BRUNO, Giovanni
Nato a Colonnella (Teramo) nel 1544 da Pietro e da Leonora di Giuliano, venne battezzato con il nome di Properzio, che mutò in quello di Giovanni quando, nel 1571, dopo aver compiuto gli studi a Napoli entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù a Roma. Nel 1576insegnò logica nel Collegio romano; di questa attività fu anche frutto la composizione di un trattato dal titolo In universam logicae facultatem enarratio, il cuimanoscritto è stato acquisito nel 1948 alla biblioteca dell'Istituto storico della Compagnia di Gesù. In seguito a una richiesta rivolta dal cardinale Antonio Carafa al padre generale della Compagnia venne designato, unitamente al padre Giambattista Eliano (che già si era recato nel Libano nel 1578-1579), a partecipare alla missione inviata da papa Gregorio XIII presso il patriarca dei maroniti del Libano. Fine della missione, secondo le intenzioni del pontefice, era di accertare le condizioni della vita religiosa locale, di indagare, in particolare, sui rapporti fra il patriarca e il clero dipendente e, soprattutto, di promuovere più intensi e costanti rapporti fra la chiesa maronita e la Sede apostolica.
Nella Istruzione data ai due gesuiti dal p. Everardo Mercurian, generale della Compagnia (edita nella raccolta del Rabbath), si prescriveva che il B. doveva essere "Consultore ed ammonitore" del p. Eliano, capo della missione, seguendo le regole in vigore per i consultori e ammonitori dei rettori della Compagnia; in particolare il p. Eliano era tenuto a consultare il B., "di segnalata erudizione e di assai buono e maturo giudizio", per tutto quanto concernesse "cose dubbie pertinenti particolarmente a dottrina o dichiarazioni di errori in qualsivoglia materia di fede, o cose ad essa pertinenti". Specialmente raccomandato era un atteggiamento di prudenza nei rapporti con le autorità.
Giunto nel Libano, il B. si presentò con il confratello al patriarca residente nel monastero di S. Maria a Cannubin (Quannobin) e gli espose il fine della propria missione e il desiderio del pontefice di rendere più saldi i rapporti della collettività maronita con la Chiesa cattolica. Per iniziativa dei due gesuiti venne indetto un sinodo che si svolse dal 15 al 17 ag. 1580; nel corso della solenne adunanza i due inviati pontifici consegnarono al patriarca il pallio e altri doni inviati da Gregorio XIII, del quale esposero il desiderio di collaborazione con la Chiesa maronita.
Dopo aver illustrato la dottrina teologica cattolica, così come era stata definita a conclusione del concilio di Trento, i due gesuiti invitarono il clero maronita ad accettare le formulazioni dottrinarie compendiate nel catechismo; alcuni dei presenti sollevarono obiezioni e avanzarono richieste di chiarimenti su punti della dottrina "a' quali - osserva il B. nella relazione tuttora inedita che redasse al ritorno a Roma - fu facil cosa sodisfare poi che per essere gente rozza facilmente si convinceva" (f. 233v). A conclusione del sinodo il testo del catechismo venne accolto dalla chiesa maronita e furono emanati alcuni provvedimenti per il ripristino d'una più severa disciplina dei costumi.
Il B. e il p. Eliano effettuarono successivamente accurate visite alle varie chiese della regione dipendente dal patriarca maronita, compiendo l'esame delle dottrine professate dal clero locale e dei testi religiosi adottati e divulgati tra i fedeli, al fine di rilevarne le discordanze e i contrasti eventuali con la dottrina della Chiesa cattolica.
Dal Libano il B. si recò con il confratello a Gerusalemme, per visitare i luoghi santi; bene accolti dai francescani della Custodia, i due gesuiti sostennero vive discussioni teologiche con alcuni seguaci della eresia nestoriana, riuscendo a convertirne due alla dottrina cattolica. Altra meta del B. e del padre Eliano fu Damasco, per visitare la locale collettività maronita; incontrarono poi il patriarca della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, cui riferirono della fondazione a Roma di un Collegio greco, per giovani destinati al sacerdozio provenienti dall'Oriente; ma per quanto concerneva le possibilità d'una riconciliazione con la Chiesa romana il patriarca si mostrò molto cauto e riservato, affermando di dipendere in ciò dagli orientamenti e dalle decisioni del patriarca di Costantinopoli.
Le comunicazioni delle autorità religiose di Roma, che i due gesuiti trovarono al loro ritorno nel Libano, disponevano che il p. Eliano si recasse in Egitto per un tentativo di contatto e di conversione della Chiesa copta, e che il B. tornasse invece a Roma per riferire. Sulla via del ritorno verso il porto di imbarco il B. subì alcune perigliose avventure e fu tenuto per qualche tempo in carcere dai Turchi.
Tornato a Roma, il B. riferì dettagliatamente a Gregorio XIII sullo svolgimento e sui risultati della missione, richiamando l'attenzione del pontefice e della Curia sulla possibilità di un proficuo incremento dei rapporti con la Chiesa maronita, che ebbe, fra l'altro, quale primo frutto l'istituzione a Roma di un Collegio maronita, per giovani provenienti dalla collettività cristiana libanese.
Dopo il ritorno a Roma, il B. riprese l'insegnamento di logica nel Collegio Romano; nel 1590 era rettore del Collegio dei maroniti. Morì a Roma il 12 ott. 1623.
Fonti e Bibl.: La relazione inedita del B., dal titolo Ragguaglio della Missione fatta a Maroniti in Soria nel Montelibano, trovasi nel Fondo Boncompagni della Biblioteca Vaticana (cod. D5, ff.230-237). Notizie sullamissione si traggono anche da P. Sacchini, Historia Societatis Iesu, V, Romae 1661, pp. 74-76. Importanti documenti relativi alla missione vennero raccolti e pubblicati da A. Rabbath, Documents inédits pour servir à l'histoire du christianisme en Orient, I, Paris 1905-1907. Della missione diede ampia notizia, anche utilizzando la relazione del B., L. Pastor, Storia dei papi, IX, Roma 1929, ad Indicem; sulla figura del p. Eliano, con riferimenti anche al B., cfr. J. C. Sola, ElP.Juan Bautista Eliano. Un documento autobiografico inédito, in Arch. hist. Soc. Iesu, IV (1935), pp. 291-321.