MAZZINI, Giovanni Battista
MAZZINI (Mazini, Masini), Giovanni Battista. – Nacque a Brescia nel 1677, da Pietro e da Caterina Rossi.
Nella città natale compì gli studi regolari, dimostrando fin dalla più tenera età una grande attitudine per la matematica e per la fisica. Il 24 nov. 1697 si immatricolò nello Studio di Padova e l’11 marzo 1701 vi conseguì il dottorato in filosofia e medicina. Fu allievo di D. Guglielmini e di A. Vallisneri, a loro volta allievi di M. Malpighi. Da Guglielmini, caposcuola dell’indirizzo iatromeccanico nello Studio di Padova, che fino al 1701 aveva occupato la cattedra di matematica ma che nel 1702 fu trasferito al primo luogo di medicina teorica ordinaria, ereditò anche l’interesse per lo studio dei cristalli. Dopo la morte di Guglielmini (1710) ebbe appoggio soprattutto da Vallisneri, con cui rimase in stretto rapporto epistolare tra il 1704 e il 1729. Tornato a Brescia, esercitò con successo la professione medica, approfondendo nel contempo lo studio della matematica e della geometria dapprima con il benedettino C. Benaglia e poi, quando questi nel 1705 passò a Padova come professore di diritto canonico, con il gesuita G. Bornati.
Il suo primo intervento pubblico è costituito da una lettera indirizzata a Vallisneri con cui si inseriva nel vivace dibattito suscitato dalla gravissima epidemia di afta epizootica che infierì dal 1711 al 1714. La lettera fu pubblicata nella raccolta Tesoro di vari segreti, e rimedi provati contra il male contagioso de’ buoi (Venezia 1712). In seguito pubblicò l’operetta Congetture fisico-meccaniche intorno le figure delle particelle componenti il ferro (Brescia 1714), dedicata a Vallisneri, il quale gli aveva passato, perché ne facesse uno studio esauriente, un blocco di ferro crudo, internamente vuoto e tappezzato da punte piramidali di varia grandezza affastellate le une sulle altre, proveniente dalle miniere di Fornovolasco nella Garfagnana.
Con una serie di ingegnosi esperimenti, egli stabilì che si trattava di cristalli di ferro formatisi nel raffreddamento del ferro fuso, dimostrando quindi per primo la cristallizzazione per solidificazione di una massa fusa. Oltre a descrivere geometricamente i cristalli di ferro come piramidi a base quadrangolare sulla quale si elevano quattro piani triangolari terminanti tutti in un punto comune nel vertice delle piramidi, il M. concluse che le particelle elementari del ferro sono piramidi tetragonali che si uniscono in modo simmetrico per dare vistosi cristalli della stessa figura: si atteneva quindi all’ipotesi di Guglielmini, il quale – precorrendo la teoria delle molécules intégrantes sviluppata un secolo più tardi da R.-J. Haüy – aveva sostenuto che i cristalli sono costituiti dalla giustapposizione di particelle elementari aventi la forma poliedrica dei solidi di sfaldatura dei cristalli stessi.
La pubblicazione delle prime due parti dell’opera Mechanices morborum (Brescia 1723 e 1725) gli valse la nomina, nel novembre del 1726, alla cattedra di medicina pratica ordinaria in secondo luogo nello Studio di Padova (rimasta vacante in seguito alla morte di L. Leali) con lo stipendio di 400 fiorini all’anno. Nelle prime due parti («desumptae» A motu sanguinis e A motu solidorum) egli ricava la teoria meccanica delle malattie dal movimento dei fluidi e da quello dei solidi. Nel 1727 fece seguire la terza parte (Mechanices morborum desumptae a motu febrium) in cui è preso in esame il movimento febbrile, e l’opera completa ebbe ben presto una seconda edizione (Offenbach 1731). Della sua attività di docente resta il programma d’insegnamento pubblicato a Padova nel 1728 (Studiosae iuventuti litterarium cursum praesentis anni publice exponit Ioannes Baptista Mazinus medicinae practicae ordinariae professor), in cui dichiara di sostenere la medicina razionale e la iatrofisica. Il 30 genn. 1731 gli fu concessa l’ammissione al Sacro Collegio dei filosofi e medici di Padova, in riconoscimento del «suo singolare talento con frutto de studenti et con eguale lode al suo nome» (Padova, Arch. stor. dell’Università, Arch. antico, 663, c. 198r). La sua opera sui farmaci Mechanica medicamentorum (Brescia 1734) è considerata «lo scritto iatromeccanico più importante per la farmacologia di quei tempi» (Benedicenti, II, p.972). L’azione dei farmaci è data dalla forma delle minime particelle che ne emanano, dal M. chiamate effluvi, che agiscono con la massima efficacia nel punto di contatto con la parte interessata. Con la ricondotta del 25 nov. 1734 il suo stipendio annuo fu portato a 530 fiorini, aumentato infine a 660 l’anno in occasione dell’ultima ricondotta (29 sett. 1741).
Alla fisiologia fetale dedicò le Coniecturae physico-medico-hydrostaticae de respiratione foetus (ibid. 1737). Il M. ammette che nelle prime fasi della gestazione l’embrione si nutra soltanto attraverso i vasi ombelicali, ma che in seguito anche il liquido amniotico, deglutito dal feto, svolga una funzione nutritizia. Il liquido amniotico è considerato dal M. un «fluidum lacteo-aereo-sulphureo-salinum» (ibid., p. 22) contenente anche minutissime particelle aeree, che si liberano per il calore dell’utero e dei visceri contigui e che servono alla respirazione del feto. Le Institutiones medico-mechanicae (ibid. 1739) sono un’esposizione compendiosa del suo sistema fisiopatologico.
Il M. morì a Padova il 24 maggio 1743.
Nello stesso anno della morte fu pubblicata in tre volumi la sua Opera omnia (ibid. 1743), in cui sono raccolte, riviste e accresciute, le opere già pubblicate, a eccezione di quella sulle figure del ferro; nel terzo volume sono inseriti anche i due nuovi trattati Mechanica spulsuum (pp. 95-192) e Mechanica urinarum (pp. 193-238).
Il M. fu uno dei più agguerriti sostenitori della corrente iatromeccanica, detta anche iatrofisica o iatromatematica, i cui sostenitori tentavano di spiegare tutti i fenomeni vitali con una serie di movimenti dell’organismo, esterni o interni, sottoposti alle leggi della meccanica, secondo l’insegnamento del matematico e fisico G.A. Borelli e dei suoi seguaci L. Bellini e G. Baglivi. Nello Studio di Padova la iatromeccanica aveva avuto un’accoglienza molto favorevole anche in seguito all’introduzione del cartesianesimo a opera di M. Fardella, già allievo di Borelli. Assai apprezzato come docente e come medico pratico, il M. fu l’ultimo professore padovano a schierarsi su posizioni integralmente iatrofisiche. Unendo «un lusso di matematica veramente sorprendente ad una fecondissima immaginazione», egli elaborò «un sistema corrispondente in tutte le sue parti, compatto, uniforme, che strettamente collegava la fisiologia alla patologia, e che rappresenta il più dotto romanzo scientifico, che siasi mai scritto finora» (De Renzi, V, p. 587). Ma nella medicina pratica ormai la medicina empirica aveva preso il sopravvento su quella razionale, giacché «il programma iatromeccanico era allora troppo avanzato rispetto alle acquisizioni relativamente scarse ottenute sul piano sperimentale» (Belloni).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Reggio Emilia, Fondo Brunelli, X (22 lettere del M. a Vallisneri); Ibid., Arch. Vallisneri, 4/1, f. III (lettera del M. a Vallisneri); Biblioteca apost. Vaticana, Autografi Ferrajoli, Raccolta prima, vol. XX, cc. 21-22 (lettera del M. a Vallisneri); Padova, Arch. stor. dell’Università, Arch. antico, 232, c. 30v (immatricolazione); 370, cc. 43v-45v (laurea); 663, cc. 112v, 197r-200r; Rovigo, Biblioteca dell’Acc. dei Concordi, Conc., 343-1 (159 lettere del M. a Vallisneri); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. X, 148 (=6685) (lettera del M. a Vallisneri); Modena, Biblioteca Estense universitaria, Mss. it., IX.F.11 (2 lettere del M. a Vallisneri); Forlì, Biblioteca comunale A. Saffi, Collez. Piancastelli (3 lettere del M. a Vallisneri); A. Vallisneri, Epistolario, II, a cura di D. Generali, Milano 1998, pp. 275 s.; G. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, pp. 340 s.; K. Sprengel, Storia prammatica della medicina, trad. di R. Arrigoni, VIII, Venezia 1814, pp. 246-248; A. Schivardi, Biografia dei medici illustri bresciani, I, Brescia 1839, pp. 201 s.; F. Freschi, Storia della medicina in aggiunta, e continuazione a quella di Curzio Sprengel, VI, Firenze 1843, pp. 330-370, 379-402; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, IV, Napoli 1846, pp. 281, 482; V, ibid. 1848, pp. 469, 587; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana dalla origine della stampa ai primi anni del secolo XIX, I, 2, Modena 1870, col. 145; C. Daremberg, Histoire des sciences médicales…, Paris 1870, II, pp. 839-848; M. Cermenati, Considerazioni e notizie relative alla storia delle scienze geologiche ed a due precursori bresciani, in Boll. della Soc. geologica italiana, XX (1901), 4, pp. CXXIV-CXXXIII; A. Favaro, Saggio di bibliografia dello Studio di Padova (1500-1920), I, Venezia 1922, p. 150; A. Benedicenti, Malati, medici e farmacisti. Storia dei rimedi traverso i secoli e delle teorie che ne spiegano l’azione sull’organismo, Milano 1951, II, pp. 972 s.; G. Ongaro, Evoluzione delle conoscenze sul liquido amniotico, in Episteme, 1974, n. 8, pp. 290-309; L. Belloni, Per la storia della medicina, Bologna 1980, p. XVI; G. Ongaro, La iatromatematica nello Studio di Padova e nel Veneto, in I Riccati e la cultura della Marca nel Settecento europeo. Atti del Convegno internazionale di studio, Castelfranco Veneto… 1990, a cura di G. Piaia - M.L. Soppelsa, Firenze 1992, pp. 221-245; Id., Giambattista M., in Professori e scienziati a Padova nel Settecento, a cura di S. Casellato - L. Sitran Rea, Treviso 2002, pp. 479 s.; Bibl. delle opere di Antonio Vallisneri, a cura di D. Generali, Firenze 2004, pp. 27, 87 s., 102, 107, 165, 170, 178, 208.