TROTTI, Giovanni Battista
TROTTI, Giovanni Battista. – Nacque a Milano nel 1569. Era figlio primogenito di Camillo e di Laura, figlia naturale di Giambattista Liscati. La sua famiglia era originaria di Alessandria, ma già l’avo Marco si era trasferito a Milano al servizio di Galeazzo Maria Sforza. Con Marco si inaugurò una tradizione familiare che si contraddistinse per la dottrina negli studi giurisprudenziali e la carriera nelle magistrature per oltre due secoli.
Giovanni Battista seguì le orme del padre, che era stato vicario di Provvisione, questore del Magistrato straordinario e presidente del Senato, ascendendo ai vertici del governo patrizio milanese. Nel 1594 fu ammesso nel Collegio dei giureconsulti e dal 1606 prese avvio la sua carriera nelle magistrature milanesi. Divenne vicario di Provvisione e nel 1610 questore del Magistrato ordinario. Il 1° aprile 1613 fu nominato senatore in vece di Domenico Squarciafico, promosso a presidente del Senato, e il 22 novembre 1622 fu nominato presidente del Magistrato ordinario. Il 29 giugno 1627 fu eletto a sua volta presidente del Senato, subentrando a Giulio Arese alla guida della più prestigiosa magistratura dello Stato di Milano.
Negli anni seguenti la città fu funestata dalla peste. Giuseppe Ripamonti (La peste di Milano del 1630, 1641, 2009) narra come Trotti in quei frangenti non avesse quasi mai lasciato la città e avesse invitato gli altri magistrati a fare altrettanto per presidiare le istituzioni pubbliche. A lui Filippo IV si rivolse per chiedere un parere sull’origine del morbo e sul sospetto delle unzioni. Proprio Giovanni Battista, in qualità di presidente del Senato, fu giudice nel processo agli untori, ne firmò la condanna il 27 luglio 1630, e insieme al capitano di Giustizia Marco Antonio Monti e al presidente del Magistrato di sanità Giovanni Battista da Vimercate redasse il decreto che imponeva di innalzare sulle rovine della casa di Gian Giacomo Mora la famosa colonna infame.
Ebbe gran fama per la sua dottrina giurisprudenziale e per la sua dedizione costante alla difesa della tradizione patrizia milanese, in particolare riguardo ai progetti di riforma delle magistrature proposti dalla Corona spagnola.
Nel 1635 Filippo IV inviò a Milano in qualità di visitatore il dignitario castigliano don Andrea de la Rueda, per verificare l’operato delle magistrature milanesi. Nella sua ispezione quest’ultimo si rivolse anche a Trotti. Come presidente del Senato egli fu interrogato il 19 luglio 1635 circa diverse questioni relative ai malfunzionamenti dell’amministrazione pubblica (Archivio di Stato di Milano, Uffici Giudiziari parte antica, cart.169). Come ci si poteva attendere dal presidente della massima istituzione patrizia, il suo contegno fu informato alla difesa della tradizione giurisprudenziale milanese e ad accrescere il potere del Senato, qualora fosse possibile, piuttosto che a ridurlo, come velatamente prospettava il visitatore. Rispetto alle modifiche che si intendevano apportare alle istituzioni lombarde dal punto di vista generale Trotti rispose «che non si devono mai [introdurre] nuove leggi, né riformare i costumi ed usi inveterati se non per grande utilità e necessità pubblica [...] posciaché le novità sono odiose e per il più mal ricevute dal pubblico». Con analoghe argomentazioni, che contraddistinguevano la cultura politica di antico regime, si oppose alla proposta del visitatore di registrare i pareri discordanti dei senatori nei deliberati, o a novità riguardanti la carica di capitano di Giustizia. Ancor maggiore ripugnanza sortì la proposta di dividere il Senato in due aule per accelerarne l’operato e l’emanazione delle sentenze; tale riforma era ritenuta lesiva dell’integrità e della dignità dell’istituzione senatoria; peraltro una proposta simile era stata già respinta in precedenza dal padre, quando aveva ricoperto la carica di presidente del Senato. Il visitatore si soffermò poi su altri temi relativi ai costi delle missioni fuori sede dei giudici, considerati eccessivi dalla corte, all’indebitamento di città e contadi e all’esercizio della giurisdizione feudale.
Al termine della visita Trotti redasse una Succinta esposizione de’ metodi prescritti dalle constituzioni di Milano e dalli ordini del senato per la celere spedizione dei processi, tanto civili, quanto criminali e tanto avanti li giudici inferiori quanto avanti al Senato (ibid.), che si configurava come una sintesi del funzionamento degli uffici giudiziari milanesi, destinata probabilmente a uso delle autorità spagnole. Fu anche autore di alcune opere d’occasione, tra cui un’orazione per l’arrivo del cardinale Cesare Monti a Milano nel 1632 per insediarsi nella carica di arcivescovo.
In qualità di presidente del Senato Trotti fu protagonista di una dura contrapposizione con il Consiglio segreto del governatore dello Stato, dovuta al fatto che le due istituzioni pretendevano la preminenza l’una sull’altra. Tali conflitti assumevano particolare risalto in occasione delle cerimonie pubbliche, poiché il posto riservato nei cortei durante le feste laiche e religiose era considerato simbolo del ruolo ricoperto nelle cariche dello Stato, quindi segnava una reale preminenza nelle istituzioni pubbliche. Il contrasto era già in atto da tempo, ma assunse risonanza pubblica nel 1638, in occasione della festa solenne di s. Carlo Borromeo alla quale, come di consuetudine, era accorso un folto pubblico e partecipavano tutte le maggiori dignità civili, religiose e militari dello Stato. Un ordine del sovrano aveva stabilito che i senatori prendessero posto dietro la cassa di cristallo da lui stesso donata, contenente il corpo del santo. Il governatore dello Stato aveva avvertito che in caso di disobbedienza in merito all’ordine di precedenza non avrebbe esitato a punire il presidente del Senato, mettendolo agli arresti. Nel pieno della cerimonia però i quattro senatori che reggevano la preziosa salma, fra i quali vi era Trotti, abbandonarono improvvisamente il corteo, lasciando la cassa del santo in terra. Lo scandalo fu enorme e il governatore tenne fede alle sue precedenti ingiunzioni, arrestando Trotti. Quest’ultimo tuttavia ricorse al sovrano, il quale fece inviare dal Consiglio di Stato una dura reprimenda al governatore, con cui lo si rimproverava perché non poteva arrogarsi il diritto di umiliare il presidente della più alta magistratura milanese, ma doveva anzi difenderne l’autorità.
Trotti sposò Giulia, figlia di Nicolò Mandelli, da cui ebbe Luigi, Laura, Carlo Camillo, Giuseppe, Maddalena; in seconde nozze sposò Isabella, figlia di Pietro Paolo Vismara, vedova di Pietro Muzzano.
Luigi, ultimo figlio maschio, avrebbe proseguito, sulle orme del padre, la carriera nelle magistrature milanesi, divenendo reggente alla corte di Madrid e ottenendo il titolo di conte di Santa Giulietta con regio diploma del 21 maggio 1695, successivo all’investitura feudale del 17 settembre 1694.
Morì a Milano il 24 dicembre 1640 e fu sepolto nella tomba di famiglia posta nella cappella di S. Agostino presso la chiesa di S. Marco, ove è ricordato con un’iscrizione.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Uffici Giudiziari. Parte Antica, cart.169, Riva Finolo, cart. 72; Milano, Archivio storico civico, Malvezzi, cartt. 17-19; G. Ripamonti, La peste di Milano del 1630 (1641), Milano 2009, l. V, capoversi 149-150, pp. 468-471.
G. Sitoni di Scozia, Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Mediolani 1706, p. 178; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, seu acta et elogia virorum omnigena eruditione illustrium, qui in metropoli Insubriae, oppidisque circumjacentibus orti sunt, IV, Mediolani 1745, p. 1536; Famiglie notabili milanesi, I, Milano 1875, tav. VII, pp. n.n.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, IV, Milano 1890, p. 339; F. Guasco, Famiglie Trotti, Boidi-Trotti, Sandri-Trotti, Cermelli, Perboni, Pavaranza, in Id., Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine e monferrine dal secolo IX al XX, V, Casale Monferrato 1929, tav. VI; F. Arese, Le supreme cariche del Ducato di Milano da Francesco II Sforza a Filippo V, in Archivio storico lombardo, XCVII (1970), pp. 59-156; U. Petronio, Il Senato di Milano. Istituzioni giuridiche ed esercizio del potere nel Ducato di Milano da Carlo V a Giuseppe II, Milano 1972, pp. 185-191; G. Signorotto, Milano spagnola. Guerra, istituzioni, uomini di governo (1635-1660), Milano 1996, pp. 88-90; Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi. Manoscritti 11500 e 11501 della Biblioteca Nacional di Madrid, a cura di C. Cremonini, II, Mantova 2003, p. 269.