CAPOGALLO, Giovanni (Gianotto)
Nato a Roma intorno alla metà del sec. XIV, il C. si trova citato per la prima volta il 16 apr. 1385 col titolo di abate di Grottaferrata e di amministratore apostolico di S. Paolo fuori le Mura, di cui era già stato nominato abate.
In tale qualità il C. si impegnò a versare alla Camera apostolica e al Sacro Collegio la somma di 1.000 fiorini, che costituiva l'ammontare dei "servizi" abbaziali, e ad onorare anche i "servizi" non pagati del suo predecessore. D'altronde egli stesso non aveva mai pagato i "servizi" di cui era debitore come abate di Grottaferrata, tanto che il suo successore, insediatosi nel gennaio 1386, dovette impegnarsi a pagare per lui; allorché, cinque anni più tardi, il C. lasciò S. Paolo, era ancora debitore sia dei propri "servizi" che di quelli del suo predecessore. Le difficoltà ch'egli ebbe nel pagamento dei suoi debiti sono peraltro la prova del marasma finanziario in cui si trovava allora l'abbazia: l'amministrazione del C. fu caratterizzata da tutta una serie di concessioni enfiteutiche destinate a ricompensare prestazioni che non era possibile pagare in altro modo. Il caso più significativo fu la concessione di metà del castello di Civitella, nel 1393, al notaio romano Antonio di Paolo il quale era stato incaricato di riordinare gli archivi abbaziali e di redigere un certo numero di registri.
Nonostante i suoi ritardi nei pagamenti, il C. ebbe dalla Curia romana diversi incarichi: così in una bolla del 15 marzo 1391 è detto rettore del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia dal pontefice, che contemporaneamente gli concede la facoltà di sollevare dalle censure ecclesiastiche i vecchi partigiani dell'obbedienza avignonese. Solo allora infatti Bonifacio IX poté riaffermare la sua autorità in quella regione, che fin dall'inizio del grande scisma si era opposta al papa di Roma.
L'anno successivo il C. fu vicario generale pontificio a Roma; inoltre, essendo dottore in teologia, insegnava tale disciplina nello Studio romano, che continuava la sua attività nonostante le difficoltà provocate dallo scisma. Nel corso del 1394 il C. abbandonò la carica di abate di S. Paolo: il suo successore, Santo di Lelio Bonadotta, si impegnò davanti alla Camera apostolica a pagare i relativi "servizi" il 21 ottobre. È senza dubbio nel fallimento del C. come amministratore dei beni dell'abbazia che bisogna cercare le ragioni del suo allontanamento: il 19 novembre una bolla di Bonifacio IX revocava le alienazioni enfiteutiche fatte mentre il C. era abate.
In seguito del C. si perde ogni traccia sino al 1398, quando Bonifacio IX lo nominò vescovo di Belluno e di Feltre e, contemporaneamente, gli accordò il priorato camaldolese di S. Paterniano di Forazano nella diocesi di Bertinoro. Non resta traccia del passaggio del C. su tale seggio vescovile; esso fu d'altronde piuttosto breve, dato che il 4 ag. 1402 il C. fu trasferito al vescovato di Novara.
La sua nomina coincise con i tentativi fatti da Carlo VI re di Francia per convincere il duca di Milano ad aderire al rifiuto d'obbedienza, che allora era considerato un mezzo efficace per mettere un freno allo scisma. Gian Galeazzo morì il 3 settembre e i negoziati si interruppero. Il nuovo vescovo di Novara non fu estraneo al permanere del ducato nella fedeltà a Bonifacio IX: fu lui infatti che il 20 novembre dello stesso anno pronunciò l'elogio funebre del duca defunto. Nella sua diocesi, in cui egli risiedeva effettivamente, il C. redasse un certo numero di statuti per l'amministrazione di terre soggette alla giurisdizione episcopale, quali l'Isola e Gozzano; peraltro non perse mai di vista le questioni che agitavano allora la Chiesa.Nel 1407 i due papi rivali, Benedetto XIII e Gregorio XII, avrebbero dovuto incontrarsi a Savona per cercare di metter termine alla divisione della Chiesa. Per quanto assai di malavoglia, Gregorio XII aveva lasciato Roma e il 4 settembre era entrato a Siena; ma da allora in poi trovò un pretesto dopo l'altro per non recarsi a Savona. Il 10 dicembre il C. ricevette dalla cancelleria di Gregorio XII un salvacondotto per lasciare Siena e rientrare nella sua diocesi. Egli fu dunque presente ai complessi negoziati di quell'anno; nel momento in cui il C. se ne andava tutto sembrava indicare che i due pontefici rivali stavano per avere un abboccamento a Lucca o a Pietrasanta.
Le tergiversazioni di Gregorio XII e di Benedetto XIII che, a parole prontissimi a incontrarsi, trovavano sempre nuovi pretesti per rimandare le scadenze fissate, influenzarono certo in modo decisivo l'atteggiamento tenuto dal C. negli anni successivi. Egli divenne infatti, come del resto la maggioranza dei vescovi del Milanese, un deciso partigiano del concilio di Pisa. Quando, il 25 apr. 1409, giunse a Pisa, il C. aveva con sé le procure dei vescovi di tre diocesi suffraganee di Milano (Pavia, Tortona e Alessandria), insieme a quella del conte di Biandrate. Nel corso della tredicesima sessione generale, che ebbe luogo il 29 maggio, il C. prese la parola dopo l'oratore dell'università di Parigi, Pierre Plaoul, per dichiarare la propria adesione, all'opinione di quest'ultimo sulla necessità di deporre i due papi che si disputavano il soglio pontificio, affermando di rappresentare ben centoventitré dottori di Firenze e dell'università di Bologna, che avevano espresso lo stesso parere. Il C. così dava voce anche alle conclusioni di un'assemblea di teologi e prelati che si era tenuta la vigilia su convocazione del cardinal Filargis, arcivescovo di Milano e futuro papa col nome di Alessandro V. Il C. era di nuovo in primo piano il 15 giugno di quell'anno, quando, incaricato di predicare ai cardinali in procinto di entrare in conclave, nel suo sermone rimproverò ai due papi la loro detestabile condotta e la triste situazione in cui tenevano la Chiesa. Una presa di posizione così netta non poteva non attirare sul C. dei fastidi da parte del papa romano: Gregorio XII infatti lo depose dalla sede di Novara e nominò al suo posto un certo "Henricus", che il 10 febbr. 1410 ricevette l'autorizzazione a prender possesso delle rendite del vescovato. Le condizioni politiche del periodo impedirono però che tale misura avesse effetti pratici. Dopo la morte di Alessandro V il C. dette la sua adesione a Giovanni XXIII; del nuovo pontefice doveva essere un familiare assiduo, dato che ne ebbe l'incarico di una missione non meglio precisata in Lombardia. Il salvacondotto che gli fu rilasciato a tale scopo il 25 giugno 1410 prevedeva che il C. partisse con un seguito di venticinque persone. Non sappiamo con precisione s'egli si fosse riconciliato con Gregorio XII: nonostante che la precedente condotta del C. non facesse prevedere una rappacificazione, fu proprio presso il Correr che il C. morì il 13 giugno 1413 a Rimini, dove era per ragioni ignote. Il suo corpo fu sepolto nella cattedrale della città.
Sembra che il C. avesse ai suoi tempi una certa fama di oratore, di cui ci resta testimonianza nelle sue due opere che ci sono pervenute. La prima, e cioè il sermone per la morte di Gian Galeazzo Visconti, è ancora inedita; una copia ne è conservata nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (cfr. G. Lami, Catalogus codicum manuscriptorum qui in Bibliotheca Riccardiana Florentiae osservantur, Liburni 1756, p. 91). L'altra, il discorso pronunciato subito prima del conclave di Pisa, è stato pubblicato su un manoscritto di Erfurt da C. W. Walch in Monumenta medii aevi, II, Gottingae 1773, pp. 1-26, e riassunta da G. D. Mansi in Sacrorum conciliorum novissima et amplissima collectio, XXVII, Venetiis 1784, coll. 355-58.
Della biblioteca del C. si conosce un solo manoscritto ora conservato nella Biblioteca capitolare del duomo di Novara, che egli fece copiare mentre era abate di S. Paolo: si tratta della Polistoria del romano Giovanni Cavallini de' Cerroni, opera composta tra il 1345 e il 1352 e appartenente alla serie dei Mirabilia medievali.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Registra Lateranensia, 52, f. 88; Registra Vaticana, 336, f. 170; 340, f. 78v; Obligationes et solutiones, 48, ff. 59, 65, 201v; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 12610, ff. 58, 73v; C. Margarini, Bullarium Cassinense, II, Tuderti 1670, col. 289; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, coll. 717 s.; G. D. Mansi, Sacror. concil. nov. et ampliss. collectio, XXVII, Venetiis 1784, col. 345; C. W. Walch, Monumenta medii aevi, II, Gottingae 1773, pp. X-XVIII; C. Bascapé, La Novara sacra, a cura di G. Ravizza, Novara 1878, pp. 392 s.; B. Trifone, Le carte del monastero di S. Paolo di Roma dal secolo XI al XV, in Arch. d. Soc. romana di storia patria, XXXI (1908), p. 273; XXXII (1909), pp. 38 ss.; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, I, Roma s.d. [1914], p. 262; C.-J. Hefele-H. Leclercq, Histoire des conciles, VII, 1, Paris 1916, p. 44; I. Schuster, La basilica e il monastero di S. Paolo fuori le Mura, Torino 1934, pp. 174-77, 284; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, VI, p. 90; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 133, 372.