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BRAGADIN, Giovanni

di Alfredo Cioni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)
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BRAGADIN, Giovanni

Alfredo Cioni

Figlio di Alvise, continuò la tipografia ebraica fondata dal padre dopo la morte di questo (1575) fino al 1614.

Si valse come proto dell'abile, onesto e fedele Āshēr ben Jacob, che aveva condotto fin dalla fondazione l'azienda di Alvise. Anche per le edizioni del B. - come per quelle del padre - mancano notizie precise. Solo ricercando le poche che sono nelle biblioteche d'Italia e quelle conservate nel British Museum e nella Biblioteca Bodleiana di Oxford assieme a quelle che si trovano in talune biblioteche tedesche e boeme, si è giunti ad accertare che le sue edizioni non sono state meno di una quidicina: poche, dunque, se si considera il periodo abbastanza lungo in cui la tipografia fu gestita da lui.

Sulla scarsa produttività avranno certamente influito le difficili condizioni in cui si svolgeva la stampa ebraica in Venezia non solo per la difficoltà dei permessi di stampa, che il magistrato sopra la Bestemmia rilasciava sempre con riluttanza, ma anche per la difficoltà di trovare compositori in ebraico, giacché l'editto del 1571 proibiva agli Ebrei di stampare libri, anche se - così sembra - era solo blandamente fatto osservare. Oltre a ciò, le condizioni generalidei mercati di esportazione erano mutate assai dai tempi del Bomberg e dai primi tempi di Alvise: in quelle comunità ebraiche del Nord Europa e del Vicino Oriente affluivano i prodotti librari di vari editori e tipografi che avevano iniziato a essere attivi un po' dovunque in Italia e soprattutto nei Paesi Bassi.

Difficile dovette essere anche per il B. stampare opere rabbiniche nuove, perché gli eruditi in quelle dottrine, che il Bomberg aveva radunato a Venezia, erano ormai morti o si erano dispersi. Egli dovette limitarsi quasi esclusivamente alla ristampa di opere già pubblicate dal padre; di nuove si possono ricordare: Pērūsh di Elīshā' ben Gabrī'ēl Galichi (1580), Rē'shīth da'ath di Moses ben Jacob Albelda (1583), Sha'ărē dhim'āh del medesimo (1586), l'appendice al Talmūdh di Gerusalemme (1590), una raccolta di preghiere per i giorni festivi (1590), Shenēm 'āśār di Nissīm ben Reubenī (1596). Nel 1599-1600 in due volumi di preghiere per le comunità ebraiche della Germania (Mahăzōr mik-kol hash-Shānāh) sitrova la sottoscrizione: "Zuan di Gara per Zuan Bragadin". Questo Giovanni di Gara - in età assai avanzata, nel 1600 - era stato con il Mē'īr da Parenzo allievo dell'Adelkind e - dopo l'iniqua fine imposta a Daniele Bomberg - era in qualche modo riuscito ad avere alcune serie dei caratteri di quello, con le quali stampò poche edizioni che sottoscrisse abusivamente "erede del Bomberg". Allo stato attuale delle ricerche, sembra che l'ultima edizione del B. sia stata una ristampa della Bibbia (1614).

Morto il B., la ditta fu proseguita dal figlio Pietro, che iniziò l'anno stesso della morte del padre con una ristampa della Mishnāh Tōrāh con le note di Mē'īr Katzenellenbogen, che venne da lui replicata nel 1649. L'attività di Pietro si confonde con quella dei numerosi suoi fratelli: Lorenzo, Alvise II, Vincenzo I, Nicola, Giacomo e Girolamo. Si conoscono edizioni al nome del solo Pietro dal 1614 al 1638, a nome di Lorenzo nel 1615-1630 e 1639-1650. A nome di Pietro e fratelli dal 1631 al 1638 ed oltre; a nome di Alvise II nel 1624-1630 e 1639-1650; a nome di Vincenzo I nel 1639-1649; a nome di Nicola nel 1639-1650; a nome di Giacomo nel 1639-1650, e finalmente a nome di Girolamo nel 1639-1667. Il figlio di questo Vincenzo II, assieme al figlio Alvise III, continuò a stampare sino al 1710.Con l'appellativo generico di "Stamperia Bragadina" la bottega continuò a lavorare per altri anni. Ma non produceva più in proprio, bensì per conto e a cura di diversi tipografi; col loro nome i Bragadin fornivano una specie di patronato a vari editori, dai quali ricevevano in cambio una interessenza sui prodotti. I tipografi che usarono il nome e gli impianti della "Stamperia Bragadina" furono gli eredi di Giovanni di Gara, gli Zanetti, i Pradato, i Vedelago, i Doriguzzi, gli Ambrosini, i Bona, i Paoli e forse qualche altro, tutti cristiani. Ma ormai la concorrenza dei tipografi di Amsterdam era divenuta così generale e potente da costringere i Veneziani a cessare nella stampa ebraica.

Bibl.: D. W. Amram, The makers of Hebrew books in Italy, Philadelphia 1905, pp. 352 ss.; B. Friedberg, Histoire de la typographie hébraïque en Italie, Anverse 1935; M. Steinschneider-D. Cassel, in J. S. Ersch-J. G. Gruber, Allgem. Encyklopädie, II, Berlin 1851, pp. 30 ss.; Shorttitle Catalogue of books printed in Italy... in the British Museum, London 1958, ad Indicem; The Jewish Encyclopedia, III, p. 346; Encyclopaedia Judaica, IV, p. 1003.

Vedi anche
tipografia Il sistema di stampa diretta, che si esegue mediante una forma a rilievo, composta con caratteri mobili (tipi). È il sistema di stampa più antico, che lascia l’impronta sul supporto (carta ecc.) inchiostrando preventivamente gli elementi in rilievo, e poi applicandoli a pressione sul supporto stesso. ... ebraismo Religione ebraica, complesso delle credenze e della cultura degli Ebrei. È una delle più antiche religioni monoteistiche, dalla quale è derivato anche il cristianesimo e il cui nucleo originario risale alla credenza in un Dio nazionale, Yahweh, che stringe con il suo popolo un patto speciale. Probabilmente ... Pentateuco (gr. Πεντάτευχος) Nella versione greca dei Settanta e quindi nella Vulgata, la prima parte dell’Antico Testamento; i 5 libri che la costituiscono sono designati con i nomi di Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Gli Ebrei chiamano il P. Tōrāh (termine che propriamente significa «insegnamento», ... cristianesimo La religione rivelata da Gesù Cristo, che è in pari tempo fondatore del cristianesimo e oggetto di adorazione. Alcuni caratteri del cristianesimo (religione divinamente rivelata, dogmatica, missionaria, universalistica, soteriologica ed escatologica) permettono di raggrupparlo sotto l’aspetto tipologico ...
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