CAPULA, Giovanni
Primo fra gli autori delle fortificazioni di Cagliari ad uscire dall'anonimato, viene celebrato "Architector optimus" nell'epigrafe su lastra di calcare (1305), murata all'ingresso della torre di S. Pancrazio, che lo indica "Cefas huius fabrice... murariorum". È questa la prima delle tre torri erette dal C. a difesa di altrettante porte che si aprivano nella cinta muraria, innalzata per munire la rocca alta del "Castrum Karalis", quando i Pisani, all'inizio del sec. XIV, vollero portare a termine le opere fortificatorie della città in previsione della spedizione in Sardegna che Giacomo II d'Aragona avrebbe certamente fatto seguire alla sua investitura dell'isola (1297) da parte del papa Bonifacio VIII. Nel 1307, a due anni di distanza da quella di S. Pancrazio, sorse la magnifica torre dell'Elefante, che nella parete dell'avancorpo a sinistra dell'ingresso reca infissa una lapide marmorea con una iscrizione metrica in bei caratteri che, fra l'altro, ribadisce in chiari termini l'alto concetto in cui i committenti tenevano "Iohannes Capula, caput magister" della costruzione: "nunquam in suis operibus inventus sinister". Altro riconoscimento, implicito e univoco, viene all'eccelsa qualità dell'opera del C. dal fatto che il baluardo pisano, passato nelle mani degli Aragonesi intatto perché non si verificò l'assalto cui avrebbe dovuto reggere, fu in seguito con grande rispetto risparmiato e conservato anche dagli Spagnoli, che nel sec. XVI rinnovarono il sistema di difesa della piazzaforte di Cagliari in vista d'attacchi portati con armi da fuoco. Della terza torre, quella del Leone - oggi incorporata nel palazzo Boil che ne lascia in vista soltanto la porta - si può pensare per motivi stilistici e per via di logica costruttiva, essendo sorta contemporaneamente alle altre due e sempre sotto la direzione del C., che sia stata anche progettata da lui. Essa concludeva la cinta che si svolgeva dalla torre di S. Pancrazio, a nord, e, passando a sud-ovest per la torre dell'Elefante, lasciava scoperto il lato orientale del quale si affidava la protezione allo strapiombo della roccia.
Certo la parte più insigne e meglio conservata dell'opera del C. è la torre dell'Elefante, che, come le altre due, ha pianta a "L" ed è alta circa trentacinque metri. La rastrematura verso l'alto che ne promuove la caratteristica snellezza è ottenuta con tre successivi leggeri scarti di rientranze del paramento murario, che è in conci di calcare di Bonana (località di Cagliari) perfettamente squadrati ed esattamente giunti. Le due riseghe si dispongono una poco al di sopra della porta e l'altra sulla linea del secondo ballatoio. La chiara definizione geometrica della costruzione raggiunge in tutti gli elementi, feritoie, mensole e cornici, una perfetta corrispondenza.
Finora le notizie che ci danno le iscrizioni ricordate sono le sole che possediamo sull'architetto, la cui perizia di costruttore di fortificazioni è a pieno testimoniata dalle due torri medioevali cagliaritane che ancora si conservano con tutte le caratteristiche originarie. Qualcuno (Scano, 1934, p. 58) considera il C. senza alcun dubbio sardo, per il fatto che il suo cognome risulta "frequente nell'onomastica e nella topografia" isolane; altri (Rattu, p. 7) lo ritiene addirittura cagliaritano, ma è ragionevole pensare che una simile questione potrà dirimersi anche in futuro. Risulta comunque certa l'educazione toscana dell'artista che nelle torri di Cagliari ha lasciato i più alti esempi di architettura militare pisana che si conoscano. Di recente (Fois) è stata avanzata la proposta di attribuire al C. anche la paternità della torre più alta del castello Serravalle di Bosa, che durante il primo decennio del sec. XIV sostituì il torrioncello cantonale a nord delle fortificazioni erette dai Malaspina nel secolo precedente. Su basi stilistiche l'ipotesi si regge e d'altra parte non contraddice la cronologia.
Bibl.: G. Spano, Guida della città e dintorni di Cagliari, Cagliari 1861, pp. 83, 103; D. Scano, Cagliari pisana, Cagliari 1901, pp. 7 s.; Id., Storia dell'arte in Sardegna, Cagliari 1907, p. 356; Id., Forma Karalis, Cagliari 1934, pp. 57-59; R. Carta Raspi, Cagliari, Cagliari 1929, pp. 15 s.; Id., Castelli medioevali di Sardegna, Cagliari 1933, pp. 27 s.; S. Rattu, Bastioni e torri di Cagliari, Torino 1939, p. 7; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1951, p. 116; E. Mandolesi, Le torri di Cagliari S. Pancrazio - l'Elefante, Roma 1958, passim; F. Fois, Il Castello Serravalle di Bosa, in Arch. stor. sardo, XXVII (1961), p. 45; C. Maltese-R. Serra, Arte in Sardegna dal V al XVIII sec., Roma 1962, p. 202; Id., Episodi di una civiltà anticlassica, in Sardegna, Milano 1969, p. 233.