VAILATI, Giovanni Battista
– Nacque a Crema il 24 aprile 1863 da Vincenzo, di nobile famiglia cremasca risalente al Seicento, e da Teresa Albergoni, anch’ella aristocratica.
Dopo aver studiato al collegio dei padri barnabiti di Monza (1870-73), frequentò il ginnasio e il liceo al collegio barnabita di Lodi (1873-80), ottenendo nell’ultimo anno di corso la massima onorificenza, un ritratto a olio, andato perduto. In quegli anni si formò la sua «profonda cultura classica» e «qualcosa di ecclesiastico nel portamento e nei gesti, che mai lo abbandonò» (Calderoni, 1909, p. 2).
Nel 1884 si laureò in ingegneria a Torino e due anni dopo in matematica, continuando a frequentare la cultura filosofica e matematica greca (Platone, Aristotele, Archimede) e la filosofia e la scienza moderna (Galileo Galilei, Evangelista Torricelli, John Locke, René Descartes, Gottfried Wilhelm von Leibniz). Rientrato a Crema nel 1888, iniziò a studiare la psicologia, associandosi alla Society for psychical research di Londra. Nel 1892 tornò a Torino e divenne assistente del matematico Giuseppe Peano, del quale fu «amico carissimo e scolaro» (ibid.), nel corso di analisi infinitesimale e nel 1895-96 in quello di geometria proiettiva, svolgendo ricerche sul calcolo infinitesimale e sulla teoria delle proporzioni. Dell’opera di Peano, Vailati mantenne la più alta valutazione; in una lettera inviata all’amico Giovanni Papini da Crema il 14 settembre 1908 sostenne che le ricerche di Peano «rappresentano indubbiamente il contributo più importante alla teoria della conoscenza che sia stato apportato da cinquant’anni in qua» (Epistolario, a cura di G. Lanaro, 1971, p. 469). A Torino collaborò al Formulario mathematico (Torino 1895) di Peano apponendovi «le note storiche relative alla logica matematica e al suo nesso con la logica aristotelica tradizionale» (Calderoni, 1909, p. 2).
Nel 1896 divenne assistente onorario del matematico e fisico Vito Volterra, docente di meccanica razionale. Tenne in questa veste per tre annualità un corso di storia della meccanica, richiamandosi agli studi di storia della meccanica di Ernst Mach, autore di Die Mechanik in ihrer Entwicklung historisch-kritisch dargestellt (Leipzig 1883, trad. it. I principii della meccanica esposti criticamente e storicamente nel loro sviluppo, Roma-Milano 1908, con sua Prefazione). Con Mach intrattenne un fertile scambio epistolare e nella prima lettera inviatagli da Torino il 26 novembre 1896 dichiarò di essersi ispirato a «votre magistral ouvrage sur ce sujet» (Epistolario, cit., p. 113). Lo avvicinarono a Mach la «visione logico-strumentalistico-pragmatica della scienza» e «la sua originale valutazione del ruolo euristico spettante al metodo deduttivo e al rapporto tra aspettativa e previsioni instaurantesi nell’ambito di ogni teoria scientifica» (Minazzi, 2006, p. 39). «Attribuendo egli un ruolo decisivo alla deduzione delle ipotesi piuttosto che all’induzione» (Rossi, 2006, p. 59), si mostrò anche vicino all’interpretazione olistica della teoria scientifica di Pierre Duhem e alla teoria dell’abduzione ipotetico-deduttiva di Charles Sanders Peirce.
Le tre prolusioni ai suoi corsi – Sull’importanza delle ricerche relative alla storia delle scienze: prolusione a un corso sulla storia della meccanica letta il giorno 4 dicembre 1896 nell’Università di Torino (Torino 1897); Il metodo deduttivo come strumento di ricerca: lettura d’introduzione al corso di lezioni sulla storia della meccanica tenuto all’Università di Torino, l’anno 1897-98 (Torino 1898); Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della cultura: prolusione al corso libero di storia della meccanica letta il 12 dicembre 1898 nell’Università di Torino (Torino 1899) – sono riconosciute come i suoi principali scritti. Negli stessi anni presentò tre memorie di storia della scienza all’Accademia delle scienze di Torino: il 9 maggio 1897 discusse Del concetto di centro di gravità nella statica d’Archimede (Torino 1897), il 13 giugno dello stesso anno scrisse una nota Sul principio dei lavori virtuali da Aristotele ad Erone d’Alessandria (Torino 1897) e il 27 marzo dell’anno successivo trattò le Speculazioni di Giovanni Benedetti sul moto dei gravi (Torino 1898).
Per Vailati gli anni a Torino, «una città che lavora e che pensa» (De Zan, 2009, p. 83), furono ricchi di impegno culturale, anche al di fuori delle competenze universitarie. Conobbe e frequentò il medico e antropologo Cesare Lombroso, il giurista e politologo Gaetano Mosca, gli economisti Pasquale Jannaccone e Umberto Ricci, lo psichiatra Giulio Cesare Ferrari. Partecipò assiduamente all’attività del Laboratorio di economia politica fondato dall’economista Salvatore Cognetti de Martiis nel 1893, divenendo amico di Luigi Einaudi, grazie al quale iniziò a collaborare con la rivista Riforma sociale, fondata nel 1894, con la recensione al libro di Benjamin Kidd Social evolution (New York-London 1894, trad. it. L’evoluzione sociale, Firenze 1898), «la quale segnò una prima battaglia contro il materialismo storico» (Calderoni, 1909, p. 4). Nell’agosto del 1896 conobbe, al III Congresso di psicologia di Monaco di Baviera, l’inseparabile sodale Mario Calderoni. L’intensa collaborazione con Calderoni è testimoniata dalla redazione comune di due scritti – Le origini e l’idea fondamentale del pragmatismo (in Rivista di psicologia applicata, V (1909), 1, pp. 10-29) e Il pragmatismo e i vari modi di non dir niente (ibid., V (1909), 9, pp. 264-285) – che dovevano confluire in un libro, Il pragmatismo e le sue principali applicazioni, completato da Calderoni e pubblicato postumo (Il pragmatismo, a cura di G. Papini, Lanciano 1920).
Calderoni avrebbe curato, insieme a Ricci e al matematico Giovanni Vacca – altro amico di Vailati e allievo di Peano –, gli Scritti di Vailati in un volume postumo (Leipzig-Firenze 1911; ed. anast. con testi inediti a cura di M. Quaranta, I-III, Sala Bolognese 1987), grazie a una sottoscrizione internazionale, alla quale aderirono oltre duecentocinquanta estimatori, tra i quali Franz Brentano, Duhem, Federico Enriques, William James, Mach, Bertrand Russell, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. I due neoidealisti italiani avversarono il ‘pragmatismo logico’ di Vailati, ma non vi fu alcuno scontro diretto, come mostra l’epistolario con Croce (Epistolario, cit., pp. 607-627 e Croce - Vailati, 2006).
Nel 1899 Vailati abbandonò la carriera universitaria e si dedicò all’insegnamento nelle scuole secondarie: «Dovunque e sempre infatti, oltre e sopra ogni cosa, il Vailati seppe essere un insegnante ed un maestro» (Calderoni, 1909, p. 5). Insegnò matematica a Pinerolo, al liceo di Siracusa, dove strinse amicizia con il filosofo e psicologo tedesco Franz Brentano, maestro di Edmund Husserl, e negli istituti tecnici di Bari (1900) e Como (1901-04). Nel 1904 fu chiamato all’istituto tecnico Galileo Galilei di Firenze con decreto del ministro Vittorio Emanuele Orlando, «in seguito ad un voto esplicito dell’Accademia dei Lincei che giudicava il Vailati il più adatto a curare l’edizione nazionale degli scritti del Torricelli» (ibid., p. 6), che non portò a termine.
Il filosofo cremasco non abbandonò la ricerca, partecipando a Parigi nel 1900 alla sezione di logica e storia delle scienze del I Congresso internazionale di filosofia con la comunicazione Difficoltà che si oppongono ad una classificazione razionale delle scienze (pubblicata con il titolo Des difficultés qui s’opposent à une classification rationelle des sciences, in Bibliothèque du Congres international de philosophie, III, Logique et histoire des sciences, Paris 1901, pp. 610-632, e poi Scritti, cit., pp. 324-335). Partecipò anche al II e al III Congresso, rispettivamente a Ginevra nel 1904 e a Heidelberg nel 1908, e al III Congresso di psicologia, con una comunicazione inedita sulla Classificazione degli stati di coscienza proposta dal prof. Brentano e le sue applicazioni all’analisi psicologica dei giudizi. Il tema della classificazione delle scienze caratterizza «teoreticamente, la svolta pragmatista di Vailati» (Giordano, 2014, p. 64). Nel 1903 presentò al II Congresso di scienze storiche di Roma la relazione Applicabilità dei concetti di causa ed effetto nelle scienze storiche (in Rivista italiana di sociologia, VII (1903), 3, pp. 241-247) e nell’agosto si recò a Cambridge con Calderoni e a Harrow per incontrare la studiosa del linguaggio Victoria Lady Welby.
Nel soggiorno fiorentino collaborò con i più giovani Papini e Giuseppe Prezzolini intorno alla rivista Leonardo: «Un animoso gruppo di giovani, [che] aveva iniziato un aspro combattimento contro la filosofia universitaria» (Calderoni, 1909, p. 7). Il primo articolo su Leonardo (La più recente definizione della matematica, II (1904), pp. 7-10) esprime il suo originale ‘pragmatismo logico’, in sintonia, ma non in diretta dipendenza, rispetto al pragmaticismo logico e semiotico di Peirce, e lo distingue dal ‘pragmatismo magico’ dei dioscuri del Leonardo.
Oltre alle competenze in matematica, logica, filosofia e storia della scienza Vailati coltivò studi sulla filosofia greca, tra i quali: La teoria aristotelica della definizione (Bologna 1903), Teoria del definire e del classificare in Platone e i rapporti di essa colla teoria delle idee (Pavia 1906; trad. ingl. A study of platonic terminology, Aberdeen 1906) e la traduzione del primo libro della Metafisica di Aristotele, pubblicata postuma (Lanciano 1948).
L’opera di Vailati, diffusa su varie riviste italiane e internazionali, pur nella vastità dei suoi interessi, si distingue per l’originalità dell’approccio metodologico e, pur nell’apparente ‘frammentismo’ – dovuto alla mancata pubblicazione, in vita, di lavori monografici che sistematizzassero le sue idee –, cela un’unità di pensiero. L’indagine sul metodo nelle scienze e l’analisi logica del linguaggio scientifico, calate in una prospettiva storico-critica, ne costituiscono l’asse portante, che si sviluppa in sintonia con le discussioni filosofico-scientifiche coeve, testimoniata dalla corrispondenza con filosofi e scienziati (Mach, Welby, Enriques, Eugenio Rignano), e dal confronto delle ricerche di Jules H. Poincaré, Louis Couturat, Peirce, Duhem, quale risulta dagli estratti conservati nel Fondo Vailati dell’Università degli studi di Milano. Il suo rilievo internazionale fu consacrato dall’inserimento tra i maggiori studiosi di assiomatica, con Peano e il matematico David Hilbert, nel pamphlet Wissenschaftliche Weltauffassung: Der Wiener Kreis (di R. Carnap - H. Hahn - O. Neurath, Wien 1929; trad. it. La concezione scientifica del mondo. Il Circolo di Vienna, a cura di A. Pasquinelli, Roma-Bari 1979), il ‘manifesto’ del Circolo di Vienna che promuoveva la diffusione internazionale dell’empirismo logico e della ‘filosofia scientifica’.
«Vailati era soprattutto curioso di quelle che allora erano terre di nessuno» (L. Einaudi, Ricordo di Giovanni Vailati, in Epistolario, cit., p. XXIII), in particolare della metodologia delle scienze e dell’epistemologia, denominata ‘nomologia’, in quegli anni riconosciuta come disciplina autonoma. Egli intese la filosofia e la scienza come aspetti complementari di un medesimo processo conoscitivo e ritenne che la filosofia, in quanto «coscienza critica delle molteplici forme del sapere umano», «non potesse mai esimersi dal dovere entrare sempre nel merito delle varie questioni, esercitando una precisa competenza nei confronti dei diversi problemi affrontati» (Minazzi, 2006, pp. 49 s.). Attribuì alla filosofia una duplice funzione. In senso critico essa ha il compito di «impedire agli scienziati di rinchiudersi in concezioni troppo ristrette e di perdere coscienza della inevitabile precarietà e provvisorietà della maggior parte delle loro ipotesi fondamentali» (Scritti, cit., 1911, p. 279). Nella sua funzione positiva essa sostiene lo sviluppo scientifico, in quanto intende «riattaccarsi direttamente ai risultati delle scienze speciali, coordinandoli, comparando i metodi con i quali essi sono stati ottenuti e sottoponendo ad analisi critica i concetti fondamentali in essi implicati» (ibid., p. 417). Lo scritto che meglio rispecchia tale proposito metodologico è Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della cultura: prolusione al corso libero di storia della meccanica letta il 12 dicembre 1898 nell’Università di Torino (Torino 1899).
Grazie all’uso congiunto di strumenti provenienti da filologia comparata, psicologia sperimentale e logica matematica, e all’attenzione alla storia della scienza, che comprese anche i dialoghi di Platone e gli scritti logico-linguistici di Aristotele (in particolare i Topici e gli Elenchi sofistici), Vailati individuò nelle «questioni di parole» i momenti cruciali del progresso nelle scienze, sia per riconoscere errori e «questioni mal poste», che per definire più precisamente i concetti chiave della scienza. Analisi logica del linguaggio scientifico, svolta con metodo ‘socratico’, e metodologia storica della scienza consentono di liberare dall’«inconscia schiavitù del pensiero alla parola nei vari campi d’attività intellettuale» (Scritti filosofici, a cura di G. Lanaro, 1972, p. 117). Tali ricerche, sostanziate in seguito da uno studio pragmatico del linguaggio, evidente per esempio, in Il pragmatismo e i vari modi di non dir niente, preconizzarono la ‘svolta linguistica’ della filosofia del Novecento. Esse parteciparono di un’indagine avviata nel primo Novecento, con modalità diverse, da Russell, dal Circolo di Vienna, da Enriques e nelle diverse ramificazioni della ‘filosofia scientifica’, ben oltre l’orizzonte del positivismo ottocentesco che, per la sua scarsa attenzione agli aspetti logico-linguistici della conoscenza, fu criticato da Vailati. «Lo strano caso» di Vailati, «di uno studioso, di un pensatore di rilievo, prima frainteso, poi dimenticato, e, alla fine, in un tentativo di ripresa, oggi, non sempre utilmente riletto» (Garin, 1963, p. 275) continua a suscitare un persistente interesse interpretativo e critico.
A Firenze Vailati incrementò anche l’impegno su problemi didattici e pedagogici, quali lo studio del latino, la didattica della matematica e la trasformazione delle scuole in laboratori didattici. Nel 1906 venne nominato dal ministro Leonardo Bianchi, su suggerimento di Gaetano Salvemini, membro della Commissione reale per la riforma della scuola media. Si trasferì a Roma, dove si impegnò nella commissione, visitando a sue spese scuole estere e scrivendo relazioni sull’insegnamento della matematica e dell’economia politica. I ritardi nei lavori lo spinsero a tornare all’insegnamento fiorentino. Nel dicembre del 1908 si ammalò e si trasferì definitivamente a Roma.
Morì per complicanze cardiorespiratorie il 17 maggio 1909.
Fonti e Bibl.: Milano, Università degli studi, Biblioteca di filosofia, Fondo Vailati (raccoglie materiale archivistico e librario: 1400 volumi e oltre 1200 estratti).
M. Calderoni, G. V., in G. Vailati, Gli strumenti della conoscenza, Lanciano 1909; E. Garin, G. V. nella cultura italiana del suo tempo, in Rivista critica di storia della filosofia, XVIII (1963), 3, pp. 275-293; G. Vailati, Epistolario 1891-1909, a cura di G. Lanaro, Torino 1971 (Introduzione di M. Dal Pra, con un Ricordo di G. V. di L. Einaudi); Id., Scritti filosofici, a cura di G. Lanaro, Napoli 1972; G. V. nella cultura del ’900, a cura di M. Quaranta, Sala Bolognese 1989; I mondi di carta di G. V., a cura di M. De Zan, Milano 2000; B. Croce - G. Vailati, Carteggio (1899-1905), a cura di C. Rizza, Acireale-Roma 2006; F. Minazzi, G. V. intellettuale europeo, in G. V. intellettuale europeo. Atti del Convegno..., Spongano...2003, a cura di F. Minazzi, Milano 2006, pp. 7-11; A. Rossi, G. V. storico e filosofo delle scienze, ibid., pp. 57-60; M. De Zan, La formazione di G. V., Galatina 2009; F. Minazzi, G. V. epistemologo e maestro, Milano 2011; Papini, V. e la cultura dell’anima. Atti dei Convegni..., Chieti... 2009-2010, a cura di M. Del Castello - G.A. Lucchetta, Lanciano 2011; M. Mugnai, G. V., in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Filosofia, a cura di M. Ciliberto, Roma 2012, pp. 538-544; G. Giordano, G. V. filosofo della scienza, Firenze 2014.