BECATTI, Giovanni
Nato a Siena il 5 dic. 1912 da Geremia e da Emma Buzzagli, compì gli studi classici presso il liceo-ginnasio "F. Guicciardini". Incoraggiato da R. Bianchi Bandinelli, nel 1929 s'iscrisse al corso di laurea in lettere nell'università degli studi di Roma, dove poté seguire i corsi di G. E. Rizzo per l'archeologia e la storia dell'arte greca e romana e di G. Q. Giglioli per la topografia dell'Italia antica.
Relatore Giglioli, il B. si laureò nel 1933 con una tesi sulla topografia storico-archeologica del territorio di Tuder. Iscrittosi nel medesimo anno alla scuola di perfezionamento in archeologia nell'università di Roma, ottenne la borsa di studio dell'istituto di archeologia e storia dell'arte. Nel 1934 pubblicò a Firenze il foglio 130 (Orvieto) dell'Edizione archeologica della carta d'Italia al 100.000, che gli era stato affidato per la compilazione dal Comitato permanente per l'Etruria. Nel frattempo attendeva ad ampliare lo studio del territorio di Tuder ed a preparare il relativo fascicolo della Forma Italiae, stampato a Roma nel 1938 (Regio VI. Umbria, I, Tuder-Carsulae). Si recò poi alla Scuola archeologica italiana di Atene, diretta allora da A. Della Seta, e vi rimase due anni. Durante il soggiorno in Grecia il B. portò a compimento un esame della scuola attica dell'ellenismo d'indirizzo classicheggiante, che nel 1938 poté presentare quale saggio per il diploma di perfezionamento in archeologia all'università di Roma. L'analisi dei monumenti studiati sarà pubblicata, con il titolo di Attikà nella Rivista del R. Istituto di archeologia e storia dell'arte, VII (1940), pp. 7-116.Nel 1938 il B. fu assunto dall'Ente per l'Esposizione universale per seguire le campagne di scavo, che si conducevano ad Ostia antica sotto la direzione di G. Calza. Nello stesso anno risultò vincitore del concorso per ispettore alle antichità. Destinato alla Soprintendenza agli scavi di Ostia continuò i lavori intrapresi, e dette inizio a quella serie di studi suggeriti dai monumenti ostiensi, che attraverserà come una costante tutta la sua produzione scientifica: dalle considerazioni sul Culto di Ercole a Ostia, in Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma, LXVII (1939), pp. 37-60; LXX (1942), pp. 115-122; all'edizione di Case ostiensi del tardo impero, in Bollettino d'arte, XXXIII (1948), pp. 102-128; XXXIV (1949), pp. 197-224; al contributo su di un Rilievo con la nascita di Dioniso e aspetti mistici di Ostia pagana, ibid., XXXVI (1951), pp. 1-14.
Nel 1940 il B. conseguì la libera docenza in archeologia e storia dell'arte greca e romana, e per la serie italiana del Corpus vasorum antiquorum pubblicò a Roma i materiali ceramici dei Musei comunali umbri.
Veniva, intanto, elaborando fra gli altri temi di studio impostati in Grecia quello sul Maestro di Olimpia, ed alle Osservazioni pubblicate nella Critica d'arte (IV [1939], pp. 1-16, 53-75; VI [1941], pp. 65-69) faceva seguire nel 1943 il sesto volume della serie fiorentina dei "Quaderni per lo studio dell'archeologia" diretta da Bianchi Bandinelli. Il rinvenimento negli scavi di Ostia di un'ara circolare neoattica con la raffigurazione dei dodici dei e quello di due nuove copie del Pothos sul Palatino furono per il B. l'occasione di riesaminare i modi stilistici di Prassitele e l'interesse per la ricerca espressiva di Scopa (Un dodekatheon ostiense e l'arte di Prassitele, in Annuario della Scuola archeologica di Atene, n. s., I-II [1939-40], pp. 85-137; Il Pothos di Scopa, in Le Arti, III [1940-41], pp. 401-412). Contemporaneamente venivano affrontate le questioni del ritratto in ambito greco e romano con il Nuovo contributo ostiense di ritratti romani, ibid., II (1939-40), pp. 3-11, e con Il problema del Temistocle, in La Critica d'arte, VII (1942), pp. 76-88. Con le revisioni critiche di Anfore panatenaiche e stile arcaistico, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, XVII (1940-41), pp. 85-95, e con la proposta di attribuire a Metrodoro i cartoni dei rilievi del monumento di L. Emilio Paolo a Delfi (Metrodoro e Paolo Emilio, in La Critica d'arte, VI [1941], pp. 70-73), le ricerche del B. rientravano nell'ambito cronologico di Attikà: alla definizione dello Stile arcaistico era rivolta la nota della Critica d'arte, VI (1941), pp. 32-48.
Il rallentamento dello scavo di Ostia, nel corso della seconda guerra mondiale, permise al B. di alternare all'opera d'ispettore l'insegnamento universitario, come incaricato per supplenza nell'università di Pisa, dove nel triennio 1941-44 poté svolgere corsi sull'arte minoica e micenea e su quella greca arcaica. Nel 1942 fu nominato socio corrispondente dell'Istituto archeologico germanico e della Pontificia Accademia romana di archeologia. Nel 1944 fu chiamato a far parte della commissione consultiva dell'Istituto italiano di numismatica; e l'anno seguente fu incaricato per supplenza dell'insegnamento dell'archeologia e storia dell'arte greca e, romana nell'università di Roma. Sposatosi con Maria Barbieri, curava nel medesimo tempo il riordinamento dei materiali del Museo di Ostia, e portava a compimento Arte e gusto negli scrittori latini (Firenze 1951).
Nel 1946 la Direzione generale delle antichità e belle arti affidò al B. l'ordffiamento della mostra di oreficerie antiche a palazzo Venezia: ne derivò un riesame delle principali classi della produzione orafa antica, che sarà pubblicato parecchi anni più tardi (Oreficerie antiche: dalle minoiche alle barbariche, Roma 1955). Nel 1947, in vista della pubblicazione di una seconda Appendice (ibid. 1948), venne chiamato da G. De Sanctis alla redazione della sezione archeologica dell'Enciclopedia Italiana per curarne l'aggiornamento. Nello stesso anno pubblicò a Firenze una ricerca sul linguaggio figurativo del pittore di Meidias: un manierista antico. Allo studio dell'arte e della personalità di Fidia erano dedicati, invece, quei Problemi fidiaci (Milano-Firenze 1951) che B. Schweitzer non esitò a definire l'"opera fondamentale" di uno dei più fini conoscitori dell'arte greca (Gnomon, XXVIII [1956], pp. 561-569).
Vincitore del concorso a cattedre per l'archeologia e la storia dell'arte greca e romana nel 1953, fu professore straordinario nell'università di Milano, dove rimase fino al 1957, senza interrompere la sua collaborazione con la Soprintendenza di Ostia: quando nel 1953 s'iniziò a Roma la pubblicazione degli Scavi di Ostia, il B. collaborò alla redazione del primo volume (Topografia generale), curato ancora dal Calza, con uno studio dello Sviluppo urbanistico della città (pp. 91-171).
Degli Scavi di Ostia il B. avrebbe avuto la cura di altri tre volumi: i Mitrei (Roma 1954), notevoli, oltre che per la lucida descrizione dei monumenti, per l'ampiezza dello sviluppo dato ai problemi storico-religiosi (J. Bayet, in Gnomon, XXVII [1955], pp. 349-351); i Mosaici e pavimenti marmorei (Roma 1961); l'Edificio conopus sectile fuori Porta Marina (ibid. 1969), considerato un "vero capolavoro … di ricostruzione, di esegesi e di inquadramento storicoartistico" (Bianchi Bandinelli, p. 601).
Nel 1955 pubblicava a Roma, con la collaborazione di F. Magi, Le pitture della tomba degli Auguri e di Pulcinella nei Monumenti della pittura antica scoperti in Italia (I, La pittura etrusca. Tarquinii, n. 3-4).
Nel 1956 il B. fu trasferito all'università di Firenze. Nel settembre dello stesso anno Bianchi Bandinelli pubblicava a Milano Organicità e astrazione, il cui spunto iniziale era costituito dalla conferenza tenuta all'Istituto storico olandese di Roma il 22 nov. 1950, ripetuta altre volte e seguita sempre da vivaci polemiche.
Il B. si risolse a prendere parte al dibattito con una nota Dell'organicità e dell'astrazione pubblicata nella Parola del passato (XII [1957], pp. 281-297). Ad un'adesione quasi "ammirata" alle valutazioni critiche dei materiali studiati, non corrispondeva nel B. alcun consenso con le "impostazioni teoriche" e con la "visione complessiva del problema" di Bianchi Bandinelli. Di Bianchi Bandinelli al B. non interessava né correggere imprecisioni ed errori né confutare la tesi fondamentale secondo cui espressioni artistiche e modi stilistici fossero in ultima istanza determinati da "fattori sociali economici e politici". L'assoluta autonon-da della forma artistica, qual era stata formulata da B. Croce, mostrava ancora il "suo pieno valore", e non era da considerarsi affatto "un ingenuo mito romantico". Ciò che doveva essere ritenuto completamente errato era per il B. il convincimento che l'astrazione nell'arte, contrapposta all'organicità intesa nel suo aspetto razionale e realistico, potesse non essere accettata per l'ideologia trascendentale ed irrazionalistica, che aveva alla base, ma dovesse essere accolta nella sua più completa validità sul piano estetico. Per il B. non si trattava di due arti diverse "legate a due momenti spirituali", ma di "un'unica arte con due aspetti, figurativo e ornamentale, generata … da un unico atteggiamento poetico e fantastico", che poteva assumere soltanto "varietà d'intensità e di tono". Alla tendenza astratta nelle arti visive corrispondeva "un affievolirsi delle energie creative" ed una sempre maggiore inclinazione verso elaborati esercizi decorativi, che non potevano in nessun modo trascendere un "Iimite unicamente ornamentale": alla stessa maniera, della poesia ermetica e della musica seriale.
Risultato di un corso universitario "particolarmente ricco ed originale" (Bianchi Bandinelli, p. 601) fu il volume, pubblicato a Roma nel 1960, dedicato allo studio della Colonna coclide istoriata: un volume, che sarebbe riuscito di difficile lettura, appesantito da una gran quantità di dati e da una lentissima descrizione di fatti storici non illustrati dai monumenti considerati (M. Bieber, in American Journal of Archaeology, LXV [1961], pp. 409-412). Il B. non cercava di fare un'esposizione completa dei quesiti posti dalla costruzione delle colonne coclidi, ma preferiva affrontare temi particolari di ordine architettonico e struttivo, e soprattutto decorativo, in relazione al rilievo storico ed alla rappresentazione continua. Il B. faceva interamente astrazione dai significati politici di questo genere di prodotti della propaganda imperiale, e pur essendo disposto a vedervi la più grandiosa ed originale creazione plastica dell'arte romana, poneva decisamente l'accento su quanto si poteva individuare in essi di eredità ellenistica. Del resto, la convinzione che l'arte romana dipendesse tutta da quella greca e che lo studio di questa fosse premessa insopprimibile allo studio dell'altra era così profondamente radicata nel B. da giustificare la sua opposizione, in sede di modificazione agli statuti universitari, alla creazione di una cattedra di sola storia dell'arte romana (Magi, p. 6).
Nel 1964, chiamato a succedere a Bianchi Bandinelli sulla cattedra di grcheologia e storia dell'arte greca e romana nell'università di Roma, il B. tentava d'identificare l'officina del Maestro delle imprese di Marco Aurelio (Un sarcofago di Perugia e l'officina del Maestro delle imprese di Marco Aurelio, in Essays Lehmann, New York 1964, pp. 30-37).
Nel 1965 stampava a Firenze il terzo volume della serie "Le grandi epoche dell'arte" dell'editore Sansoni dedicato all'Età classica, pubblicato ben presto in inglese presso Thames & Hudson (The Art of Ancient Greece and Rome, London 1968): il testo sarà ristampato da Sansoni nel 1971 nella collana di "Orientamenti" e, postumo, nel 1978 nella Storia dell'arte classica e italiana, diretta da G. C., Argan, con l'aggiunta di un capitolo sull'"arte dell'Egeo nell'età neolitica e del bronzo" (di arte egea il B. si era occupato in quegli stessi anni negli Interrogativi sul vaso dei guerrieri di Micene, in Studi Banti, Roma 1965, pp. 33-46).
Caratteristica della produzione del B. dai primi anni Sessanta in avanti è la pubblicazione di note a margine di contributi altrui, che gli consentivano sì di correggere e di discutere quanto di errato e di discutibile pareva che contenessero le nuove indagini, ma soprattutto di rivedere, alla luce dei più recenti contributi critici, le sue personali posizioni, assunte negli anni passati: dalle considerazioni Del pianto e del riso e del "sorriso arcaico", alle Postille partenoniche, alle Osservazioni sui rilievi di Marco Aurelio, tutte in Archeologia classica, XIII (1961), pp. 1-8; XVII (1965), pp. 54-78; XIX (1967), pp. 321-331; dagli Interrogativi sui cavallidi San Marco, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, XLIII (1970-71), pp. 203-206, al riesame del Rilievo della Liberalitas di Marco Aurelio, in Archeologia classica, XXIV (1972), pp. 59-74. Nel 1972 scriveva il saggio sulla Colonna traiana: espressione somma del rilievo storico romano, che sarebbe stato pubblicato postumo in Aufstieg und Niedergang der rönischen Welt, II, 12, 1, a cura di H. Temporini, Berlin-New York 1982, pp. 536-578.
Fra 1968 e 1971 il B. ripubblicava la Statua di Eracle con cornucopia, già nella collezione Cook, apparsa sul mercato antiquario ed acquistata per il Museo nazionale romano (Bollettino d'arte, LIII [1968], pp. 1-11); presentava il Restauro dell'Afrodite seduta fidiaca (Studi miscellanei, XV [1969-70], pp. 33-44); e concludeva le "ricerche mitologiche, iconografiche, stilistiche" su Ninfe e divinità marine (ibid., XVII [1970-71], pp. 1-66). Tre studi, in cui il B. dimostrava di essere uno degli ultimi e più autorevoli rappresentanti del metodo filologico di A. Furtwángler; ma di un Furtwängler, che non fosse rimasto insensibile alla critica idealistica ed avesse, per ciò stesso, intravvisto la possibilità di una storicizzazione della produzione artistica antica (Adriani, p. 5). "Fedele a un ideale estetico, più che ansioso di addentrarsi nei meandri di una complessa problematica storica" (Bianchi Bandinelli, p. 601), oltre questo orizzonte critico il B. non cercò mai di andare: e ne dava conferma nella sua ultima ricerca intorno alle Opere di arte greca nella Roma di Tiberio (pubblicata postuma in Archeologia classica, XXV-XXVI [1973-74], pp. 18-53).
Il B. morì a Roma il 10 apr. 1973.
Negli ultimi anni di vita il B. ebbe un sempre più vivo interesse per i problemi relativi ai riflessi della cultura artistica dell'antichità su quella rinascimentale: nel 1968 pubblicava, fra l'altro, Raffaello e l'antico, in AA.VV., Raffaello, Novara, pp. 493-569.
Nel 1967, con la collaborazione della Soprintendenza di Ostia, il B. favoriva l'avvio di un'esplorazione sistematica delle Terme del nuotatore allo "scopo di offrire un campo di attività pratica … e di ricerca scientifica agli allievi della Scuola nazionale di archeologia, a … laureandi e studenti" (Scavo di un edificio termale in Ostia antica, in Archeologia classica, XIX [1967], p. 170): l'indagine sarebbe stata condotta con metodo rigorosamente stratigrafico, e nel laboratorio dell'istituto di archeologia, affidato alle cure di A. Carandini, l'elaborazione dei dati di scavo sarebbe stata intesa a ricostruire il quadro dei rapporti commerciali di Ostia con l'intera area mediterranea (Seconda campagna di scavo nell'edificio termale di Ostia antica, ibid., XX [1968], pp. 157-160).
Socio dell'Accademia nazionale dei Lincei, dell'Istituto di studi etruschi e italici e dell'Istituto di studi romani, il B. fu membro dei Consiglio superiore delle antichità e belle arti. Accademico onorario dell'Accademia delle arti dei disegno di Firenze, diresse la serie dei Mosaici antichi in Italia. All'Istituto dell'Enciciopedia Italiana il B. continuò la sua collaborazione come redattore dei Dizionario enciclopedico italiano e della terza Appendice e quindi come condirettore (accanto a Bianchi Bandinelli) e direttore dell'Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale.
Fonti e Bibl.: Per la formazione e le attività del B., oltre alla documentazione conservata presso la Soprintendenza di Ostia, presso la Scuola archeologica italiana di Atene e presso l'università di Roma, importanti le carte raccolte a casa Becatti (Roma) nel fascicolo "Curriculum vitae". Altri dati, in R. Bianchi Bandinelli, G. B., in Studi etruschi, XLI (1973), pp. 600-602; M. Floriani Squarciapino, G. B., in Studi romani, XXI (1973), pp. 230-231; F. Magi, G. B., in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, XLVII (1974-75), pp. 3-8; A. Adriani, G. B. (1912-1973), in Studi miscellanei, XXII (1974-75), pp. 1-6 (a pp. 7-12, bibliografia completa del B., non firmata, ma a cura di M. G. Picozzi); Accademia nazionale dei Lincei, Biografie e bibliografie degli accademici lincei, Roma 1976, pp. 723-727; Annuario dell'università degli studi di Roma, anni accademici 1971-72 e 1972-73, Roma 1976, pp. 1767 s. (a cura di L. Guerrini); I. Baldassarre, in Enciclopedia Italiana, App., IV, 1, Roma 1978, p. 239, s.v.