CAPODIVACCA, Giovanni (Gian Capo)
Nacque il 1º marzo del 1884 a Cervarese Santa Croce (prov. di Padova) da Napoleone e Italia Dainese, modesti possidenti terrieri. Dopo aver insegnato per qualche anno nelle scuole elementari di Padova, egli si trasferì a Milano, ove divenne giornalista. Socialista interventista, fu uno dei redattori de Il Popolo d'Italia dal 15 nov. 1914, data d'inizio delle pubblicazioni del quotidiano, occupandosi prevalentemente di critica teatrale. Il 20 genn. 1915 prese una netta posizione nel dibattito politico sull'interventismo: alla prima seduta del comitato direttivo della sezione socialista milanese sostenne, in polemica con la proposta del comitato stesso di preparare un'azione decisa contro ogni iniziativa bellicista, l'impossibilità di uno sciopero generale all'atto della mobilitazione militare, definendolo, "un errore colossale" apportatore di stragi civili. Iniziò la sua collaborazione a Il Rinnovamento, fondatoda A. De Ambris nel marzo 1918, con due articoli apparsi il 4 aprile, L'oradella Francia, un commento di cronaca, e Valorizziamo il fronte interno, in cui affermava che per fare la guerra occorrevano due eserciti, "uno alle frontiere a combattere, l'altro all'interno a lavorare", e che per sollevarsi dalla sconfitta bisognava moralizzare l'apparato burocratico del governo e lottare senza tregua contro imboscati e imboscatori. Quando uscì il primo numero dell'Ardita - Rivistamensile del giornale "Il Popolo d'Italia" (15 marzo 1919), il C., che n'era stato tra gli animatori, vi collaborò con l'intervista Un colloquio con Virgilio Talli. Orientato ormai su posizioni di acceso nazionalismo, si strinse a B. Mussolini e il 23 marzo 1919, nel salone del circolo dell'Alleanza industriale e commerciale in piazza Santo Sepolcro, presenziò all'adunata che approntò il programma del movimento fascista. Qualche tempo dopo, la sua fede in Mussolini parve vacillare: il 5 dicembre fu recapitata a questo una lettera di A. Rossato e del C. nella quale i due redattori dichiaravano di voler desistere dal continuare in una polemica di stampa violenta, che ritenevano inopportuna e sterile di fronte alla mutata situazione politica, e chiedevano di essere dispensati dal loro ufficio con la fine del mese.
La decisione provocò una vertenza di lavoro e il rifiuto da parte dell'amministrazione del giornale di concedere l'indennità di licenziamento ai due dimissionari. Il lodo dei probiviri dell'Associazione lombarda dei giornalisti, pronunciato nel febbraio del 1920, accettò la tesi di Mussolini che non fosse loro dovuta alcuna liquidazione, ma dall'inchiesta emersero circostanze che questi avrebbe preferito non fossero divulgate: attraverso le rivelazioni del Rossato e del C. e la deposizione di Mussolini risultò che parte dei fondi raccolti con la sottoscrizione "Pro Fiume" aperta da Il Popolo d'Italia era stata stornata per finanziare l'organizzazione di bande armate di ex arditi operanti a Milano. Lo scalpore suscitato, negli stessi ambienti dell'estremismo di destra, fu molto grande, e lo stesso movimento fascista finì per subire un temporaneo disorientamento.
Da questo momento l'attività di narratore e di commediografo occupò prevalentemente il C.: a Firenze, nel 1920, pubblicò La leggenda dorata ed altre novelle, una raccolta di 12 racconti brevi per ragazzi, e l'anno successivo, a Milano, il romanzo La luce nel deserto; poi, convinto dal Rossato, scrisse, insieme con lui, la commedia Nina no far la stupida in 3 atti.
Commentata dalla musica di A. Giachetti, fu rappresentata il 29 ag. 1922 al teatro Ferrario di Salsomaggiore della compagnia veneziana di G. Giachetti. Gli autori la definirono "commedia vecchiotta ed arzilla", e in effetti dà la quasi fedele riproduzione delle trovate e della comicità del repertorio dialettale tradizionale: bandito ogni pesante artificio, la vicenda s'incentra su un vecchio compositore, Buganza, alle prese con la sospirata rappresentazione dell'opera dalla quale spera la celebrità, Nina no far la stupida. Applaudito festosamente dal pubblico, il lavoro e rimasto a lungo nel repertorio delle compagnie venete.
Dal 1923 al 1927 il C. fu redattore capo de Il Secolo; quando il 1º apr. 1927 questo quotidiano si fuse con La Sera in un unico organismo, ne assunse la direzione (il suo primo editoriale, apparso nello stesso giorno col titolo Uomini nuovi per tempi nuovi, commentava la nuova linea impressa da D. Grandi alla diplomazia italiana). Il 25 aprile la compagnia Falconi gli rappresentò, al teatro dei Filodrammatici di Milano, Delitto e castigo, "tragicommedia" in 3 atti, scritta col Rossato.
È la storia di un bizzarro aristocratico, Giorgio Luciani, che, per vendicarsi di un presunto tradimento della sua amante, Paris, regolarizza la relazione, ma è costretto a riconoscere, nella fedeltà giurata alla sposa, l'irrevocabile castigo; il lavoro, ricamato di paradossi e di giuochi di fantasia, ebbe un caloroso successo grazie agli interpreti A. Falconi e P. Borboni, vivaci ma non impeccabili.
Il C. si trasferì poi a Parigi per reggervi l'ufficio di corrispondenza del Corriere della Sera;tornato a Milano, diresse l'ufficio stampa del comune e quello del teatro alla Scala (fino al giugno del 1933). Al teatro Chiarella di Torino la compagnia De Riso-Benassi gli rappresentò, il 26 nov. 1928, Home Rebus in 3 atti.
È una satira del mondo della medicina, esemplificata mediante la contrapposizione del ciarlatanismo alla scienza ufficiale; commedia che sfiora il fantastico, si avvale di alcune trovate brillanti che piacquero al pubblico, solleticato dal lepido M. Benassi.
Il 1º ag. 1930 al teatro Diana di Milano la compagnia Falconi-Borboni presentò Il mistero delle cinque vie in 3 atti, uno scherzo scenico congegnato per il Falconi, il quale, dopo aver vestito i panni di Trappola, un beone vagabondo che giuoca una burla a due ragazze che si contendono una grossa eredità, rivela la propria identità al pubblico. La commedia è piana ed amena e il protagonista vi si muove volta a volta caustico e sentimentale.
Sulla scia del successo milzanese E. Petrolini volle ridurla in dialetto romanesco col nuovo titolo Zeffirino e rappresentarla al teatro Argentina di Roma il 12 nov. 1931; il protagonista guadagnò in qualche suo tratto pittoresco per merito soprattutto dell'esilarante attore.
Ne La stella del Sud in 3 atti, forse il suo lavoro migliore, l'autore immaginò la crisi di Paolo, un giovane sconvolto dal fallimento coniugale ed economico del padre, che è preda di una solitaria disperazione e respinge anche l'amore, fino a che il tentato suicidio della fanciulla che l'ama gli fa ritrovare la via del sentimento. R. Simoni (Corriere della Sera, 16 apr. 1932) attribuì alla commedia, rappresentata il 15 apr. 1932 al teatro Odeon di Milano dalla compagnia Pavlova, una "gravità commossa". Nella commedia Tutti e nessuno in 3 atti, rappresentata con un certo successo al teatro Excelsior di Milano il 19 dic. 1933 dalla compagnia della Quercia, è descritta l'infatuazione per un attore di una giovane donna sposata che finirà per convincersi che l'amore per un uomo di teatro vive solo dell'entusiasmo per l'arte di cui questi è capace.
Il lavoro, interpretato da N. Bonora e C. Ninchi con sobria espressività, risulta un abile giuoco d'intrighi e rimane al di sotto delle intenzioni dell'autore, che si riprometteva di condurre un'indagine sottilmente intellettualistica su un caso amoroso inconsueto.
Il suo ultimo dramma fu Atanaus in 3 atti, rappresentato al teatro Lirico di Milano il 25 ott. 1934 dalla compagnia Spettacoli gialli, un poliziesco di abile impianto, valorizzato dall'ottima interpretazione di R. Calò. Dal 1º luglio 1933 il C. aveva assunto la direzione dell'Illustrazione italiana, in armonia con le direttive del regime. Il primo editoriale, apparso il 13 agosto col titolo Il trionfale ritorno della squadra atlantica - Verso la gloria di Roma, celebrava la trasvolata di I. Balbo come un'affermazione della stirpe italiana, ma non mancava di accennare al giudizio del Ãeské Slovo di Praga secondo il quale si trattava della vittoria dello spirito e dell'energia di tutta l'umanità; l'ultimo, Madri feconde, dedicato alla imminente premiazione delle madri prolifiche da parte del capo del governo, apparve, postumo, a due giorni di distanza dalla morte, avvenuta improvvisamente a Milano la mattina del 21 dic. 1934 in seguito ad angina pectoris.
Nel 1937 la vedova pubblicò a Milano un abbozzo di romanzo scritto circa quindici anni prima col titolo provvisorio Nero contro Rosso per esaltare il fascista Robi Altan, caduto in uno scontro con i comunisti; ribattezzato Uno dei primi - Vita avventurosa ed eroica d'un giovane italiano e dedicato a Mussolini, oltre che obbedire alla retorica politica, è testimonianza del particolare clima emotivo vissuto dal C. negli anni del dopoguerra.
Nel campo giornalistico il C. non ebbe una spiccata personalità: risoluto, ma mite e schivo, idealista, amante dell'ordine e della disciplina imposti da una ferrea volontà superiore, rimase nell'ombra del collega ed amico Rossato, alla spinta del quale si dovettero alcune importanti iniziative legate alla cronaca degli anni dell'intervento e della "pace mutilata". Per quel che riguarda il teatro, egli non appartenne ad una corrente specifica: la sua produzione risentì di influssi molteplici e presentò una caratteristica ben precisa consistente nel predisporre un congegno nel quale da una vicenda centrale s'irraggiano vicende minori, adornate con giuochi di battute e spesso risolte a sorpresa. Quasi sempre fine e delicato, apparve colorito negli artifici e, talora, bizzarro nelle invenzioni; e in effetti la sua fantasia bonaria, sorretta da una tecnica divenuta con gli anni sempre più sicura, finì col prendere il sopravvento sulle doti dell'osservatore e del pensatore.
Opere pubblicate (oltre quelle citate nel corso della voce): Nina,no far la stupida (in collaborazione con A. Rossato) con preludio di R. Simoni, Milano 1926; Siamo fatti così, in Comoedia (Milano), IX (1927) n. 2; Home Rebus,ibid., XI (1929), n. 4; L'uomo in maschera, in Il dramma (Torino), 1º luglio 1929; Delitto e Castigo,ibid., 1º nov. 1929; Quattro commedie (Il mistero delle cinque vie,Benedetta fra gli uomini,Una commedia fuori programma,Il conte zio), Milano 1931; Home Rebus, ibid. 1932; La stella del Sud, in Comoedia, XIV (1932), n. 7; Malvasia,ibid., n. 9; Eroe per forza,ibid.; Tutti o nessuno,ibid., XVI (1934), n. 4.
Fonti e Bibl.: Necrologi in Corriere della Sera, 22 dic. 1934; La Stampa, 22 dic. 1934; Il Messaggero, 22 dic. 1934; L'Illustraz. italiana, 30 dic. 1934, pp. 1018 s. (di A. Rossato). Cfr. inoltre Il Popolo d'Italia, 21 genn. 1915; Il Rinnovamento (Milano), 4 apr. 1918, pp. 69 s., 75-78; Il Resto del Carlino, 30 ag. 1922; Il Secolo-La Sera, 1º apr. 1927; Corriere della Sera, 26 apr. 1927, 2 ag. 1930, 16 apr. 1932, 20 dic. 1933, 26 ott. 1934; La Stampa, 27 nov. 1928; Il Giornale d'Italia, 13 nov. 1931; A. Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano 1926, pp. 44 s.; S. D'Amico, Ilteatro italiano, Milano 1937, pp. 221, 321; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, V, Dopoguerra e fascismo (1919-1922), Torino 1953, p. 220 n.; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, pp. 288, 506, 583 s.; F. Nasi, Il peso della carta, Bologna 1966, pp. 172, 195; Enc. d. Spett., II, coll. 1722 s.