NOLLI, Giovanni Battista
NOLLI, Giovanni Battista (Giovan Battista, Giambattista). – Nacque il 9 aprile 1701 a Montronio di Castiglione in Valle Intelvi (Como), primogenito di Carlo (morto entro il 1724) e di Caterina Solari.
Nulla è noto sulla professione e la posizione sociale del padre, che molto probabilmente, come quasi tutti gli uomini della vallata, dovette svolgere attività legate all’edilizia e all’agrimensura. Nel corso del Settecento i Nolli di Montronio risultano tra i principali possidenti del Comune e, insieme con i parenti Ghigi, Nolfi, Tiroli, e altri rami Nolli, sono documentati come muratori, capomastri e geometri-agrimensori, attivi in Lombardia e Piemonte. Dei fratelli minori di Nolli, Giulio (o Giulio Antonio) fu agrimensore, Giuseppe, dopo un soggiorno a Roma, divenne canonico della collegiata di Ss. Pietro e Paolo di Uggiate (Como), Giacomo e Francesco si trasferirono nello Stato pontificio, a Ferentino, lavorando inizialmente come muratori e capomastri, per poi raggiungere una buona posizione economica e sociale.
Nel 1722-24, dopo aver probabilmente appreso in famiglia i rudimenti della professione, Nolli è documentato nei lavori catastali milanesi.
Carlo VI d’Austria aveva inaugurato, dopo alcuni anni di attenta preparazione, i lavori di impianto di un innovativo catasto del Milanese su basi geometrico-particellari, assicurando, accanto alle descrizioni dei beni fondiari, la redazione di mappe territoriali e urbane sulla base di criteri uniformi e impiegando una schiera di più di cento professionisti formati dal matematico di corte Giovanni Giacomo Marinoni all’uso della tavoletta pretoriana, strumento tecnico che consentiva una più rapida e corretta esecuzione delle mappe rispetto allo squadro agrimensorio. I lavori, iniziati nel 1718, furono sospesi nel 1733, per essere ripresi dall’imperatrice Maria Teresa nel 1749 e conclusi nel 1760. L’assunzione di Nolli fu discussa dalla giunta del Catasto nel gennaio 1722; risulta impiegato almeno dal 12 marzo e il 16 settembre ricevette la patente di geometra (Archivio di Stato di Milano, Censo, p.a., cart. 49, f. 2; ibid., cart. 384, c. 286; Archivio di Stato di Roma, Carte Cavalletti, b. 3). Tra novembre 1722 e novembre 1723 fece parte delle squadre di geometri incaricati dei rilevamenti di varie località del Tortonese (Paderno, Carbonara, Spinetto, Bobbio: Archivio di Stato di Torino, Mappe, Alleg. A.pf n. 116, 120, 256). L’impiego nelle operazioni catastali milanesi segnò in modo indelebile il profilo professionale di Nolli e i suoi orizzonti sociali e culturali: negli anni successivi ebbe modo di ritrovare a Roma, e di collaborare con, uno dei più affermati geometri che si erano formati come lui a Milano, il bolognese Andrea Chiesa.
Ancora in servizio presso la giunta del Catasto, il 14 febbraio sposò a Montronio Annamaria, figlia di Giovanni Battista Nolfi, anch’egli impegnato in attività legate all’edilizia e all’agrimensura. L’11 aprile terminò i lavori al catasto, ottenendo un attestato di benservito (Archivio di Stato di Milano, Censo, p.a., cart. 73). Da quel momento, e fino alla morte, è documentata la sua attività di geometra-catastiere per privati, enti e organismi statali. I dati finora noti, soprattutto per il decennio precedente il suo trasferimento a Roma, sono però ancora lacunosi, e potranno in futuro essere integrati dal ritrovamento di nuove mappe e cabrei e nuovi dati archivistici.
Da quanto emerso si desume dunque una produzione intensa, e tecnicamente via via più matura. Col fratello Antonio eseguì il cabreo dei beni dell’abbazia di S. Maria dell’Acquafredda di Lenno (Como; Milano, Archivio provinciale dei cappuccini lombardi, ms. A 580), terminato alla fine di aprile 1724 (a poche settimane dal congedo dal servizio presso la giunta milanese); tra il luglio 1724 e il gennaio dell’anno seguente eseguì quello, più impegnativo e curato, dei beni dei conti Bettoni di Bogliaco, sulla sponda veneta del lago di Garda (Bogliaco, Archivio Bettoni).
Il 15 novembre 1724 nacque a Montronio il suo primogenito, Carlo, formatosi poi a Roma come pittore e incisore, collaboratore del padre e tra gli incisori della Nuova Pianta di Roma; nel dicembre 1726 nacque a Montronio il secondogenito, Giovanni Antonio, avviato alla carriera ecclesiastica. La moglie, che non dovette mai abbandonare il paese d’origine, sopravvisse a Nolli e ne divenne l’erede.
Nel 1728-34 fu impiegato nelle operazioni del catasto generale di Savoia. Voluto da Vittorio Amedeo II di Savoia, re di Sardegna, il catasto geometrico-particellare raccoglieva le esperienze milanesi, impiegandone buona parte degli stessi giovani professionisti, tra cui molti comaschi, formatisi con Marinoni a Milano (Le cadastre sarde, Chambéry 1981). Per lo più come aiutante, Nolli lavorò alle mappe dei comuni di Montgilbert, Saint-Offenge-Dessous, Saint-Colomban-des-Villards, Saint-Rémy-de-Maurienne, Aiton.
Seguendo le secolari vie dell’emigrazione lombarda, dal 1734 Nolli e diversi suoi parenti sono documentati nello Stato pontificio: inizialmente nel Lazio meridionale, a Ferentino, quindi a Velletri e, dal 1736, a Roma. Una mappa firmata e datata 1734 della baronia di Porciano di diretto dominio della comunità di Ferentino è nota in una copia del 1778; suoi lavori al castello Colonna di Ceccano sono documentati a partire dal 1734; un pagamento del 31 dicembre 1735 lo ricorda a Velletri (Archivio Segreto Vaticano, Arch. Barberini, 422). Tra Ferentino e Velletri, forse grazie al favore del vescovo Fabrizio Borgia, continuò a lavorare per tutta la vita come geometra e architetto.
Nel 1736 si trasferì stabilmente a Roma, dove entrò in contatto con un ristretto circolo di eruditi e antiquari che promuoveva una sottoscrizione per la realizzazione di una nuova, ‘esattissima’ pianta dell’Urbe antica e moderna; la ‘società’ era coordinata dal milanese-piacentino Diego Revillas, cartografo e antiquario, docente di matematica alla Sapienza, e principale protettore di Nolli, da Antonio Baldani, ‘eruditissimo’ bibliotecario del cardinale Alessandro Albani, considerato dai molti contemporanei come il più gran talento di Roma, e Alessandro Gregorio Capponi, dilettante di antichità, conservatore del Museo capitolino. Tecnicamente l’ambizioso progetto di Nolli – eseguire, entro la scadenza contrattuale di due anni, il primo rilievo sistematico dell’intera città di Roma e delle sue antichità col nuovo strumento marinoniano della tavoletta pretoriana – nasceva quindi in modo esplicito dall’esperienza catastale milanese. Il 13 agosto 1736 il cardinale vicario Giovanni AntonioGuadagni gli intestò un lasciapassare per poter entrare in chiese e monasteri di clausura al fine di misurare le proprietà per la nuova pianta di Roma a cui stava già lavorando, documentando l’inizio operativo e la protezione ufficiale accordata all’impresa.
La pianta è l’esito di un preciso progetto erudito-enciclopedico sulla topografia della città antica, reso fattibile dalle capacità tecniche di Nolli e affrontabile nei costi in relazione alla possibilità di collocare il prodotto, nuovo e aggiornato, su un mercato che vedeva una richiesta in piena espansione e sempre più esigente. Il rilevamento scientifico e completo della compagine urbana risponde però anche a esigenze di tipo diverso, espressione della necessità di conoscere la realtà di una città che prende lentamente coscienza di sé e dei suoi problemi, in un confronto ormai schiacciante, ma serrato, attento e aggiornato, con le grandi capitali europee: Parigi, Londra, Vienna. Opera inizialmente commissionata da una ristretta compagnia di associati, poi realizzata e commercializzata autonomamente da Nolli in società col banchiere milanese Girolamo Belloni, la Nuova Pianta di Roma abbandona presto il suo carattere antiquario e storico (si sarebbero dovuti evidenziare anche i monumenti dell’età media), e diviene la nuova base cartografica su cui elaborare progetti e riforme ufficiali, come il nuovo ripartimento dei rioni di Bernardino Bernardini o la presentazione delle relazioni sulla navigabilità del Tevere di Andrea Chiesa e Bernardo Gambarini. L’intera cartografia della città, fino all’Ottocento inoltrato, non potrà prescindere dalla base topografica di Nolli, e dalla sua sintesi espositiva. La stessa impresa catastale gregoriana, nel 1818, prescrisse nel contratto per l’esecuzione della prima pianta geometrico-particellare della città l’utilizzazione della pianta di Nolli come base cartografica.
Per tutta la seconda metà del Settecento, e oltre, la pianta di Nolli fu la nuova icona della capitale del grand tour, e prototipo nell’Europa intera della più avanzata razionalizzazione della rappresentazione urbana: partendo dal confronto con le grandi piante di Vienna di Marinoni e Leandro Anguissola, di Milano di Giovanni Filippini e di Marc’Antonio Dal Re, di Venezia di Ludovico Ughi, il segno raffinatissimo e cristallino di Nolli, la sua straordinaria esattezza topografica, la ricchezza dei dati planimetrici, si imposero nella cultura europea fino a divenire normativi. Ancora nel Novecento la Nuova Pianta di Roma influenzò profondamente la cultura architettonica-urbanistica, venendo indicata – soprattutto negli Stati Uniti – come esempio di perfetta integrazione tra sintesi e ricchezza informativa di un agglomerato complesso, secondo un’interpretazione avanzata da Robert Venturi, Steven Izenour, Denise Scott Brown in Learning from Las Vegas (Cambridge, MA, 1972), rimasta poi celebre (A.P. Latini, Nollimap, in N., Vasi, Piranesi, 2004, pp. 65-71).
La realizzazione della Nuova Pianta di Roma impegnò Nolli e una ristretta équipe di collaboratori per numerosi anni. Tra gli architetti che lavorarono al rilevamento urbano si ricordano Michelangelo Specchi, Salvatore Casali, Francesco Collecini, tra i tecnici Angelo Sani, Gaetano Del Pinto, Francesco Tranquilli, Serafino Calindri. Alcuni continuarono a collaborare con Nolli, e poi ebbero autonome vite professionali a Roma, nello Stato pontificio e in Italia. È probabile che anche il giovane Piranesi, a Roma dal 1740, sia entrato precocemente nell’équipe di lavoro di Nolli. Nella primavera del 1738 il rilevamento della città venne sostanzialmente terminato (la stesura finale del disegno, poi in parte aggiornata, è oggi conservata a Roma, Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte). Più lunghi e tormentati furono i lavori di trasposizione in incisione: intorno al 1740 Nolli stipulò un primo contratto di società col banchiere milanese Belloni (altri ne seguirono nel 1743 e 1744), che avrebbe anticipato i capitali necessari per la pubblicazione riservandosi una partecipazione agli introiti dalle vendite (che furono però decisamente minori alle aspettative, portando al fallimento dell’impresa e alla successiva causa tra Belloni e gli eredi di Nolli). Nel gennaio 1741 Nolli acquistò i primi 12 rami per l’incisione; tra aprile 1741 e settembre 1742, e poi tra aprile e luglio 1743, con saldo nel dicembre 1747, vennero pagati gli incisori. Nel 1745 Nolli intentò causa a Giuseppe Vasi, responsabile del lavoro di trasposizione in rame del disegno preparatorio e degli inserti figurativi e allegorici elaborati da Giovanni Paolo Pannini, per la presunta scarsa qualità del lavoro, ottenendo dal giudice di poter far rilavorare i rami e cassare il nome di Vasi, sostituito da quello dell’incisore Stefano Pozzi (gli altri incisori firmatari delle tavole sono Rocco Pozzi, Pietro Campana, Carlo Nolli, Francesco Monaco, Piranesi). Infine, il primo marzo 1747 pubblicò un manifesto di associazione alla Nuova Pianta di Roma, raccogliendo 162 prenotazioni (103 a Roma e in Italia, 59 all’estero). L’11 aprile 1748, nel corso di un’udienza personale, Nolli presentò al pontefice Benedetto XIV, cui l’opera era dedicata, l’edizione completa della Nuova Pianta di Roma.
Tirata inizialmente in 1826 esemplari, l’edizione si compone di 19 tavole di grande formato: un frontespizio e ‘avviso al lettore’, 12 tavole di topografia urbana a scala 1: 2910 ca; una tavola con la riduzione in scala 1: 10950 ca. della topografia; una tavola con la riproduzione, adattata, della pianta di Leonardo Bufalini del 1551, quattro tavole di Indici, suddivisi per rioni e ordinati alfabeticamente e numericamente. Non venne mai pubblicato il Libro che avrebbe dovuto completare l’edizione, comprendente note statistiche, descrittive e storiche sulla città e i suoi monumenti, per il quale si conservano ancora molti elenchi, appunti, e perfino alcune pagine di bozze corrette (Roma, Biblioteca Casanatense, Carte Terribilini).
L’opera fu fin da subito salutata come eccezionale capolavoro, che però non si tradusse in vendite rapide, nonostante la rete commerciale di Belloni che assicurò l’invio di copie in tutta Italia e in Europa. Entro la fine del Settecento la Nuova Pianta di Roma era però già una edizione rara e preziosa, conservata in tutte le principali raccolte e biblioteche.
Dai primi anni Quaranta Nolli fu impegnato a Roma e nel Lazio meridionale in una sempre più intensa attività professionale. La sua fama come rilevatore e topografo, la protezione accordatagli dai più attivi circoli scientifici e culturali della città, lo portarono a essere coinvolto in progetti di grande rilevanza ancor prima della pubblicazione della Nuova Pianta di Roma. Nel 1742 Diego Revillas lo coinvolse nell’incarico di sistemazione dei frammenti della Forma Urbis severiana lungo le scale del palazzo Nuovo dei Musei in Campidoglio. Nolli procedette a un confronto sistematico tra i frammenti e l’evidenza topografica dei monumenti riconoscibili, con riscontri sul terreno e sulla cartografia storica, nel tentativo di trovare la precisa scala di riduzione della pianta antica. È stato ipotizzato (Bevilacqua, 1998) che per queste operazioni si sia avvalso di Piranesi come giovane aiuto. È in questo periodo poi che Nolli dovette pensare di elaborare opere a carattere antiquario (una pianta generale di villa Adriana a Tivoli; una pianta delle antiche regiones di Roma), che in realtà non videro mai la luce, così come la «pianta di Roma antica», prevista inizialmente a complemento della Nuova Pianta di Roma.
Riconosciuto come tecnico di valore, Nolli venne coinvolto anche in progetti e consulenze di grande portata: lo studio delle lesioni della cupola di S. Pietro, i problemi statici di quella di S. Agostino, il restauro delle mura aureliane, i progetti di bonifica delle paludi pontine. Contempraneamente, iniziò a dedicarsi a una sempre più intensa attività architettonica a Roma, a Velletri, nel Lazio meridionale.
Nel 1743, con la protezione di Diego Revillas, padre generalizio dei girolamini di Lombardia, iniziò la ristrutturazione del convento e della chiesa dei Ss. Alessio e Bonifacio all’Aventino, su finanziamento del cardinale Angelo Maria Querini. Nel 1746 insorsero problemi statici alle strutture, e Nolli, a cui è possibile attribuire essenzialmente i lavori al convento, mentre più problematico risulta riconoscere il suo apporto alla chiesa, venne allontanato, e sostituito da Tommaso De Marchis che portò a termine la struttura. Dal 1746 divenne architetto dei francescani minori conventuali, per i quali eseguì diversi lavori: la ricostruzione di un casamento d’affitto su piazza ponte Sisto, diverse perizie, lavori ai conventi e alle chiese dell’ordine nel Lazio meridionale (Ferentino, Sezze) e la chiesa di S. Dorotea in Trastevere, ricostruita dalle fondamenta nel 1750-56.
Non sempre fortunata, e ancora in parte da riconoscere, l’attività architettonica di Nolli mostra una ricerca in linea con le più avanzate esperienze romane del tempo, tra Fuga e Vanvitelli, architetti che esercitarono una profonda influenza sul suo linguaggio. Nel convento di S. Alessio sembra prevalere una lineare funzionalità, come in strutture in parte analoghe (casamento d’affitto a S. Salvatore in Onda a ponte Sisto; convento di S. Francesco a Ferentino; parrocchiale di S. Giovanni Battista a Ceccano). Più impegnative le strutture di casa Giorgi a piazza del Pantheon, di S. Dorotea, che elabora una pianta longitudinale ma con transetto molto accentuato a suggerire una sostanziale centralità, e struttura cupolata costituita da vele tra grandi nervature direttamente impostate sui quattro pilastri della crociera, con facciata timpanata, concava, delimitata da snelle paraste binate; e di S. Chiara a Ferentino, centrica, con semplice facciata a edicola. Oltre a diverse consulenze (per le famiglie Corsini, Santacroce, Albani), resta testimonianza di vari progetti mai eseguiti: disegni per facciata di S. Francesco a Velletri, per un palazzo per Belloni a Roma. Ancora non chiarito è il suo ruolo nella progettazione e costruzione del casino di villa Albani e per la sistemazione dei giardini, per cui rimangono numerosi documenti, e, forse autografi, due disegni (Roma, Archivio Serlupi Crescenzi), mentre altre realizzazioni, documentate, sono ormai perdute o non precisabili, come i lavori al castello Colonna a Ceccano, con la sistemazione della piazza antistante.
Accanto all’attività architettonica, continuò sempre a lavorare come geometra, venendo incaricato dell’esecuzione di diversi catasti: nel 1744 la Camera capitolina gli conferì l’incarico della misurazione delle terre nel suo feudo di Barbarano, ma le misurazioni e le mappe vennero portate a termine nel 1755; nel 1750 vinse la gara indetta dalla comunità di Velletri per l’esecuzione del cabreo dei suoi beni nei territori di Lariano, Commune e Faiola, completato poi dal suo fedele collaboratore, il geometra Angelo Sani, dopo la sua morte.
Nonostante il successo straordinario della Nuova Pianta di Roma e l’intensa attività lavorativa, non riuscì mai a sottrarsi a difficoltà economiche che, negli ultimi anni della sua vita, andarono aggravandosi, dovendosi appoggiare anche a rimesse in denaro da Napoli del figlio Carlo.
Malato di ‘mal di pietra’, si sottopose a un’operazione chirurgica che non ebbe successo. Morì a Roma, nella sua casa presso il Campidoglio, il 3 luglio 1756, e venne sepolto in S. Dorotea.
Fonti e Bibl.: Montronio di Castiglione Intelvi (CO), Archivio parrocchiale, Registro battesimi, regg. 145, 146; la maggior parte della documentazione sulla realizzazione della Nuova Pianta di Roma è in Archivio di Stato di Roma, CarteCavalletti, bb. 3-4, mentre l’insieme dell’archivio Cavalletti, che conteneva tutta la documentazione dei rapporti tra Nolli e Girolamo Belloni, non è più rintracciabile. G.B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi antichi, e moderni nelle arti, e nelle lettere illustri, Modena 1784, pp. 159 s.; G.B. De Rossi, Note di ruderi e monumenti antichi prese da G.B. N. nel delineare la pianta di Roma…, in Studi e documenti di storia e di diritto, IV (1883), pp. 153-184; V (1884), pp. 109-157; F. Ehrle, Roma al tempo di Benedetto XIV. La pianta di Roma di G.B. N. del 1748, riprodotta da una copia vaticana, Città del Vaticano 1932; A.P. Frutaz, Le piante di Roma, Roma 1962, I, pp. 234-237; III, tavv. 396-420; C. Faccioli, Gio.B. N. (1701-1756) e la sua gran ‘Pianta di Roma’ del 1748, inStudi romani, XIV (1966), pp. 415-442; J. Zänker, Die ‘Nuova Pianta di Roma’ von G.B. N. (1748), in Wallraf-Richartz-Jahrbuch, XXXV (1973), pp. 309-342; Id., S. Dorotea in Rom und verwandte Kirchenbauten, in Architectura, IV (1974), pp. 165-180; Roma interrotta, London-Roma 1978; A. Caracciolo, L’albero dei Belloni. Una dinastia di mercanti del Settecento, Bologna 1982, ad ind.; G. Spagnesi, L’immagine di Roma barocca da Sisto V a Clemente XII. La pianta di Giambattista N. del 1748, inImmagini del barocco. Bernini e la cultura del Seicento, a cura di M. Fagiolo - G. Spagnesi, Roma 1982, pp. 145-156; O. Michel, Les péripéties d’une donation. La Forma Urbis en 1741 et 1742, inMélanges de l’Ecole française de Rome. Antiquité, XCV (1983), pp. 997-1023; A. Ceen, Piranesi and N.: imago urbis Romae, in Piranesi: Rome recorded, Roma 1990, pp. 17-21; Id., G.B. N. La pianta grande di Roma in facsimile, Highmont 1991; S. Pasquali, G.B. N., in In Urbe architectus…, a cura di B. Contardi - G. Curcio, Roma 1991, pp. 410 s.; M. Bevilacqua, N. e Piranesi a villa Albani, in Alessandro Albani patrono delle arti: architettura, pittura e collezionismo nella Roma del ’700 (Studi sul Settecento romano, 9), Roma 1993, pp. 71-79; S. Borsi, Roma di Benedetto XIV. La pianta di G.B. N., 1748, Roma 1993; M. Bevilacqua, Roma nel secolo dei lumi. Architettura, erudizione, scienza nella Pianta di G.B. N. ‘celebre geometra’, Napoli 1998; A.M. Piras, Il palazzo dei padri di S. Salvatore in Onda situato sulla piazza di ponte Sisto, in Roma borghese. Case e palazzetti d’affitto (Studi sul Settecento romano, 10), Roma 1994, pp. 293-303; M. Bevilacqua, Mecenatismo architettonico del cardinal Querini. N., De Marchis e Fuga a S. Alessio all’Aventino, in Palladio, n.s., XI (1998), 21, pp. 103-120; Id., Città italiane del Settecento: percorsi cartografici, in Mélanges de l’Ecole française de Rome, CXVI (2004), pp. 349-388; N., Vasi, Piranesi. Immagine di Roma antica e moderna, a cura di M. Bevilacqua, Roma 2004; Cabreo di Velletri. Vigne boschi casali nel catasto settecentesco di G.B. N., a cura di M. Bevilacqua - M. Nocca, Roma 2006; M. Bevilacqua, N. e Piranesi all’Aventino, in L’Aventino dal Rinascimento a oggi. Arte e architettura, a cura di M. Bevilacqua - D. Gallavotti Cavallero, Roma 2010, pp. 120-135; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 507; Dizionario di architettura e urbanistica, IV, Roma 1969, p. 233; McMillan Encyclopaedia of architects, III, New York 1982, pp. 305 s.; The Dictionary of art, XXIII, pp. 190 s.; http://nolli. uoregon.edu.