CAMERANA, Giovanni
Nacque a Casale Monferrato il 14 febbr. 1845 da Giuseppe e Francesca Leotardi, in una famiglia che contava magistrati e militari: magistrato era il padre, morto nel 1869 col grado di consigliere di cassazione; era generale lo zio Carlo, che aveva partecipato alle guerre d'indipendenza. Il C. seguì la famiglia da Torino a Milano, dove il padre era stato trasferito, e venne indirizzato agli studi di diritto che intraprese nell'università di Pavia. In questi anni, tra il 1863 e il 1865, entrava anche in contatto col gruppo degli scapigliati milanesi, divenendo amico di E. Praga, L. Gualdo e in particolare di A. Boito. L'inizio della produzione poetica del C. (che in base a un manoscritto con liriche giovanili risale al 1860) fu caratterizzato da un'accentuata permanenza di moduli tardoromantici di stampo prevalentemente aleardiano, non immuni peraltro da scolastici residui aulici e classicheggianti; tale appare ad esempio il poemetto Natura e pensiero del 1863.
Nel 1865 il C. ritornò a Torino in seguito a un nuovo trasferimento del padre, e cominciò a frequentare il cenacolo letterario della Dante Alighieri, sorto tra il 1863 e il 1864 in connessione con la scapigliatura lombarda e in particolare sotto l'influenza letteraria di Praga e Boito. Qui conobbe alcuni tra i più interessanti giovani intellettuali piemontesi, come R. Sacchetti, G. Giacosa, G. C. Molineri e G. Faldella. Intanto maturava in lui l'influenza dell'arte scapigliata.
Nel C. si constata una scelta di nuove forme espressive, l'accettazione dei temi più tipici della corrente: il gusto del macabro, dell'orrido e tenebroso, l'accentuazione di un realismo intenzionalmente dissacrante; e insieme la polemica antiborghese, la ripresa del boitiano motivo dell'irresolubile dualismo, del dissidio letterario ed esistenziale, delle istanze di rinnovamento artistico opposte all'immobilismo espressivo della tradizione romantica. Anche dalla scapigliatura proviene l'oscillazione tra intenzionale rappresentazione realistica e iconoclasta e certi indugi, di stampo specialmente praghiano, in un sentimentalismo nostalgico in cui, mentre si attenua il tono patetico, si accentua invece la presenza della memoria. Particolarmente evidente la compresenza di questi elementi nelle due liriche dedicate a E. Praga (1865) e ad A. Boito (1866), nelle quali tuttavia già è possibile isolare, sia pure attraverso un'irrisoria oscillazione stilistica e lessicale, nuclei tematici ed espressivi (un sostanziale rifiuto del bozzettismo e la scelta invece di una rappresentazione di paesaggio intimistico e inquietante, smorto e sfumato) che caratterizzeranno la direzione della sua successiva poesia.
A Torino il C. completò gli studi di legge nel 1868 ed entrò in magistratura, prima come applicato alla Regia Procura torinese, poi come sostituto procuratore del re a Ivrea e di nuovo a Torino. Nel 1876 divenne segretario dell'onorevole Brunacci al ministero di Grazia e Giustizia. Alla sua professione di magistrato, intrapresa con intimo conflitto verso la decisa vocazione artistica, ma poi sempre considerata moralisticamente come primaria, il C. affiancò un'attività culturale, limitata negli aspetti esteriori (non volle mai pubblicare una raccolta di propri versi), ma intensa e vivace sul piano delle letture, delle amicizie e della produzione.
Conoscitore profondo della letteratura italiana e francese, non ignorò le contemporanee esperienze inglesi e tedesche; esperto di arti figurative (amico e sostenitore di Fontanesi, frequentatore dello scultore Bistolfi e dei pittori Delleani e Avondo), paesaggista egli stesso, collaborò dal 1869 al 1873 alla rivista L'Arte in Italia con articoli di critica d'arte, nei quali appariva sintomatica la sua predilezione per i paesaggisti olandesi come Ruysdael, Potter e Hobbema.
Continuava intanto la sua attività di poeta pubblicando solo su giornali e periodici (L'Arte in Italia, Serate italiane, Rivista minima, Verso la meta, Il giornale per tutti, La voce dei giovani italiani, La Gazzetta del popolodella domenica, Rivista contemporanea, L'Illustrazione italiana, Il Saluzzese, Il Monterosa)alcune liriche, a volte firmate a volte siglate con una "Y" (però, secondo S. Farina, egli avrebbe pubblicato una piccola raccolta di poesie in esemplari numerati a bassa tiratura). Nel gruppo di liriche scritte tra il 1870 e il 1874 e intitolate Bozzetti, ilC. veniva coerentemente applicando la scelta sostanzialmente antirealistica già espressa, sia pure con scarsa chiarezza teorica, in uno scritto del 1869 su L'Arte in Italia, in cui opponeva al criterio dominante dell'imitazione, la visione dell'arte come "interpretazione della realtà". Procedendo su questa strada andava deformando progressivamente il tradizionale impianto impressionistico, denso di innegabili influenze praghiane, del "bozzetto" come genere, attraverso un netto predominio della suggestione pittorica, di cui il C. selezionava via via la gamma coloristica a lui necessaria (bianchi, neri, grigi, gialli), in una messa a punto funzionale alla delineazione di un paesaggio "d'anima" allusivo, simbolico, cioè appunto "interpretato".
Si manifestavano così nella sua poesia influenze e suggestioni simbolistico-decadenti, apprezzabili anche nell'attenuazione lessicale e stilistica dei residui più evidenti della tradizionale orditura tardoromantica. Il processo era destinato ad accentuarsi negli anni successivi, con la messa a punto da parte del C. dei propri strumenti espressivi su una linea di apertura europea del linguaggio poetico, con un più preciso uso dell'analogia, l'adozione di un ritmo denso di spezzature, e la già accennata utilizzazione del colorismo in direzione antinaturalistica. In questo affinamento tecnico è rintracciabile una varia presenza di modelli europei in funzione di stimolo e guida nel superamento del realismo: un'estesa area culturale che va da un Baudelaire assimilato prevalentemente come lezione di stile, ai decadenti belgi, Verhaeren, Jammes, e in seguito anche Verlaine in certi acquisti di indefinita musicalità. Tale processo di liberazione e maturazione stilistica coesisteva tuttavia con un persistente gusto classicistico, che si esprimeva di volta in volta attraverso il recupero di un plasticismo di tipo parnassiano o addirittura di stampo carducciano.
Negli anni dal 1882 al 1886 il C. compì numerosi viaggi attraverso l'Europa, in Francia, in Svizzera e soprattutto in Olanda. Dal 1887 al 1892 occupò la carica di procuratore del re a Saluzzo; nel luglio 1893 venne promosso sostituto procuratore generale e destinato alla Corte d'appello di Catania; nell'agosto del 1894 venne assegnato ad Alessandria come procuratore del re e infine, nell'aprile del 1895, ritornò a Torino quale sostituto procuratore generale di Corte d'appello. Nel 1896 moriva la madre, figura di notevole importanza nella vita del poeta, il quale non si sposò ma visse alcune esperienze amorose di qualche importanza.
Nelle sue liriche di questi anni si precisava intanto un ulteriore approfondimento della linea decadente, con la definizione di una scrittura dominata dal senso del mistero, anche se si riproduceva l'oscillazione e l'ambivalenza linguistica e stilistica che appare strutturale alla sua poesia, dalle origini fino alle sue ultime prove.
La scoperta dell'irrazionale come modulo espressivo della realtà si traduceva infatti, da un lato, in una nuova utilizzazione del paesaggio, trasferito dal piano tematico a quello stilistico, in direzione visionaria e ossessiva, implicante una scelta ormai definitiva per la suggestione di tipo musicale propria della contemporanea poesia decadente europea, mentre, d'altra parte, il processo di concretizzazione del mistero attraverso oggetti simbolici (anch'esso elemento fondamentale nella cultura decadente) reintroduceva nella poesia del C., seppure attraverso una nuova via, il gusto della rappresentazione plastica insieme alla connaturata incertezza lessicale. In questa direzione muovevano le stesse liriche raggruppate sotto il titolo di Oropee (1882-1887), dominate ancora da un senso del mistero per nulla mistico, ma piuttosto nutrito di visionarismo e persino di un abbandono magico e rituale a una sorta di viaggio agli inferi, del resto rozzamente ma più chiaramente ripreso nel successivo gruppo di sei sonetti raccolti sotto il titolo La femme (1895-1898). Le liriche degli ultimi anni, il gruppo Ad Arnoldo Böcklin (1899-1902) e altre poesie sparse, non modificano sostanzialmente queste costanti della produzione del C., ma anzi ripropongono, talora esasperandola, quella indecisione stilistica e linguistica rintracciabile in tutta la sua opera.
Amico di A. Boito fino ai suoi ultimi giorni, il C. conobbe e frequentò le nuove leve intellettuali torinesi che ruotavano intorno alle lezioni di A. Graf e all'editore Casanova: G. Balsamo Crivelli, G. Gozzano, C. Corradini, F. Pastonchi ed altri. Fu nominato, il 1º febbr. 1905, consigliere di cassazione.
Si suicidava il 2 luglio dello stesso anno a Torino.
Gli scritti sono stati raccolti postumi: Versi, con pref. di L. Bistolfi, Genova-Torino-Milano s. d. (ma 1907), illustrato da disegni del C.; Poesie, a cura di F. Flora, Milano 1956, Poesie, a cura di G. Finzi, Torino 1968. Nel Museo civico di Torino è conservata la raccolta integrale dei suoi disegni.
Fonti e Bibl.: R. Zena, G. C., in Intermezzo, I (1890), 2, pp. 31-39, 3, pp. 57-66; G. Giarelli, Vent'anni di giornalismo (1868-1888), Codogno 1896, passim;A. Albertazzi, La scapigliatura milanese, in Natura e arte, XIII (1904), 14, pp. 75-80; Il Campo, 9 luglio 1905 (fasc. monografico dedicato al C.: R. Zena, G. Balsamo Crivelli, Z. Zini, Sulpoeta;C. Corradino, Magistrato o poeta?;L. Bistolfi, Sulla bara;C. Pavesio, L'oratore);Doctor Alfa [E. A. Berta], G. C., in Gazzetta del Popolo della domenica, 9 luglio 1905; A. M. Grosso, L'anima di G. C., ibid., 9 luglio 1905; Nemi, G. C., in Nuova antol., 16 luglio1905, pp. 306 s., L. Guelpa, Per G. C., in IlCampo, 6 ag. 1905; Nemi, I "Versi" di G. C., in Nuova antol., 1º luglio 1907, pp. 179 ss.; D. Oliva, La musa d'un magistrato, in Giornale d'Italia, 12 luglio 1907; F. Pastonchi, G. C., in Corriere della Sera, 27 giugno 1907; E. Thovez, G. C., in La Stampa, 8 luglio 1907; M. Vacca, G. C. poeta, in Rivista di Roma, XI (1907), 14, pp. 513 ss.; G. Rabizzani, L'ultimo romantico (G. C.), in Studi e ritratti, Firenze 1908, pp 79-82; R. Barbiera, G. C. e la "Giovane scuola lombarda" (1845-1905), in Grandi e piccole memorie (1800-1910), Firenze 1910, pp. 259-69; F. Cazzamini-Mussi, G. C. - Versi, in Alma poesis: Soliloqui letterari, s. 1, Rocca San Casciano 1911, pp. 37-56; G. Rabizzani, G. C., in Pagine di critica letteraria, Pistoia 1911, pp. 85-90; S. Farina, G. C., in La mia giornata - Care ombre, Torino 1913, pp. 199-203; M. Moretti, La scapigliatura e i suoi poeti, in La Fiera letteraria, 27 dic. 1925; B. Pinchetti, Ipoeti veristi naturalisti scapigliati, in La lirica ital. dal Carducci al D'Annunzio, Bologna 1928, pp. 240-54; G. Galiani, Tre poeti della scapigliatura, Sora 1936, passim;R. Barbiera, G. C. e la giovane scuola lombarda, in Ideali e caratteri dell'Ottocento, Milano 1940, pp. 295-305; G. Ferrata, Parabola della scapigliatura, in Primato, II (1941), 19, pp. 6-8; F. Neri, G. C., in Poesia nel tempo, Torino 1948, pp. 141-45; G. Petrocchi, Sulla poesia di G. C., in Humanitas, III (1948), 10, pp. 990-1003; Id., Fede e poesia dell'Ottocento, Padova 1948, pp. 112-15; G. Contini, Introduzione a Racconti della scapigliatura Piemontese, Milano 1953; A. Romanò, La poesia di G. C., in Humanitas, VIII (1953), 3, pp. 320-22; F. Antonicelli, Ritorno di poeti, in La Nuova Stampa, 6 giugno 1956; B. Croce, La letteratura della Nuova Italia, I, Bari 1966, pp. 272-81; F. Flora, Due poeti fra l'Ottocento e il Novecento, G. C., in Letterature moderne, VI (1956), 4, pp. 402-13; G. Gramigna, Ritorno di C., in L'Illustrazione ital., giugno 1956, pp. 36, 68; M. Marcazzan, Dal romanticismo al decadentismo, in Letteratura ital., Le correnti, II, Milano 1956, p. 751; G. Petronio, Idue tempi di C., in Paese Sera, 2 sett. 1956; E. Gennarini, La disperata ansia del Tarchetti e del C., in La scapigliatura milanese, Napoli 1961, pp. 65-75; L. Anceschi, Circostanze della "fine del secolo", in Il Verri, VII (1962), 4, pp. 3-33; G. Barberi-Squarotti, Illungo inverno di C., ibid., pp. 132-43; G. Petrocchi, Sulla poesia di G. C., in Poesia e tecnica narrativa, Milano 1962, pp. 16-33; C. Curto, La letteratura fine Ottocento, Torino 1963, passim;M. Dell'Aquila, Sessant'anni di critica sulla poesia di G. C., in Ragguagli e ricerche, I, Bari 1964; G. Mariani, Storia della scapigliatura, Caltanissetta-Roma 1967, pp. 539-56; W. Binni, La poetica del decadentismo italiano, Firenze 1968, pp. 62-66; G. Cusatelli, La Poesia dagli scapigliati ai decadenti in Storia della letter. ital., VIII, Milano 1968, p. 531-37; M. Dell'Aquila, La poesia di C., Bari 1968; G. De Rienzo, Scomposizione del paesaggio nella poesia di C., in Vita e pensiero, LI (1968), 12, pp. 980-99 (ora in C.,Cena e altri studi..., Bologna 1972, pp. 17-47); P. Nardi, G. C. - L'ioirriducibile, in Scapigliatura. Da G. Rovani a C. Dossi, Milano 1968, pp. 185-210; R. Bigazzi, Icolori del vero, Pisa 1969, pp. 277-278; G. De Rienzo, C. prosatore inedito, in Da Dante al Novecento Milano 1970, pp. 515-35 (ora in C.,Cena e altri studi, cit., pp. 51-82); Enc. ital., VIII, p. 532.