nel palazzo di Antonio Maria Soprani in Albaro (Gavazza, p. 178);l'Impresa del cardinale Giovanni Domenico Spinola (ovvero Ricevimento solenne nel porto)nel palazzo già Spinola presso S. Agnese, datato 1630(sua ultima opera genovese, forse lasciata addirittura in mano a qualche allievo di scarse capacità, data la cattiva qualità del dipinto); l'Eterno e gli Evangelisti, nella cappella del palazzo Centurione Cambiaso a Fossatello; Sansone che strozza la fiera nella villa Scassi a Sampierdarena; la decorazione della volta centrale alla certosa di Rivarolo con Padreterno e angeli.èstato recentemente attribuito (Gavazza, p. 173) al C. anche l'affresco con la Fucina di Vulcano nella volta dell'atrio del piano nobile della villa Spinola di S. Pietro (Sampierdarena) e l'affresco con l'Aura che rapisce Cefalo inquadrato dalle Divinità dell'Olimpo nelle cartelle, nella villa Saredo Parodi al n. 6 di via Marassi a Genova. Sono andati purtroppo quasi del tutto distrutti nell'ultima guerra gli affreschi di palazzo Pallavicino in piazza S. Pancrazio: il Concilio degli dei nella volta del salone, gli affreschi di due salotti con i Niobidi e il Trionfo di Bacco e quelli della cappella con le Storie della Vergine (di quest'ultima, sono state salvate alcune parti ora conservate presso la Soprintendenza alle gallerie e opere d'arte della Liguria). Più ridotta è la produzione di tele: nel 1614 dipinge una Crocifissione, firmata e datata, per la parrocchiale di Rovio (Belloni 1973, p. 35); si ricordano inoltre S. Bartolomeo e i certosini, la Vergine Lauretana e quattro santi nell'oratorio della certosa di Rivarolo; la Vocazione di s. Andrea e S. Andrea dinanzi al tiranno a Nostra Signora dei Servi. Recente è l'attribuzione di tre soffitti affrescati con il Giudizio di Salomone, Susanna e i vecchioni, la Fine di Assalonne nel palazzo di Pantaleo Spinola (ora Banco di Chiavari) e della pala dell'Assunzione nella cattedrale di Ventimiglia.
L'attività del C. si conclude nel 1630 con la morte, sopraggiunta a Milano, mentre il pittore genovese stava affrescando la chiesa di S. Antonio Abate dei teatini. La produzione milanese del C. riportata dalle fonti è ancora da studiare; purtroppo gli affreschi del presbiterio della chiesa di S. Antonio Abate, che rappresentano nella volta il Trionfo della Croce, il Sacrificio di Isacco e i Progenitori, non sono in buono stato di conservazione. La decorazione della chiesa fu continuata, dopo la morte del C., dal fratello di lui Giovanni Battista (Soprani-Ratti, II, p. 2).
Soprannominato il "Genovese", in realtà nei suoi affreschi, rivela, più del Fiasella, con le cui opere furono spesso confuse le sue, l'assimilazione degli accademici romani e soprattutto toscani quali il Passignano, suo maestro, il Poccetti, l'Allori.
Oltre alle notizie ricavate dalle fonti biografiche e dalle guide ottocentesche, un primo tentativo di inquadramento della figura del C., come di quello dei suoi numerosi familiari, si deve al Marangoni. Recentemente il Castelnovi ha rettificato - in base a una scoperta d'archivio (Alfonso) - la data di nascita dell'artista con un anticipo di sei anni rispetto a quella solitamente acquisita dal Ratti in poi, e ne ha stabilito con chiarezza il corpus pittorico completandone il catalogo delle opere. Per la Gavazza, inoltre, il C. appare come il pittore preferito nei primi decenni del Seicento dalla committenza locale degli Spinola, dei Pallavicino, dei Soprani e dagli Ordini religiosi - i gesuiti e i minori osservanti - "per la sua facile narratività e la semplificazione del racconto"; egli è ossequiente alla tradizione genovese per quanto riguarda i modi formali del tardo manierismo locale, pur risentendo di apporti culturali extragenovesi, come quelli del Paggi e del Sorri senese.
Fonti e Bibl.:R. Soprani, Le vite de' pitt., scoltori et archit. genovesi…, Genova 1674, pp. 113 s.; R. Soprani-C. G. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed archit. genovesi, I, Genova 1768, pp. 261-265; M. Marangoni, I Carloni, Firenze 1925, pp. 4-7, 24 s., 30; N. Pevsner, Barockmalerei in den roman. Ländern. Die italienische Malerei, Wildpark-Potsdam 1928, p. 180; M. Labò, Il Gesù, Genova 1932, pp. 30, 31, 45; Id., I palazzi di Genova, in Genova, XVIII(1938), p. 35; A. Morassi, Mostra della pittura del Seicento e Settecento in Liguria (catal.), Milano 1947, p. 70; O. Grosso, Genova e le due Riviere, Genova 1951, ad Ind.;V.Belloni, L'Amunziata di Genova, Genova 1965, passim;L. Alfonso, Liguri illustri, in La Berio, VIII(1968), 1, p. 37; 2, p. 29; V. Belloni, Pittura genovese del Seicento, Genova 1969, ad Ind.;M. Labò, I palazzi di Genova di P. P. Rubens e altri scritti di archit., Genova 1970, p. 56; G. V. Castelnovi, La pitt. nella prima metà del Seicento dall'Ansaldo a Orazio De Ferrari, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1971, pp. 94-96, 153 s., figg.70 s.; C. Manzitti, Valerio Castello, Genova 1972, pp. 58, 75, 174; M. Newcome, Genoese Baroque drawings (catal.), New York 1972, pp. 27 s.; V. Belloni, Penne, pennelli e quadrerie, Genova 1973, p. 35; E. Gavazza, La grande decoraz. a Genova, Genova 1974, ad Indicem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 7.