REFRIGERI, Giovanni Battista
REFRIGERI (Refrigerio), Giovanni Battista. – Nacque a Bologna da Lorenzo, professore di medicina nello Studio bolognese, verso il 1447. Nulla si sa della madre; oltre a Giovanni Battista, Lorenzo ebbe almeno altri due figli maschi, Gabriele ed Ercole, e una femmina, Diamante.
Avviato alla professione notarile, fu creato notaio il 23 dicembre 1472, con sentenza del giudice Lando Mastini. Secondo la normativa sul notariato, doveva avere al momento della nomina almeno 25 anni, il che consente di collocare l’anno di nascita non oltre il 1447. Della sua attività privata di notaio si conserva un solo rogito, datato 24 novembre 1477 (Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Miscellanea del secolo XV, 13, n. 273), ma quella formazione fu propedeutica a una brillante carriera pubblica, sia all’interno della Società dei Notai, di cui fu proconsole nel 1484, sia nelle istituzioni di governo, in cui operò a lungo come segretario e cancelliere. Né si dovrà trascurare il fatto che, secondo una tradizione assai consolidata a Bologna per quel gruppo professionale, lo studio dei fondamenti grammaticali e retorici del notariato costituì per Refrigeri la prima tappa di una formazione che gli consentì di esprimere non comuni attitudini letterarie.
Era probabilmente già attivo alla fine degli anni Settanta come segretario e cancelliere, dato che egli stesso si qualifica, nell’esordio di un carme celebrativo, «Reipublicae Bononiae scriba» (Fantuzzi, 1789, p. 176), ma il momento decisivo della sua carriera politica giunse nel 1480, quando fu inviato ad amministrare il territorio di Samoggia. Di quella destinazione si lamentava nelle lettere indirizzate all’amico Cesare Nappi, in cui esprimeva l’auspicio che Giovanni II Bentivoglio inviasse in quella provincia un altro amministratore a rilevarlo dall’incarico. La sua speranza si avverò all’inizio del 1481, quando il Senato lo richiamò a Bologna e Bentivoglio gli affidò compiti più consoni alla sua formazione: nel maggio di quell’anno, per incarico del signore, compose una canzone di dodici stanze per celebrare le imprese di Alfonso di Calabria contro l’esercito ottomano nella guerra di Otranto, panegirico poi inviato al duca con una lettera in prosa latina assai retoricamente strutturata. Nell’aprile del 1482 era ancora a Bologna, perché qui lo trova una lettera di Nappi, che nel frattempo era stato inviato da Bentivoglio a Brisighella, come capitano e governatore di quel castello. Si stava preparando però, per la sua carriera pubblica e per la sua vita privata, un mutamento di grande portata.
Nel marzo del 1480 era giunto a Bologna, amichevolmente accolto da Giovanni II, Roberto da Sanseverino, nipote di Francesco Sforza e assai legato ai Bentivoglio fin dall’epoca di Annibale. Dal 1479 era consigliere di Ludovico il Moro, allora appena rientrato a Milano dopo la riconciliazione con Bona di Savoia, reggente del Ducato dalla morte di Galeazzo Maria (1476). Con il Moro, tuttavia, Roberto ebbe dissapori nel 1481, cosicché nel 1482 passò al servizio della Repubblica di Venezia, con il ruolo di capitano generale, nella guerra contro Ferrara. Durante il suo soggiorno bolognese, Roberto aveva avuto forse modo di conoscere Refrigeri e di apprezzarne le doti e quest’ultimo, evidentemente ancora insoddisfatto della sua condizione presso Giovanni Bentivoglio, decise di abbandonare la città e il suo signore, per seguire come segretario il Sanseverino in quell’impresa bellica. La scelta poneva Refrigeri in una delicata situazione personale, dato che la sua città e Giovanni Bentivoglio erano invece, in quel conflitto, alleati degli Este. Seguito il Sanseverino nelle successive, vittoriose imprese militari di Rovigo, Comacchio e Ficarolo, Refrigeri rientrò per qualche tempo a Bologna quando, con la pace di Bagnolo dell’agosto 1484, Venezia si accordò con Ercole I d’Este e Sanseverino fu eletto capitano generale della Lega italiana. Al condottiero, tuttavia, Refrigeri rimase sempre legato. Passato al servizio di papa Innocenzo VIII nella sfortunata guerra contro gli aragonesi, Roberto tornò nel 1486 alla guida dell’esercito veneziano, impegnato contro l’arciduca Sigismondo d’Austria. In quella guerra Sanseverino perse la vita (nella battaglia di Calliano, 1487) e Refrigeri, che doveva trovarsi allora al seguito delle truppe, ne fu sinceramente addolorato, tanto da comporre in suo onore alcune canzoni funebri, che diede poi alle stampe probabilmente a Venezia, ma senza note tipografiche (Frati, 1888, p. 338).
Solo nel 1488 tornò a Bologna, anche se non erano migliorati nel frattempo i suoi rapporti con Giovanni Bentivoglio. Proprio in quell’anno, infatti, risulta coinvolto nella congiura ordita dai Malvezzi e da Giacomo Bargellini: a quanto riferisce lo storico agostiniano Cherubino Ghirardacci, Giulio Malvezzi si rivolse a Refrigeri, di cui era intimo amico, per avere un consiglio in merito al progetto di uccidere Giovanni Bentivoglio. Turbato per la gravità di quell’atto e per l’incertezza del suo esito, ma in sostanza favorevole all’eliminazione del tiranno, Refrigeri consigliò di cercare l’appoggio di una potenza esterna, in grado di contenere la possibile reazione popolare, e la individuò in Lorenzo de’ Medici, all’epoca in contrasto con Bentivoglio. La missione a Firenze, condotta da Giovanni Malvezzi, non produsse però alcun esito, a parte un’adesione puramente morale al progetto da parte di Lorenzo. La congiura fu scoperta nel novembre del 1488: Giovanni Malvezzi e Giacomo Bargellini furono decapitati, altri cospiratori impiccati, mentre Refrigeri e Filippo Malvezzi si diedero alla fuga. Refrigeri fu bandito e colpito da una taglia di 300 ducati.
Trovò il primo asilo a Novellara alla corte di Francesco Gonzaga, cui era legato da una stretta parentela; nel 1488, infatti, poco prima che esplodesse a Bologna la congiura antibentivolesca, Refrigeri aveva sposato Margherita, figlia di Giorgio Gonzaga di Novellara, fratello di Francesco. Al momento della fuga, nel novembre di quell’anno, fu dunque del tutto naturale riparare presso i parenti della moglie. Si trattò tuttavia di una sistemazione provvisoria: nel 1492, forse anche per sollevare la piccola signoria padana dall’imbarazzo che poteva creare la sua condizione di bandito, Refrigeri si trasferì con la moglie nel feudo di Verola Alghise, dunque in territorio veneziano, al seguito di Lucrezia Gonzaga, figlia di Francesco e quindi cugina di Margherita, che andava a raggiungere il marito, conte Nicolò Gambara, titolare di quel feudo. A Castel Merlino, presso il conte Gambara, Refrigeri trascorse sette anni fin troppo tranquilli, per certi versi oziosi, che alimentavano in lui riflessioni amare e inquiete sugli andamenti delle sorti umane. In quel periodo, cui negli ultimi tempi, vissuti a Milano, riandava comunque con nostalgia e rimpianto, scrisse anche le opere sue di più sensibile ispirazione religiosa, come alcune laudi e una Vita di San Nicola da Tolentino, pubblicata a Brescia nel 1495 (tip. B. Farfengo).
Un nuovo mutamento si prospettò per la sua vita nel 1497, quando Galeazzo da San Severino, figlio di Roberto, lo chiamò a Milano a lavorare nella cancelleria dello Sforza. Raccolto l’invito, Refrigeri nell’ottobre 1498 lasciò Castel Merlino per Milano. Presso Ludovico il Moro, a quanto si deduce anche da un sonetto di Girolamo Casio, spese gli ultimi anni di vita e di attività letteraria (G. Casio de’ Medici, Libro intitulato Cronica, ove tratta di Epitaphii di amore e di virtute, Bologna 1525, c. 39v). Un periodo piuttosto breve, in verità, ma intenso e ricco di soddisfazioni professionali: nel 1499 fu ammesso fra i più stretti collaboratori del duca e successivamente si avvicinò anche alla cancelleria imperiale di Massimiliano d’Asburgo.
Nel frattempo però la situazione politica stava precipitando, per l’incombere della minaccia francese sui confini del Ducato. Fra luglio e agosto del 1499 l’esercito francese penetrò da ovest nel territorio milanese e il 31 agosto il Moro fu costretto ad abdicare a favore di Isabella d’Aragona e ad abbandonare precipitosamente la città. Refrigeri, che aveva accompagnato Ludovico nelle frenetiche campagne militari degli ultimi mesi, subì le gravi conseguenze di quello sforzo: la sua salute, già da tempo precaria, peggiorò rapidamente e questo non fu estraneo forse al suo avvicinamento alle attività di devozione, praticate nella confraternita laicale di S. Corona, cui si era aggregato negli ultimi mesi di vita.
Morì a Milano nella tarda estate del 1499.
Nonostante una carriera politica non trascurabile, la fama di Refrigeri è legata soprattutto alla sua produzione letteraria in volgare e in latino, tuttora in parte inedita. Allievo di Battista Spagnoli (Mantovano), fu in rapporti di devota amicizia con l’umanista carmelitano, che insegnava presso il convento bolognese di S. Martino, a breve distanza dalla residenza della famiglia Refrigeri, situata nella via Larga di S. Martino. Amicizia ricambiata da Spagnoli, che ripetutamente dichiara nell’epistolario la sua stima per l’allievo. Rapporti di amicizia Refrigeri ebbe anche con altri protagonisti della stagione umanistica bolognese, come Cesare Nappi, Sabadino degli Arienti, Filippo Beroaldo. A Sabadino, che lo ricorda in varie novelle delle Porretane, in particolare nella LVI, dobbiamo alcune informazioni sulle opinioni astrologiche di Refrigeri, non molto ardite in verità, né particolarmente originali (S. degli Arienti, Le Porretane, a cura di B. Basile, 1981, pp. 20, 490 s., 500, 515, 521, 565). Allo stesso autore si deve anche la prima considerazione, fin troppo encomiastica, dell’opera di Refrigeri, esaltato come emulo di Petrarca in poesia e di Boccaccio in prosa, iperboli riprese poi da Girolamo Casio nel citato sonetto funebre.
Una sensibilità umanistica già ben orientata Refrigeri la manifesta nelle poesie latine, tramandate dai manoscritti della Biblioteca Universitaria di Bologna (Frati, 1909, pp. 129-138), e anche nelle lettere che scriveva a Spagnoli e a Nappi; tanto più interessante, dunque, sarebbe stato poter leggere il volgarizzamento di Plutarco, che Refrigeri realizzò, come riferisce Nappi in un sonetto (Palladium eruditum, c. 285v), ma che non è pervenuto (Frati, 1909, p. 345). Non meno interessante si rivela la produzione poetica in volgare, sia per quanto riguarda i sonetti in stile burchiellesco dedicati a Nappi (Palladium eruditum, cc. 272-276; Frati, 1909, p. 348), sia per i venti strambotti pubblicati dal Guerrini (Refrigeri, 1884, pp. 3-13) e nuovamente da Frati (Rimatori bolognesi, 1908, pp. 83-89), sia infine per le poche rime tuttora inedite (Sandal, 1992, p. 369).
Edizioni. Vita del glorioso s. Nicola da Tolentino, Brescia, B. Farfengo, 1495; Strambotti di G.B. R., a cura di O. Guerrini, Bologna 1884.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Miscellanea del secolo XV, b. 13, n. 273 (Refrigeri, Giovanni Battista seniore); Camera degli atti, 10, Sentenze di creazione dei notai, 1471-1540, n. 5; Bologna, Biblioteca Universitaria, Codici latini, 83: C. Nappi, Palladium eruditum, cc. 190-192, 212 s., 221, 272-276, 285. G.N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina e arti liberali, Bologna 1623, p. 128; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 176, 178; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori della famosa Università di Bologna, Bologna 1848, pp. 261 s.; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, III, Bologna 1870, p. 181; C. Malagola, Della vita e delle opere di Antonio Urceo, detto Codro, Bologna 1878, pp. 245 s.; I Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, pp. 11-31.
L. Frati, Notizie biografiche di G.B. R., in Giornale storico della letteratura italiana, XII (1888), pp. 325-350; Id., Un notaio poeta bolognese del Quattrocento, in La Rassegna nazionale, XXV (1903), pp. 26-43; Id., Rimatori bolognesi del Quattrocento, Bologna 1908, pp. 75-138; Id., Indice dei codici latini conservati nella R. Biblioteca Universitaria di Bologna, Firenze 1909, pp. 129-138; C. Ghirardacci, Historia di Bologna. Parte III, a cura di A. Sorbelli, I, Bologna 1933, pp. 248 s., 251s.; E. Raimondi, Codro e l’umanesimo a Bologna, Bologna 1950, pp. 65-69, 100; A. Tartaro, Rime del sec. XV attribuite a Giambattista R., in Giornale storico della letteratura italiana, CXLII (1965), pp. 368-387; S. degli Arienti, Le Porretane, a cura di B. Basile, Roma 1981, pp. 20, 490 s.; A.C. Ridolfi, Indice dei notai bolognesi dal XIII al XIX secolo, a cura di G. Grandi Venturi, in L’Archiginnasio, LXXXIV (1989), p. 225; E. Sandal, G.B. R. a Castel Merlino, in Italia medioevale e umanistica, XXXV (1992), pp. 367-419.