BRICCI (Briccio, Brissio, Brizio), Giovanni
Figlio di Giovanni Battista, materassaio o rigattiere - trasferitosi da Genova a Roma verso il 1560 - e di Pazienza Puccina, nacque a Roma, nella parrocchia di S. Maria del Popolo, il 25 marzo 1579 (e non nel 1581). Pittore, musicista e poligrafo, con la sua produzione letteraria, abbondante e personalissima impressionò i contemporanei che ci hanno trasmesso sulla sua vita numerose informazioni, talvolta contraddittorie. Tutti concordano, comunque, nel riconoscergli un'intelligenza viva e precoce, quasi geniale.
Una tradizione vuole che egli, vittima della gelosia del padre, non fosse stato mandato a scuola, ma che spinto dal desiderio di sapere, sfidando l'ostilità paterna, avesse imparato da solo a leggere e a scrivere, e che si fosse, quindi, disordinatamente iniziato a tutte le scienze, formandosi una cultura enciclopedica, grazie alla sua prodigiosa memoria. Carlo Cartari sostiene invece che la fortuna del B. dipese dal fatto che il padre installò la sua bottega nel quartiere di S. Pantaleo, nel palazzo Teofili (luogo ove sorse poi l'attuale palazzo Pamphili); Sertorio Teofili gli avrebbe fatto seguire gli studi con suo figlio Bernardino, e alla scuola il B. avrebbe incontrato un nipote di Federico Zuccari. Quest'ultimo, vedendone i disegni, lo avrebbe aiutato e incoraggiato.
Il B. si applicò con grande passione allo studio della pittura in cui era particolarmente dotato. Si può anche supporre che egli abbia frequentato la bottega del Cavalier d'Arpino, dato che visse nell'ambiente dei discepoli di questo pittore, il quale fu poi padrino della figlia del B., Virginia, nata il 25 ott. 1609. Tuttavia, per mantenere se stesso e la sua famiglia, avrebbe in seguito utilizzato le sue doti per dipingere insegne di botteghe ed emblemi nobiliari. Il Cartari cita alcuni stemmi affrescati nell'oratorio di San Giovanni de' Genovesi (lavoro che gli avrebbe procurato il padre, membro della confraternita). Avrebbe inoltre dipinto alcuni quadri d'altari ad olio fuori Roma (Cartari, vol. 125).
Alcune illustrazioni a penna e bistro di un manoscritto conservato presso la Biblioteca vaticana (Vat. lat. 14201) e molte xilografie, apparse in diversi opuscoli pubblicati a Viterbo, dai Discepoli (A. Carosi), rivelano un certo talento e uno stile simile a quello degli Zuccari.
Il B. apprese, inoltre, a suonare vari strumenti e persino a comporre: nel 1632 pubblicò a Roma, presso P. Masotti, un volume di Canoni enigmatici musicali a due,tre e quattro voci,con un discorso sopra i canoni. Le risoluzioni di questi canoni, composte da padre G. B. Martini e, nel 1713, da G. Chiti Carletti a Roma, sotto la direzione di G. O. Pitoni, si trovano in manoscritto autografo presso la Biblioteca del Liceo musicale di Bologna. Alla fine del Discorso sopra i canoni, il B. accenna a un'altra sua opera, dichiarando, infatti, di aver scritto i canoni "solo per destare l'acutezza dell'ingegno, che quanto all'utilità, sperava di mandar in luce liabusi trascorsi nella Musica,come anco nella Pittura,Poesia Comica et Arte araldica", iquali "diletteranno assai più di questa [i Canoni], che alfine non è che un scherzo musicale". S'ignora, tuttavia, se gli Abusi vennero stampati. E probabile che appartenga a lui il mottetto In medio Ecclesine aperuit os eius, a tre voci, inserito nella raccolta di F. Costantini, Selectae cantiones excellentissimorum auctorum binis,ternis,quaternisque vocibus concinendae. Liber primus,opus tertium, Romac 1616, sotto il nome di Giovanni Francesco Brissio e sotto lo stesso nome ristampato nel secondo volume della raccolta di C. Proske, Musica divina, Ratisbonae 1854 (pp. 488-490). Divenne anche prefetto di musica della Confraternita dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso, carica che mantenne fino alla fine della vita. Secondo il Cartari (vol. 125, f. 130v), era maestro di cappella di S. Girolamo degli Schiavoni.
Ma è soprattutto all'opera letteraria che il B. deve la sua fama: sin dall'età di quindici anni improvvisava, in casa Teofili, "rappresentazioni spirituali" e più tardi scrisse alcune commedie che lui stesso interpretò con attori, forse improvvisati, fra i quali molti pittori della cerchia del Cavalier d'Arpino.
Compose opere teatrali in gran numero, scritti di occasione e di carattere sacro, trattati, talvolta sotto gli pseudonimi di Luca de Carli e di frate Scipione Borghese. Nel 1680 il Cartari, che aiutava P. Mandosio nella redazione della sua Bibliotheca romana, vide presso il figlio del B., Basilio, una gran quantità di manoscritti: trattati di aritmetica, di geometria, di pittura, di arte araldica, di musica, e di poesia comica. Vide anche dodici opere teatrali inedite e redasse una lista che comporta più di novanta manoscritti inediti. L'unico fra questi che risulta pervenuto fino a noi è il Vat. lat. 14201, già citato, Sopra la historia della Resurrectione del N. S. Gesù Christo... (21ff.), datato 1644. Nel 1880 A. Bartoli ritrovò in un manoscritto di Firenze (Magliabechiano II, I, 80) il canovaccio di una commedia dell'arte: La Spada fatale.
Teodoro Ameyden, che ebbe occasione di veder recitare tre delle commedie del B., nota nella sua Censura de' poeti toscani "autore senza lettere", "attione capricciosa e lodevole" per I difettosi, rappresentati nel 1606 in casa del duca Altemps; "attione assai ridicola" per IlPantalon inamorao, e conclude, per La dispettosa moglie, "ha più del commediante che del commico". La sua simpatia per l'autore è totale poiché scrive: "se studiato havesse un Aristotele divenuto sarebbe, come so per prattica ch'o seco havuto". Sappiamo che il B. frequentò i poeti e i cultori dell'arte e che fu membro di tre accademie: gli Affumicati. i Divisi (sotto il nome di lo Spartito) e i Taciturni (sotto il nome di "il Circospetto"). Non tutti i contemporanei però espressero su di lui giudizi favorevoli e G. V. Rossi lo chiama "Giano materassaio" nel rimproverare Leone Allacci di averlo citato nelle Apes urbanae (De Gregori, p. 271).
Dalla moglie, la napoletana Chiara Recupita, sposata nel 1609, il B. ebbe otto figli di cui solo tre raggiunsero, l'età matura: Plautilla e Basilio, pittori, e Albina (che, nata nel 1611, sposò nel 1639 il Pittore Rutilio Dandini, membro dell'Accademia di San Luca). Gli ultimi anni della sua vita furono rattristati da una malattia delle arterie che dovette colpirlo verso il 1620 e fu il suo "purgatorio in questo mondo" (Cartari).
Morì l'8 giugno 1645 (e non 1646) nella parrocchia di S. Stefano in Piscinula.
Dal catalogo dei suoi scritti compilato dal Mandosio, abbondantissimo di editi e inediti, citiamo le opere di teatro, generalmente più conosciute: Idifettosi (Viterbo 1605; Venezia 1606), commedia in cui il "ridicolo" nasce dal difetto fisico di ogni personaggio; La dispettosa moglie (Venezia 1606, 1629, 1667; Roma 1672; Bologna 1678), commedia con un "carattere" di doma caparbia, che ricorre per i suoi puntigli ad ogni mezzo, anche agli incantesimi (ad essa V. Verucci contrappose la commedia Ildispettoso marito); La zingara ladra (Ronciglione 1610, 1620); Ilvanto della zingara (Viterbo 1613; Ronciglione 1615; Orvieto 1632); La tartarea (Viterbo 1614, 1620, 1622, 1627; Pavia 1622; Venezia 1624, 1636, 1637; Milano 1639; Bologna 1674; Roma 1677), commedia "infernale", con scena nel regno ultraterreno e ricchezza di vivacità e bizzarrie; Pantalon inamorao, poi divenuto IlPantalone imbertonao (Viterbo 1617, 1619, 1628, 1629; Venezia 1620; Treviso 1628, 1647, 1658, 1673; Bologna 1668), commedia sulla rivalità amorosa di Pantalone col figlio; La ventura di Zanni e Pascariello (Viterbo 1619), commedia "in egloga", di cinque atti, nella quale si mostra quanti danni procedano dalla guerra e in cui un "pedante" parla nella maniera fidenziana; La zingara sdegnosa (Viterbo 1620; Venezia 1634), commedia "in frottola", senza divisione in atti: è notevole l'edizione di Viterbo, con i legni delle maschere che agiscono posti all'inizio di ogni scena; La bella negromantessa (Viterbo 1621, 1628; Venezia 1634; Orvieto 1634, 1670), commedia in tre atti; Gli strapazzati (Roma 1627, 1672), commedia in versi; Pelliccia servo sciocco,overo la Rosmira, s.n.t. (1676), commedia pastorale con scena in Arcadia e lievi risentimenti del Pastor fido; La tartaruca (Roma 1677), commedia con legni all'inizio delle scene, pubblicata, come la precedente, dal figlio Basilio; Gli otto forastieri, uscita sotto il nome di Alcoramio Tomasini col titolo L'ostaria di Velletri,overo La zitella malenconica, s.n.t., commedia maliziosa e giocosa pittura di ambiente, giudicata dal Sanesi di arte vivida e schietta. Sono tutte commedie "ridicolose", generalmente in cinque atti, con maschere, "zanni", mescolanza di dialetti, secondo il tipo che ebbe diffusione soprattutto in Roma e nel Lazio fra il Cinque e il Seicento e che resta un importante documento del teatro popolare, insieme con gli scenari della commedia dell'arte, dalla quale furono mutuati intrecci, personaggi ed espedienti.
Di notevole interesse per il folclore romano, ma non ancora studiata, è la copiosissima attività del B. quale relatore di avvenimenti, cerimonie, spassi, casi mirabolanti, e cantastorie di facile ispirazione, come negli scritti: Hospitale de' falliti, Roma 1619; Lo spasso della Caffarella,dove si narra l'allegrezza,e conversationi,i giuochi e trastulli,che hanno quelli che vanno in quel luogo, Ronciglione 1620; Relatione di un caso horribile ... di un figliuolo crudelissimo et ingrato verso il padre,e la madre,il quale è stato assaltato,e divorato da sei horribili serpenti, Viterbo 1620; Relatione ... dell'apparato... per la canonizzazione de'... Santi Isidoro di Madrid,Ignazio di Loiola,Francesco Xaverio,Teresa di Gesù e Filippo Nerio, Roma 1622; Alcuni capricci burleschi e dilettevoli, ibid. 1625.
L. Rossi
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Vicariato, S. Maria del Popolo,Lib. bapt., II, 1577-1584, f. 40v; S. Lorenzo in Lucina,Lib. matr., IV, 1607-1641, f. 17v (8 genn. 1609); S. Maria del Popolo,Lib. bapt., III, 1585-1611, ff. 169v (25 ott. 1609), 189r (10 apr. 1611); S. Stirito in Sassia,Lib. matr., III, 1630-1642, f. 55r (26 febbr. 1639); S. Stefano in Piscinula,Lib. mort., III, 1619-1656, f. 79r; Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 14201; Ottob. lat. 1682: T. Ameyden, Censura de' Poeti toscani (circa 1611), ff. 140v, 167r, 169r; Archivio di Stato di Roma Cartari-Febei, vol. 115, ff. 231-243; vol. 125, ff. 130-133; L. Allacci, Apes urbanae, Roma 1633, p. 155; [G. V. Rossi], Ianus Nicius Eritraeus, Pinacotheca...,Colonia 1647, III, p. 152; L. Allacci, Dramaturgia, Roma 1666; P. Mandosio, Bibliotheca romana, Roma 1682, I, pp. 306-311; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2084-2086; A. Bartoli, Scenari inediti della Commedia dell'Arte..., Firenze 1880, pp. L, 225-233; G. Caprin, La commedia ridicolosa nel sec. XVII, in Riv. teatrale ital., XII (1907-1908), pp. 75 ss., 330 ss.; XIII(1908-1909), pp. 207 ss.; P. Tacchi Venturi, La canonizzazione e la processione dei cinque santi negli scritti e nei disegni di due contemporanei,G. B. e Paolo Guidotti Borghese, in La canonizzazione dei santi Ignazio di Loyola... e Francesco Saverio..., Roma 1922, pp. 50-72; L. De Gregori, Cariche da burla del comune di Roma, in Strenna dei romanisti, III (1942), pp. 270-272; P. Bondioli, Intelligenza del Seicento. G. B. romano, in L'Italia, 8 febbr. 1943 (dono del Vat. lat. 14201 a Pio XII); A. Greco, G. B. commediografo romano del Seicento, in Strenna dei Romanisti, VII (1946), pp. 244-251; I. Sanesi, La Commedia, Milano 1954, I, pp. 657-662, 865; A. Carosi, Girolamo,Pietro e Agostino Uscepoli,1603-1631,Annali della tipografia viterbese, in Miscellanea di studi viterbesi (Bibliotecaprovinciale A. Anselmi), Viterbo 1962, passim (sotto De Carli e Bricci nell'Indice); P.-H. e S. Michel, Répertoire des ouvrages imprimés en langueitalienne au XVIIe s. conservés dans les bibl. deFrance, I, Paris 1967, pp. 216-218; Id., ... conservés dans les bibl. d'Italie, Firenze, II (in corso di stampa); Encicl. dello Spett., II, col. 1100; Diz. delle opere e degli autori, voci Tartarea e B.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, p. 190; C. Schmidl, Diz. Univ. dei Musicisti, I, pp. 246 s.; Suppl., p. 127.
O. Michel-L. Rossi