CAPUANO, Giovanni (Iohannes Capuanus, Ioannes filius domini Ioannis Capuani)
Apparteneva ad una famiglia del patriziato civico amalfitano che derivava la propria nobiltà da conti longobardi del principato di Capua e si eratrasferita ad Amalfi nel sec. XI, imparentandosi anche con l'ultimo duca regnante, Marino. Il padre del C., Giovanni di Landolfa Capuano, che viveva ancora nel 1213, fondò nel 1208, insieme col fratello Pietro, cardinal prete di S. Marcello (m. 1214), una scuola ad Amalfi; la madre, Porpora, era la figlia del giudice amalfitano Giovanni di Pantaleone di Sergio Napolitano della famiglia di Comite Giovanni.
Il C. nacque poco dopo il 1182 e divenne in giovane età chierico della cattedrale. Come non pochi membri della sua famiglia più stretta, dovette seguire un corso di studi, visto che tra i canonici amalfitani, che nei primi decenni del secolo XIII giurarono le consuetudini della loro comunità, viene ricordato anche un "Ioannes Capuanus dictus magister", il quale si deve identificare con tutta probabilità con il Capuano. Non aveva però ricevuto ancora la consacrazione al suddiaconato, quando nel 1202 il capitolo di Amalfi lo propose al papa, al terzo posto dei candidati, come nuovo arcivescovo. Innocenzo III tuttavia respinse tale designazione per la giovane età e la non ancora avvenuta ordinazione del Capuano. Quando nel novembre del 1215 la Chiesa amalfitana si rese nuovamente vacante per la morte dell'arcivescovo Matteo Constantini elevato nel 1202, il capitolo elesse il C. suo successore. Il nuovo presule poté accedere alla nuova dignità a quanto pare senza incontrare resistenze e venne consacrato arcivescovo al più tardi nel novembre del 1216. Onorio III, che chiese invano al C. una particella delle reliquie di s. Andrea traslate ad Amalfi nel 1208, lo nominò varie volte giudice delegato per le liti ecclesiastiche nella Campania. Così il C. nel 1217 si occupò del contrasto sorto tra Gilberto vescovo di Capaccio e il monastero di Cava per il possesso di una chiesa nel Cilento. Nell'anno seguente esaminò la querela di Niccolò arcivescovo di Salerno contro il clero di Eboli, che si rifiutava di pagare i censi. Nell'agosto del 1218 Onorio III gli affidò anche il compito di insediare un Vescovo a Capri, dove il capitolo non aveva proceduto all'elezione. Gregorio IX nel 1231 prese sotto la sua protezione il C., dopo un processo celebrato in Curia contro le richieste di pagare i censi avanzate dal vescovo di Capaccio, nel territorio del quale si trovava uno dei possedimenti più importanti della mensa vescovile di Amalfi.
Sebbene la famiglia dei Capuano avesse mantenuto stretti rapporti con la corte palermitana sin al tempo della reggenza pontificia, fornendo poi, durante la dominazione sveva, vari alti funzionari all'amministrazione finanziaria del Regno, il C. non si distinse per la sua attività politica. Ebbe rapporti con la Corona e con i suoi rappresentanti soltanto quando si trattò di curare gli interessi della sua Chiesa. Così nel 1227, in una lite con certi abitanti di Castellammare che avevano occupato beni della sua Chiesa, ottenne un giudizio in suo favore davanti ad Enrico delle Vigne, maestro castellano di Castellammare e Scafati, al quale l'imperatore Federico II aveva affidato la questione. Nel 1237 il C. mandò due suoi fiduciari dai familiari regi residenti a Melfi in qualità di reggenti, ottenendo da loro un transunto del diploma del duca Ruggero del 1103 che sanzionava le rivendicazioni della Chiesa amalfitana sulla decima delle entrate reali nel ducato di Amalfi. Pensò probabilmente di difendersi in tal modo contro il tentativo della Corona di stabilire, una volta per tutte, le somme delle decime da pagare dallo Stato apa Chiesa, ma non pare che egli abbia raggiunto il suo obiettivo. Già ai primi tempi del regno di Carlo I d'Angiò le decime reali furono pagate a quote fisse. Quanto alla sua attività pastorale, il C. sin dagli inizi del suo episcopato si adoperò, con l'appoggio di Onorio III, per ravvivare i suoi diritti di visita e di procura nei confronti dei suoi suffraganei. I suoi interventi nelle elezioni monastiche provocarono - come nel 1218 a S. Maria di Positano dove insediò abate un monaco di nome Benedetto - aperta opposizione. Tuttavia pare che egli riuscisse a confutare l'accusa mossagli allora dal pontefice di aver intimidito o corrotto i monaci. Quando nel 1225 i monaci elessero abate di Positano un suo avversario, egli si rifiutò di ratificare l'elezione. Durante il suo episcopato egli favorì l'insediamento dei minoriti ad Amalfi, ma la notizia che ciò gli fosse stato suggerito direttamente da Francesco di Assisi non è ben documentata. Quando fallì il tentativo di trasferire il nuovo monastero di S. Maria di Stella ai cisterciensi di S. Maria di Ferraria, il C. nel novembre del 1232 lo assegnò per la riforma al monastero di Revigliano, cioè all'Ordine fiorense, particolarmente favorito da Gregorio IX.
Il C. morì nel 1239 e fu sepolto nella cattedrale di Amalfi.
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