CARACCIOLO, Giovanni (Sergianni)
Nato da Francesco, fu celebre col nome di Sergianni. La data di nascita s'ignora. Si sa che da giovane dovette fare il notaio; poi apparve al servizio del re Ladislao, che lo armò cavaliere alla vigilia della battaglia di Roccasecca contro gli Angioini (19 maggio 1411). In quella battaglia il C. fu fatto prigioniero dai nemici; ma, tornato libero con la pace, ebbe dal re il governo delle terre occupate nello stato romano. Succeduta al fratello Giovanna II (1414), la robusta bellezza di Sergianni lo elevò via via a una potenza fantastica. Egli aveva già tolta in moglie Caterina Filangieri, figlia del conte Jacopo d'Avellino; ma ciò non impedì che la regina s'invaghisse perdutamente di lui. Il C. divenne così gran siniscalco del regno.
Ma scoppiò in breve l'urto tra il C. e Muzio Attendolo Sforza gran connestabile del regno; e per quanto cercasse di salvare l'amico, Giovanna II fu costretta dalla cittadinanza di Napoli a riconciliarsi col condottiero (5 ottobre 1418): in forza della conciliazione, bandita il 20 ottobre, il C. doveva uscire dal regno.
Passò allora a Firenze, dov'era il papa, per trattare dell'incoronazione di Giovanna II. A furia di larghe promesse, Sergianni seppe cattivarsi il papa e allora, ritornato nel regno e fermatosi a Gaeta, di là suggerì alla regina d'inviare il gran connestabile in aiuto di Martino V. Allontanato l'odiato emulo, corse a Napoli, dove la regina lo accolse con tutta la forza della sua passione. E poiché la cerimonia dell'incoronazione fu celebrata (29 ottobre 1419), in nome di lei, oramai sovrana legittima e consacrata, egli poté dominare con maggiore potenza di prima, lasciando lo Sforza senza i mezzi occorrenti per lottare contro Braccio da Montone. Sennonché, non versato il censo dovuto al papa, questi finì per investire del regno Luigi III d'Angiò (4 novembre 1419), attirare lo Sforza al servizio del nuovo investito e fare pace con Bracci0. Nuove adesioni alla parte angioina si palesarono allora, e nuove vendette compì Sergianni. Ma l'atto suo più nefasto fu il consiglio a Giovanna II d'invocare in aiuto Alfonso (luglio 1420), illudendosi d'averlo docile ai suoi voleri. Ma Alfonso era re e quando venne a Napoli volle fare il re. Onde il disinganno di Sergianni e i sospetti e la diffidenza ch'egli fece sorgere nella regina; i maneggi dell'Aragonese col papa e con lo Sforza, e infine la guerra aperta, che produsse la cattura del gran siniscalco in Castelcapuano (25 maggio 1423) e il sacco e fuoco dato dai Catalani alla capitale.
Non rassegnata Giovanna II alla perdita del suo "occhio diritto", ne procurò il riscatto e lo riebbe in Aversa. Quivi, come egli volle, all'adozione di Alfonso, fu sostituita l'adozione di Luigi d'Angiò, che raggiunse la madre adottiva e, assai diverso dal primo, si lasciò raggirare dal prepotente ministro e tenere insieme con la regina quasi prigioniero nel castello d'Aversa. Sergianni allora governò da despota e non pose limite alla sua cupidigia. Avuto sentore che Martino V cospirava con i suoi nemici col proposito di deporre Giovanna e Luigi e dare il regno ad Antonio Colonna, egli ricondusse l'una e l'altro nella capitale per assicurarsene l'obbedienza (ottobre 1427). Ma nel timore che i Napoletani si affezionassero al giovine principe, lo relegò nel suo ducato di Calabria, e dominò da solo la regina non più con le blandizie e le carezze, ma con la violenza e le minacce.
Poi tornò a volgergi al re aragonese, facendogli larghe promesse, sollecitandolo a ritornare nel regno. Moriva intanto Martino V (19 febbraio 1431), e invocato da Eugenio IV il soccorso di Giovanna contro i Colonna, la regina volle mandargli il Conte di S. Angelo, fratello di Sergianni. Questi non solo impedì quell'invio, ma ricondusse l'infelice regina in Aversa (giugno 1431), minacciandola ora di consegnare il regno ad Alfonso, ora di sguinzagliare la sua soldatesca al saccheggio di Napoli. In quei frangenti la vendetta di Giovanna fu compiuta da Covella Ruffo, duchessa di Sessa, che raccolse intorno a sé quanti Sergianni s'era resi nemici e persuase la regina a togliergli ogni potere, tacendole però il modo stabilito per farlo. La sera del 19 agosto 1431 il Caracciolo veniva trafitto dai congiurati.
La regina fece processare il morto; dichiarò di assumersi la responsabilità dell'assassinio e ne assolse gli autori.
Bibl.: N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, con le fonti che vi si citano; A. Filangieri di Candida, La chiesa e il monastero di San Giovanni a Carbonara, opera postuma a cura di R. Filangieri di Candida, Società nap. di Storia patria, Napoli 1924.