BIAVI (della Biava), Giovanni
Nacque il 26 febbr. 1684 a Cervignano del Friuli, terra appartenente all'impero asburgico, da Giuseppe e da Borosa Clericini. Di famiglia agiata, ma non nobile, poté frequentare con profitto le scuole di letteratura e di filosofia nel collegio dei gesuiti di Gorizia, e dal 1705 quelle di teologia a Vienna, abbracciando lo stato ecclesiastico. Appunto il vescovo di quella città, Francesco Ferdinando barone di Rummel, lo consacrò sacerdote; compiuto poi il regolare corso di studi teologici, il B. si trasferì a Cracovia, dove il 27 giugno 1711 conseguì il dottorato in filosofia e teologia. A Cracovia rimase un triennio, come segretario particolare del principe Alessandro Lubomirski, quindi nel 1714 passò alle dipendenze, in qualità di auditore, del nunzio apostolico in Polonia, mons. Nicolò Spinola.
Sette anni dopo il B. è di nuovo a Vienna, nella dignità di segretario del cardinale Michele Federico d'Althan, al quale dedicò diverse sue composizioni teatrali, e che seguì nelle missioni e nei soggiorni di Roma e di Napoli, dove l'Althan fu viceré tra il 1722 e il 1728. Succedutogli, dopo il breve governo del Portocarrero, il conte Luigi Tommaso di Harrach, il B rimase alla corte di quest'ultimo col titolo di consigliere, delicato ufficio che seppe svolgere con notevole abilità.
Scaduto nel 1733 il mandato del conte di Harrach, anch'egli fece ritorno in patria abbandonando definitivamente la carriera diplomatica. Nella quiete della natia Cervignano, ove si era ritirato, attese da allora in poi all'amministrazione dei suoi beni, all'educazione dei nipoti e allo studio, riordinando le sue memorie e compilando una Storia dei fatti accaduti in Europa dal 1700 al 1732, purtroppo andata perduta nelle divisioni ereditarie, ma che (se di opera storica veramente si trattava, poiché il Codelli parla di "memorie o a meglio dire graziose novellette") doveva presentare cospicui motivi d'interesse, derivanti sia dalla contemporaneità dell'autore, sia dalla sua scrupolosità e dal suo buon posto d'osservazione. Era, infatti, intrinseco d'importanti personaggi di quegli anni e soprattutto dell'imperatore Carlo VI d'Austria, il quale, per ricompensarlo dei servizi politici prestati in Polonia, gli aveva assegnata nel 1721 la pensione annua di 200 fiorini, mentre una corrispondente somma, pure annuale, gli aveva concessa anche la S. Sede a partire dal 1728.
Assai conosciuto negli ambienti diplomatici e culturali, già membro dell'Accademia Fiorentina e dell'Arcadia di Roma col nome di Fiorillo Cromonio, il B. ricevette diversi pubblici riconoscimenti, e fu forse l'unico nel Friuli orientale ad avere ottenuto, il 15 marzo 1732 (come risulta dal diploma riprodotto dallo Spessot), per sé e per i nipoti, il titolo di patrizio romano. Morì a Cervignano il 12 ag. 1755 e fu sepolto in S. Michele Arcangelo.
Assai scarsa importanza - quale si può concedere a esercitazioni retoriche compiute per svago ed evasione dall'attività politica quotidiana - è da attribuire alle sue fatiche letterarie, di preferenza verseggiate, che ci sono pervenute: Fulvia,opera pastorale, Venezia 1714, preceduta da un sonetto di dedica all'imperatore Carlo VI; Coro [antico re di Piacenza],tragicommedia, Roma 1722; La morte di Cesare,tragedia, Napoli 1722; Le rime,divise in due parti, Napoli 1722; divise in tre parti, Napoli 1727; Polinice,tragedia, Napoli 1723; Traiano,dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro di S. Bartolomeo nel carnevale di quest'anno 1723, Napoli 1723, dedicato al cardinale d'Althan, opera ignorata dai biografi del B. e anche dal Napoli Signorelli e dal Croce: è adespota ma a lui riferita da una nota manoscritta dell'epoca nell'esemplare posseduto dalla Biblioteca Naz. Braidense di Milano (Racc. Dramm. 1413).
Risulta in complesso che nei vari generi il B. ha seguito da vicino, ma con garbo e perizia, gli esempi più in voga nei circoli arcadici dei primissimi decenni del secolo. Così Fulvia, di ambiente friulano, ricalca i moduli idillici e preziosi dell'Aminta del Tasso e del Pastor Fido del Guarini; le tragedie sono impostate secondo i dettami razionalistici e graviniani; e il melodramma, che precede di un anno esatto e proprio in Napoli la Didone abbandonata del Metastasio, adotta parzialmente gli spunti di riforma semplificatrice già suggeriti e attuati dallo Stampiglia e dallo Zeno (poeti cesarei che il B. dovette conoscere durante il soggiorno viennese), com'è facile vedere anche da questi suoi cenni di poetica teatrale: "L'autore intreccia gl'Intermezzi di avvenimenti volgari per secondare il gusto dei tempi moderni... Egli è stato pure costretto d'interrompere sovente i discorsi degli attori per cogliere la brevità, che tanto viene in oggi ne' drammi desiderata... Quanto al carattere dei personaggi egli ha posto lo studio maggiore per conservarlo" (presentaz. "al cortese lettore", nel Traiano).
Bibl.: G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1200; P. A. Codelli,Gli scrittori friulano-austriaci degli ultimi due secoli, Gorizia 1783, pp. 31-33; C. Morelli di Schönfeld,Elogi di uomini illustri... benemeriti della patria, in Istoria della contea di Gorizia, III, Gorizia 1855, pp. 264-66; G. Valentinelli,Bibl. del Friuli, Venezia 1861, p. 250; F. Di Manzano,Cenni biogr. dei letterati ed artisti friulani, Udine 1885, p. 38; G. Podrecca,Guida dell'Isonzo, Milano 1919, p. 217; A. Molaro,Cervignano e dintorni,cenni storici, Udine 1920, pp. 93-94; F. Spessot,G. B. e nipoti, in Studi goriziani, XV(gennaio-giugno 1954), pp. 33-40.