BONONCINI (Buononcini), Giovanni (e non Giovanni Battista)
Nacque a Modena il 18 luglio 1670 da Giovanni Maria e da Anna Maria Prezii. Iniziato lo studio del violoncello con il padre, lo completò a Bologna con G. P. Colonna e con don G. Buoni; per il contrappunto fu anche allievo del Colonna. Esordì come compositore strumentale pubblicando nel 1685 a Bologna, da G. Monti, i Trattenimenti da camera a trè: due violini e violone con il basso continuo per il cembalo. Opera prima, dedicati al duca Francesco II di Modena, i Concertida camera a trè: due violini e violone... Opera seconda e le più ampie Sinfonie a 5.6.7. e 8. stromenti,con alcune à una e due trombe,servendo ancora per violini... Opera terza, dedicando quest'ultima opera al Colonna, che il B. chiama "patrono della sua esistenza", forse perché il maestro lo aveva anche soccorso nelle sue condizioni di orfano indigente.
Circa questi primi lavori strumentali il Roncaglia, ravvisandovi numerose affinità stilistiche con il padre, dubitava addirittura fossero del B., in considerazione anche della domanda da questo rivolta a Francesco II pochi anni dopo la morte di Giovanni Maria per riaverne i manoscritti musicali, che si trovavano in possesso di don G. Tosatti, parroco di S. Pietro a Modena e fratello della matrigna del Bononcini (Roncaglia, 1933, p. 292).
Nel 1686 in riconoscimento ufficiale delle sue capacità musicali, il B. fu aggregato all'Accademia filarmonica di Bologna per volontà del Colonna, allora presidente della stessa Accademia. Cantore e violoncellista, dal gennaio 1687 al maggio 1688, presso la cappella di S. Petronio a Bologna, fu pure nel 1687 maestro di cappella della chiesa bolognese di S. Giovanni in Monte, per interessamento di Francesco II e dell'abate O. M. Bonfioli. In questi anni, pur non trascurando la musica strumentale, cominciò a comporre i primi oratori, Lavittoria di Davide contro Golia, su poesia di P. P. Seta, e Giosuè, su libretto di T. Stanzani, eseguiti nel 1687 e nel 1688 alla chiesa della Madonna di Galliera dei padri filippini. Dopo un brevissimo soggiorno a Modena nel 1688 per suonare in un'orchestra avventizia, in occasione delle esequie della duchessa madre Laura, il B. passò a Roma, dal 1689 al 1696, in qualità di violoncellista, nell'orchestra del cardinale B. Pamphilj (Montalto).
Da un suo carteggio con un'ignota persona, attinente alla corte modenese (Valdrighi, p. 65), risulta, tuttavia, che egli dal 14 dic. 1689 al 22 febbr. 1690 si trovava a Milano, da dove scriveva di essere pronto a servire il duca Francesco II, per non meno di dieci doppie mensili, e di aver ricevuto il libretto (di L. Forni) e composto l'oratorio (La Maddalena ai piedi di Cristo), commissionatogli dal duca stesso. In una memoria esistente nell'Archivio segreto di Modena si legge che il 21 marzo 1690 gli furono pagate "venti doble" per aver composto il suddetto oratorio e "per esser venuto da Milano a farlo cantare a Modena" (Damerini, 1956, p. 122). Il 6 apr. 1690 era di nuovo a Bologna, come fa fede la richiesta di aiuto finanziario da lui scritta a Francesco II da quella città (Roncaglia, 1933, pp. 298 s.). Ciò induce a credere che il cardinale Pamphilj gli concedesse, benché impegnato al suo servizio, una notevole libertà di movimento.
Come operista, il B. fece il suo esordio il 12 genn. 1692 a Roma, al Teatro di Tordinona, con un rifacimento dell'opera di A. Draghi, Eraclea ovvero il ratto delle Sabine (libretto di N. Minato, riadattato da S. Stampiglia), e sullo stesso teatro continuò a far rappresentare con successo opere fino al 1695. Nominato poi dall'imperatore Leopoldo I d'Asburgo compositore di corte, con uno stipendio di cinquemila fiorini annui, giunse a Vienna sulla fine del 1697. Dopo un breve soggiorno a Venezia nel febbraio 1698, interruppe ancora nel 1702 l'intensa attività viennese (dal 1699 aveva prodotto numerose opere al Teatro della Nuova Favorita) per recarsi a Berlino, chiamato alla corte prussiana dalla regina Sofia Carlotta, grande fautrice della musica e degli artisti italiani. Qui il B. compose l'opera Polifemo, su libretto di A. Ariosti, rappresentata al castello di Lietzenburg nel 1702, con la partecipazione della regina al cembalo e di alte personalità sulla scena. Per la buona riuscita di quest'opera - assai significativa, secondo il Bose, per gl'inizi storici dell'opera berlinese e ancor più per lo stile del B., come indicano Della Corte e Pannain - aveva condotto con sé da Vienna il fratello Antonio Maria e alcuni cantanti della corte viennese.
È probabile che il divertimento Les amours de Procis et de Céphale (libretto di A. Guidi), rappresentato il 16 e il 31 ott. 1704 a Lietzenburg con musica del B., altro non fosse che un arrangiamento dello stesso Polifemo, perché non risulta che questa seconda opera, data a Lietzenburg "come già conosciuta", fosse stata da lui composta, secondo il Bose, "a quanto pare a Roma". Il libretto e la musica sono perduti; lo stesso titolo si conosce solo nella versione francese, e fonte della notizia è un manoscritto della baronessa Kielmannsegge, Les intrigues de six Opéras, citato da C. Sachs nel suo volume Musik und Oper am kurbrandenburgischen Hof, Berlin 1910, p. 111 (Bose).
Tornato a Vienna al principio del 1703, il B. rimase in servizio a corte fino alla morte dell'imperatore Giuseppe I (1711), ma si trattenne ancora altri due anni a Vienna, in attesa di ricevere quanto gli era dovuto. Al suo rientro in Italia, si fermò di nuovo a Roma e nel carnevale 17141 1715 fece rappresentare al Teatro Capranica l'Astarto, un'opera da lui composta su libretto di A. Zeno e P. Pariati, che ebbe grande successo.
Fondata a Londra da Haendel nel 1718-1719, sotto gli auspici del re Giorgio I, la Royal Academy of Music per rappresentare opere italiane con artisti italiani al Teatro Haymarket, il B. venne chiamato a farne parte come direttore musicale, insieme con Haendel e A. Ariosti. L'invito fu dovuto ai buoni uffici di G. Riva, diplomatico della corte estense a Londra, e forse anche all'indicazione di lord Burlington, il quale, precedentemente inviato in Italia per ingaggiare artisti per l'Accademia, aveva ascoltato a Roma l'Astarto (Zanetti). Accettato l'incarico, dopo una breve permanenza a Napoli ai primi del gennaio del 1720, il B. si recò a Londra nell'estate successiva; il 19 novembre dello stesso anno presentò all'Haymarket l'Astarto (con il libretto ritoccato da P. Rolli, poeta e librettista dell'Accademia), che suscitò un entusiasmo eccezionale nel pubblico londinese (per merito anche del cantante evirato F. Bernardi, detto il Senesino) e fu replicato trenta volte. Con la rappresentazione di quest'opera ebbe inizio da parte del pubblico la contrapposizione del B. a Haendel e la nascita della rivalità fra i due musicisti.
Presto le simpatie e il parteggiare artistico per i due maestri assunsero un aspetto politico: Haendel, oltre che dai suoi ammiratori (chiamati "haendeliani"), era sostenuto dalla famiglia reale, mentre il B., che aveva non meno numerosi ammiratori (cosiddetti "bononcinisti", fra i quali era anche il Senesino), veniva protetto dal duca di Marlborough.
Per sedare l'antagonismo si stabilì di far collaborare i direttori dell'Accademia nell'opera MuzioScevola, su libretto del Rolli, di cui il secondo atto fu musicato dal B. e il terzo da Haendel (il primo, attribuito dallo Hawkins e dal Burney all'Ariosti, sembra invece sia stato musicato da F. Amadei). L'opera, rappresentata il 15 apr. 1721, ebbe come risultato un inasprimento della competizione e delle discussioni, scatenatesi sulla differente maniera vocalistica del B. e di Haendel, così che ne furono coinvolti anche i cantanti. Negli anni successivi la fortuna del B., comunque, perdurò con le sue sei opere composte a Londra e presentate all'Haymarket, fra le quali particolari consensi ottennero il Crispo (libretto del Rolli: 10 genn. 1722), la Griselda (testo di A. Zeno, rielaborato da N. Haym: 22 febbr. 1722) e la Calphurnia (testo dell'Haym: 30 marzo 1724).
Il Crispo fu, però, rappresentato per la prima volta al Teatro Capranica di Roma il 28 genn. 1721; di questa esecuzione non buona, per colpa dei cantanti, dà diffuse notizie la moglie del B., Margherita Balletti, in una lettera indirizzata da Roma al Riva (Roncaglia, 1933, pp. 305 ss.). Non si conosce la data del matrimonio con la Balletti (cognata dell'attore L. Riccoboni, allora direttore del Teatro Italiano a Parigi), ma probabilmente si può ritenerlo avvenuto dopo il ritorno del B. in Italia da Vienna.
Fuori del teatro, il B. incontrò favore anche con altri lavori (Cantate e duetti, dedicati a Giorgio I e pubblicati a Londra nel 1721, e la Funeral Anthem for John Duke of Marlorough, London 1722) e con le musiche eseguite in due concerti settimanali in casa della figlia del duca di Marlborough, al servizio della quale era stato assunto con cinquecento sterline annue di pensione, in compenso di un'ingiustizia subita dall'impresa del Teatro Haymarket.
Nel 1723 fu progettato d'inviare all'Académie royale de musique di Parigi la compagnia dell'Opera italiana di Londra, affidandone la direzione al Bononcini. Al momento dell'arrivo a Parigi degli artisti italiani di Londra, la compagnia del Teatro Italiano di Parigi sarebbe stata, a sua volta, invitata, dietro richiesta della principessa di Galles, a Londra, a guisa - scrive il Barthelemy - di "scambio" culturale: ipotesi verosimile, in quanto il direttore del Teatro Italiano di Parigi era il cognato del B., Riccoboni. Il progetto, tuttavia, non fu realizzato, per ragioni sconosciute.
Il 6 maggio del 1727 la stagione all'Haymarket si chiuse con l'Astianatte (testo di A. Salvi, riadattato dall'Haym), che fu l'ultima opera del B. rappresentata a Londra: la contesa con Haendel, alimentata da libelli satirici e da invettive in prosa e in versi, raggiunse il culmine per lo scandalo dato dalle interpreti principali, Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni (rispettivamente "haendeliana" e "bononcinista"), che si accapigliarono sulla scena, in presenza della principessa di Galles. Dopo questo incidente il favore del B. andò sensibilmente scemando (anche l'opera italiana, del resto, era in crisi per il sorgere dell'opera buffa e per l'influenza della satirica parodia di J. Gay, The Beggar's Opera, 1728), finché egli stesso cadde in discredito nel 1731 per aver presentato come suo un madrigale a cinque voci, In una siepe ombrosa, tratto dal libro di Duetti,terzetti e madrigali a più voci (Venezia 1705) di A. Lotti. Per ordine della regina Carolina il 24 giugno 1732 venne eseguito, a chiusura della stagione della rinnovata Accademia, un divertimento pastorale del B. (Fassini): questa è l'ultima sua notizia londinese.
Lasciata Londra all'inizio del 1733 con un certo conte Ughi (un avventuriero che lo truffò poi di ogni suo avere), il B. si recò a Parigi, dove il 7 febbr. e il 2 apr. 1733 furono eseguite al Concert Spirituel alle Tuileries sue musiche religiose (fra le quali un Miserere di ottima fattura), e verso la fine del 1735 a Lisbona; qui si ritiene impartisse lezioni di violoncello al re. Nel 1736 tornò nuovamente a Vienna, dove nel 1737 vennero rappresentati due suoi lavori, composti forse a Londra: l'opera Alessandro in Sidone (libretto di A. Zeno e P. Pariati) il 6 febbraio all'Hofburgtheater e l'oratorio Ezechia (libretto dello Zeno) il 4 aprile a corte. Negli anni seguenti si ha notizia di un Te Deum composto dal B. per incarico del futuro imperatore Francesco I il 15 febbr. 1741, come è scritto sulla partitura conservata alla Nationalbibliothek di Vienna (ms. n. 15964); la composizione fu eseguita poi per celebrare la pace di Aquisgrana (1748), ma non fu scritta per quell'occasione, come alcuni indicano erratamente. Una supplica del B. rivolta a Maria Teresa d'Austria per ottenere un sussidio, data la sua grande povertà, fu esaudita l'8 ott. 1742, in ricordo del suo passato servizio a corte: gli venne concessa una pensione di cinquanta fiorini mensili, a partire dal 1º ott. 1742.
Rimasto solo, completamente dimenticato e ridotto in miseria, il B. si spense a Vienna il 9 luglio 1747.
Violoncellista "virtuoso", dall'arte e dalla tecnica egualmente prodigiose secondo i giudizi coevi, come compositore il B. dovette la sua fama alla musica teatrale e vocale da camera, benché avesse dedicato alla composizione strumentale non poche opere, né insignificanti. Di particolare interesse storico fu la sua valutazione del violoncello, che trattò, infatti, come strumento "obbligato", svincolandolo, cioè, dall'umile funzione di accompagnamento per farlo partecipare come una voce solista nelle arie, nei duetti, nelle cantate e nelle sinfonie. Aspetti del suo strumentalismo nelle opere teatrali sono l'organicità quasi sinfonica fra le voci e gli strumenti, e il rilievo di determinati strumenti a fiato (per es., i corni, che introdusse in Inghilterra con la Griselda; incidentalmente, si noti che l'ouverture del primo atto di quest'opera, ritenuta dal Burney scritta dal B. in stile pomposo, a lui non congeniale, per sostenere il confronto con Haendel, è, in miniatura, una sonata).
Come operista e compositore di musica vocale da camera, il B. si rivela veramente "gran maestro e gran espressor musicale delle umane passioni", come lo definì il Rolli (citato dal Fassini), e "uno dei più caratteristici rinnovatori del gusto", secondo il moderno giudizio del Della Corte e del Pannain, mentre ai suoi tempi i critici espressero su su di lui pareri discordi, indice delle novità stesse. In Francia egli era, infatti, additato o come "un modèle pour le gracieux" da F. Raguenet (citato dal Wolff) o giudicato troppo prezioso, arrischiato e irto di asperità da J. L. Lecerf de la Viéville (citato dal Wolff) che deplorava le sue novità armoniche, caratterizzate da improvvise, arditissime modulazioni e pregnanti dissonanze. Verso la fine del sec. XVIII, gli inglesi Hawkins e Burney, pur dominati dalla loro ammirazione per Haendel (specialmente il secondo), riconobbero al B. i meriti notevoli del suo stile personale, e ne lodarono soprattutto la semplicità e la dolcezza della melodia, limpidamente "italiana", che racchiudeva nelle sue linee pure ed eleganti l'intensità del sentimento e delle passioni. Infine, gli studi compiuti, dal Kretzschmar e dal Goldschmidt (citati dalla Zanetti) accreditavano al B. maggiore validità artistica, ponendo in luce una personalità musicale e in un ordine di considerazioni estranee alla tradizionale contrapposizione ad Haendel. Per il Della Corte e il Pannain (p. 790), il suo stile risulta spontaneo, toccante, leggiadro senza inutili ricercatezze, "con arie e cantilene non estese, ma bene coordinate, omogenee", con il "da capo" o no (spesso la ripresa è, infatti, condotta in modo diverso), con recitativi ariosi ed espressivi, "con armonie sobrie [e] consanguinee delle melodie e con pochi vocalizzi": in conclusione, vi si nota quasi un ritorno al classico, con l'esclusione delle ampollosità del barocco. Nell'esaminare il Polifemo e nel considerarne la data di composizione (1702), essi vi ravvisano, in confronto con le opere dei maggiori musicisti contemporanei, da A. Scarlatti ad A. Steffani, una cantabilità lineare, una morbida armonia e una mancanza del contrappunto sorprendenti, ma soprattutto una grande caratterizzazione musicale dei personaggi, per cui la musica "non è mai indifferente al soggetto" (p. 792). "L'accuratezza formale accoglie molte libertà suggerite dal dramma intimo, e mira alla rappresentazione del dramma. Di fronte al razionalismo di tanti suoi contemporanei, il B. reca albeggiamenti di sensibilità patetica e preromantica. La maniera melodica del B., che tanto piacque, rappresenta il trapasso dallo stile di Scarlatti a quello di Haendel, e ha perciò un'importanza storica" (ibid.).
Contrassegnata dalla dolcezza e dalla facile grazia, sopra accennate, la melodia del B. spiega anche il successo che le sue opere ottennero presso il pubblico dei vari paesi dove svolse la sua attività.
Oltre alle opere già citate, il B. pubblicò presso il Monti a Bologna, le seguenti altre: Sinfonie a trè istromenti con il basso continuo per l'organo. Opera quarta, 1686; Sinfonie da chiesa a quattro: due violini,alto viola e violoncello obligato. Opera quinta, 1687; Sinfonie a due stromenti: violino e violoncello con il basso continuo per l'organo. Opera sesta, 1687; Messe brevi a otto voci col primo e secondo organo "se piace". Opera settima, 1688; Duetti da camera. Opera ottava, 1691, 1701. Inoltre, senza num. d'opera, Divertimenti da camera,per violino o flauto e basso continuo, Londra 1722; Divertimenti da camera tradotti per cembalo, ibid. 1722, e Ayres in 3 parts. Suites de pièce pour le clavecin (s.l. né d.). Delle venticinque opere teatrali rappresentate, restano le partiture solo delle seguenti, alcune delle quali già citate: IlXerse (libretto di N. Minato; Roma, Teatro di Tordinona, 1694), Polifemo (di questa partitura fu fatta un'edizione a Berlino nel 1938 a cura di G. Kärnbach), Turno Aricino (libretto di S. Stampiglia; Teatro della Villa di Pratolino 1704 e Vienna, Teatro della Nuova Favorita, 26 luglio 1707), L'Endimione (poesia di F. De Lemene; Lodi 1693; Vienna, Teatro della Nuova Favorita, 10 luglio 1706, con l'ouverture di D. Thalman), L'Etearco (libretto dello Stampiglia; Vienna, Teatro della Nuova Favorita, febbraio 1707), Il Mario fuggitivo (id.; ibid., carnevale 1708), L'Abdolomino (id.; ibid., 3 febbr. 1709), MuzioScevola (libretto di N. Minato; ibid., 10 luglio 1710), L'arrivo della gran madre degli dei in Roma (libretto dello Stampiglia; Milano, Teatro Ducale, 6 maggio 1713), L'Astarto,Crispo,Griselda,Erminia (libretto di P. Rolli; Londra, Teatro Haymarket, 30 marzo 1723) e Alessandro in Sidone.
Moltissime arie, cantate, serenate, varia musica sacra e alcuni oratori del B. si conservano manoscritti nelle principali biblioteche europee (Roma, Bologna, Modena, Padova, Vienna, Parigi, Londra, Dresda, Lipsia, Berlino, Rostock, ecc.); per l'elenco generale della sua produzione si rimanda, pur con qualche riserva, al Valdrighi, all'Eitner, al Manferrari, al Bollert e alla Zanetti. L'oratorio La conversione di Maddalena (1701), trascritto modernamente da F. Floris, è stato eseguito nel duomo di Fiesole il 22 luglio 1956 e alla XIII Settimana musicale senese (16-23 sett. 1956) è stata eseguita anche la cantata Maddalena in viaggio alla solitudine, sempre nella trascrizione del Floris. Delle quattro Arie per basso col violoncello, conservate alla Biblioteca Estense di Modena (Mus. F. 104), la prima e la seconda sono state presentate in esecuzione moderna alla XIX Settimana musicale senese (22-30 luglio 1962).
Bibl.: B. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, III, Paris 1780, pp. 170 s., 336 (il B. è confuso con Giovanni Maria e Antonio Maria); Ch. Burney, A general history of music from the earliest ages to the present period, IV, London 1789, pp. 206, 210 s., 258, 321-325; J. Hawkins, A general History of the Science and Practice of Music, II, London 1853, pp. 775, 812, 860; L. F. Valdrighi, (Musicisti modenesi). I Bononcini..., in Atti e mem. delle RR. Deputaz. di st. patria per le provincie dell'Emilia, n.s., VII (1882), parte 2, pp. 29-33, 44-5 3, 64-66; S. Fassini, Il melodramma ital. a Londra nella prima metà del Settecento, Torino 1914, ad Indicem; F. Vatielli, Arte e vita musicale in Bologna, I, Bologna 1927, pp. 146 ss.; G. Roncaglia, Di insigni musicisti modenesi Su la fam. Bononcini, in Atti e mem.della R. Deputaz. di st. patria per le provincie modenesi, s. 7, VI (1930), pp. 13-16; Id., L. A. Muratori,la musica e il maggior compositore modenese del suo tempo,ibid., VIII (1933), pp. 288-318; A. Della Corte-G. Pannain, Storia della musica, II, Torino 1944, pp. 789-793; N. Flower, G. F.Handel. His personality and his times, London 1947, ad Indicem; L. Montalto, Corelli e l'Accademia dei Pamphili, in La Scala. Rivista dell'Opera, ottobre 1953, p. 18; K. Hueber, Gliultimi anni di G. B. Notizie e docum. inediti, in Atti e mem. dell'Acc. di scienze, lettere e arti di Modena, s.5, XII (1954), pp. 153-171; O. E. Deutsch, Handel. A documentary biography, London 1955, ad Indicem; Becherini, Dal "Barocco" all'Oratorio di G.B., in Acc. musicale Chigiana. Musicisti della scuola emiliana, a cura di A. Damerini e G. Roncaglia, Siena 1956, pp. 97-110; A. Damerini, Le due "Maddalene" di G. B., in Collectanea Historiae Musicae, Florentiae 1956, pp. 115-125; M. Barthelemy, L'Académie Royale de Musique et l'Opéra italien de Londres en 1723, in Revue belge de musicologie, X (1956), 3-4, p. 163; H. Ch. Wolff, B. oder die Relativität historischer Urteile,ibid., XI (1957), 1-2, pp. 3-16; E. J. Dent, A. Scarlatti: his life and works, London 1960 (con prefaz. e note aggiuntive di F. Walker), pp. 65, 69, 106, 200; A. Damerini, G. B. e le sue "Arie per basso col violoncello", in Acc.musicale Chigiana. Musiche italiane rare e vive da G. Gabrieli a G. Verdi, a cura di A. Damerini e G. Roncaglia, Siena 1962, pp. 233-235; F. Bose, Ariosti und B. am Berliner Hof, in Archiv für Musikwissenschaft, XXII (1965), pp. 59-61; O. E. Deutsch, Das Repertoire der Höfischen Oper,der Hof- und der Staatsoper, in Oesterreichische Musikzeitschrift, XXIV (1969), 7, pp. 384-386, 390; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, pp. 119-123; C. Schmidl, Diz. universale dei Musicisti, I, pp. 219 s.; Suppl., p. 112; U. Manferrari, Diz. univers. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, pp. 147-149; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, pp. 806-808; W. Bollert, B., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, II, Kassel-Basel 1952, coll. 120-126; E. Zanetti, G. B., in Encicl. d. Spett., II, Roma 1954, coll. 790-794.