LANDESCHI, Giovanni Battista
Nacque nel 1721 a Firenzuola, in Mugello, da Francesco; il nome della madre è ignoto. Ebbe almeno altri due fratelli, Angiol Michele e Gaetano, quest'ultimo poi parroco di S. Maria a Lungotuono, presso Castelfiorentino, dove il L. trascorrerà gli ultimi anni.
Fu avviato agli studi ecclesiastici da uno zio paterno e da F. Mencatti. Su indicazione del vescovo di San Miniato, D. Poltri, il 25 giugno 1753 D. Rigoli, economo della curia, nominò il L. parroco della chiesa di S. Angelo a Montorzo, sulle colline che da San Miniato degradano verso Empoli, con la cura di circa trecento anime. Assunse così per quasi trent'anni il ruolo e il nome di "parroco samminiatese", col quale resterà noto. La fama del L. resta legata al libro che stampò anonimo a Firenze nel 1775, col titolo di Saggi di agricoltura di un paroco samminiatese.
Egli fu spinto "quasi a forza" (Lastri) a pubblicare i Saggi dal vicario di San Miniato, Angelo Spannocchi, uno dei paladini toscani dell'idea fisiocratica, che scrisse un'ottima e corposa prefazione, fondamentale contributo a un primo bilancio dell'opera riformatrice leopoldina in campo economico. La prefazione fu subito tradotta in francese e pubblicata nel 1776 sul periodico della fisiocrazia, le Nouvelles Éphémérides Économiques. Nei Saggi il "Socrate rustico" toscano (Lastri) riassumeva quasi venti anni di pratica nella coltivazione dei terreni collinari della sua parrocchia: erano dunque un "libro georgico originale" - sottolineava lo stesso Lastri - scritto da chi aveva esperienza diretta di coltivazione e di costruzione di case coloniche. Il loro carattere antisistematico ed eminentemente pratico è confermato anche dal fatto che l'unico scrittore esplicitamente citato è Cosimo Trinci, autore de L'agricoltore sperimentato (Lucca 1726), un fortunatissimo trattato anch'esso eminentemente pratico.
Il L. fu uno dei maggiori esempi di ecclesiastico impegnato nella divulgazione di precetti agricoli, anche se la sua fama non raggiunse quella del contemporaneo pievano di Villamagna, F. Paoletti, o dello stesso abate Lastri, autore di vari scritti e di un corso di agricoltura in sei volumi, più volte ristampato in quegli anni. Un anno prima del L. anche il cortonese mons. G.G. Ippoliti aveva pubblicato una Lettera parenetica, morale, economica di un paroco della Val di Chiana a tutti i possidenti o comodi, o ricchi, scritta nell'anno MDCCLXXII concernente i doveri loro rispetto ai contadini, con una Istruzione morale-economica sull'educazione, e sui doveri dei contadini (Firenze 1774). E in quegli stessi anni il veneziano F. Griselini insisteva sulla figura del parroco di campagna per l'istruzione agraria dei contadini in almeno due sue opere: Del debito che hanno i parochi e curati di campagna di educare ed istruire i contadini nelle migliori regole dell'agricoltura ed in qualunque ramo dell'economia rurale (Venezia 1773) e Ragionamento sul problema se convenga a parochi e curati rurali ammaestrare i contadini ne' buoni elementi d'economia campestre (Milano 1777). Ma la stessa idea compare a più riprese nelle prediche del periodo e, con una certa continuità, nel Magazzino georgico, periodico ufficioso dell'accademia dei Georgofili, diretto negli anni Ottanta da G. Sella e G.L. Targioni.
Nella prima parte dei Saggi l'autore esamina con attenzione i rapporti tra padroni e contadini, il ruolo di entrambi e la figura del parroco-agricoltore. Emerge in queste pagine una sensibile attenzione verso lo stato di povertà, bisogno e indebitamento dei contadini. Il L. si sofferma anche sui loro cattivi costumi e sulla loro ignoranza, non senza indicare utili rimedi. Ad agili capitoli sulla natura dei fitti e la necessità che i padroni non gravino i contadini di eccessivi pesi seguono richiami sull'ignoranza nelle cose agrarie e il nocivo assenteismo dei padroni dalle loro terre: temi più volte oggetto di attenzione nell'Accademia dei Georgofili e ben riassunti nell'introduzione di G. Sella al primo numero (1783) del già citato Magazzino georgico. In altri importanti capitoli il L. ricorda come dedicarsi all'agricoltura fosse un dovere per i parroci, essendo essa un modo per togliere l'ozio diffuso tra i poveri, e più in generale per diffondere e migliorare l'arte più utile al pubblico; anzi, "attendere all'agricoltura è un dovere di tutti impostoci dal Creatore" (p. 107). A questi precetti unisce consigli su come avvicinare gli ecclesiastici ai lavori agricoli e farne materia pratica per studenti e chierici.
Nella seconda parte il L. scende in dettaglio nella pratica agricola, illustrando la coltivazione dei terreni collinari detta "a ciglioni", cioè ad argini erbosi (una variante del terrazzamento), e soprattutto descrivendo nei particolari una buona "economia dell'acque", avendo intuito che una loro sistematica e accorta conduzione e irreggimentazione era fondamentale per rendere fertili i terreni e prevenire dilavamenti, erosioni e smottamenti. Insomma, "quanto grandi sono i vantaggi che traggonsi dalle acque ben guidate e indirizzate, ritenute e quasi per mano condotte, tanto maggiori sono i danni che alla terra e all'agricoltura arrecano se abbiano tutta la libertà di scorrere come la natura di esse le inclina e le porta particolarmente ne' poggi e nelle colline" (pp. 159 s.). Il sistema sperimentato e divulgato dal L. - costituito da fossi disposti orizzontalmente a canalizzare le acque - fu detto poi, pregnantemente, "tagliapoggio" (Ridolfi); tramite esso e con l'approntamento dei suddetti ciglioni in oltre tre lustri di sperimentazioni egli rimodellò totalmente le colline samminiatesi, fornendo un modello subito imitato dai proprietari delle colline adiacenti, la cui validità sarà confermata dagli agronomi dell'Ottocento. I Saggi ebbero una ristampa nel 1782 a cura di G. Piatti, una seconda edizione nel 1807 (sempre per il Piatti, con note di aggiornamento di A. Bicchi) e una terza nel 1810 (Firenze, Piatti) con le note del Bicchi e arricchita da due sue memorie sulla condotta delle acque e sulla coltivazione dell'erba medica e della lupinella.
Il L. fu socio dell'antica Accademia dei Rinati di San Miniato, poi detta degli Euteleti, e corrispondente dei Georgofili dal 4 ott. 1775, all'indomani della pubblicazione dei Saggi. Fra il 1782 e il 1783, a causa di una seria malattia - forse di natura itterica - si dovette trasferire, come già detto, presso il fratello Gaetano a Santa Maria a Lungotuono, presso Castelfiorentino. Qui si spense il 30 nov. 1783; fu sepolto nella chiesa locale.
Fonti e Bibl.: M. Lastri, Elogio del paroco samminiatese Gio. B. L., in Magazzino georgico, V (1784), pp. 65 ss. (poi in Atti della R. Società economica di Firenze ossia de' Georgofili, III [1796], pp. XVI-XX); E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri…, VI, Venezia 1838, pp. 284 s.; F.M. Galli-Angelini, Cenni storici dell'Accademia degli "Euteleti", in Boll. dell'Accademia degli Euteleti, XX (1938), p. 23; F. Lami, La bonifica della collina tipica toscana da G.B. L. a C. Ridolfi, Firenze 1938; Id., Ricordo di L. sistematore collinare, in Giornale di agricoltura, 25 maggio 1958; Id., La bonifica delle terre in collina. Prospettive per le sabbie plioceniche, San Miniato 1959; R. Pazzagli, Un parroco "agronomo" nella Toscana del Settecento, introduzione a I "Saggi di agricoltura" di G.B. L., Pisa 1998, pp. III-XXXIV; L. Bigliazzi, I parroci di campagna tra '700 e '800 (dai documenti dei Georgofili), Firenze 2000, pp. 14, 18 s., 34 s., 39, 94.