GIBERTI, Giovanni Battista
Nacque a San Ginesio, nel Maceratese, intorno al 1636. Figlio di Carlo, si laureò in utroque iure all'Università di Roma. Maestro di teologia e filosofia, fu canonico di S. Maria in Trastevere, arciprete di Frascati e vicario generale del cardinale Alderano Cibo, quando questi era vescovo di Frascati (1680-83). Il 15 febbr. 1683 fu nominato vescovo di Cava de' Tirreni da Innocenzo XI.
Il G. restò nella diocesi di Cava fino al 1696, quando passò all'episcopato di Fano; osservò l'obbligo della residenza fino al maggio del 1690, anno in cui fu nominato, in sostituzione del vescovo Giuseppe Nicola Giberti, al S. Uffizio del Regno e commissario generale della Fabbrica di S. Pietro, e per sei anni dimorò a Napoli e a Gaeta. Egli, secondo le intenzioni della curia, avrebbe dovuto garantire una maggiore sollecitudine, rispetto al suo predecessore, nell'osservanza delle disposizioni romane sulle denunce di Francesco Paolo Manuzzi nel procedimento inquisitoriale contro gli ateisti napoletani. In realtà, inizialmente non mutò affatto la linea di condotta seguita da Giuseppe Nicola, dimostrando di temere in questo modo le gravi conseguenze che sarebbero potute scaturire da eventuali arresti sollecitati da Roma, come già era avvenuto per altre circostanze in passato. Nel corso del suo governo spirituale visitò la diocesi ed emanò vari decreti di riforma del clero; dedicò particolari cure al seminario triplicando il numero degli alunni ospitati (da 8 a 25); eresse a Cava un conservatorio per le zitelle; istituì in ogni parrocchia le conferenze dei casi di coscienza e, infine, presentò a Roma sei relazioni, di cui tre di persona (1683, 1686 e 1696) e tre per mezzo di un procuratore (1689, 1691, 1695). Nonostante il suo attivismo, non sembra che il G. abbia celebrato alcun sinodo diocesano.
Nel 1688 un terremoto sconvolse Cava de' Tirreni, con danni gravi alla popolazione e ingenti rovine agli edifici civili e religiosi. Il "luctuoso spectaculo" - come lo definì il G. - provocò danni, secondo la stima del vescovato, per 10.000 scudi. Nel 1695 la situazione era ancora lontana dalla normalità e sia la chiesa cattedrale, con l'annesso palazzo vescovile, sia il seminario erano ancora in gran parte diroccati. Nonostante le ingenti spese sostenute per la ricostruzione degli edifici sacri, alla fine del suo episcopato, il 17 nov. 1696, gli effetti del terremoto erano ancora evidenti.
Il G. passava alla diocesi di Fano il 14 dic. 1696, in sostituzione del cardinale Taddeo Aloisio Dal Verme, trasferito alla diocesi di Imola. Il 12 maggio 1697 il G. emanò l'Editto, et instruttione per l'insegnamento della dottrina cristiana, seguito da una Istruttione alli rr. vicarii foranei di Fano e da un altro editto con il quale esortava i sacerdoti e i chierici della città a partecipare alle lezioni di morale tenute dai gesuiti. Quindi, dopo aver visitato la diocesi, indisse e celebrò, il 5 nov. 1702, nella cattedrale di Fano, il sinodo diocesano.
Le sue Constitutiones et decreta synodalia… (Fano 1702) si dividono in nove capitoli: de fide catholica, et illius professione; de vita, et honestate clericorum; de canonicis, et capitulo; de parochis; de reverentia ecclesiis debita; de vicariis foraneis; de monialibus; de confraternitatibus, hospitalibus, aliisque piis locis; de examinatoribus synodalibus. Il G. giungeva a una normativa chiara, schematica e in netta controtendenza con i primi sinodi diocesani postridentini, troppo condizionati da una generica esigenza di reprimere gli abusi e poco aderenti ai problemi particolari delle singole diocesi. Non mancavano tuttavia il tono fermo dell'inquisitore contro gli abusi del clero e il paternalismo del pastore che corregge i mali facendo ricorso alle armi della carità e dell'amore.
Nel corso del suo lungo episcopato, durato ventiquattro anni, osservò l'obbligo della residenza e mantenne un comportamento coerente con la sua prima esperienza vescovile; presentò quattro relazioni, delle quali due di persona (1699 e 1705) e due per mezzo di un procuratore (1711 e 1715).
Il G. morì a Fano il 26 nov. 1720.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Proc. Dat., 60, cc. 200r ss.; 73, cc. 305r ss., 314r, 315r; Arch. Conc., Proc. Conc., 82, cc. 147 ss.; Acta Cam., 23, c. 119r; 24, c. 158r; Congr. Conc., Rel. Lim., Caven. et Sarnen., 211/A-B, ad annum; Fanen., 322/A-B, ad annum; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 619, 672; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai giorni nostri, XX, Venezia 1848, p. 429; XXI, ibid. 1870, p. 383; R. Colapietra, Vita pubblica e classi politiche del Viceregno napoletano (1656-1734), Roma 1961, ad indicem; L. Osbat, L'Inquisizione a Napoli: il processo agli ateisti 1688-1697, Roma 1974, ad indicem; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, V, Patavii 1952, pp. 152, 198.