PIAMONTINI, Giovanni Battista
– Nacque il 2 settembre 1695 alle ore 17 nella parrocchia di S. Felice in Piazza a Firenze da Giuseppe e da Lucia Vangelisti (Roani Villani, 1997).
Nella nota autobiografica scritta nel 1718 per la seconda edizione dell’Abecedario pittorico di Pellegrino Antonio Orlandi, Giuseppe Piamontini informava che il primogenito aveva appreso da lui l’arte della scultura e che ancora «sotto la sua direzione» andava «avanzandosi nella medesima professione» (Lankheit, 1962, p. 232, doc. 46).
La sua prima opera documentata è una perduta «statuetta in marmo» esposta nel 1715 in una mostra dell’Accademia del disegno (Borroni Salvadori, 1974, p. 110). Al secondo decennio del Settecento risale una Pietà in terracotta firmata e datata in maniera non del tutto leggibile (Garstang, 1988; Bellesi, 2008, p. 35) – non più rintracciata dal 1994 (European sculpture, 1994; ma cfr. Bellesi, in Bellesi - Visonà, 2008, p. 207 nota 66) – e ispirata a Michelangelo come molte opere del padre, che pure aveva realizzato una perduta Pietà in bronzo, già nella galleria di Johann Wilhelm, elettore palatino, a Düsseldorf (Karsch [1719]).
Il 15 gennaio 1725 fu immatricolato nell’Accademia del disegno, all’interno della quale ricoprì diverse cariche fino alla morte (Gi accademici del disegno, 2000).
Il 12 maggio 1728 venne pagato da Anna Maria Luisa de’ Medici (1667-1743), elettrice palatina, per una terracotta dipinta a finto bronzo raffigurante S. Maria Maddalena dei Pazzi che riceve dalla Madonna il velo della purezza (Casciu, 1986, p. 99, doc. 17; Roani Villani, 1997). Firmata e datata 1728, l’opera, realizzata per villa La Quiete, dove ancora oggi si conserva, faceva parte di una serie di sei gruppi di soggetto religioso commissionati sulla falsariga dei più celebri e poco precedenti dodici gruppi di analogo soggetto, realizzati in bronzo per la stessa committente dai maggiori scultori toscani tra cui Giuseppe, nelle veci del quale Giovanni Battista aveva riscosso un anticipo il 26 luglio 1722 (Zikos, 2005).
Durante il soggiorno fiorentino di Montesquieu (1° dicembre 1728 - 15 gennaio 1729) fu Giovanni Battista – non Giuseppe (Bellesi, 2008, p. 30 nota 61) – a fargli da cicerone, accompagnandolo, tra l’altro, in visita alla Sacrestia Nuova, dove gli illustrò le sculture di Michelangelo (Voyages, 1728-29, 1896, pp. 308, 353-360; Ehrard, 1965, p. 53).
Stando alla nota biografica dedicata a Giuseppe da Francesco Maria Niccolò Gabburri nel 1739, a quella data l’artista stava ancora lavorando con il padre, nella cui bottega subentrò alla sua morte, nel 1744, continuando probabilmente a produrre bronzi dalle stesse composizioni.
Il busto ritratto del padre destinato al monumento funebre in S. Felice in Piazza – datato 1743 ([Bellesi], 1993) o immediatamente dopo la morte dello scultore (Meoni, 1993, p. 153; Roani, 2006, p. 74) – potrebbe essere basato sul perduto autoritratto fittile di Giuseppe posseduto da Gabburri (Meoni, 1993, p. 154).
Giovanni Battista fornì al marchese Carlo Ginori calchi tratti da composizioni del padre, da utilizzare come modelli per sculture in porcellana, fatti di cera tinta di rosso (Lankheit, 1962, p. 289, doc. 398), e consegnati rispettivamente il 25 giugno (Firenze, Archivio Ginori Lisci, d'ora in poi AGLF, Libri d’amministrazione, 216, c. 201v), il 15 luglio (ibid.; Balleri, 2006, p. 47 nota 41) e il 12 agosto 1750 (AGLF, Libri d’amministrazione, 216, c. 202r). Il primo pagamento si riferisce anche al «getto» da una Venere di Giambologna, da identificare – visti i sei giorni necessari alla realizzazione (AGLF, Conti e ricevute, Carlo Ginori, 1° giugno 1749-31 dicembre 1750, n. 223) – con la grande Venere della grotticella (Firenze, Giardino di Boboli) di cui ancora oggi esiste un calco nel Museo di Doccia (inv. 1983), piuttosto che con la piccola Ninfa dormiente (Balleri, 2014, p. 10).
Giovanni Battista contribuì all’apparato effimero per le esequie di Elisabetta Cristina di Braunschweig-Wolfenbüttel, vedova dell’imperatore Carlo VI e madre di Maria Teresa d’Asburgo, celebrate nella basilica di S. Lorenzo a Firenze il 10 marzo 1751 (Lenzi Iacomelli, 2015, p. 68 nota 12).
Il 7 settembre 1752 il medico James Tyrell, scrivendo da Firenze a Ralph Howard (1726-1789), primo visconte Wicklow, lo informò che Piamontini aveva eseguito due busti in marmo di Cicerone e Seneca per Henry Singleton, zio di Howard, e assicurava il destinatario della sua missiva che essi sarebbero piaciuti molto per la precisione delle copie, essendo lo scultore «remarkable for being a slave to the originals» (O’Connor, 1980, p. 139). Questi busti sono da riconoscere in un disegno conservato insieme a un’altra missiva di Tyrell (Dublino, National Library of Ireland, Wicklow Papers, ms. 38,601/9), in cui sono tratteggiati insieme a due busti di Antonia Minore e di Saffo. Possiamo così anticipare l’attività di Piamontini come copista dall’antico che finora era nota grazie a due copie firmate e datate 1754 sempre per un committente irlandese, Joseph Leeson, primo conte Milltown (1701-1783), e conservate alla National Gallery of Ireland a Dublino: i marmi tratti dall’Arrotino e dai Lottatori degli Uffizi, leggermente minori rispetto agli originali (O’Connor, 1980, p. 139; Roani Villani, 1993, pp. 114 s.; Benedetti, 1997).
Dei primi mesi del 1757 è il monumento funebre di Ludovica Carlotta di Richecourt nel chiostro grande della SS. Annunziata, ma proveniente da S. Romolo (Visonà, in Bellesi - Visonà 2008, I, p. 83 nota 21).
In vista del completamento della decorazione plastica dell’arco trionfale presso porta S. Gallo con «tre statue di marmo da collocarsi sopra l’arco», lo scultore promosse la propria candidatura (Archivio di Stato di Firenze, d'ora in poi ASF, Segreteria di Finanze, Affari prima del 1788, 438, f. Arco trionfale fuori la porta a S. Gallo), ottenendo, entro il 9 settembre 1758, la commissione del Buon Evento e, entro il 7 marzo 1759, quella di un Trofeo eseguito su disegno dell’architetto Giuseppe Ruggieri (ASF, Scrittoio delle fortezze e fabbriche, Fabbriche lorenesi, 1970, ins. 48, 75, e non ASF, Fabbriche lorenesi, 1966, come in Fleming - Honour, 1968, p. 511; e Roani Villani, 1986, p. 59). Il termine ante quem per il completamento delle due opere (con cui si concluse il più importante progetto scultoreo della reggenza lorenese) è il 12 settembre 1759, quando, dopo la loro collocazione, venne ordinato il saldo dei relativi pagamenti. Il fatto che nei documenti relativi a questa commissione sia contestualmente nominato anche Francis Harwood, esecutore della statua e di un trofeo compagni, fece presumere a Donald Garstang «a certain degree of business partnership among them», che lo studioso sembrerebbe far risalire al 1752, anno dell’arrivo di Harwood a Firenze e delle prime copie di entrambi gli scultori dall’antico (1988, pp. 181, 222 nota 15).
Gli ultimi lavori noti di Giovanni Battista sono per Andrea e Carlo Francesco Gerini. Nel marzo del 1760 egli venne pagato per aver restaurato quattro busti, e il dicembre dello stesso anno per averne «ripulito» altri otto per il palazzo Gerini (Ingendaay, 2013, I, pp. 142, 151; II, p. 98, doc. 135, p. 101, doc. 4, p. 208). Il 1° gennaio 1761 propose agli stessi mecenati l’acquisto di un Milone di suo padre, per il quale intagliò come pendant un Fauno con capretto (I, p. 142, e II, pp. 98 s. doc. 136-137), già a Roma, Fondazione ecclesiastica marchesi Gerini (I, p. 148 nota 265), ora a Londra, Trinity Fine Art. Per questa statua, che non sembra terminata, ed è basata sul famoso marmo antico restaurato da Ercole Ferrata e liberamente copiato anche da Giuseppe in un bronzo di piccole dimensioni (Firenze, Museo nazionale del Bargello), Giovanni Battista ricevette i pagamenti durante l’ultimo anno di vita.
Il 24 febbraio 1762 fece testamento nella sua casa in via Romana, nel popolo di S. Felice in Piazza (Bellesi, 2008, p. 76 nota 187).
Morì il 25 febbraio 1762 e fu sepolto il giorno successivo in S. Felice in Piazza secondo il libro dei morti della parrocchia (Firenze, Archivio storico arcivescovile, Fondo parrocchie di città, S. Felice in Piazza, RPU 25.15, Libro dei morti dal 1696 al 1778, cc. 424-425). I registri del Magistrato della Grascia confermano al 26 febbraio il giorno della sepoltura (ASF, Ufficiali poi Magistrato della Grascia, 203, c. 232v).
Da un processo intentato dal fratello Paolo Antonio contro Francis Harwood e protrattosi fino al 1768 apprendiamo che Giovanni Battista aveva lasciato una Pietà di considerevole pregio nella propria bottega, danneggiata in seguito da Harwood, subentrato nei locali della Sapienza dopo la sua morte (Borroni Salvadori, 1985, pp. 141, 154 nota 186; Roani Villani, 1986, p. 67 nota 43; Garstang, 1988, p. 179).
Giovanni Zanobi Weber, elencando le proprie opere nel 1771, sostenne di aver lavorato «diversi altri bronzi […] alla Madonna del Soccorso nella S. Nonziata […] come ancora diversi gruppi, statue, bassorilievi» sotto la direzione di Lorenzo Weber e di Piamontini (ASF, Miscellanea di Finanze, A, 324, ins. Regolamento per il buon servizio della R. Galleria).
Un autoritratto in bassorilievo si trovava registrato, nel 1776, nella collezione del marchese Giuseppe Riccardi (ASF, Riccardi, 272, Nota dei ritratti de’ pittori che si ritrovano in questa villa del Terrafino …, reperibile in The Getty Provenance Index databases).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea di Finanze, A, 324, ins. Regolamento per il buon servizio della R. Galleria; Riccardi, 272, Nota dei ritratti de’ pittori che si ritrovano in questa villa del Terrafino […]; Scrittoio delle fortezze e fabbriche, Fabbriche lorenesi, 1970, ins. 48, 75; Scrittoio delle fortezze e fabbriche, Fabbriche lorenesi, 2731; Segreteria di Finanze, Affari prima del 1788, 438, f. Arco trionfale fuori la porta a S. Gallo; Ufficiali poi Magistrato della Grascia, 203, c. 232v; Firenze, Archivio storico arcivescovile, Fondo parrocchie di città, S. Felice in Piazza, RPU 25.15, Libro dei morti dal 1696 al 1778; Archivio Ginori Lisci, Libri d’amministrazione, 216, cc. 201v-203r, Conti e ricevute, Carlo Ginori, 1° giugno 1749-31 dicembre 1750, n. 223; G.J. Karsch, Ausführliche und gründliche Specification derer vortrefflichen und unschätzbaren Gemaehlden welche in der Galerie der Churfürstl. Residentz zu Duesseldorff in grosser Menge anzutreffen seynd, Düsseldorf [1719], p. [53], n. 19; Voyages de Montesquieu (1728-29), a cura di A. de Montesquieu, II, Bordeaux 1896, pp. 308, 353-360, 448; F.M.N. Gabburri, Giuseppe Piamontini (1739), in Id., Vite di pittori (1719-1742c.), Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Palatino E.B.9.5., III, cc. 28v-29r, ed. in Lankheit 1962, p. 229 doc. 30, e in http://grandtour.bncf.firenze.sbn.it/Gabburri/home.html, a cura della Fondazione Memofonte (23 settembre 2019); K. Lankheit, Florentinische Barockplastik. Die Kunst am Hofe der letzten Medici, 1670-1743, München 1962, ad ind.; J. Ehrard, Montesquieu critique d’art, Paris 1965, pp. 46-49, 53 s.; J. Fleming - H. Honour, Francis Harwood. An english sculptor in XVIII century Florence, in Festschrift Ulrich Middeldorf, a cura di A. Kosegarten - P. Tigler, Berlin 1968, pp. 510-516; F. Borroni Salvadori, Le esposizioni d’arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII, 1974, pp. 1-166; A. Paolucci, Contributi per la scultura fiorentina del Settecento, in Paragone, XXIX (1978), 339, pp. 67-70; C. O’Connor, Dr James Tyrrell, agent at Florence, in Studies: an Irish Quarterly Review, LXIX (1980), 274, pp. 137-144; F. Borroni Salvadori, Committenti scontenti, artisti litigiosi nella Firenze del Settecento, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXIX, 1985, pp. 129-157; S. Casciu, Due episodi della scultura fiorentina del Settecento nel mecenatismo di Anna Maria Luisa de’ Medici, in Paragone, XXXVII (1986), 435, pp. 83-100; R. Roani Villani, La decorazione plastica dell’arco di porta San Gallo a Firenze, ibid., XXXVII (1986), 437, pp. 53-67; D. Garstang, Finding: Piamontini v. Harwood. A rediscovered terracotta by G.B. P., in Apollo, CXXVIII (1988), 319, pp. 179-181, 222; [S. Bellesi], Indice topografico delle opere: P., G.B. in Repertorio della scultura fiorentina del Seicento e Settecento, a cura di G. Pratesi, I, Torino 1993, p. 93; L. Meoni, San Felice in Piazza a Firenze, Firenze 1993, pp. 153 s.; R. Roani Villani, Copie dall’antico: F. Harwood e G.B. P., in Antologia di Belle Arti, n.s., 1993, n. 43-47 (Studi sul Neoclassicismo IV), pp. 108-115; European sculpture and works of art, London, Sotheby’s, 8 dicembre 1994, n. 116; S. Benedetti, in Id., The Milltowns: a family reunion (catal.), Dublin 1997, pp. 98 s., nn. 42-43; R. Roani Villani, in Villa La Quiete. Il patrimonio artistico del Conservatorio delle Montalve, a cura di C. De Benedictis, Firenze 1997, pp. 123-125, n. 40; Gli accademici del disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 253; D. Zikos, Giuseppe Piamontini: “Il sacrificio di Isacco” di Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina, Milano 2005, p. 14; R. Balleri, Oltre Foggini. Scultura a Firenze nel primo Settecento, in Storia delle arti in Toscana. Il Settecento, a cura di M. Gregori - R.P. Ciardi, Firenze 2006, pp. 41-62; R. Roani, La scultura a Firenze in età lorenese, ibid., pp. 63-82; S. Bellesi, I marmi di Giuseppe Piamontini, Firenze 2008, pp. 35, 76 nota 187; S. Bellesi - M. Visonà, Giovacchino Fortini: scultura, architettura, decorazione e committenza a Firenze al tempo degli ultimi Medici, I-II, Firenze 2008, I, p. 83 nota 21, p. 207 nota 66; M. Ingendaay, «I migliori pennelli». I marchesi Gerini mecenati e collezionisti nella Firenze barocca. Il palazzo e la galleria, 1600-1825, I-II, Milano 2013, I, pp. 142, 151, p. 148 nota 265, II, pp. 98 s. doc. 135-137, p. 101, doc. 4, p. 208; R. Balleri, Modelli della manifattura Ginori di Doccia. Settecento e gusto antiquario, Roma 2014, pp. 8, 10, 27, 145; C. Lenzi Iacomelli, Palazzo Minerbetti, palazzo Arrighetti e palazzo Albergotti: il pittore Giacinto Fabbroni e tre famiglie del patriziato fiorentino e aretino, in Fasto privato: la decorazione murale in palazzi e ville di famiglie fiorentine, a cura di M. Gregori - M. Visonà, II, Firenze 2015, pp. 67-83.