SORIA, Giovanni Battista
– Nacque a Roma nel 1581 (Pascoli, 1736, 1992, p. 989) da «Martino Soria falegname romano» (nome che fa supporre origini ispaniche; ignota l’identità della madre): ciò consta dalla nota di affiliazione alla locale compagnia dei falegnami, avvenuta il 7 marzo 1610, allorché «Gio. Battista», orfano, lavorava nella bottega «alla Colonna Traiana» di Vittorio Roncone (Ringbeck, 1989, p. 154, doc. 1). Quest’ultimo, documentato dal 1600 nella fabbrica petriana, fu molto attivo per i cantieri di Paolo V e del cardinal nipote Scipione (suoi i soffitti di S. Sebastiano fuori le Mura e degli oratori di S. Andrea e S. Silvia) e per private forniture borghesiane, sino alla morte nel 1614 (Fonti per la storia artistica…, 1995, pp. 44, 92, 119, 130, 139, 181-184, 187-189). Rilevatone il laboratorio, fra l’autunno del 1614 e la fine del 1615, anno in cui sposò la figlia Apollonia, Soria proseguì i lavori intrapresi nel 1605 per la cappella Paolina in S. Maria Maggiore da mastro Vittorio (p. 196), artefice nel 1607 di un modello del capoaltare progettato da Girolamo Rainaldi (De Lotto, 2008, p. 76).
Anche per la privata committenza borghesiana Soria continuò il tipo di lavori eseguiti dallo scomparso capobottega. Fra i molti per la villa Pinciana, il 12 agosto 1615 presentò il conto dei piedistalli di quattordici busti di imperatori, acquistati nel 1609 con la collezione dello scultore Tommaso della Porta insieme al gruppo marmoreo di tre putti dormienti, per cui seguì sei giorni dopo la fattura di un piedistallo in noce «a ottangolo» con coperchio ovale (Faldi, 1954, pp. 50 s., doc. III), oltre a uno «quadro» per il gruppo della Capra Amaltea di Gianlorenzo Bernini (p. 146, doc. XI); del 28 giugno 1620 è la giustificazione di 230 scudi per la lettiera con pilastri, puttini e coperchio per l’Ermafrodito rinvenuto nel 1608 dai carmelitani scalzi negli scavi di fondazione di S. Maria della Vittoria, acquisito dal cardinale e adattato a un materasso marmoreo berniniano, mentre nel 1622 un cassone servì per il trasporto del gruppo di Plutone e Proserpina dallo studio di Bernini presso S. Maria Maggiore alla villa. Dalla seconda metà degli anni Dieci Soria eseguì cornici per tele della quadreria, dorate dal pittore fiammingo Annibale Durante (Della Pergola, 1955-1959). Il 12 aprile 1618, 81 scudi saldarono le incorniciature di dipinti di Giovan Francesco Guerrieri nelle «soffitte delle camere del pian nobile» del palazzo nuovo del principe Marcantonio Borghese in Campo Marzio, più altri 15,54 scudi per «la cornice attorno una stantia sotto al fregio depinto [...] verso il giardino» (Della Pergola, 1956, p. 236, doc. 100). L’11 marzo 1620 furono pagati 250 scudi per due «lettiere grandi straordinarie tutte intagliate per servitio» del principe (Orbaan, 1920, p. 340), eseguite nel 1619 (Fonti per la storia artistica..., 1995, p. 221). Del 22 gennaio 1622 è il conto di 1674 scudi del «capo mastro falegname» per il catafalco eretto in S. Maria Maggiore su progetto di Sergio Venturi, architetto dei Borghese, con figure modellate da Bernini, per la traslazione da S. Pietro delle spoglie di Paolo V, morto un anno addietro (Schraven, 2001, p. 27); agli inizi del mese risalgono quello comprendente il piedistallo in noce per un busto di Paolo V (Minozzi, 1998, pp. 434 s., doc. 47) e l’allestimento dello «studio verso Ripetta» nel nuovo palazzo, avendo il cardinale lasciato la residenza al Borgo Nuovo dopo la morte dello zio pontefice (Hibbard, 1962, p. 72). Per l’antistante palazzo «della famiglia Borghese» nella «piazza nova Burghesia» (1624-27) nel dicembre del 1626 Soria autorizzò il pagamento di due armi lapidee (Ringbeck, 1989, p. 184, doc. 26) e nel dicembre del 1628, morto Venturi da qualche mese, verificò recenti riparazioni con l’architetto Giovanni Maria Bolini (o Bolina, a quanto pare ticinese; Hibbard, 1962, p. 73): da qui il probabile equivoco del palazzo «finito dal Soria» come architetto (Totti, 1638, p. 354), ritenuto perciò da Joseph Connors (1980, p. 19 e figg. 119 s.) non solo autore delle anonime planimetrie del pianterreno e del piano nobile di quel palazzo conservate «in the Vallicella archives», ma anche «outside consultant» di Paolo Maruscelli per il progetto della Casa dell’Oratorio elaborato nel 1627, essendo serviti quei disegni come modello di riferimento. Il 2 novembre 1630 l’artista tarò il conto dell’intagliatore Andrea Sellari per gli automi semoventi e sonori di un cucù e un dragone per villa Pinciana (Barbieri, 2001, p. 175). All’«adornamento dell’organo» voluto dal cardinale per la cappella del Rosario in S. Maria sopra Minerva Soria lavorò fra il marzo del 1631 e il febbraio del 1632 (Ringbeck, 1989, pp. 206-208, docc. 58-61 e fig. 115).
A fronte dei «lavori di legnami» eseguiti in contesti ecclesiali e conventuali (fra cui quelli del 1617 «nella casa delle reverende monache di Ss. Domenico et Sisto»; L’archivio del convento..., 1994, p. 88), quelli borghesiani per costruzioni e restauri di chiese hanno guadagnato a Soria una nomea di progettista di facciate monumentali: inaugurata dalla guida di Roma del 1638 del libraio Pompilio Totti e sostenuta nel 1642 dalle Vite del pittore Giovanni Baglione, fu consacrata da tre stampe di Giovanni Battista Falda del 1665 e dalla biografia del 1736 di Lione Pascoli (la quale, infarcita di dubbi aneddoti, fra cui i formativi viaggi dall’Umbria e dalla Toscana sino a Palermo, ignora la cospicua opera lignaria, in favore di una fin troppo precoce qualificazione di architetto) e quindi accolta dalla storiografia (Milizia, 1768; Quatremère de Quincy, 1832; Matthiae, 1938; Portoghesi, 1966; Bartolini Salimbeni, 1983-1987; Ringbeck, 1989). Si è perciò ritenuto Soria successore di Flaminio Ponzio e del fiammingo Giovanni Vasanzio, a sua volta ebanista, come architetto di fiducia del cardinale Borghese, che fra l’altro gli avrebbe affidato «due fra i più interessanti interventi su antiche basiliche: il rinnovamento di S. Crisogono e il completamento di S. Gregorio al Celio» (Bartolini Salimbeni, 1983-1987, p. 399). Ma forse all’epoca causarono equivoci eventuali modelli lignei dello specialista Soria: il quale era molto stimato in tal senso, come attesta una lettera del 28 maggio 1641 di Bernini circa il modello della «piramide» di un campanile di S. Pietro (Archivio storico dell’Accademia di S. Luca, AASL, Carteggi diversi, b. 167, f. 73; Fraschetti, 1900, p. 162).
Per S. Crisogono, di cui il cardinale fu titolare, il falegname realizzò il maestoso soffitto a compartimenti, presentando il 6 ottobre 1622 un conto di 3923 scudi per la «nave grande», e di 1509,20 per il transetto (Mandl, 1933, p. XXI). Malgrado la precoce attribuzione a Soria della facciata con esonartece (1626; Baglione, 1642, p. 97), d’austero accademismo protobarocco, l’unico «architetto» citato nelle note di cantiere dopo la morte di Vasanzio nel 1621 è Venturi (Mandl, 1933, p. XIX): professionista di origini senesi come i Borghese, già autore del progetto del catafalco di Paolo V, ma in tal caso considerato mero misuratore e al più direttore dei lavori (Bartolini Salimbeni, 1983-1987, p. 403; Ringbeck, 1989, pp. 38 s.). Risale a Pompilio Totti (1638, p. 511) la non meno problematica attribuzione sia della facciata di S. Maria della Vittoria (1625-26) finanziata dal cardinale, dovizioso ma scialbo compendio di quella maderniana di S. Susanna a essa vicina (dopo misure e stime di Venturi e Bolini dei «lavori di muro», fra il 1628 e il 1629 Soria vistò i lavori del rilievo mariano sovrapporta, scolpito dal toscano Domenico de’ Rossi, già approvati nel 1627 dai suddetti; Ringbeck, 1989, p. 187, docc. 34-36), sia del «nobilissimo portico» di S. Gregorio al Celio (Totti, 1638, p. 143), ovvero la classicistica architettura del quadriportico con l’anteriore imponente prospetto, nel quadro del generale rinnovamento promosso dal porporato quale abate commendatario. Per questa opera Soria e Bolini sottoscrissero il 28 giugno 1629 la misura dei lavori di muro «per la facciata e portico nuovo», dal 16 ottobre 1629 all’8 dicembre 1632 tre distinte note di Andrea Appiani, scalpellino di fiducia del cardinale (e di Bernini), e il 12 gennaio 1633 la nota dei muratori per la posa in opera del secondo ordine di facciata e dell’alta scalea; nel febbraio del 1633 Soria fu pagato per «lavori di legname fatti» nell’occasione «in diversi luoghi», inclusa la sommitale croce di castagno (Ringbeck, 1989, pp. 190-198, docc. 39-44). Si fa derivare la rigida e antiplastica matrice della facciata a due ordini da quella dellaportiana di S. Luigi dei Francesi, ma essa richiama pure schema e profilo delle tombe papali nelle esquiline cappelle Sistina e Paolina, cui si era attenuta la facciata a portico di S. Bibiana, del 1624-26, progetto d’esordio di Bernini architetto, affine per schema e asciuttezza ordinale al modello di S. Gregorio. Se più aderente allo stringato schema di Ponzio per la facciata borghesiana di S. Sebastiano fuori le Mura (1613) è la fronte di S. Caterina da Siena (1638-41), che per Giovan Battista Mola (1663, 1966, p. 94) si deve pure a Soria «con parte della chiesa» del monastero domenicano di cui il cardinale Scipione era protettore, risale alla matrice del S. Gregorio la solenne partitura di S. Carlo ai Catinari, ispirata nell’ampio avancorpo frontonato con terna di portali al prospetto pure dellaportiano del Gesù, facciata compiuta quando Totti la diceva nel 1638 (p. 182) «del Soria». Secondo Pascoli (1736, p. 529) questi restaurò per il cardinale «una chiesa a Caprarola» e un’«altra a Ronciglione»; non meno incerte sono le più recenti attribuzioni della chiesa con il convento di S. Maria di Gesù ad Artena, della parrocchiale di Monte Compatri e della romana facciata di S. Chiara (Ringbeck, 1989, pp. 75-77, 89-97): se talora Soria fu supervisore di lavori altrui (ad esempio, nell’aprile del 1630 misurò opere in stucco e lapidee nel coro di S. Maria sopra Minerva con Bolini; pp. 205 s.), in quest’ultimo caso si ha notizia solo di opere di legname, saldate il 7 aprile 1628, occorrenti per i restauri del monastero promossi dal cardinale, i quali furono seguiti da Venturi e Bolini (p. 75).
Fra il secondo e il quarto decennio fu intenso l’impegno con la Camera apostolica e la Fabbrica di S. Pietro.
Dal 1615 al 1620 opere di falegnameria «in più lochi delli palazzi Vaticano e Monte Cavallo» e della Camera apostolica diretti da Carlo Maderno riguardarono in particolare le sale di concistoro nei due palazzi apostolici, le cappelle papali in S. Pietro e nella basilica liberiana (Orbaan, 1920, pp. 320, 322, 329-331, 340 s., 346; Fonti per la storia artistica…, 1995, pp. 121, 202, 206, 209 s., 221, 225), il portone maggiore del palazzo vaticano sotto la nuova torre dell’orologio (1618-19; p. 219) e le ville Tuscolana Vecchia (1614-20; Bilancia, 2012, p. 50), Mondragone (1614-15; Marcucci, 2012, pp. 82-84) e Taverna (1620, conto tarato da Vasanzio e Bolini; Guerrieri Borsoi, 2012, p. 156) a Frascati. Dopo i lavori borghesiani delle porte del portico di S. Pietro (1618-19) e del modello di un «choro» temporaneo per l’abside (1618) «a tre ordini [...] con il baldacchino» (Hibbard, 1971; trad. it. 2001, pp. 253, 259), il 1° marzo 1621 i «falegnami» Soria e Giovanni Volpetti ebbero mille scudi «a bon conto di lavori fatti per il Conclavio» che elesse Gregorio XV (Orbaan, 1920, p. 351). Vari acconti riguardarono nel 1622 un baldacchino per l’altare maggiore di S. Pietro (Hibbard, 1971; trad. it. 2001, p. 259), poi rifatto fra il 1624 e il 1633 da Urbano VIII a opera di Bernini, che si avvalse di Soria per i modelli (Pollak, 1928-1931, II, pp. 40, 352-354, 369-371, 379-383), così come per molte altre opere lignee petriane, compresa la «lancia per il S. Longino di legname» (1638; p. 62). Fra le opere richieste dal progettista Maderno e quindi da Bernini (le fatture di Soria contemplano talora coordinati apporti di artefici di altre arti), oltre alle parti lignee, agli arredi e alle cornici dei quadri degli altari, si distinguono l’organo e altri apparati per la «cappella del coro nuovo» e il ciborio per l’altare dell’adiacente cappella Gregoriana (1624-30; pp. 31-37, 243, 247), i modelli delle quattro logge con nicchie delle reliquie nella crociera (1627-37; pp. 46-53, 465 s., 477 s.), della tribuna con il coro dei canonici, «della sedia per mettervi dentro quella di S. Pietro per tragettarla» (1636; p. 49), dei controversi campanili (1636-41; pp. 46-50, 61-65).
Soria diede alle stampe negli anni 1624, 1625 e 1628 tre volumi di «varij capricci» di eccentrici «tempietti antichi» desunti con buona fantasia da «rovine», di «inventioni» per depositi e altari di manieristica opulenza nordica, di piramidanti tabernacoli alla romana (repertori accolti con speciale interesse e per lungo tempo dalla cultura progettuale di punta, da Maderno ai Rainaldi, da Francesco Borromini ad Andrea Pozzo e a Filippo Juvarra, da Giovanni Piranesi e dai «piranesiani» francesi sino al giovane Giuseppe Valadier): «auttore» il noto intagliatore milanese Giambattista Montano, attivo a Roma dal secondo Cinquecento inoltrato, il quale prima della morte nel 1621 affidò «vari libri di sua mano» al successore di mastro Roncone, suo antico confratello nella compagnia di S. Giuseppe dei Falegnami presso l’omonima chiesa. Giovanni Baglione (1642, p. 112) definì Soria suo allievo («come altresì Vincenzo della Greca, amendue architettori romani»), seppur mai definitosi tale nell’introdurre quei libri «alli lettori». Di conseguenza, ritenendosi Montano autore dell’anzidetta chiesa di S. Giuseppe, a Soria se ne attribuisce la prosecuzione dei lavori, con «l’ampliamento dell’oratorio e la costruzione della sacrestia» (Zandri, 1971, p. 28).
Contestualmente agli impegni borghesiani, anche come misuratore in vari cantieri fra gli anni Venti e i Trenta, Soria servì i Barberini. Operò per la «nova fabrica» e l’«appartamento novo» del palazzo «alle Quattro Fontane» (1632-33; Pollak, 1928-1931, I, p. 325) e intagliò in noce la «libraria» a due ordini del cardinale Francesco allestita all’ultimo piano, la più grande e bella biblioteca privata romana dell’epoca (1633-35, dal 1902 nella Biblioteca vaticana; ibid., p. 300; Teti, 1642; Ringbeck, 1989, pp. 116-119 e figg. 118-120); e lavorò nel 1639 per il «salone» del teatro annesso, realizzato con la direzione degli «architetti» padre Valerio Poggi e Bartolomeo Breccioli (Aronberg Lavin, 1975). Elaborò la mostra disegnata da Luigi Bernini per l’organo portatile donato alla basilica petriana dal cardinale (1636-37; Pollak, 1928-1931, II, p. 612). Compì poi «lavori di legname» per la chiesa di S. Urbano alla Caffarella (1637) e il nuovo monastero della Ss. Incarnazione a Montecavallo (1640-41). Al sodalizio con Orazio Torriani, architetto del complesso dei Ss. Domenico e Sisto, si riferiscono misure e stime di lavori di muro e di scalpello per la chiesa e il monastero di Monte Magnanapoli: l’11 maggio 1637 Soria vistò il conto della fontana a edicola in stucco per il «giardino nuovo» (è detto «architetto» in una ricevuta degli eredi del mastro muratore Battista Petraglia datata 8 gennaio 1638), e il seguente 27 luglio quello delle «quattro porticelle» marmoree del presbiterio (Ontini, 1952, pp. 79-81); nel 1638 Torriani diede mandato di pagamento di 424,84 scudi a Soria per imprecisati «acconcimi di una casa» del monastero (Risso, 1993).
«Guardiano» nel dicembre del 1624 dell’arciconfraternita del Corpo di Cristo in S. Giacomo Apostolo in Borgo (chiesa la cui facciata era stata appena «risarcita» da tale «Bernardino Luna architetto»; Torrigio, 1649), il 14 marzo 1638 Soria fu accolto con Pietro da Cortona fra i Virtuosi al Pantheon (La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta..., 2005, pp. 67, 108). Documentato dall’ottobre del 1633 nell’Accademia di S. Luca, e suo camerlengo dal 1634 al 1640, il 25 ottobre 1634 assisté al rinvenimento delle spoglie di s. Martina insieme a colleghi «officiali» durante i lavori nella confessione della chiesa accademica in Campo Vaccino promossi dal Cortona, principe pro tempore, per ricavare delle tombe (Honorato, 1634). Eletto principe il 28 dicembre 1644 (AASL, Congregazioni, 43, c. 59v), il 29 settembre 1645 tenne congregazione privata a casa sua («posita ad Columnam Traianam»; c. 63r); e il 18 agosto 1647 fu accolta la sua proposta di un censimento delle botteghe di pittori e di doratori per verificare il possesso della «patente» dell’Accademia, licenza d’esercizio disposta da un breve di Urbano VIII (c. 65r).
All’epoca datano alcune consulenze peritali. Un parere sottoscritto il 28 marzo 1642 con Torriani e Maruscelli consigliò, rispetto al «modello» del 1629 della chiesa di S. Ignazio progettata dal gesuita Orazio Grassi (costruzione per cui fra il 1638 e il 1640 Soria fornì le travi del tetto; Pollak, 1928-1931, I, pp. 155, 196, 204), modifiche rimaste disattese (espresse nei disegni dei prospetti frontale e laterale e di due spaccati, finora attribuiti a Grassi, presso la Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi P. VII.9, cc. 134v-137; Bösel, 1986, figg. 131-133): in particolare, una facciata rettangolare a due ordini piuttosto che ad ali, ornata di statue nelle nicchie e nel coronamento (p. 202, doc. 8). Nel 1646 fu perito nella ripartizione dell’uso di una sorgente fra la principessa Olimpia Aldobrandini, i fratelli Ottavio e Giulio Mandosi e la chiesa di S. Maria ai Monti (Roma, Archivio storico del Vicariato, Fondo catecumeni, b. 117, Instrumenta 1645-1646, pp. 457-466). Infine, fra il 1650 e il 1651 fu consulente con Torriani al progetto di ampliamento del palazzo ducale di Modena curato da Bartolomeo Avanzini, e sottoposto nei primi mesi del 1651 al parere di Bernini e di altri architetti romani (Barghini, 1994, p. 289).
Soria diresse l’istituzione accademica sino alla morte, avvenuta il 22 novembre 1651; il giorno seguente «fu sepellito nella detta chiesa di S. Luca in S. Martina» (AASL, Congregazioni, 43, c. 67v), nel luogo della cappella di S. Lazzaro concesso dall’amico Cortona, dove la vedova e tale Michele Bernardi, eredi, dedicarono al «Romanus architectus» (autorizzati nel 1653; E. Longo, in Pascoli 1736-1992, p. 997) una lapide con busto in nicchia ovale, desunto dal giovanile ritratto incluso nei tre libri di Montano e attribuibile a Bernardo Fioriti, autore in loco del ritratto nel monumento sepolcrale del Cortona (demolita poi la cappella, il monumento fu posto presso la scala sinistra che scende alla confessione).
Dopo la morte fu messa in vendita dalla vedova la considerevole collezione di quadri, disegni e libri di stampe; in una lettera del 20 ottobre 1656, Cassiano dal Pozzo informò Nikolaes Heinsius, agente della regina di Svezia, di aver procurato «copia dell’inventario delle pitture che erano in vendita del fu architetto Soria» (Lumbroso, 1875; inventario, oggi a Montpellier, trascritto in Ringbeck, 1989, pp. 210-224).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Fabbrica di S. Pietro, S.P. II, arm. 1, tt. V (n. 26), VI (n. 58), VII (n. 1), XX (n. 61); S.P. II, Conti, 1633-39; S.P. II, Spese, 1638-40; Archivio segreto Vaticano, Fondo Borghese, 4173, Falegnami dal 1607 al 1623; Archivio storico dell’Accademia di S. Luca (AASL), Congregazioni, 43, cc. 1, 59v, 63r, 64r, 65r, 66v, 67v; Entrate e uscite 1627-1671, cc. 42a, 15r, 20v, 124v, 129v, 131v, 133, 136, 143r; Carteggi diversi, b. 167, f. 73.
Libro primo. Scielta di varii tempietti antichi con le piante et alzatte, desegnati in prospettiva da m. Gio. Batta Montano milanese, date in luce per Gio. Batta Soria rom.o a benefitio publico, et fatti intagliare in rame, dedicati al illustriss.o et rever.mo signor cardinale Borghese, Roma, Apresso il sudetto Soria, 1624 (con lettera dedicatoria al cardinal Borghese del 20 settembre 1624, ritratto di Montano e introduzione Alli lettori con ritratto in ovale del curatore, inciso come il precedente da Jérôme David: «Ioannes Baptista Soria Romanus aetatis suae XXXXII»); Diversi ornamenti capricciosi per depositi o altari utilisimi a’ virtuosi, novamente inventati da m. Giovanbatista Montani milanese intagliatore di legniame ecc.mo, dati in luce da Giovanbatista Soria romano, dedicati al ill.mo et rev.mo card. Hippolito Aldobrandino, Roma, Apresso al detto Soria, 1625 (con lettera dedicatoria al «Camerlengo di S.ta Chiesa», 4 gennaio 1625, con gli stessi ritratti e introduzione); Tabernacoli diversi novamente inventati da m. Giovanbatista Montano milanese, dati in luce da Giovanbatista Soria romano, opera utilissima a’ pittori e scultori, et a qual si voglia persona che d’architetura si diletta, dedicata all’ill.mo et ecc.mo D. Tadeo Barberino prencipe romano, Roma 1628 (con lettera dedicatoria del 20 maggio 1628, con gli stessi ritratti e introduzione); M. Honorato, Historia di santa Martina vergine e mart. romana. [...] Con un breve racconto dell’inventione del suo corpo..., Roma 1634, p. 5 n.n.; P. Totti, Ritratto di Roma moderna..., Roma 1638, pp. 143, 182, 354, 511; G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti, Roma 1642, pp. 97, 112, 174, 309; G. Teti, Aedes Barberinae ad Quirinalem, Romae 1642, pp. 19-34; F.M. 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