MORANA, Giovanni Battista
MORANA, Giovanni Battista. – Nacque a Palermo l’8 novembre 1833 da Vincenzo e da Giuseppina Saverio.
L’agiatezza della famiglia, impegnata nel commercio, gli consentì di dedicarsi con costanza e successo agli studi. Conseguita la laurea in legge nella città natale, per un certo periodo esercitò la professione di avvocato, facendo pratica nello studio di Giuseppe Puglia, valido penalista e noto patriota. L’impegno politico lo distolse però dall’attività forense e lo portò a sostenere, anche economicamente, la causa patriottica. Cooperò alla preparazione dell’insurrezione siciliana del 1860, divenendo uno dei membri più attivi del comitato segreto costituitosi dopo il 4 aprile. Entrato successivamente nelle file dei garibaldini, si distinse in numerose azioni militari e riuscì a ottenere importanti promozioni. Passò poi nell’esercito regolare, dove rimase fino al 1873, segnalandosi nella guerra del 1866 e nella spedizione del 1870 su Roma, ma soprattutto nella campagna contro il brigantaggio.
Fu deputato della Sinistra dalla XII alla XVI legislatura (1874-90), eletto fino alla XIV legislatura nel terzo collegio di Palermo, poi nel primo e infine a Caltanissetta. Condusse un’attività parlamentare intensa, pronunciando molti discorsi di carattere sia nazionale sia locale, mostrando sempre buone competenze e grandi capacità retoriche. Tra il 1874 e il 1875 si oppose duramente alle leggi eccezionali per la pubblica sicurezza in Sicilia.
Nel 1875, nel tempestoso dibattito parlamentare che precedette l’approvazione dei provvedimenti eccezionali, accusò gli uomini della maggioranza di essere «gli assassini d’Italia ». Il suo risentimento sfociò in una larvata apologia della mafia, improntata a quella retorica tipica di alcune posizioni del ‘sicilianismo’: egli affermò che «se per maffia [si] intende[…] la gente che non è disposta a subire i soprusi, […] maffiosi sono tutti in Sicilia; ma se [si] vuol indicare gente che ha fini pravi, fini delittuosi, in tal caso la [si] ricerchi nei bassi fondi della società, o […] negli elenchi di pubblica sicurezza, nelle questure, nelle sottoprefetture e prefetture dove di questi elementi si è sempre chi governò servito» (Atti parlamentari. Camera dei deputati. Discussioni, tornata del 7 giugno 1875, p. 3966). Risulta peraltro che Morana e altri esponenti della sua famiglia avessero rapporti con Antonino Giammona, uno tra i maggiori esponenti della mafia palermitana, il quale non mancò di ostentare la protezione concessagli dal deputato.
Morana legò il proprio nome alla cosiddetta rivoluzione parlamentare del 1876 e alle vicende che portarono alla caduta del governo Minghetti: il 18 marzo presentò a nome della Sinistra un’interpellanza, poi trasformata in mozione, su aspetti procedurali dell’applicazione della tassa sul macinato; la richiesta di Minghetti di rinviare la discussione sulla mozione per verificare la maggioranza sul vero motivo del conflitto, la questione delle ferrovie, venne respinta dalla Camera con 242 voti contrari e 181 favorevoli e il giorno stesso l’esecutivo presentò le dimissioni. Il ruolo svolto da Morana nella caduta della Destra è indicativo del peso che il Sud Italia e la Sicilia in particolare ebbero nel determinare i nuovi equilibri politici del paese.
Nel 1877 Morana parlò nuovamente delle condizioni della Sicilia chiedendo interventi amministrativi e sociali. In particolare in settembre partecipò al dibattito sulla pubblica sicurezza in Sicilia, confermando le posizioni prese nel 1875 e contrastando la linea del ministro dell’Interno Giovanni Nicotera. In alcune lettere indirizzate al deputato siciliano Gabriele Colonna duca di Cesarò e pubblicate su Il Precursore, organo della Sinistra, denunciò apertamente gli abusi e i soprusi riscontrati nell’azione di repressione della criminalità in Sicilia, richiamandosi alle stesse posizioni liberali e garantiste espresse da Agostino Depretis nel programma di Stradella. Suo principale bersaglio polemico erano le ammonizioni, le deportazioni forzate e i domicili coatti, ritenuti provvedimenti illiberali e arbitrari. Difendendosi dall’accusa di essere un protettore degli interessi della mafia, individuava nello stesso atteggiamento repressivo e illiberale del governo una delle cause del proliferare della criminalità e delle vendette.
Nel giugno 1878 si oppose alla politica finanziaria del governo Cairoli, contrastando il progetto di riforma doganale del ministro delle Finanze Federico Seismit- Doda, che prevedeva la diminuzione dei dazi italiani di esportazione sui prodotti agricoli. Facendo esplicito riferimento al contrasto di interessi fra Nord e Sud, sottolineò i rischi di una guerra doganale che avrebbe favorito solo ristretti gruppi di industriali. Quando, dopo la caduta del governo Cairoli, alla fine del 1878, Depretis si sforzò di formare un governo meno ostile nei confronti del Mezzogiorno e per questo affidò quattro segretariati generali a meridionali, Morana fu scelto come segretario generale del ministero dell’Interno, ruolo che mantenne in diversi governi Depretis: dal 24 dicembre 1878 al 18 luglio 1879, e successivamente dal 24 luglio 1884 al 7 aprile 1887. Nel 1879 favorì il riavvicinamento fra Depretis e Crispi, ma da quest’ultimo si allontanò a partire dal 1881. Sempre nel 1879, nell’ambito delle discussioni di politica ferroviaria, sostenne la necessità di addossare parte degli oneri delle costruzioni alle finanze locali. Nel 1880 fu relatore della legge per l’abolizione del corso forzoso e fondò a Roma una propria banca per le relazioni commerciali con la Sicilia. Nel 1881, con il profilarsi dell’occupazione francese di Tunisi, si oppose al governo Cairoli. Lo stesso anno pronunciò un discorso alla Camera difendendosi dall’accusa di tradimento della Sinistra, fondata sulla sua disponibilità a entrare in un governo Sella che di fatto non si costituì mai. Nel 1882, in virtù anche della fresca esperienza di banchiere, fu mandato dal governo a ispezionare il Banco di Napoli e le due banche toscane di emissione, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito.
In qualità di segretario generale del ministero dell’Interno nel 1885 presentò una relazione a Depretis sull’ondata di colera che colpì l’Italia nel biennio 1884-85, descrivendo la diffusione dell’epidemia e le politiche sanitarie messe in atto dal governo, soffermandosi in particolare sulle agitazioni di Palermo, la cui provincia fu la più colpita nel 1885, e dove il malcontento popolare si riversò soprattutto sulla sua persona. Nel maggio del 1886 è probabile che abbia avuto un colloquio con Giuseppe Manfroni, osservatore dei rapporti fra Stato e Vaticano, sulla possibilità di favorire la partecipazione dei cattolici al voto. In quegli anni fu inoltre inviato nei Principati danubiani e poi a Costantinopoli per ispezionare le scuole e gli stabilimenti italiani. Lasciò il seggio di deputato per ricoprire dal dicembre del 1889 la carica di commissario italiano della Cassa del debito pubblico egiziano.
Morì al Cairo il 26 dicembre 1900.
Tra gli scritti di Morana, oltre ai discorsi riportati negli Atti parlamentari, si ricordano: Discorso pronunziato dall’ex-deputato G.B. M. davanti agli elettori del 3º Collegio di Palermo il giorno 29 ottobre 1876, [Roma 1876]; Discorso dell’on. Deputato G. M. ai suoi elettori tenuto in Palermo nella sala Bellini il 25 ottobre 1877, Palermo 1877; Lettere del Cav. G.B. M., Deputato al Parlamento italiano, all’onor. duca di Cesarò, in Circa alla sicurezza pubblica in Sicilia, ibid. 1877, pp. 21-40; Il colera in Italia negli anni 1884 e 1885. Relazione del Deputato G.B. M. a Agostino Depretis, Roma 1885.
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