MESMER, Giovanni Battista
– Nacque a Milano il 21 apr. 1671, quasi certamente da genitori svizzeri. Non si hanno notizie dei suoi primi anni né della sua famiglia, di estrazione non nobile e forse neppure particolarmente agiata.
Dopo gli studi di diritto a Pavia il M. si recò a Roma, dove esercitò l’avvocatura. Nel maggio 1716 divenne referendario delle due Segnature e quindi, nel 1728, durante il pontificato di Benedetto XIII, ottenne la carica di luogotenente civile dell’uditore generale della Reverenda Camera apostolica. Nel settembre 1729 incaricato, insieme con monsignor V. Fabretti, di compiere una visita nelle Legazioni della Marca e di Urbino per reprimere le incette di grano, si distinse per i buoni risultati conseguiti, testimoniati dall’invio di cospicue derrate al mercato romano. Nel gennaio 1732, in occasione di una vertenza in materia ereditaria fra il cardinale Francesco Barberini e Cornelia Barberini principessa di Carbognano, il nuovo papa Clemente XII designò il M. a conoscere tutte le cause spettanti alla famiglia Barberini, a nominare un economo e a mettere ordine fra le pretese dei vari contendenti.
Il primo salto nella sua carriera di fedele funzionario curiale fu la nomina a chierico di Camera, nell’ottobre 1732. Meno di due anni dopo, nel luglio 1734, il M. assunse le funzioni di propresidente delle Strade, e fu confermato a pieno titolo nell’ufficio nel settembre successivo. Grazie alle sue doti fu inserito nel circuito delle congregazioni particolari, nominate con crescente frequenza dal papa per risolvere i numerosi problemi relativi al governo economico e finanziario dello Stato pontificio. Nel luglio 1735 fu chiamato con il prefetto dell’Annona Mario Bolognetti e altri prelati a far parte della congregazione particolare deputata ad affrontare la carestia che imperversava nello Stato pontificio. Nell’agosto 1737 fece parte, con il cardinale Leandro Porzia e con Mario Millini, della commissione incaricata di procedere alla visita e alla revisione dei conti dell’ospedale e del banco di S. Spirito. Infine, nel dicembre 1739 divenne prefetto dell’Annona, carica che esercitò con energia in occasione della grave carestia di quei mesi, fino a opporsi al privilegio del cardinale Pierre Guérin de Tencin di esportare 4000 rubbi di grano in Francia. Inoltre, nel gennaio 1741, fu chiamato a far parte della commissione incaricata di discutere la sorte della colonna Antonina.
Nel frattempo era sorto un conflitto fra Bolognetti, divenuto tesoriere generale, e il camerlengo, il cardinale Annibale Albani, a causa della decisione di Benedetto XIV di attribuire al primo la giurisdizione esclusiva nelle materie di appalti e affitti camerali, tasse, gabelle e diritti camerali (chirografo del 19 ott. 1740). Da Urbino, dove si era ritirato per lo sdegno, il cardinale Albani chiese di essere reintegrato nelle sue prerogative, e il pontefice nel settembre 1741 deputò una congregazione per esaminare la questione, composta fra gli altri dal M., salvo poi acconsentire con un nuovo breve alle richieste del camerlengo; il tesoriere e il M. rifiutarono invece di prendere parte ai lavori della congregazione per il pregiudizio arrecato alla giurisdizione delle rispettive cariche. La questione fu risolta solo da un nuovo intervento di Benedetto XIV (chirografo del 1° marzo 1742) con cui attribuì al camerlengo la giurisdizione privativa in materia di poste, emanazione di lettere patenti per la concessione del vessillo pontificio alle navi, la nomina dei consoli nei porti del Mediterraneo, concessioni di feudi e giurisdizioni, mercati e fiere, mentre al tesoriere venivano in sostanza confermate le competenze contestate.
Nel settembre 1743 Benedetto XIV nominò il M. tesoriere generale in sostituzione di Bolognetti, elevato alla porpora cardinalizia, preferendolo al più giovane Giovan Francesco Banchieri, sostenuto dal cardinale de Tencin che ottenne comunque la promessa di promuoverlo in occasione di una futura vacanza della carica, ritenuta dal pontefice assai probabile, considerata la non giovane età del nuovo tesoriere. D’altra parte il papa definiva il M. «il più esperto nell’azienda camerale» (lettera al cardinal de Tencin, Roma, 30 ag. 1743, in Le lettere di Benedetto XIV, I, p. 107). In effetti il M., in virtù della stima del pontefice, era chiamato a occupare un ruolo chiave per la gestione economica e finanziaria della S. Sede e soprattutto a dare attuazione alle misure assunte da BenedettoXIV, volte al riordino del funzionamento della Camera apostolica.
Un mese prima il papa aveva stabilito che il Monte di pietà di Roma svolgesse l’importante ufficio di Depositeria generale, tolto ai banchieri privati. A quella misura fece seguito, nel dicembre, il trasferimento alla Depositeria generale dei compiti di altri uffici, fra cui le depositerie dei Monti camerali e della Zecca.
Nei mesi successivi Benedetto XIV demandò a una commissione formata dai cardinali Silvio Valenti Gonzaga e Antonio Saverio Gentili, dal M., da Giovanni Giuliano Rubini, commissario generale della Camera e da Francesco Simonetti, computista della Dataria apostolica, il compito di discutere il progetto, elaborato da quest’ultimo, circa la riorganizzazione dell’intera amministrazione finanziaria, a cominciare dalle scritture contabili. I lavori della commissione si conclusero nel novembre 1743 e un mese dopo Benedetto XIV emanò il chirografo con cui creava un’unica Computisteria generale in luogo delle tre preesistenti. Con la successiva bolla Apostolicae Sedis Aerarius (18 aprile 1746), il papa sanciva una profonda riforma dell’amministrazione finanziaria della S. Sede, che recepiva le proposte della congregazione, volta a ridurre la congerie di uffici contabili a un’unica istituzione, la Computisteria generale, incaricata di redigere con criteri unitari il bilancio della Camera, di cui, oltre al sovrano, solo il tesoriere generale era autorizzato a ricevere copia. Nessuna spesa poteva essere effettuata dalla Computisteria senza mandato scritto del segretario di Stato o del tesoriere. Infine a un’apposita congregazione Economica era demandato il compito di vigilare sull’esecuzione della riforma. Di tale organismo, oltre ai cardinali Albani, Gentili, Riviera e Valenti Gonzaga, fecero parte il M., Rubini e, in qualità di segretario, l’uditore Clemente Argenvilliers. La congregazione si riunì regolarmente dal luglio 1746 al settembre 1748, quando poté annunciare al pontefice che la riforma era ormai a regime.
Il M. appare un fedele esecutore della politica di Benedetto XIV: nel marzo 1744 nel testo del bando emanato in qualità di tesoriere dal M. circa la sospensione della gabella del 12% sulle merci «di seconda mano» in entrata nel porto di Ancona, si sottolineava che la decisione era scaturita da una congregazione particolare riunitasi al palazzo del Quirinale. Nel maggio 1745, in ottemperanza al motu proprio del dicembre 1743, il M. stabilì le procedure relative al pagamento degli interessi ai titolari di luoghi dei Monti vacabili e non vacabili del debito papale, da effettuarsi presso la Depositeria generale, via via che scadevano i diritti dei singoli banchieri depositari dei vari Monti (Archivio di Stato di Roma, Bandi, b. 392).
Attendono ancora di essere approfonditi molti aspetti delle riforme finanziarie ed economiche di Benedetto XIV, così come il ruolo che in esse rivestirono singole figure come il M. o, a livello più alto, il segretario di Stato Valenti Gonzaga (che assunse la direzione degli affari economici e finanziari in seguito alla rinuncia di Albani alla carica di camerlengo nel febbraio 1747). Luogo privilegiato di elaborazione e discussione fu la Congregazione economica dove, fra l’altro, furono messi a punto i contenuti del motu proprio di Benedetto XIV del 29 giugno 1748, che sanciva la libera circolazione interna dei grani e prodotti della terra per le province settentrionali dello Stato pontificio. Pregi e limiti di tali interventi – anche in virtù dei numerosi ostacoli incontrati nella loro attuazione – risultarono evidenti già negli anni successivi. Non a caso, nel 1767 Giovanni Antonio Braschi (il futuro Pio VI), in qualità di tesoriere generale rilevava come le timide misure di riduzione delle spese camerali messe in atto dal M., «uno dei più intraprendenti e coraggiosi ministri» (Piscitelli, p. 39), avevano avuto effetti controproducenti con l’introduzione di una nuova imposta sul bollo. Restava comunque il fatto che, durante il tesorierato del M., il bilancio della Camera apostolica era stato sempre in attivo, cosa che in seguito non si era più verificata.
Uno degli ultimi atti del M. come tesoriere fu l’emanazione, il 1° marzo 1747, di un bando volto a impedire l’ingresso a Roma di mercanzie sbarcate nel porto franco di Civitavecchia se non dietro pagamento della gabella dovuta alle dogane generali dell’Urbe. Il 10 apr. 1747 Benedetto XIV lo creò cardinale del titolo dei Ss. Quattro Coronati (nel settembre 1749 passò a quello di S. Onofrio). Si trattava di una decisione per molti versi inaspettata: benché la carica del tesorierato da oltre un secolo e mezzo dava accesso diretto alla porpora cardinalizia, il M., che aveva superato i settanta anni, non contava su particolari appoggi. Si può ipotizzare che a suo favore giocassero la vicinanza al potente segretario di Stato Valenti Gonzaga e il fatto che la sua promozione consentì al pontefice di adempiere alla promessa fatta quattro anni prima a de Tencin e di conferire il tesorierato a Banchieri.
Del resto lo stesso Benedetto XIV così giustificò la propria decisione di elevare alla porpora il M. e il governatore di Roma monsignor Raniero Simonetti: «avendo Noi considerato, che il cardinalato serve per questo mondo e non per quell’altro, ed avendo anche compatito lo stato de’ predetti, non essendosi ritrovato un cardinale che abbia parlato per loro, badando ognuno al proprio interesse ed ai propri parenti» (lettera al cardinale de Tencin, Roma, 10 apr. 1747, in Le lettere di Benedetto XIV, I, p. 413).
Poco si conosce dell’attività del M. negli anni successivi alla nomina cardinalizia. Delle sue non floride condizioni economiche è testimonianza una lettera con cui il papa chiedeva al cardinale Vittorio Amedeo Delle Lanze di sondare il re di Sardegna circa l’attribuzione di una pensione sul vescovado di Novara al M., al quale sino a quel momento non aveva potuto attribuire più di 2000 scudi di entrate. La richiesta era sostenuta da Benedetto XIV con espressione di viva sollecitudine per colui che aveva ben servito: «il merito del soggetto è considerabile, il bisogno è eccedente, la premura nostra per esso non è ordinaria, ma grande. Esso è originario svizzero, ma lo crediamo nato in Milano, ove la sua casa oggi è stabilita» (lettera di Benedetto XIV al cardinale Delle Lanze, Roma, 11 maggio 1748, in Lettere inedite di santi, papi, principi…).
Indice di rapporti con gli ambienti culturali milanesi è la dedica che a lui fece il poeta dialettale e membro dell’Accademia dei Trasformati Domenico Balestrieri nel poemetto in sestine Figliuol prodigo (Milano 1748).
Ai primi del 1752 il M. fu nominato, insieme con il cardinale Millini, esecutore testamentario del defunto cardinale Pompeo Aldrovandi, ma rinunciò all’incarico a causa dei complessi problemi economici che gravavano sul patrimonio del porporato. Ricevette la nomina a camerlengo del Sacro Collegio nel gennaio 1757; Cardella afferma che «giunto però all’età senile, si trovò affatto privo dell’uso della memoria, motivo che lo tenne assente dal conclave di Clemente XIII» (p. 34).
Il M. morì a Roma il 20 giugno 1760 e fu sepolto nella chiesa di S. Carlo al Corso.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Bandi, bb. 392, 447, 457; Camerale I, Diversorum del tesoriere, b. 812; Camerale II, Epistolario, b. 99, cc. 577-666; bb. 143-147; Congregazioni economiche, b. 66; Le lettere di Benedetto XIV al card. de Tencin, a cura di E. Morelli, I, Roma 1955, pp. 107, 413; II, ibid. 1965, p. 451; G. Belloni, Scritture inedite e dissertazione «Del commercio», a cura di A. Caracciolo, Roma 1965, pp. 52, 225 s.; F. Valesio, Diario di Roma (1700-1742), a cura di G. Scano, V-VI, Milano 1979, ad ind.; Mandati della Reverenda Camera apostolica (1418-1802), a cura di P. Cherubini, Roma 1988, ad ind.; F.A. Vitale, Memorie istoriche de’ tesorieri generali pontificij dal pontificato di Giovanni XXII fino a’ nostri tempi, Napoli 1782, p. LXII; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, IX, Roma 1797, pp. 33 s.; Lettere inedite di santi, papi, principi, illustri guerrieri e letterati, a cura di L. Cibrario, Torino 1861, p. 256; E. Piscitelli, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1958, pp. 37, 39 s.; G. Seregni, La cultura milanese nel Settecento, in Storia di Milano, XII, L’età delle riforme (1705-1796), Milano 1959, p. 655; Ragioneria dello Stato, Istituzioni finanziarie contabili e di controllo dello Stato pontificio: dalle origini al 1870, Roma 1961, p. 127; L. Del Pane, La congregazione Economica istituita da Benedetto XIV e la libertà di commercio, in Rivista di storia dell’agricoltura, V (1965), pp. 371 s.; N. La Marca, Tentativi di riforme economiche nel Settecento romano, Roma 1969, pp. 69, 72; D. Strangio, Crisi alimentari e politica annonaria a Roma nel Settecento, Roma 1999, p. 126; Die päpstlichen Referendare, 1566-1809, a cura di Ch. Weber, III, Stuttgart 2004, p. 743; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XLIV, pp. 258 s.; Hierarchia catholica, VI, p. 15.
M.C. Giannini