BUZIO, Giovanni
Nacque probabilmente a Montalcino. La tradizione storiografica che ha voluto collocarlo al centro della Riforma italiana del Cinquecento trova scarso riscontro nei pochi documenti autentici pervenutici.
Il resoconto standard della sua carriera, che si può far risalire al martirologio di John Foxe e che con poche varianti è stato ripreso da tutti i pubblicisti successivi fino ai tempi moderni, narra che il B. ancora giovanissimo fu fatto entrare nell'Ordine francescano a causa della povertà della sua famiglia. Egli si distinse nei successivi sei anni di studio a Ferrara e più tardi acquisì grande fama come insegnante e predicatore a Brescia, Milano, Pavia e Bologna. In questa ultima città propagò con successo le dottrine della Riforma facendo dei proseliti, per cui venne in conflitto con un certo Cornelio, professore di metafisica, verso l'anno 1533. Accusato di eresia, il B. fu convocato a Roma dove riuscì a discolparsi. Ritornato a Bologna non ottemperò al divieto di predicare per cui fu trasferito al convento di S. Lorenzo a Napoli. Qui nel corso degli ultimi anni del quarto decennio del XVI secolo i suoi sermoni sul tema della giustificazione per fede gli procurarono la simpatia della cerchia valdesiana. Ma l'ostilità del viceré, don Pedro di Toledo, e di un predicatore rivale di nome fra' Teofilo, lo costrinse a lasciare Napoli. Il B. fu imprigionato a Faenza, ove compose un commentario sulla Genesi, e si stabilì poi a Ravenna. Fu infine nuovamente arrestato, e messo a morte a Roma nel 1553, ma prima di morire, durante il suo autodafé, fece un vibrante discorso nel quale accusò violentemente i cardinali inquisitori suoi persecutori.
I fatti certi nella vita del B. sono pochi. Non è stato possibile rintracciare notizie sui suoi anni formativi, e neppure dati che potrebbero connetterlo a soggiorni a Brescia, Pavia e Milano. E, benché secondo la tradizione egli fosse stato la persona che più influì sulla rapida diffusione di dottrine protestanti a Bologna negli anni trenta, il suo nome non appare mai nei documenti relativi alla eresia bolognese. Procedendo verso il Sud, la sola prova della presenza del B. a Napoli è data da una lettera del vescovo di La Cava al cardinale Cervini in cui è scritto che "un frate di S. Francesco conventuale senese ha predicato qui in S. Lorenzo... ha avuto grata udienza da gran parte et forse la maggiore de nobili et, havuto il vicario di questo vescovato molte relazioni male contra di questo,... animosamente l'ha carcerato...". La data di questa lettera, 10 apr. 1552, situa il B. a Napoli quasi quindici anni dopo la data di solito indicata nella tradizione storiografica. Questa discrepanza potrebbe essere facilmente risolta supponendo un ritorno del B. al pulpito di S. Lorenzo, ma essa contrasta col fatto ben noto che già alla fine del 1551 egli era stato arrestato sulla costa adriatica sotto l'accusa di eresia, ed era stato trasferito a Roma per essere processato.
Della presenza del B. a Ravenna abbiamo notizia sicura dalla testimonianza resa spontaneamente dall'anabattista abiuratario Pietro Manelfi dinanzi all'Inquisizione di Bologna nel 1551. Egli rivelò di aver avuto vari "colloquii" col B. a Ravenna e che in uno di questi il B lo aveva pregato di chiedere fondi alla calvinista duchessa Renata di Ferrara. Secondo l'opinione del Manelfi il B. era un "marzo lutherano". È probabile che fosse la deposizione del Manelfi a provocare l'arresto del B. e il suo trasferimento a Roma. Sappiamo che all'inizio del 1552 egli era già in una prigione romana. Ne sono prova due documenti, una lettera datata Ancona, 3 genn. 1552, di Vincenzo de Nobili, cognato di Giulio III, al cardinale Innocenzo Del Monte, che descrive l'arresto operato dal governatore di Fano, per sospetto di eresia, di "un frate dell'ordine conventuale di San Francesco, domandato il Montalcino". In suo favore il Nobili chiede un processo equanime e rapido. Il secondo documento è una lettera datata Roma 27 febbr. 1552 del cardinale Mignanelli alla Signoria di Siena che aveva scritto in favore del Buzio. Il porporato rassicura le autorità senesi che i cardinali dell'Inquisizione avrebbero concesso al prigioniero ogni opportunità di provare la sua innocenza, il che evidentemente non gli riuscì.
Il B. fu dapprima impiccato e poi arso (in quanto eretico riconciliato ma ricaduto) a Campo de' Fiori il 4 sett. 1553, dopo avere fatto un testamento nel quale lasciava i suoi libri e il grosso dei suoi possessi terreni al proprio fratello Agostino, anchegli frate. Poco dopo la morte del B. cominciò a circolare una lettera, apparentemente scritta da un testimone oculare degli eventi, che riferiva il coraggioso discorso da lui pronunziato il giorno della sentenza, alla presenza dei cardinali inquisitori e della plebe romana. La lettera fu pubblicata nel 1554, probabilmente a Strasburgo, col titolo Historia de Montalcino Romae interfecto propter fidei confessionem, "Nonis Septembrib. Anno 1553", e fu tradotta e pubblicata quasi contemporaneamente in tedesco, forse ancora a Strasburgo, col titolo Warhafftige Historia. L'esagerata importanza del B. negli annali della Riforma risale probabilmente a queste pubblicazioni che certamente ebbero ampia circolazione nel mondo protestante. Sfortunatamente esse non forniscono notizie biografiche. L'unico altro accenno contemporaneo alla sorte del B. è in una lettera di Gaudenzio Merula a Giovanni Calvino (Torino, 27 apr. 1554)che comunica che "Montemalcinum qui libere praedicabat evangelium... Romae fuisse combustum".
Il fratello ed erede del B., Agostino, è probabilmente da identificarsi con l'agostiniano fra' Agostino da Montalcino, che ebbe un ruolo eminente nella fase bolognese del concilio di Trento (primavera 1547); successivamente anche egli fu incarcerato per sospetto di eresia (1553-1554).
La ricostruzione della vita del B. è complicata non solo dalla scarsità di documenti contemporanei autentici, ma anche dal fatto che egli è menzionato sotto tre nomi: Giovanni Buzio, Giovanni da Montalcino e Giovanni Mollio. Solo i primi due hanno fondamento, benché non vi sia traccia del nome Buzio negli archivi municipali di Siena e Montalcino. Il nome Mollio fu introdotto per la prima volta dal riformatore strasburghese Ludwig Rabus nella sua Historien der Martyrern (Strasburgo 1555).
Questo nome usò E. A. Brigidi quando scrisse un romanzo aspramente anticlericale in cui un Giovanni Mollio vagamente modellato sulla figura del B. è ritratto come un eroe della resistenza senese-montalcinese contro le forze imperiali a metà secolo. La ragione per cui il Rabus usò in primo luogo il nome Mollio è un mistero che non è stato risolto. Esso fu sostituito dalla forma corretta Buzio alla fine del sec. XIX grazie alle ricerche di Comba e Amabile.
Fonti e Bibl.: Le lettere del De Nobili e del Mignanelli sono pubblicate da P. Piccolomini in Documenti vaticani sull'eresia in Siena durante il secolo XVI, in Bull. senese di st. patria, XV (1908), p. 302, e in Documenti del R. Arch. di Stato in Siena sull'eresia in questa città durante il sec. XVI,ibid., XVII (1910), p. 29; la testimonianza del Manelfi ora in C. Ginzburg, I Costituti di Don P. Manelfi, Firenze 1970, p. 54; la lettera del Merula a Calvino in Calvini Opera, a cura di G. Baum-E. Cunitz, XV, Brunswick 1876, col. 123; il resoconto del Foxe nei suoi Acts and Monuments, a cura di G. Townsend, London 1846, IV, pp. 463-466. Cfr. anche J. Crespin, Histoire des martyrs, Toulouse 1889, II, p. 32; III, p. 895. Il testamento del B., la sola fonte contemporanea in cui si incontra il nome Buzio, fu dettato alla Confraternita di S. Giovanni Decollato e fupubblicato da D. Orano, Liberi pensatori bruciati in Roma dal XVI al XVIII secolo, Roma 1904, pp. 1-2; cfr. anche D. Gerdes, Specimen Italiae Reformatae, Leyden 1765, pp. 103-104; P. D. Rosio de Porta, Historia Reformationis Ecclesiarum Raeticarum, I, lib. II, Coira 1771, p. 9; T. McCrie, History of the Progress and Suppression of the Reformation in Italy in the Sixteenth Century, Edinburgh 1827, pp. 79-80, 119, 276-279; T. Elze, Una lettera sulla morte di Giovanni Mollio da Montalcino, in Riv. cristiana, I (1873), pp. 272-274; C. Cantà, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1867, pp. 338-339; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Città di Castello 1892, I, p. 137; A. Battistella, Il S. Officio e la riforma religiosa in Bologna, Bologna 1905, pp. 10-11; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI. Jahrhunderts, Paderborn 1910, p. 215; E. Comba, Mollio o Buzio? Leggenda intorno Montalcino, in Rivista cristiana, n.s., III (1901), pp. 218-225; G. Luzzi, Discorso per le onoranze di Moglio da Montalcino,ibid., pp. 179-189; L. Simeoni, Storia della univ. di Bologna, Bologna 1940, II, p. 10; E. A. Rivoire, Eresia e riforma a Brescia, in Boll. della Soc. di studi valdesi, LXXVIII (1959), 105, p. 43; Domingo de S. Teresa, Juan de Valdès,1498 (?)-1541, Roma 1957, p. 134; G. Cantini, I francescani d'Italia di fronte alle dottrine luterane e calviniste durante il Cinquecento, Roma 1948, p. 149; P. McNair, Peter Martyr in Italy, Oxford 1967, p. 124. Il titolo del romanzo del Brigidi è Giovanni Moglio da Montalcino,ovvero il Savonarola della Repubblica senese, Siena 1870-1871. SuAgostino da Montalcino, che sipresume fratello di Giovanni, vedi: P. Piccolomini, Docc. del R. Arch. di Stato in Siena, pp. 31 ss.; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diario, Friburgo Br. 1901, I, pp. 644, 646, 647, 670, 673.