Busnelli, Giovanni
, Gesuita, studioso di D. (Cassina Ferrara, Saronno, 1866 - Roma 1944), fu collaboratore fra i più quotati de " La civiltà Cattolica ". Si occupò di critica letteraria e di filosofia, dando un notevole contributo agli studi manzoniani e all'esposizione e confutazione delle dottrine teosofiche. Ma l'interesse più continuo e impegnato lo troviamo rivolto a D. e al suo mondo.
Era convinzione del B. che, per giungere all'intelligenza completa del pensiero e dell'arte danteschi, bisognasse possedere la filosofia e la teologia del poeta che egli riteneva attinta primariamente da s. Tommaso, e secondariamente, tramite quest'ultimo, da Aristotele e poi da tutti quegli autori medievali e premedievali che D. poteva aver conosciuto. Fu quindi sostenitore autorevolissimo della dipendenza di D. da Tommaso; scovava pertanto, con grande ricchezza di citazioni e rimandi, tutte le possibili convergenze o analogie tra i testi delle Summae, dei commenti e degli altri scritti tomisti e i vari passi dell'opera di D., fondando il suo zelo sulla convinzione che in ogni caso D. avesse conosciuto le dottrine aristoteliche attraverso l'intermediario dei commenti dell'Aquinate e ad essi si fosse ispirato. Qui invero la sua opera di dotto commentatore si scontrava con le ricerche che negli anni tra il 1910 e il 1921 avevano cominciato a chiarire il complesso sfondo culturale e filosofico dal quale era emersa l'esperienza intellettuale del poeta.
Si pensi alla monografia su Cosmogonia e antropogenesi secondo D.A. e le sue fonti (Roma 1922), in cui il B. ribadisce l'ascendenza tomistica di D. contro l'apparato averroistico e neo-platonizzante per il tramite di Alberto Magno, scoperto e indagato dal Nardi (quest'ultimo rispose con una polemica e serrata recensione, Il tomismo di D. e il Busnelli S.J., comparsa in " Giorn. stor. " LXXXI [1923] 307-334, poi ristampata in Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 341-380). Gli è che lo scrittore gesuita rimase sempre fermo nel convincimento che alla base del pensiero di D. vi fossero " i principi caratteristici della dottrina tomistica ", e cioè " l'unità della forma sostanziale nell'uomo, la privazione come uno dei tre principii necessari alla generazione delle cose naturali, la pura forma senza materia nelle sostanze separate, la reale distinzione delle potenze dall'essenza dell'anima, la superiorità dell'intelletto sulla volontà e quindi la beatitudine consistente nell'atto che vede e non in quel che ama, e la materia come principio di individuazione e come pura potenza priva di ogni forma ".
Significativi in tal senso gli studi sull'ordinamento morale delle tre cantiche, delle quali è ricostruita l'intelaiatura aristotelico-tomistica: L'Etica Nicomachea e l'ordinamento morale dell'Inferno di D., con un'appendice, La concezione dantesca del Gran Veglio di Creta, Bologna 1907; La concezione del Purgatorio dantesco, in " La civiltà Cattolica " LVII (1906) 1534-545; II 19-31, 275-289, 659-671; In 289-298, e L'ordinamento morale del Purgatorio dantesco, in " La civiltà Cattolica " LVIII (1907) I 402-416, 688-702; II 398-413; III 21-34, 413-427; V 142-154, 575-587; La glorificazione angelica nel Paradiso dantesco, in " Giorn. d. " XIX (1911) 3, 97-113; Il criterio distributivo dei beati nel Paradiso dantesco, in " La Civiltà Cattolica " LXIII (1912) I 410-428; Il concetto e l'ordine del Paradiso dantesco, Città di Castello 1911-1912; Il simbolo delle tre fiere dantesche, con un'appendice, La fonte delle vicende del ‛ trionfai veicolo ' dell'Eden dantesco, Roma 1909; L'avvocato dei tempi cristiani, in " La Civiltà Cattolica " LXV (1914) I 513-530; L'origine dell'anima razionale secondo D. e Alberto Magno, in " La Civiltà Cattolica " LXXX (1929) III 229-237, 336-347; La colpa del " non fare " degl'infedeli negativi, in " Studi d. " XXIII (1938) 79-98; L'aquila nel cielo di Giove e il sacro romano impero, in " Monat-Rosen " L (1906) 15 maggio, 480-491; Il dubbio di D. sulla predestinazione, Roma 1943; Dalla luce del cielo della luna alla trina luce dell'Empireo, in " Studi d. " XXVII (1943) 95-116.
Ma il nome del B. è soprattutto legato, con quello del Vandelli, all'edizione commentata del Convivio (Firenze 1934-1937), edizione che va considerata momento essenziale nella storia degli studi intorno al trattato. A proposito del commento curato appunto dal B., il Barbi riteneva che poco potesse desiderarsi di più. In verità una quantità di erudizione vi si trova condensata: la laboriosa e talvolta voluta ricerca di alcune fonti, la conoscenza del pensiero di D., l'interpretazione ragionata e con ampi riferimenti filosofici, teologici, scientifici e storici, testimoniano di un lavoro agguerrito e impegnato. Un giudizio sereno e preciso sul commento del B. diede il Gilson (D. et la philosophie, Parigi 19532, 87 n. 1): " On consultera aussi avec profit les nombreux textes philosophiques et théologiques cités en notes par ces deux éditeurs; mais de tels textes ne sont utilisables sans danger qu'à la condition de bien discerner, sous leurs analogies ou leurs rencontres verbales avec le texte de Dante, les différences profondes de pensée dues à l'usage défini que Dante en fait. Dante n'a pensé, ou nous ne sommes surs qu'il a pensé, que ce qu'il dit dans son texte, nullement de ce que disent les autres auteurs cités en notes. On l'a parfois oublié ".
Bibl. - D. Mondrone, Un insigne conoscitore e illustratore di D.: padre G. B., in Scrittori al traguardo, s. III, Roma 1944, 259-352.