CAMPUS, Giovanni
Nacque a Osilo (prov. di Sassari) il 2 dic. 1875; fu professore di scuole medie in diverse località della Sardegna e in seguito professore di liceo a Torino. Qui pubblicò il suo primo e più importante lavoro, Fonetica del dialetto logudorese (Torino 1901).
Della principale e più caratteristica varietà dialettale della lingua sarda, il logudorese, il C. ha effettuato una divisione in tre ulteriori varietà: dialetto nuorese, dialetto logudorese propriamente detto, dialetto logudorese settentrionale. Tale divisione è da ritenersi tuttora sostanzialmente valida, anche se, per esigenze di studio e di esposizione, i linguisti successivi si sono mostrati propensi a considerare il dialetto nuorese o centrale come una varietà dialettale del sardo degna di essere considerata e studiata in sé e per sé.
L'analisi che il C. condusse della fonetica del sardo-logudorese, tanto nella sua dimensione sincronica quanto in quella diacronica, era di notevole valore scientifico, sia perché bene informata sulle reali condizioni linguistiche della Sardegna sia perché del tutto adeguata al grado di sviluppo della linguistica romanza o neolatina in generale, quale si aveva in quegli anni. Pur seguendo fedelmente i metodi della "scuola neogrammatica", il C. se ne seppe spesso allontanare, con l'intento di aderire meglio alle concrete e precise condizioni del dialetto logudorese. Il lavoro del C. è stato fondamentale nella storia della linguistica sarda, superato solamente dalla importantissima Historische Lautlehre des Sardischen, pubblicata nel 1941 da Max Leopold Wagner.
Il C. si inseriva autorevolmente nella discussione sorta ai primi del Novecento sul posto che si dovesse assegnare ai dialetti gallurese e sassarese: "Sono dialetti propriamente sardi oppure sono dialetti che, attraverso la mediazione del corso e del toscano, sono da ascriversi al gruppo dei dialetti italiani?". Il C. intervenne a favore di questa seconda tesi, la quale è stata sostenuta, contemporaneamente e anche indipendentemente pure dal Wagner e che fino al presente risulta ancora la più accettata dagli specialisti (cfr. la recensione di M. Bartoli, Un po' di sardo, in Bullettino bibliografico sardo, IV[1904], 37-38, pp. 12-13; Id., Appunti di linguistica sarda, ibid., IV[1905], 43-45, pp. 106-116).
Il C., inoltre, dedicò tre importanti studi alla questione del cosiddetto "intacco del C. latino"o, meglio, "intacco delle velari latine" (Sullaquestione dell'intacco del C. latino, Torino 1901; Le velari latine con speciale riguardo alle testimonianze dei grammatici, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, LIV [1918-1919], pp. 271-284, 366-376).
La varietà nuorese o centrale della lingua sarda presenta il suono velare della c e della g anche di fronte alle vocali e ed i: kentu "cento", kima "cima", øelare (ghelare)"gelare", øirare (ghirare)"girare, ritornare"; pronunzia che corrisponde perfettamente a quella originaria del latino. Senonché, prima G. I. Ascoli e dopo P. E. Guarnerio avevano negato che questo particolare fenomeno fonetico delle velari sardo-nuoresi fosse un caso di "conservazione" del corrispondente fenomeno latino originario, mentre avevano sostenuto che si trattasse solamente di un caso di "ritorno" o di "ricostruzione" casuale, nel senso che, a loro avviso, in una prima fase le velari latine ce,ci,ge, gi avessero subito un intacco in senso prepalatale nell'ambito di tutto il latino parlato, mentre soltanto in seguito nel centro della Sardegna (ed anche in Dalmazia, nel dialetto veglioto), con un processo fortuito di evoluzione fonetica, si sarebbe giunti a "ricostruire" la originaria condizione fonetica del latino.
Il C. combatté questa tesi e, con osservazioni molto stringenti, dimostrò che il caso del sardo-nuorese kentu, kima, øelare, øirare è realmente un fenomeno di "conservazione" della originaria situazione fonetica del latino. Questa tesi fu immediatamente accettata dal Wagner (Literaturblatt für german. und roman. Philol., XXXIX[1918], coll. 126-132) e dagli altri linguisti, tanto che nessuno ormai la mette più in dubbio. Attualmente per i linguisti è tanto certo che il sardonuorese kentu, kima, ecc., è un caso di conservazione dell'originaria pronunzia latina, che ormai essi invertono i termini della questione: la pronunzia sardo-nuorese costituisce essa stessa una delle varie prove che i linguisti sono in grado di presentare per dimostrare che la pronunzia originaria latina era effettivamente kentum, kima, øelare, øirare.
Sullo slancio di questa polemica condotta e vinta su linguisti di così notevole rilievo come l'Ascoli e il Guarnerio, il C. procedette a ribaltare il procedimento da lui usato per la suddetta questione di linguistica sarda su una analoga questione relativa alle velari ario-europee, e raggiunse risultati abbastanza apprezzabili, anche se - com'era ovvio - non altrettanto sicuri(Due note sulla questione delle velari ario-europee, Torino 1916).
Nel frattempo egli ebbe modo di seguire quasi tutto ciò che si andava pubblicando intornoalla lingua sarda ed ai suoi dialetti, componendo accurate recensioni, che andò pubblicando nelle pagine dell'Archivio storico sardo, I (1905), pp. 284-289; III (1907) pp. 2-53-258; IV (1908), pp. 7-47-253; VII (1911), pp. 344-348, 358, ed anche nel Giornale storico della letteratura italiana, LXVIII (1916), pp. 2282-33. In tutte queste recensioni, e soprattutto nello studio Note lessicali sarde (in Archivio storico sardo, VII [1911], pp. 159-166, il C. si interessò anche di problemi etimologici, ma, come scrisse il Wagner, "la parte etimologica fu forse la più debole nell'opera del Campus, essendo stato egli piuttosto una mente metodica e logica; le ricerche etimologiche invece richiedono, oltre al metodo critico, certe facoltà intuitive e perfino artistiche che egli non possedeva in egual misura".
Il C. morì a Torino il 30 luglio 1919.
Bibl.: M. L. Wagner, Necrologio di G. C., in Archivio storico sardo, XIII (1921), pp. 193-196.