LORENZETTI, Giovanni Battista
Non si conoscono il luogo e la data di nascita del L., che secondo le fonti antiche nacque a Verona alla fine del secolo XVI (Franzoi, p. 515). Tuttavia il L. va considerato artista di cultura veneziana poiché fu attivo pressoché esclusivamente a Venezia, ove "habitò quasi del continuo" (Dal Pozzo). In effetti il suo nome risulta registrato nel libro della fraglia dei pittori per gli anni 1622-39 (Franzoi, p. 515); tale circostanza lo colloca fra i pochi artisti veronesi non colpiti dalla tremenda pestilenza del 1630. Della sua attività nella città natale, precedente l'arrivo in laguna, rimane ben poco. È scomparso, infatti, quanto in origine ornava la cappella della Vergine nel duomo.
Più consistente è la serie di opere realizzate durante il soggiorno a Venezia. Il L. dipinse in più ambienti di palazzo ducale. Nella sala della Quarantia civile vecchia (adiacente alla sala del Maggior Consiglio) è presente una tela con Venezia riceve lo scettro del Dominio.
La scena è costruita in modo fantasioso, con abbondanza di arcate e colonne classicheggianti che svolgono la funzione di quinte di una prospettiva che si apre verso l'orizzonte. L'azione ruota attorno alla personificazione di Venezia che, assistita da due senatori e in posizione quasi centrale, riceve lo scettro del comando dalla Potestà inginocchiata. Accanto a quest'ultima si riconoscono la Fede, la Speranza, la Carità e la Libertà. Più che il multiforme corteo che irrompe nella scena da destra colpisce, sul fronte opposto, la determinazione della Giustizia dedita allo sterminio dei Vizi, che si ammassano l'uno sull'altro. Di particolare utilità, ai fini della cronologia dell'opera, è la serie di stemmi che sormonta l'architrave della porta sottostante il limite inferiore della tela; secondo Franzoi (p. 218) essi potrebbero riferirsi a cinque magistrati allora in carica nella Quarantia, suggerendo una datazione attorno al 1630, da cui si dissociano Lorenzetti (p. 266) e Marinelli (p. 366), posticipandola al 1660.
Complessivamente il dipinto conferma l'opinione di chi assegna al L. uno stile decorativo, sebbene in realtà nulla si conosca dell'istruzione dell'artista e della sua formazione professionale. Le pennellate veloci con tocchi rapidi - caratteristica esaltata dai biografi - non riescono a compensare l'impressione di rigidità e artificio degli atteggiamenti. Di buon livello sembra essere, invece, la predisposizione del L. al ritratto, anche in scene corali come questa.
Altra opera, eseguita secondo Franzoi attorno al 1630 (p. 316), è nella sala dello Scrutinio, ovvero della Quarantia civil nuova, e raffigura Venezia riceve il corno ducale alla presenza di Nettunomentre la Virtù e la Giustizia scacciano i Vizi. Parzialmente simile alla precedente, la tela illustra una serie di virtù personalizzate (Gloria, Ricompensa, Valor militare, Abbondanza, Lealtà) che tributano un omaggio alla città in presenza del dio Nettuno, sotto la protezione della Giustizia.
Nel palazzo ducale è presente infine un Fregio con putti nella sala che prende il nome da Francesco Erizzo, doge dal 1631 al 1646 (Franzoi, p. 14, circoscrive l'esecuzione di quest'olio agli anni 1633-38). In esso le figure dei fanciulli mostrano atteggiamenti assai variegati e si alternano a trofei guerreschi di vario tipo, alludendo alla carriera militare di Erizzo e alla sua nomina a provveditore generale da Mar.
Nella basilica dei Ss. Giovanni e Paolo il L. fu chiamato a decorare l'interno della cappella Salomoni. L'intervento si può collocare nei primi anni Quaranta; a partire dal 1639 infatti la chiesa subì sostanziali modifiche per assumere le attuali forme barocche. Il soggetto della volta fa esplicito riferimento al Nome di Dio; nella cappella, in effetti, si svolsero le attività dell'omonima Scuola a partire dal 1563. Cinque sono gli scomparti che compongono il soffitto e simboleggiano, intorno alla figura centrale del Cristo Bambino, altrettanti alias (Salvator, Filius Sirach, Filius Josedech, Nave).
Non è ancora stato incluso nel corpus delle opere del L. l'olio raffigurante La Vergine in trono con il Bambino e santi, firmato e datato 1639, ritrovato da Arrighi nella parrocchiale di Palleroso, frazione di Castelnuovo di Garfagnana.
Non si conoscono le dinamiche della committenza; ma i caratteri stilistici sembrerebbero confermare la mano del L., nonostante le cattive condizioni di conservazione. Le figure di formato allungato si distinguono per gli atteggiamenti leziosi e le espressioni in taluni casi dolenti. Anche in questo caso l'artista ha optato per un'inquadratura architettonica della scena, elemento che contribuisce ad avvicinare i personaggi dipinti allo sguardo dell'osservatore.
Nel 1641 le fonti segnalano l'allontanamento del L. da Venezia; egli rientrò in patria, come è confermato dall'ingaggio in S. Anastasia, ove realizzò alcune opere nella cappella della Madonna del Rosario.
L'Incoronazione della Vergine ad affresco sulla volta è oggi difficilmente giudicabile; mentre Lanceni nel 1720 ne parlava come di opera autografa, secondo Cappelletti sarebbe piuttosto da attribuire a Marcantonio Bassetti. Nessuna disputa ha coinvolto i quattro Evangelisti a olio su tela che riempiono le vele. L'intero ciclo decorativo è datato 1641 e fu commissionato dalla Compagnia del Rosario che aveva in cura l'ambiente. Il pagamento ricevuto dall'artista risulta essere pari a 1190 ducati (Dal Pozzo). Marinelli (p. 366) ha giudicato questa prova del pittore come portatrice di una "effettiva novità, in chiave di pittura tenebrosa, precocissima per tale data", risultato di un innesto dello stile tintorettesco su una pittura a tinte fosche d'ispirazione lombarda. Egualmente tratta dal Tintoretto è l'impostazione delle figure in forte scorcio aggettante, abilmente messa in risalto grazie all'utilizzazione di colori di sfondo chiari.
Di recente Marinelli ha attribuito al L. nella chiesa veronese di S. Fermo alcune pitture del soffitto della cappella della Vergine. Si tratta degli Apostoli eseguiti ad affresco e tradizionalmente ascritti a Giovanni Ceschini. Tali figure ricordano le opere realizzate per S. Anastasia, anche se l'ambientazione è più semplificata e più audace è la prospettiva che accompagna i movimenti dei personaggi, resi con una tecnica "tenebrista", ispirata al realismo drammatico scaturito dall'esasperato contrasto luministico.
Non esistono più molte opere del L. già in chiese veneziane (S. Anna, S. Chiara, S. Luca, S. Maria Nuova, S. Marina, S. Giacomo di Rialto, S. Stefano) o in edifici di alcune isole vicine (S. Martino a Burano, S. Mattia a Murano).
Sebbene non si conosca con certezza l'anno di morte del L., il pittore potrebbe identificarsi con il "Battista Lorenzetti di anni ottanta" deceduto il 12 nov. 1668 a Verona (Arch. di Stato di Verona, Registro dei morti, 1666-1668, c. 74v).
Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo, Vite de' pittori…, Verona 1718, p. 172; G.B. Lanceni, Ricreazione pittorica…, Verona 1720, p. 47; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana…, Venezia 1771, p. 376; L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia (1789), III, Milano 1823, p. 230; G.A. Moschini, Nuova guida di Venezia, Venezia 1828, p. 112; D. Zannandreis, Le vite dei pittori…, Verona 1891, pp. 265 s.; F. Paleologo Oriundi, La chiesa e il convento di S. Anna in Venezia…, Venezia 1914, p. 8; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1956, pp. 247, 266, 274, 341, 882; D.L. Gardani, La chiesa di S. Giacomo di Rialto…, Venezia 1966, pp. 34 s., 46 s.; C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 244 s.; G. Arrighi, Palleroso e Trassilico in Garfagnana, in La Provincia di Lucca, 1971, n. 2, pp. 96-100; G. Cappelletti, La basilica di S. Anastasia, Verona 1981, p. 51; U. Franzoi, Storia e leggenda del palazzo ducale di Venezia, Venezia 1982, pp. 14 s., 217 s., 316, 515; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1984, pp. 217, 248 s., 319; E.M. Guzzo, La cattedrale di Verona, Verona 1993, p. 24; S. Sponza, Le cappelle della navata destra, in Basilica dei Ss. Giovanni e Paolo…, Venezia 1995, pp. 44 s.; S. Marinelli, Verona, in La pittura nel Veneto. Il Seicento, Milano 2000, pp. 366 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 387.