BICHI, Giovanni
Figlio di Guccio di Galgano e di Caterina di Nanni Tolomei, nacque a Siena nel 1409.
Seguendo l'esempio del padre, che era stato, nell'autunno del 1420, ambasciatore presso Martino V ed aveva ricoperto le cariche di maestro del Sale e di console di Mercanzia, il B. si occupò ininterrottamente degli affari politici senesi.
Lo troviamo, quindi, nel terzo bimestre del 1444, capitano del popolo e gonfaloniere di giustizia, che era la più alta carica della Repubblica senese, prendendo così parte alle trattative che, nella primavera di quell'anno, si tennero in Siena per un tentativo di pacificazione generale degli Stati italiani. Nello stesso 1444 fu inviato ambasciatore a Firenze per dirimere alcune controversie originate dalla presenza di armati fiorentini nel territorio pisano. Riuscì poi, sempre nel 1444, a sventare una congiura contro il governo in carica, durante la guerra tra Siena e i conti Orsini di Pitigliano, e a scoprire il tradimento del comandante delle milizie senesi, Sigismondo Malatesta, e di quello degli ausiliari veneziani, Carlo Gonzaga. Nel 1447 si recò presso Niccolò V, per congratularsi a nome della Repubblica della elevazione al soglio pontificio, e presso la Signoria di Firenze per chiedere aiuti contro le milizie aragonesi che avevano invaso il contado senese.
Nel gennaio-febbraio 1455 fu nuovamente capitano del popolo e proseguì le trattative per la lega tra il pontefice, Venezia, Milano, Firenze, Siena e Napoli. Poiché Venezia aveva finto di licenziare il proprio capitano, Giacomo Piccinino, mentre Alfonso d'Aragona lo aveva nascostamente incaricato di correre la Maremma senese, il B., che già nel 1454 si era recato di nuovo a Firenze per cercare aiuti contro il condottiero del re, riuscì, due anni dopo, a sventare le congiure che il Piccinino aveva ordito con alcuni Senesi. Eletto, infatti, a far parte di una balia di nove cittadini per la salvezza della Repubblica, riuscì ad impadronirsi del carteggio scambiato tra il Piccinino e Antonio Petrucci e poté procedere all'arresto di quei congiurati, che, per la loro posizione sociale, avrebbero potuto costituire un maggiore pericolo per lo Stato: vale a dire Antonio Casini, nipote dell'omonimo cardinale di S. Marcello e già vescovo di Siena, Pietro Bellanti, Tommaso Niccolucci, Pietro Scacco, che il B. fece condannare a morte.
Testimonianza della posizione antinapoletana che egli doveva avere assunta fu la circostanza che al B. nel 1455 la Balìa scrisse, mentre era "oratore" a Firenze, in merito al pretesto cercato da re Alfonso per un conflitto con Siena, dopo che un barcaiuolo di Gaeta era stato trattenuto a Talamone, per il sospetto che aiutasse il Piccinino a Castiglione. Re Alfonso "per una leve cagione ha sputato fuori il concetto veneno: s'appicca ai rovi non havendo unde altrimenti attaccarsi" (Banchi, p. 238).
Per l'azione svolta, il B. fu dichiarato benemerito della patria e gli fu rinnovato l'incarico di capitano del popolo; ne approfittò, con un larvato colpo di stato, per togliere dai bossoli delle future estrazioni di tutte le magistrature i nomi degli avversari ed anche dei semplici sospetti.
Nel 1458 fu incaricato di portare l'omaggio di Siena al pontefice Pio II e nel 1459, capitano del popolo per la quarta volta, svolse le trattative tra il papa e la Repubblica per la riammissione dei Piccolomini e degli altri nobili alle supreme magistrature dello Stato senese. In occasione, poi, della crociata bandita dal pontefice, condusse nel porto di Ancona, nel 1464, una galera fornita da Siena e di cui aveva avuto il comando. L'anno successivo accompagnò a Napoli la vedova del Piccinino e i fratelli di lei, Sforza e Galeazzo Sforza, e rappresentò il governo senese alle nozze del duca di Calabria. Preso in singolare benevolenza da Ferrante d'Aragona, fu creato cavaliere e conte palatino, insieme con il figlio Antonio, avuto dalla moglie Agnesa di Giorgio Tommasini, sposata nel 1438.
Oltre ai vari incarichi diplomatici già accennati, il B. condusse nel 1456 le trattative tra Siena e il mercante fiorentino Giovanni della Casa per un prestito, senza interesse, da farsi alla Repubblica per il riacquisto del porto di Orbetello occupato dagli Aragonesi, e stabilì, nel 1461, la linea di confine tra Siena e Colle Val d'Elsa lungo la Val di Strove. Svolse anche notevole attività mercantile, seguendo in questo la tradizione familiare; in unione con il fiorentino Andrea Banchi armò in Napoli una nave per il commercio del pesce salato con la Barberia e, in società con il della Casa, impiantò in Salerno un commercio di grano.
Morì verso l'anno 1477.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena,Diplomatico,Legato Bichi-Borghesi, 1454, agosto 27, dicembre 3; 1457, giugno 17; 1458, settembre 19, novembre 27; 1464, giugno 29; Manoscritti A. V., c. 340; A. 2º 30, c. 110; Consiglio Generale 229, c. 68v; 233, c. 78v; Concistoro, 470, cc. 1, 10v-11v; 522, cc. 47, 69; 523, cc. 4v, 8v; 524, cc. 24v s.; 525, cc. 8v-9; 530, c. 1; 541, c. 1; 554, cc. 27v-28; 556, c. 1; 559, c. 57v; Notule concistoriali del 1444; O. Malavolti,Historia de' fatti e guerre de' Sanesi, Venezia 1599, III, cc. 47, 56v-60, 70; G. Gigli,Diario sanese, I, Siena 1854, p. 124; V. Buonsignori,Storia della Repubblica di Siena, Siena 1856, II, cap. XII-XIII; L. Banchi, Il Piccinino nello Stato di Siena e la Lega italica, in Arch. stor. ital., s. 4, IV(1879), pp. 48, 238; N. Mengozzi,Martino V e il Concilio di Siena, in Bull. senese di storia patria, XXV(1918), p. 254; G. Prunai, Il Legato Bichi-Borghesi dell'Archivio di Stato di Siena, in Not. degli Arch. di Stato, II(1942), p. 156; V. Spreti,Encicl. stor. nobiliare ital., II, Milano 1929, p. 81.