CAIMI, Giovanni
Di nobile famiglia milanese nacque nella prima metà del secolo XV. Già presso Francesco Sforza, prima che questi acquisisse il ducato di Milano, fu, nel 1449, inviato ad Antonio ed Ugolino Crivelli, quando costoro offrirono di cedere al condottiero Pizzighettone, di cui il primo era castellano. Mentre i due fratelli tennero la rocca in nome dello Sforza, il C. divenne prefetto della città e ne rimase podestà dopo la presa del potere di Francesco Sforza nel 1450. Era ancora Il commissario nell'aprile del 1452, quando ricevette da parte del duca l'ordine di mantenere in efficienza i forni in vista dello scoppio della guerra, che dopo la stipulazione del patto di alleanza franco-milanese-fiorentino, concluso nel febbraio, era inevitabile, e che difatti scoppiò il mese dopo. Il C. mantenne la stessa carica fino al 1455.
All'inizio del 1456, quando Callisto III era salito al soglio pontificio da otto mesi circa, Francesco Sforza, avuto sentore della prossima convocazione di un nuovo concistoro. inviò il C. a Roma, perché si adoperasse presso il papa per ottenere la porpora a Bartolomeo Visconti e ad Enea Silvio Piccolomini e magari anche a G. A. della Torre. Come previsto da Sceva de Curte, anch'esso ambasciatore ducale presso il papa, le richieste numerose e pressanti ottennero solo di ofrrire il destro al pontefice, che subiva altre pesanti sollecitazioni da parte del re di Napoli, di non eleggere alcun cardinale. Il C. doveva assolvere anche ad altri incarichi e precisamente richiedere al papa lo scioglimento del fidanzamento intercorso fra Drusiana, figlia illegittima di Francesco Sforza ed il conte Giacomo Piccinino. Il pontefice nicchiò riguardo a ciò e manifestò invece la sua opposizione al progettato matrimonio fra Ippolita Sforza ed Alfonso nipote del re di Napoli. I rapporti fra il duca di Milano e Callisto III erano intricati anche dalla questione dei benefici, complicata dal nepotismo del papa. Per dirimerla il C. fu inviato di nuovo a Roma, e ricevette le istruzioni il 12 luglio 1457. Gli aggrovigliati intrecci dei benefici non si sciolsero, ma nell'agosto il papa concesse la dispensa relativa alle nozze di Drusiana col Piccinino. Nel settembre il C. scrisse al duca di aver ricevuto dal papa l'incarico di recarsi a Bologna ed a Firenze per illustrare il pericolo costituito dal Piccinino accampato in Abruzzo.
Alla morte di Alfonso d'Aragona (27 giugno 1458) mentre il papa, dopo l'emanazione della bolla del 12 luglio contro Ferrante, cercava di accattivarsi l'appoggio di Francesco Sforza, questi invece era tutto proteso a proteggere e favorire la successione del figlio di Alfonso nel Regno. Il C. ebbe l'incarico di manifestare al papa la fermezza delle intenzioni del duca a questo proposito - Dopo il colloquio coll'ambasciatore sforzesco, dal quale risultò che non c'era alcuna speranza di acquistare alla sua causa il duca di Milano, Callisto III si aggravò e morì il 6 agosto, tanto che molti attribuirono all'oratore milanese la responsabilità di questo aggravamento fatale. Alla fine di luglio il C. raggiunse Capua insieme ad Orfeo da Ricavo. Essi erano stati inviati a Ferdinando per confermargli ancora una volta l'appoggio del duca di Milano. Il re di Napoli, che cercava allora di acquistare la fiducia e l'appoggio dei baroni napoletani, non ancora decisamente orientati pro o contro di lui, nell'agosto inviò il C. per giovarsi dell'autorità di Francesco Sforza, al principe di Taranto. A questi l'inviato illustrò la sua attività personale in favore del figlio ed erede di Alfonso d'Aragona esplicata a Bologna, a Firenze ed a Roma, e la simpatia operante che il duca di Milano nutriva nei riguardi di Ferdinando. La missione non ebbe un esito brillante, come lo stesso C. scrisse a Francesco Sforza. Il principe di Taranto si schierò poi infatti con Giovanni d'Angiò quando l'anno successivo questi scese nel Regno per rivendicare i diritti del padre.
Il 7 dicembre dello stesso anno il C., insieme con Cicco Simonetta e Francesco della Croce, fu incaricato dal capitolo del,costituendo nuovo Ospedale maggiore di Milano di inviare al papa, del quale occorreva una bolla per l'erezione canonica dell'ente e per la riunione in esso dei vecchi ospedali, una degna persona che sollecitasse questo provvedimento. La bolla però era stata già concessa in data 9 dicembre.
Nel novembre dell'anno dopo, allorché Giovanni d'Angiò era salpato da un mese da Genova con buone prospettive di conquista del Regno, il C. fu ad Urbino, Rimini e Cesena, a diretto contatto con Giacomo Piccinino, del quale il duca di Milano temeva un accordo con i Francesi. L'ambasciatore ducale confermò i motivi di preoccupazione, poiché il conte Giacomo aveva ricevuto molte proposte e si riservava ancora di decidere. Francesco Sforza, che aveva trovato con il nuovo papa Pio II un modo di controllare la questione dei benefici, colla creazione di un commissario generale che aveva il compito di coordinare tutte le richieste, cercava ora di venire ad un accomodamento a proposito dell'esazione delle decime, ventesime e trentesime; alla riscossione di queste Pio II era infatti molto interessato, perché dovevano servire alla realizzazione della crociata contro i Turchi. Nella primavera del 1460 il C. fu inviato a Siena, per illustrare ad Ottone del Carretto, oratore milanese presso il pontefice, il punto di vista del duca, che era pronto a soddisfare il papa, senza però dimenticare né il suo interesse, né le possibilità effettive dei suoi sudditi.
Nel settembre del 1463 il C., che già si era occupato direttamente ed indirettamente del Piccinino, fu inviato presso il condottiero, il quale, passato al soldo di Giovanni d'Angiò, si trovava a Sulmona, di cui si era impadronito. Le sorti dell'Angiomo nel Regno volgevano al peggio e si pensava che il conte Giacomo fosse ormai disponibile per offerte di ingaggio da parte di Ferdinando. In questa nuova situazione anche lo Sforza era disposto ad offrirgli di nuovo la mano della figlia.
All'inizio del 1464 il C. si trovava a Genova da dove inviava consigli, suggerimenti e relazioni al duca sul modo più opportuno per prendere possesso della città, della quale Francesco e Bianca Maria Sforza avevano ottenuto l'investitura feudale da Luigi XI nel dicembre dell'anno precedente. Dopo un rapido viaggio a Napoli nell'aprile e nel maggio, nel giugno il C. fu inviato a Sulmona, dove ancora si trovava il Piccinino, recando da parte del duca e del re le stesse profferte dell'anno prima. Questa volta dopo molte esitazioni il condottiero, facendo richiamare indietro il C., già partito per il ducato, accettò la mano di Drusiana e, affidate le sue genti a Tommaso Tebaldi, lasciò Sulmona in compagnia del C., diretto alla volta di Milano, dove giunse l'11 agosto dopo un viaggio che lo aveva condotto a Firenze, a Parma, a Reggio e a Bologna.
Nel 1465 il C., come già l'anno prcedente, fu uno dei XII di provvisione della fabbrica del duomo. Dopo la morte di Francesco Sforza, nel 1469, divenne podestà di Valenza ed il 3 maggio del 1471 fu nominato deputato al governo dell'Ospedale Maggiore di Milano. Il suo nome fu compreso in una lista di gentiluomini della duchessa Bona del marzo 1474. Nel maggio dello stesso anno Galeazzo Maria Sforza lo sostituì nella carica che ricopriva nell'Ospedale Maggiore, perché voleva destinarlo ad altri impieghi, che però non conosciamo. a meno che il duca non si riferisse, come sembra poco probabile, alla castellania di Cremona, che il C. ottenne nel luglio del 1478 insieme a Raffaele Caimi ed alla quale rinunciò nel settembre stesso a favore di due parenti. È questa l'ultima notizia che lo riguardi.
Sposò Margherita de Mediolano ed ebbe due figli: Boniforte e Bartolomeo.
Un suo omonimo fu condannato a morte insieme al figlio Francesco nel 1449 dalla Repubblica ambrosiana, come fautore dello Sforza.
Fonti e Bibl.: Per le fonti archivistiche, oltre quelle citate da L. Cerioni, Diplomazia…, cfr. anche Parigi, Bibl. naz., Mss. Ital., 1583, c. 73; 1588., cc. 107, 272, 279, 280; 1589, c. 80; 1590, cc. 42-331; 1594, cc. 101, 140v, 190; 1595, c. 273. Archivio di Stato di Milano, G. Sitoni de Scotia, Theatrum genealogicum familiarum illustrium nobilium et civium…[ms. del 1705], p. 100; I.Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae commentarii, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 303, 304, 359, 413; Annali della fabbrica del Duomo…, II, Milano 1877, pp. 232, 238, 299; Cronaca di anonimo veronese (1446-1488), a cura di G. Soranzo, Venezia 1915, pp. 116, 204; G. Caetani, Epistolarium Honorati Caietani, San Casciano Val di Pesa 1926, p. 219; Gli uffici del dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 350, 449, 634; I registri delle lettere ducali, a cura di C. Santoro, Milano 1961, p. 131; I diari di Cicco Simonetta, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 103, 113; D. Giampietro, La morte di Giacomo Piccinino, in Arch. stor. per le prov. napoletane, VII(1882), 2, pp. 373, 376, 380 s.; E. Nunziante, I primi anni di Ferrante d'Aragona…, in Arch. stor. per le prov. napoletane, XVIII(1893), 3, pp. 42-7-32; P. M. Perret, Histoire des relations de la France avec Venise, I, Paris 1896, p. 331; A. Sorbelli, Francesco Sforza a Genova (1458-1466), Bologna 1901, pp. 125 s., 128, 267-69; A. Cappelli, Un senatore di Roma nel 1456, in Archivio storico lombardo, s. 3, XX (1903), p. 196; A. Ratti, Quarantadue lettere originali di Pio II…, ibid., s. 3, XIX (1903), p. 265; L. Fumi, Francesco Sforza contro Giacomo Piccinino, in Bollettino della R. Deput. di storia patria per l'Umbria, XVI(1910), pp. 557, 575, 592, 594; A. Giulini, Drusiana Sforza moglie di Iacopo Piccinino, in Miscell. di studi storici in onore di A. Manno, II, Torino 1912, p. 169; G. B.Picotti, La Dieta di Mantova, in Miscell. di storia veneta, s. 3, IV(1912), pp. 222, 232-34; Id., D'una questione fra Pio II e Francesco Sforza…, in Archivio storico lomb., s. 4, XX (1913) pp. 197, 200 s., 211 s.; L. Fumi, Chiesa e Stato nel dominio di Francesco I Sforza, ibid., s. 6, I (1924), pp. 14 s., 30; L. v.Pastor, St. dei papi, I, Roma 1925, p. 692; P. Pecchiai, L'Ospedale Maggiore di Milano, Milano 1927, p. 171; F. Fossati, recens. in Arch. stor. lomb., s. 6, VIII(1931), p. 376; Id., Francesco Sforza e la "sorpresa" del 16 maggio 1542,ibid., s. 7, I (1934), p. 346; F. Cusin, Le relazioni fra l'impero ed il ducato di Milano, ibid., s. 8, V (1938), p. 23; F. Fossati, Nuove spigolature d'archivio, ibid., s. 8, VII (1957), p. 376; F. Catalano, La nuova signoria, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 117 s., 123; F. Fossati, Per le mense dei duchi, in Archivio stor. lomb., s.9, I (1963), p. 256; L. Cerioni, La diplomazia sforzesca…, I, Roma 1970, pp. 13, 90, 93, 97, 102-104, 106, 111, 113, 1151 s.