CANIGIANI, Giovanni
Nato il 28 novembre del 1404, era figlio di Antonio di Iacopo e di Taddea di Piero degli Albizzi. Fu uno dei principali consiglieri di Cosimo e Lorenzo de' Medici ed ebbe un ruolo preminente nella vita pubblica fiorentina dal 1430 alla morte. Fece parte di tutte le Balie medicee dal 1438 in poi, fu quattro volte priore e due gonfaloniere di Giustizia. Il C. occupò un pubblico ufficio per la prima volta nel 1431, quando fu camerario della Camera, ma nel 1435 fu invitato a ricoprire la carica di podestà a Città di Castello, segno che fin dall'inizio fu una figura pubblica di tutto rispetto. Fu priore per la prima volta nel 1437, e nuovamente nel 1443 e nel 1446. Durante questo primo periodo della sua carriera raramente lasciò Firenze e ben presto divenne influente nelle Pratiche, ove energicamente sostenne la continuazione dei sistemi elettorali medicei. Nel 1447 ricoprì il primo ufficio impegnativo fuori Firenze, quando fu capitano di Livorno; nel 1451, poi, fu vicario di Valdelsa. Durante l'estate del 1455 fu capitano a Volterra, e nell'anno 1458, a Poppi, vicario del Casentino. Nel 1459 il C. fu gonfaloniere di Giustizia per la prima volta; appunto durante il gonfalonierato del C. Benedetto Accolti fu nominato a succedere a Poggio Bracciolini come cancelliere. Nel 1461 andò a Pistoia in qualità di podestà e nel 1463 fu vicario in Valdinievole. Alla fine dello stesso anno fu ancora una volta priore e nel 1464 fu uno degli ambasciatori fiorentini inviati a Roma per congratularsi con Paolo II per la sua elezione al pontificato. In tale occasione il papa lo creò cavaliere e, grazie all'aumentato prestigio che questa onorificenza gli conferì, per il resto della sua vita fu assai occupato in una serie di importanti ambascerie per conto della Repubblica fiorentina. Nel 1466 andò come oratore a Siena e quando Lorenzo de' Medici assunse con la responsabilità della direzione della sua famiglia un ruolo preminente a Firenze, nel 1469, fu il C. "del cui savio e prudente consiglio molto, e nelle pubbliche, e nelle private faccende soleva valersi Lorenzo de' Medici" (Ammirato, III, p. 113). Egli fu uno dei venti fiorentini incaricati di sovraintendere alla guerra di Volterra, e nel 1473 andò a Roma in qualità di oratore presso il pontefice Sisto IV, in relazione all'imminente vendita di Imola da parte di Milano a Firenze. In quel momento lo splendore della corte papale aveva raggiunto nuove vette sotto l'influenza del card. Pietro Riario, e il C., in quanto uno dei più ricchi fiorentini del momento, fu la persona più adatta a condurre tale ambasceria. L'anno successivo egli fu a Napoli a rappresentare Firenze in un periodo in cui, se le relazioni tra la Repubblica e il Regno si andavano guastando, contemporaneamente si presentavano però possibilità per un'azione comunein favore di Niccolò Vitelli contro Sisto IV. Nel novembre e nel dicembre 1475 fu nuovamente gonfaloniere di Giustizia e questo fu il suo ultimo ufficio pubblico. Morì infatti il 7 ag. 1477.
Il C. sposò in giovane età Sandra di Paolo de' Bardi, circa il 1420, ed essa gli sopravvisse, morendo nel 1493 all'età di oltre ottanta anni. Gli dette otto figli, cinque maschi e tre femmine, tra cui Antonio, il quale fu un importante membro del circolo di Lorenzo e uno degli interlocutori delle Disputationes Camaldulenses (1475)del Landino.
Come suo fratello Simone, il C. non fu molto attivo nel mondo economico della città. Vendette la casa di Pisa, che aveva ereditato dal padre nel 1439, e trascorse buona parte della sua vita comprando terreni e proprietà, molti dei quali dai parenti di sua moglie, la famiglia Bardi. In un primo periodo si trasferì dalla parrocchia di S. Felicita, dove la famiglia Canigiani aveva sempre vissuto, in via de' Bardi. Nel 1467 finalmente completò l'acquisto del palazzo di Lorenzo di Larione de' Bardi. Aveva inoltre delle proprietà a San Felice a Ema, in Val di Pesa, in Valdelsa, a Santo Stefano a Campoli, e nel contado di Pisa. Inoltre egli aveva degli enormi crediti nel Monte Comune e fu certamente un uomo assai ricco. Dei suoi figli solo Antonio e Matteo gli sopravvissero e quindi ereditarono la sua considerevole fortuna. Il testamento del C. porta la data del 15 marzo 1473e fu rogato da ser Antonio Bartolomei.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 134, passim;67, ff. 9v, 114v; 68, ff. 20, 25, 29; Catasto, 64, f. 101v; 785, ff. 67 s.; Mediceo avanti il Principato XXX, 196, 719; Firenze, Biblioteca nazionale, Carte Passerini, 186, 216; Carte Poligrafo Gargani, 471; Firenze, Biblioteca Riccardiana, cod. 2449 (testamento del C.); Istoria fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, in Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), p. 308; G. Cambi, Istorie fiorentine,ibid., XX (1785), pp. 211, 241, 256, 378, 390, 420; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, p. 195; S. Ammirato, Istorie fiorentine, a cura di F. Ranalli, Firenze 1845-49, III, pp. 89, 113; Filippo di Cino Rinuccini, Ricordi stor., a cura di G. Aiazzi, Firenze 1840, p. 230; L. Fumi, Invent. e spoglio dei registri della tesor. apost. di Città di Castello, in Boll. d. R. Dep. umbra di storia patria, I(1900), p. 16; G. F. Pagnini, Della decima,e di varie altre gravezze imposte dal Comune di Firenze, II, Lucca 1765, p. 277; G. Capponi, Storia della Repubblica fiorentina, II, Firenze 1876, pp. 98, 101; C. M. Cipolla, Storia delle signorie ital., Milano 1881, p. 561; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze, Torino 1960, p. 463; N. Rubinstein, The Government of Florence under the Medici, Oxford 1966, ad Ind.;L. Martines, Lawyers and Statecraft in Renaissance Florence, Princeton 1968, p. 190.