GROSSI, Giovanni Battista
, Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo scultore, documentato a Roma nella seconda metà del Settecento, di cui si ignora anche la formazione, avvenuta di certo nell'ambito della tradizione tardo-barocca, imperante in città durante i primi decenni del secolo. Lo fa supporre l'analisi del primo ciclo decorativo a lui attribuito dalle fonti e risalente al 1749. Si tratta di quattro bassorilievi, collocati all'interno della chiesa di S. Nicola dei Lorenesi, rinnovata allora dall'architetto Pietro Mariotti (Mallory, 1982, 15, p. 147 n. 5052).
I riquadri in stucco, lavorati "con gran studio e diligenza per la copiosità delle Figure" secondo le cronache del tempo (ibid.), rappresentano i fatti prodigiosi della vita di s. Nicola di Bari. Pensati in funzione di un punto di vista ideale, situato al centro della chiesa, e secondo un gusto teatrale prettamente barocco, essi sono disposti a coppia sulle pareti opposte dell'aula rettangolare coperta a volta: i due episodi riguardanti l'infanzia del santo si trovano al centro, quelli della maturità all'entrata, suggerendo così un senso di continuità spaziale e temporale (Violette, p. 499). Una serie di corrispondenze compositive e formali collega inoltre idealmente le scene che illustrano simili periodi della vita del santo ai due lati dell'edificio. Nel bassorilievo con S. Nicola bambino che rifiuta il latte materno il mercoledì e il venerdì, sulla seconda porta a destra, e in quello con S. Nicola bambino che prega mentre fa il bagno, sulla seconda a sinistra, un personaggio femminile deborda dalla cornice del riquadro, così come avviene con una figura maschile negli altri due. In questi, raffiguranti S. Nicola eletto vescovo di Mira e S. Nicola che distribuisce i suoi beni ai poveri, lo scultore ha posto in alto lo stesso motivo decorativo (le teste dei cherubini e il raggio divino diretto verso il santo) che si alterna alla variante del drappo aperto all'improvviso per lasciar apparire la luce di Dio negli altri due pannelli. Dal punto di vista stilistico la lavorazione pastosa e avvolgente del panneggio, e la disposizione delle figure lungo assi diagonali mostrano le persistenze tardo-barocche che si stemperano nei volti classicheggianti dei personaggi, specie femminili, dove si nota l'influenza dello scultore Filippo Della Valle, senza però raggiungere gli stessi esiti di elegante raffinatezza formale. La composizione dei riquadri, soprattutto di quelli con s. Nicola bambino, ricchi di personaggi presentati con una precisa scansione spaziale dei gruppi e con l'espediente scenico del drappo alzato, mostra l'assimilazione della lezione di Pierre Legros, con particolare riferimento al Tobia e Gabael della cappella del Monte di pietà (1702-05).
Al 1750 risale la decorazione della facciata dell'oratorio dell'Arciconfraternita del Carmine alle Tre Cannelle, appena rinnovata. Il G. realizzò in stucco il bassorilievo della Vergine con il Bambino, posto nel timpano della facciata (Mallory, 1982, 16, p. 120 n. 5133) disegnata da Michelangelo Specchi e distrutto con il resto della chiesa nell'incendio del 1772 (Mancini).
Al 1752 appartengono i due bassorilievi raffiguranti la Natività e l'Annunciazione per la cappella della Madonna dell'Archetto (Mallory, 1974, p. 174 n. 5424), dispersi probabilmente nella ricostruzione che ne fece l'architetto Virginio Vespignani tra il 1850 e il 1851 per volere del marchese Alessandro Muti Papazzurri (De Camillis).
L'anno successivo lo scultore ricevette dal principe Fabrizio Colonna l'incarico di eseguire il monumento funebre dello zio, il cardinale Carlo, morto nel 1739 e sepolto in S. Giovanni in Laterano, per la cappella di patronato della famiglia dedicata a S. Francesco nella chiesa dei Ss. Apostoli.
L'opera, completata e "scoperta" al pubblico il 6 apr. 1754 (Mallory, 1974, p. 175 n. 5730), si compone di tutti gli elementi tradizionali della tomba barocca: la piramide, il sepolcro, la Fama con la tromba, il putto con la face di derivazione classica, lo stemma di famiglia e l'iscrizione latina, i diversi marmi di pregio, quali il giallo antico brecciato della coltre, la base di bardiglio con sopra uno zoccolo bianco e nero di Francia, l'urna di rosso antico. La composizione risulta asimmetrica: in basso a sinistra siede un putto su cui scende delicatamente il drappeggio della coltre, sollevata dall'urna da una Fama in primo piano sul lato opposto. Nel modellare queste due sculture l'artista si richiamò ad alcune opere di Della Valle, soprattutto alla Temperanza della cappella Corsini in S. Giovanni e ai puttini del monumento a Maria Clementina Sobieski nella chiesa dei Ss. Apostoli (Zocca; Minor, p. 235).
I Colonna avrebbero usufruito ancora dei servizi del Grossi. Secondo un conto pagato nel 1759, ebbe infatti l'incarico di contribuire all'incremento delle sculture della galleria e di intervenire per la loro stessa conservazione, in particolare su diciotto statue del salone e su otto tra quelle della sala detta oggi della Colonna bellica (Galleria Colonna a Roma).
Nel 1759 iniziò a lavorare ai rilievi della fontana di Trevi con Pietro Bracci, Filippo Della Valle e Andrea Bergondi (Mallory, 1982, 16, p. 132 n. 6537).
Il soggetto dell'altorilievo realizzato dal G., che doveva commemorare le origini dell'acqua Vergine, definita così perché fu una fanciulla, di nome Trivia, a indicare la sorgente ai militi romani assetati, e la relativa collocazione nell'intercolunnio in alto a sinistra, erano già stati definiti nel grande modello ligneo, realizzato nel 1735 dal falegname Carlo Camporese su disegno di Giovan Battista Maini e di Nicola Salvi, e oggi conservato nel Museo di Roma a palazzo Braschi (Pietrangeli, 1971; J.A. Pinto, Il modello della fontana di Trevi, in In Urbe architectus… [catal.], Roma 1991, pp. 70 s.). La composizione dell'opera, di cui esiste un modello in gesso (m 1,85 x 1,20), murato sul terzo ripiano dello scalone di palazzo Rondinini, con poche varianti rispetto alla versione definitiva, riecheggia quella già indicata nel grande modello ligneo della fontana. L'impianto descrittivo rimane più lineare rispetto ai racconti della vita di s. Nicola nella chiesa dei Lorenesi, con maggiori riferimenti classicheggianti nell'impostazione dei personaggi, e con quel controllo misurato delle forme, tipico dell'arte di Della Valle, che ne fanno un'illustrazione equilibrata, fuori dalla retorica barocca che invece caratterizza l'altro altorilievo, realizzato da Bergondi.
Nello stesso periodo il G. lavorò "in riattare la scogliera, e vascone" della fontana per i quali percepì 341,65 scudi, insieme con i 750 del "bassorilievo", secondo un "Ristretto delle spese" del 14 luglio 1761 (Minor, pp. 241 s.). Tutta la decorazione della fontana era completata il 22 maggio 1762, quando il pontefice si recò a visitarla in occasione della sua apertura al pubblico (Chracas).
Come altri artisti dell'epoca, il G. figura come fine esecutore di sculture per le esequie di importanti personaggi, come l'apparato allestito il 28 luglio 1774 nella chiesa di S. Luigi dei Francesi per Luigi XV e quello preparato il 18 maggio 1787 per Pietro III del Portogallo in S. Antonio dei Portoghesi (Olleia).
Negli anni Ottanta proseguì l'attività di restauratore di sculture antiche, dimostrando di partecipare alla ricerca e valorizzazione delle antichità, secondo un atteggiamento comune che caratterizzò febbrilmente quegli anni romani.
Nello scorcio del 1780 il G. aveva aggiunto le braccia e i piedi a un "Fauno dormiente", di marmo bianco, oggi disperso, rinvenuto allora nella cava di Tor Tre Teste, di proprietà del cardinale Antonio Casali che stava eseguendo diversi scavi. Il pezzo era stato ripristinato "con tal'arte e maestria che non si conosce il moderno dall'antico", secondo il gusto integrativo dell'epoca (Pietrangeli, 1958, p. 94; Santolini Giordani).
È possibile che lo scultore partecipasse direttamente anche alle campagne di scavo, come farebbe supporre Francesco Piranesi, agente generale del re di Svezia, quando il 20 ag. 1785, nel contratto di vendita della statua colossale di marmo greco raffigurante un "Endimione dormiente", affermava che la scultura fu "compita e ritrovata dal Sig. Gio. Grossi" nello scavo di villa Adriana a Tivoli, voluto dal monsignor Giovanni Francesco Compagnoni Marefoschi (Caira Lumetti). La scultura, ceduta al re di Svezia, fu esposta a Stoccolma, dove ancora oggi è conservata (Leander Touati).
Il 14 luglio 1792 uno scultore di nome Grossi, probabilmente da identificare con il G., lavorava ai restauri delle statue e dei busti ritrovati dal pittore Gavin Hamilton negli scavi di Pantano effettuati per volere del principe Marcantonio Borghese, poi destinati al museo di Gabii a villa Borghese e ceduti nel 1793 all'olandese Enrico Hope (Campitelli).
Del G. non si conosce la data di morte.
Fonti e Bibl.: Chracas Diario ordinario (di Roma). Sunto di notizie e indici, II, 1737-76, a cura dell'Associazione culturale Alma Roma, Roma 1998, pp. 135 s.; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura nell'Evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, p. 311; L. De Camillis, La Madonna dell'Archetto, Roma 1951, p. 21; C. D'Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1957 (rec. di I. Faldi, in Bollettino d'arte, XLIII [1958], pp. 391 s.); C. Pietrangeli, Scavi e scoperte di antichità sotto il pontificato di Pio VI, Roma 1958, p. 94; Il Settecento a Roma (catal.), Roma 1959, pp. 35, 264 s.; E. Zocca, La basilica di Ss. Apostoli in Roma, Roma 1959, p. 99; V. Golzio, Il Seicento e il Settecento, II, Torino 1960, pp. 914 s.; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, p. 30; G. Pietrangeli, Il Museo di Roma. Documenti e iconografia, Bologna 1971, p. 61; N.A. Mallory, Notizie sulla scultura a Roma nel XVIII secolo (1719-60), in Bollettino d'arte, LIX (1974), pp. 174 n. 5424, 175 n. 5730; P. Mancini, La chiesa del Carmine, in Alma Roma, XV (1974), 1-2, pp. 31-33; V.H. Minor, Della Valle and G.B. G. revisited, in Antologia di belle arti, II (1978), pp. 233-236, 241 s.; P. Violette, La décoration de l'église de St Nicolas des Lorrains (1623-1870), in Les fondations nationales dans la Rome pontificale. Actes du Colloque…, Roma 1981, pp. 498 s.; N.A. Mallory, Notizie sull'architettura del Settecento a Roma (1718-1760), II, in Bollettino d'arte, LXVII (1982), 15, p. 147 n. 5052; III, ibid., 16, pp. 120 n. 5133, 132 n. 6537; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, p. 34; C. D'Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1986, p. 491; R. Santolini Giordani, Antichità Casali. La collezione di villa Casali a Roma, Roma 1989, pp. 84, 89; R. Caira Lumetti, La cultura dei lumi tra Italia e Svezia. Il ruolo di Francesco Piranesi, Roma 1990, p. 105; Galleria Colonna a Roma. Sculture, Roma 1990, pp. 30, 53 n. 211; A.M. Leander Tonati, Ancient sculpture in the Royal Museum. The eighteenth century collection in Stockholm, I, Stockholm 1998, pp. 57 s., 105 n. 29; A. Campitelli, Il museo di Gabii a villa Borghese, in Ricerche di storia dell'arte, 1998, n. 66, pp. 44 s., 47 n. 22; A. Olleia, in Corpus delle feste a Roma (catal.), II, Il Settecento e l'Ottocento, a cura di M. Fagiolo, Roma 1999, p. 430; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 104.