Moncetti, Giovanni Benedetto
Nacque, in anno imprecisato della seconda metà del sec. XV, in Val di Chiana a Castiglione Fiorentino (Aretino, secondo la denominazione più antica in uso ai tempi del Moncetti). I dati noti della sua biografia sono frammentari, affidati per lo più alle edizioni di opere sue o da lui curate e ad alcune lettere (reperite ed edite quasi tutte da Alessandro Luzio e Rodolfo Renier). Le prime notizie certe sono offerte dall' ‛ editio princeps ' della dantesca Quaestio de aqua et terra (cioè il De Situ), scoperta appunto dal M. e da lui data alle stampe nel 1508 per i tipi di Manfredo da Monferrato a Venezia.
Quell'edizione si apre con una lettera dedicatoria al cardinale Ippolito d'Este, di cui il M. si dichiara " cliens indignus "; gli scritti di circostanza che accompagnano il testo (elogi tessuti dal suo discepolo Girolamo Gavardi) c'informano altresì che il M., " sacrae theologiae doctor ", era allora rettore degli agostiniani di Padova, in fama di filosofo e teologo insigne, nonché di vaticinatore (scrive il Gavardi: " Omnes tanquam Calcanta vaticinantem res futuras ariolum praedicant, qui pestem mortiferam ante alios venturam praevidisti ", con probabile riferimento al contagio che nel 1506 desolò Mantova). A Mantova il M. aveva soggiornato a lungo, e quasi certamente vi aveva predicato, guadagnandosi la protezione della marchesa Isabella d'Este Gonzaga: al cui aiuto " in questo mio naufragio " ricorreva in una lettera (edita dal Biagi) da Padova, datata 23 novembre 1508; mentre in un'altra del 12 ottobre 1509 da Bologna - dove si trovava probabilmente come sostituto rettore - le comunicava il proprio dolore per la prigionia veneziana del marchese, approfittando dell'occasione per chiederle d'inviare a Roma " questa opera qualle ho composta in laude del Pontefice e quella nelle mane soe farla apresentare ". A Bologna insegnò metafisica nel 1511 e 1512; ma nel 1513 si trovava nella sua città natale, donde richiedeva pressantemente a Isabella (11 ottobre 1513), in considerazione delle tristi condizioni economiche in cui versava, " una lettera di favore calda a messer Bernardo cardinal da Bibbiena ", annunciandole intanto l'invio di una prima parte di una sua esposizione del salmo Beati immaculati in via, opera monumentale che, se pubblicata (egli diceva) gli avrebbe assicurato fama imperitura; fu stampata a Milano nel dicembre di quello stesso anno, però solo una parte, occorre credere (l'opuscolo conta 39 pagine in 80 grande). Nel 1515 è in Francia; a Parigi il 21 aprile appare a stampa la sua Consolatoria (un dialogo dedicato alla regina di Francia per consolarla della morte di Luigi XII), dalla quale si apprende che egli era allora " totius Franciae et Angliae vicarius generalis atque commissarius apostolicus ", evidentemente con il compito di riformare i costumi dei conventi dell'ordine; di quello stesso anno sono le edizioni, da lui curate, del De Remediis omnium venenorum attribuito a Pietro d'Abano e del De Formatione corporis humani di Egidio Colonna, questo con dedica al re inglese Enrico VIII. Nel 1517 è di nuovo in Italia, " regens Perusinus "; del 1523 è la ristampa veneziana dell'opera di Egidio e l'edizione delle Comparationes philosophorum di Giorgio da Trebisonda; nel 1525 è a Milano (segretario del duca, se è vera la notizia tramandata dall'Elss): del 30 settembre 1525 è una sua lettera da quella città al marchese Federico Gonzaga per difendere gl'interessi dell'ordine nell'assegnazione delle predicazioni.
In questo periodo il M. riesce a conquistarsi sempre più la fiducia del Gonzaga, sul quale preme per ottenere la carica di protonotario apostolico, di per sé non compatibile con l'appartenenza all'ordine agostiniano, e per di più con dispensa di pagare le tassazioni relative; ma nonostante il marchese usasse più volte (1526) tutta la propria influenza, la corte romana rispose sempre evasivamente, anche perché il M. per le sue pretese di astrologo (brevi accenni di predizioni compaiono anche nelle lettere a noi note) non vi godeva buona stampa: del 1526 è un documento (pubblicato dal Godi) attestante versamento di denaro da parte del marchese per quella pratica. Il 25 novembre di quello stesso anno egli riferiva al marchese da Ferrara, dove si era recato con una commendatizia del Gonzaga. Il M. riuscì a guadagnarsi la completa fiducia del suo signore: nel 1529 (lettere del 19 ottobre e del 4 dicembre) è anche formalmente consigliere del marchese.
Forte di questa carica e, più ancora, della fiducia del Gonzaga, il M. assurse a posizione di potere in seno alla corte, riuscendo a far prevalere la propria opinione nelle varie questioni. Invidie e odii insorsero contro di lui; da Venezia l'Aretino lo trafisse con giudizi irriguardosi, non ultimo motivo dell'ira di cui avvampò il marchese (cfr. A. Luzio, Pietro Aretino nei primi suoi anni a Venezia e la corte dei Gonzaga, Torino 1888, 80-81 e 87); e quando nel 1530 il papa Clemente VII proferì pesanti giudizi negativi sul M. agl'inviati del marchese, il Gonzaga non solo prese vigorosamente le difese del suo consigliere, ma riuscì alfine a ottenere per il suo protetto la carica tanto ambita di protonotario apostolico. La letizia del M. non durò a lungo, poiché al culmine della fortuna seguì repentina la disgrazia (che coinvolse l'amico Malatesta), per motivi che rimangono ignoti, forse ricollegabili alla nuova politica matrimoniale seguita da Federico Gonzaga, ma che trovano le loro premesse nei sentimenti di profonda ostilità che la corte nutriva nei confronti del M., e perciò pronta a cogliere ogni occasione di un suo passo falso: nel giugno 1530 il M. venne incarcerato e i suoi beni furono confiscati (ne trasse vantaggio, tra gli altri, anche il figlio di Tiziano); alla fine di agosto era consegnato in catene al castellano di Cavriana con ordini severissimi di custodia. Nonostante che i Castiglionesi, non dimentichi dei favori che il M. aveva ottenuto per la sua città natale, premessero sul Gonzaga per ottenerne la liberazione, l'agostiniano rimase in carcere per ben sei anni. L'Aretino impietosamente non gli risparmiò un'altra frecciata (Il Marescalco IV 3 " io non assassino la bontà sua [scil. del marchese], come assassinava Fra Benedetto ": il verbo all'imperfetto fa pensare a una giunta o correzione successiva alla disgrazia del M.; la commedia, già composta nel 1530, fu edita nel 1533). Dove e come il M. trascorresse gli ultimi anni di sua vita non è dato sapere: salvo che appare iscritto al convento di Lecceto " die II aprilis 1540 "; incertezza è anche sulla data di morte: 1542, secondo il Torelli; 1547, secondo l'Elss. Varie opere del sec. XVI (seconda metà) e del successivo, illustranti agiograficamente le glorie dell'ordine agostiniano, ricordano brevemente il M., concordi nell'esaltarne l'alta dottrina, specie filosofica e teologica (quale apparirebbe nel Tractatus contra Scotum ricordato come la sua opera principale), alcune nominando tra i protettori del M., oltre ai re di Francia e d'Inghilterra, l'imperatore Massimiliano, per conto del quale egli avrebbe svolto delle missioni; piace a questi scrittori ricordare soprattutto il modo edificante in cui il M. avrebbe affrontato le ultime ore di vita, immerso nella preghiera. Poi calò sul M. l'oblio; interrotto solo alla fine del secolo scorso dall'insorgere delle discussioni sulla presunta apocrifia dell'operetta dantesca scoperta e pubblicata dal M., nel quale si volle vedere il vero autore.
Fu soprattutto il Bartoli (seguito dallo Scartazzini) il più tenace assertore della tesi che voleva il M. falsificatore della Quaestio, traendo spunto dalle dichiarazioni del Gavardi e del M. stesso che il testo edito era stato sottoposto a un minuzioso lavoro di correzione: il che indusse altri studiosi a ravvisarvi la raffazzonatura. Il nome del M. rimane pertanto implicato nella spinosa e tormentata discussione sulla presunta non-autenticità del trattatello dantesco, e anzi la figura dell'agostiniano fu studiata e ricordata esclusivamente in tale prospettiva. Quando il Luzio e il Renier tentarono di ricostruirne la personalità (anch'essi alla luce dell'apocrifia della Quaestio) mettendone in luce segnalatamente - e ingiustamente - quei caratteri (inesauribile desiderio di fama, propensione all'elogio sperticato dei potenti, esagerata amplificazione dei propri meriti, ecc.) che sembravano suggerire appunto una figura di avventuriero, la tesi della falsificazione ebbe il sopravvento, nonostante l'appassionata difesa di V. Biagi: ma l'operosità del M. come editore di testi è rimasta agli studiosi ancor oggi in gran parte sconosciuta (oltre alla Quaestio, qualcuno ricordò l'edizione egidiana, le altre essendo qui citate, probabilmente, per la prima volta).
L'autenticità dell'operetta dantesca, oggi sicura, scarta e comunque ridimensiona di colpo quasi tutti quei giudizi, spesso preconcetti; mentre persino gl'interventi correttori del M. risultano in realtà minimi: semmai, gli è da rimproverare proprio di essere rimasto fedele al codice persino in casi di evidente guasto e di non aver corretto neppure i numerosi e grossolani errori meccanici presenti nella stampa, molti dei quali derivati da erroneo scioglimento di segni tachigrafici. Ma infine va detto che, contro le deformazioni di una polemica interessata, e al di là persino del suo grande merito di scopritore ed editore di un'operetta dantesca altrimenti perduta, il M. vale un'indagine per sé stesso e per quel milieu culturale cinquecentesco di cui fu parte.
Le opere del M. di cui si ha notizia precisa sono: Restauratio virtutum. Liberatio peregrinationis virtutum et restauratio illarum et Sanctae Fidei et Romanae Curiae et Catholicorum reintegratio facta per Sanctissimum in Christo Patrem et iustissimum Pontificem Maximum Leonem X... et super expositionem Psalmi ‛ Beati immaculati in via ', Impressum Mediolani per Zanotum de Castillione anno Domini MDXIII die XV dec. (irreperibile; una copia manoscritta della stampa è descritta dal Bandini nel catalogo della Laurenziana, cod. Latini, I 658); Epistola consolatoria de morte Lodovici XII per modum dyalogi... ad Mariam Anglam Francorum reginam, Parisiis, H. Stefani, 22 aprilis 1515 (un esemplare è alla Bibliothèque Nationale); Tractatus aureus de distinctione rationis contra Scotum (irreperibile). Edizioni curate dal M.: Dante, Quaestio de aqua et terra, Venezia, Manfredo da Monferrato, 1508; Pietro d'Abano, Tractatus aureus de remediis omnium venenorum, Parigi, Stefani, 1515; Egidio Colonna, Liber de formatione corporis humani, ibid., Stefani, 1515; Giorgio di Trebisonda, Comparationes philosophorum, Venezia 1523.
Bibl. - G. Panfilo, Chronica ordinis fratrum eremitarum S. Augustini, Roma 1581 (c. 101v); L. Torelli, Ristretto delle Vite degli Huomini e delle Donne illustri in santità dell'ordine agostiniano, Bologna 1647 (cap. XC); ID., Secoli Agostiniani, VIII, ibid. 1686, 127, 255; A. Landucci, Sacra Ilicetana sylva, sive Origo et Chronicon Breve coenobii et Congr. Ilicet. Ord. Fr. S. Aug., Siena 1653, 53, 126, 147; F. Elss, Encomiasticon Augustinianum, Bruxelles 1654, 332; A. Bartoli, Storia della letteratura italiana, IV, Firenze 1884, 294-298; A. Luzio-R. Renier, Il probabile falsificatore della " Quaestio de aqua et terra " , in " Giorn. stor. " XX (1892) 125-150; ID., La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d'Este Gonzaga, ibid. XXIX (1902) 208-217; G. Boffito, Intorno alla " Quaestio de aqua et terra " attribuita a D., Memoria II, in " Memorie R. Accad. Scienze Torino " s. 2, LII (1903) 258-267; V. Biagi, La Quaestio de aqua et terra di D., Modena 1907; C. Godi, Per la biografia di Matteo Bandello, in " Italia Medioev. e Umanistica " XI (1968) 279; E. Billanovich, Angelo Colocci e Francesco Bellini da Sacile, ibid. XIII (1970) 278. Per la storia della questione dell'autenticità della Quaestio e le varie posizioni, vedi: La " Quaestio de aqua et terra ". Edizione principe del 1508 riprodotta in facsimile, a c. di G. Boffito, Firenze 1905, IX-XVII; V. Biagi, op. cit., pp. 5-12 (bibliografia fino al 1904); F. Mazzoni, La " Quaestio de aqua et terra ", in " Studi d. " XXXIV (1957) 168-185; G. Padoan, La " Quaestio de aqua et terra ", in " Cultura e Scuola " 13-14 (1965) 758-767; ID., Introduzione a D.A., De situ et forma aquae et terrae, Firenze 1967.