PASTENE, Giovanni Battista
PASTENE, Giovanni Battista. – Nacque nel 1507 a Pegli o a Genova (incluse allora nell’unico circondario del capoluogo) da Antonio e Smeralda Solimano.
Proveniente da una stirpe di navigatori, armatori e notai, fin da ragazzo apprese l’arte nautica sui bastimenti della famiglia, diventandone uno dei massimi esperti a livello internazionale. Ma la decadenza dei commerci mediterranei e la rivoluzione atlantica lo indussero a trasferirsi nel quartiere genovese de la Mar a Siviglia, da dove nel 1534 partì per il Nuovo Mondo con la spedizione di Gerolamo Ortal diretta in Venezuela.
Per le sue capacità di capitano marittimo ebbe il comando di una nave d’avanguardia, con la quale scoprì alcune isole delle Piccole Antille meridionali. Passato poi a Panamà, vi conobbe Francesco Pizarro, il quale si convinse di avere incontrato il più grande navigatore del mondo e lo volle con sé nella terza spedizione peruviana. Dopo una prima fase di viaggi d’appoggio tra Panamà e Tumbes (1535-36), dal 1536 al 1542 Pastene compì una serie di operazioni costiere contro gli Incas e di approvvigionamento delle forze di Pizarro lungo tutto il litorale peruviano, da Tumbes ad Arica; scese anche a terra per combattere e venne ferito. Pizarro gli conferì il titolo di piloto mayor del Mar del Sur (grande ammiraglio del Pacifico meridionale), che i suoi successori ripetutamente confermarono.
In Perù non si era avuta più notizia del capitano Pedro de Valdivia, che Pizarro aveva mandato a invadere il Cile. Nel 1543, su ordine dell’imperatore Carlo V, il viceré Cristoforo Vaca de Castro incaricò Pastene di ricercarlo e soccorrerlo, come pure di esplorare la costa australe e di proclamarne il possesso spagnolo (c’era anche il sospetto che Parigi meditasse di stabilirvi una presenza navale). Il genovese salpò con il veliero San Pedro, che lui stesso aveva fatto costruire, e nel luglio dell’anno successivo – dopo una navigazione di 1.700 km in acque sconosciute – giunse a Valaparaìso, così chiamata dai marinai per la bellezza dei luoghi: il 3 settembre 1544 Pastene fu proclamato fondatore della città. In quei giorni anche Valdivia, saputo della nave amica e avvicinatosi al mare, incontrò il navigatore italiano e ne trasse una positiva e straordinaria impressione, tanto che nella sua lettera a Carlo V del 15 ottobre 1550 lo descrisse al sovrano come «persona di grande onorabilità, lealtà e sincerità», oltre che impareggiabile marinaio; lo nominò teniente general en el mar e gli affidò lo stendardo reale, da usare nelle proclamazioni di presa di possesso delle nuove terre che il genovese avrebbe scoperto nel corso della sua navigazione in acque sconosciute. Come da decisione imperiale, Valdivia indicò 41° e 20′ gradi di latitudine sud come punto d’arrivo massimo per la spedizione.
Pastene partì con il San Pedro per la missione più importante e difficile, mentre assegnò il Santiaguillo – un secondo bastimento che lo aveva raggiunto dal Callao – il compito di trasferire rinforzi alle forze terrestri e di rifornirle. Nel viaggio di andata il galeone si tenne in vista della costa, ma navigandone piuttosto al largo, e in due settimane raggiunse il limite prescritto, più di 1200 km a meridione di Valaparaìso. Scoperta un’ampia baia, la battezzò con il nome di San Pedro e scese a terra per celebrare con una solenne cerimonia la presa di possesso del territorio in nome di Carlo V: erano presenti marinai, militari di Valdivia imbarcati alla partenza e numerosi indigeni. Nel viaggio di ritorno la nave seguì una rotta costiera prossima al litorale, che permise di individuare i luoghi più idonei a ripetere il rito della proclamazione di sovranità sui territori. Vennero inoltre scoperte e rilevate situazioni geografiche di particolare valenza militare o nautica, come isole o promontori, oltre agli ancoraggi di Lebu, Arauco, Talcahuano e agli estuari dei fiumi Imperial e Bio-Bio: a tutti Pastene diede un nome che è rimasto. Il 30 settembre 1545 il San Pedro era di nuovo a Valparaìso, avendo portato a termine la propria missione con pieno successo.
Valdivia aveva incaricato Pastene di trasportare al Callao un carico di valori, che fece affluire nel porto de La Serena, 400 km a nord di Valparaìso; si imbarcarono anche due suoi capitani, Alonso Monroy e Antonio de Ulloa, diretti in Spagna. Ma in Perù, dopo la morte di Francesco Pizarro (1541) non c’era stata più pace e nel 1544 il fratello Gonzalo si era autoproclamato governatore generale in aperta ribellione a Carlo V. Il 24 settembre, quando il San Pedro giunse al Callao, Pastene ebbe brutte sorprese: sequestrata la nave, l’ammiraglio fu confinato prigioniero a bordo, con minacce di confisca e di morte; Monroy, che si era ammalato durante il viaggio, morì e Ulloa passò ai ribelli con il proposito di organizzare una spedizione armata per eliminare Valdivia e proseguire al suo posto la conquista di nuovi territori. Appena poté, Pastene si precipitò a Quito, dove ottenne da Gonzalo l’assenso alla sospensione della spedizione contro Valdivia, ma quando tornò al Callao apprese che Ulloa era già partito con uomini armati sul galeone S. Pedro e un’altra nave. Allora il genovese allestì un altro veliero, il Santiago, e partì alla disperata con poche provviste. Forzando le vele, raggiunse le navi del traditore all’altezza di Coquimbo; sfruttando la sua grande abilità nautica si mantenne sopravvento, eluse i tentativo di Ulloa di catturarlo, ucciderlo o affondargli la nave e riuscì a passare davanti ai bastimenti nemici, lasciandoli sempre più indietro fino a quando li perse di vista: Ulloa, perduto il vantaggio della sorpresa, tornò indietro, ma Pastene non poteva saperlo e continuò a spingere al massimo il mal ridotto Santiago cogliendo ogni bava di vento, finché il 1° dicembre 1547, dopo ventisei mesi dalla partenza, prese terra 12 miglia prima di Valparaìso, con tutti a bordo in preda alla fame e in condizioni precarie. Benché sfinito lui stesso, prima ancora di mangiare volle informare Valdivia, e questi organizzò una spedizione armata in Perù, dove ristabilì l’autorità imperiale e ottenne in compenso gli aiuti richiesti da tempo e la nomina a governatore e capitano generale della Nueva Extremadura (Cile).
Pastene riprese le sue esplorazioni delle coste meridionali cilene fino all’arcipelago delle isole Chonos. Ma venne richiamato indietro perché nel gennaio 1550 partiva una nuova spedizione contro gli Araucani; utilizzando una galea e un brigantino, l’ammiraglio sostenne e rifornì le forze terrestri durante l’avanzata, cogliendo l’occasione per individuare da presso e fortificare i punti critici del litorale; alla fine di febbraio, l’azione di sostegno dal mare condotta dalla nave di Pastene alla foce del fiume Bio-Bio fu preziosa e risolutiva per i conquistadores che vi erano assediati in condizioni di grave difficoltà: in quella occasione – scrisse Valdivia a Carlo V il 15 ottobre 1550 – «noi ci rallegrammo molto e gli indigeni se ne andarono assai tristi». Durante la campagna, che lo aveva portato almeno 800 km più a nord delle Chonos, il navigatore genovese approfondì la conoscenza della costa sulla quale gravitava il fronte, fino ad approdare nell’isola di Mocha e a fondare la città di Valdivia, più a sud, il 9 febbraio 1552.
Ora però il capitano generale ambiva a estendere il suo dominio fino allo stretto di Magellano e occorrevano nuove conoscenze. Due navi dirette al sud salparono nell’ottobre 1553 dal porto della città di Valdivia. Esplorata la costa, molto frastagliata e ricca di isole e di arcipelaghi, il 9 dicembre entrarono nello stretto, ma la nave ammiraglia entrò in avaria quasi subito e solo l’altra, al comando di un capitano spagnolo, si inoltrò nell’accesso occidentale. Non sappiamo se Pastene era sulla nave ammiraglia o nemmeno su questa: ebbe però notizia dell’impresa, a differenza di Pedro Valdivia, ucciso dagli Araucani nel gennaio 1554.
La morte di Valdivia segnò una svolta nella vita di Pastene. Lo invecchiavano le fatiche e i disagi sopportati, come pure i postumi delle ferite; si sentiva estraneo, inoltre, alle lotte intestine tra gli aspiranti alla successione. Ma il nuovo governatore, Garcia Hurtado de Mendoza, nel confermarlo primo ammiraglio del Pacifico meridionale, gli chiese nel 1557 ancora uno sforzo, che disciplinatamente il navigatore si accinse a compiere. Lo stesso governatore partì con lui e in una zona che il genovese aveva già esplorato prima del richiamo per partecipare alla guerra venne trovato un passaggio, interno a un fiume emissario e a un lago, per il golfo di Ancud, da dove ci si poteva immettere nella grande baia di Corcovado su una rotta protetta dalle isole sul lato dell’oceano. Fu questo l’ultimo viaggio di esplorazione di Pastene, che aveva 51 anni – ma 51 anni del XVI secolo – e li aveva ben spesi, riempiendo quel vuoto che il mappamondo di Battista Agnese – del 1554, alla Marciana di Venezia – aveva lasciato tra le coste del Perù e lo sbocco dello stretto di Magellano.
Per le sue imprese gli erano state promesse ricompense che non giunsero mai, per cui l’ammiraglio non dispose di grandi ricchezze, ma ne ebbe abbastanza per condurre a Santiago, dove si stabilì, una vita dignitosa e signorile, stimato da tutti perché non aveva «la convoitise pour le metal doré» (Baquer, 1993, ripreso dal poema L’Araucona di Alonso Ercilla y Zuniga). Dalla stirpe ligure aveva tratto la figura alta e imponente, il coraggio, la capacità di misurarsi con l’ignoto e l’amore, la nostalgia per la patria lontana cui tornava sovente il pensiero; nel 1544 aveva sposato Ginevra de Seijas, discendente dal ramo genovese dei Giustiniani, da cui ebbe cinque figli. Ma, come molti altri che insieme a lui costituirono la più antica collettività italiana dell’emisfero americano, aveva scelto il Cile, per sé e per i suoi discendenti che si illustrarono in campo militare e civile. Circondato dalla massima reputazione per i suoi meriti, partecipò attivamente alla vita pubblica: due volte fu sindaco della capitale e per molti anni consigliere del Cabildo.
Morì a Santiago intorno al 1580.
Quando nel XIX secolo un gruppo di emigranti emiliani andò a vivere nel Cile meridionale, fu naturale che il loro nuovo insediamento fosse chiamato con il nome di Capitan Pastene, il navigatore italiano che tanto aveva meritato dalla sua patria di elezione.
Fonti e Bibl.: Santiago del Cile, Biblioteca nacional de Chile, Letras de Pedro Valdivia al emperador Carlos V (20 de agosto 1545, 4 de septiembre 1545, 15 de octubre 1550); A. de Ovalle, Historica relación del Regno de Chile, Roma 1646, per incidens; A. Gongora de Marmolejo, Historia de todas las cosas que han acaido en el Reino de Chile y de los que han gobernado (1536-1575), Madrid 1852, per incidens; E. Lacquaniti, G.B. P., Valparaíso 1904; M.L. Amunategui, Descubrimiento y conquista de Chile, Santiago 1913, per incidens; P. Gazulla, Los primeros Mercedarios en Chile, Santiago 1918, pp. 23-24, 98-99; E.C. Branchi, Il primato degli Italiani nella storia e nella civiltà americana, Bologna 1920, pp. 10-13; Enciclopedia universal ilustrada europeo-americana, t. XLII, Barcelona 1920, pp. 624 s.; E.C. Branchi, I navigatori genovesi sulle coste sudamericane del Pacifico nel secolo XVI, in Miscellanea di storia ligure, III, Milano 1963, pp. 145-164; A. Morales Ramirez, Historia general del Orden de la Merced en Chile (1535-1831), Santiago 1983, pp. 44-51; G. de Vivar, Cronica de los reinos de Chile, Madrid 1988; S. Fossati Raineri, G.B. P. tra Genova, Siviglia e Santiago del Cile, in La storia dei Genovesi, Atti del Convegno di studi, X, Genova 1990, pp. 285-295; Id., G.B. P.: un genovese alla conquista del Cile, in La sfinge americana e gli italiani, Atti del terzo Convegno internazionale di studi americanistici, Genova 1992, pp. 53-63; M.A. Baquer, L’ethique de la coquête et la morale des conquistadores, in La scoperta del Nuovo Mondo e la sua influenza nella storia militare. Acta del XVII Congresso internazionale di storia militare, Torino… 1992, a cura di P. Alberini - M. Nones, Roma 1993, pp. 19-29; M. Gabriele, G.B. P., in Rivista marittima, CXLI (2008), 4, pp. 99-116; Id., La conquista del Cile: una joint-venture umana italo-spagnola, Santiago 2009.