GHIRARDELLI (Gherardelli), Giovanni Battista Filippo
Nacque a Roma il 17 ag. 1623. Si ignora il nome del padre, appartenente a una famiglia originaria di Castelfidardo (Ancona), mentre è noto quello della madre, Vincenza Manini.
A Roma il G. compì studi letterari, filosofici, teologici e giuridici fino a divenire dottore in utroque iure. In seguito rivestì il ruolo di uditore del cardinale Egidio Carrillo Albornoz, ambasciatore del re di Spagna presso Innocenzo X dal 1644 al 1649.
E appunto a questo periodo, durante il quale verosimilmente si stabilì il rapporto con la potente famiglia Pamphili, si può far risalire il consolidamento della fama letteraria del Ghirardelli. Prospero Mandosio, la fonte biografica a lui più vicina, ne ricorda in particolare la pratica di stimato oratore nella corte pontificia e l'intensa attività accademica. È attestata la sua adesione all'Accademia degli Intrecciati e, fatto più significativo, a quella degli Umoristi (e in conseguenza ai Fantastici, che ne furono una diretta filiazione), come si apprende dall'elenco degli scritti riportato in un codice conservato alla Biblioteca nazionale Marciana di Venezia (Mss. Ital. XI.61 [6792]).
L'opera letteraria di questi anni, influenzata da un crescente interesse teatrale, rimase interamente inedita. In particolare va segnalata una tragedia in prosa a lieto fine, l'Ottone, rielaborazione della nota vicenda novellistica di Aleramo e Adelasia, figlia dell'imperatore, rappresentata durante il carnevale del 1625 (una copia manoscritta è in Bibl. apost. Vaticana, Dramm. Allacc., 303, int. 2).
Il 20 febbr. 1653 il G. dette alle scene un'altra sua tragedia in prosa, il Costantino, destinata, a differenza della precedente, a un'eco clamorosa. L'opera venne infatti pubblicata nel luglio dello stesso anno, sulla scia delle violente polemiche divampate intorno a essa e ricollegabili ad annosi contrasti personali, interni all'Accademia degli Umoristi. Proprio a questa accademia appartenevano infatti tutti i nomi che si succedettero nella contesa, da monsignor Agostino Favoriti a Giovan Francesco Savaro del Pizzo, che la attaccarono, sino a Salvator Rosa che ne prese invece le parti.
Il perno del discorso di A. Favoriti - l'unico al quale il G. decise di rispondere nella sua Difesa inserita nell'edizione della tragedia (Roma 1653) -, riguardava la questione spinosa della scelta della prosa, e finiva, non dissimilmente che nella replica, per concentrarsi su meri fattori stilistici. Sfuggiva così al primo, così come ai successivi polemisti, il vero punto debole dell'opera, sbilanciata soprattutto sotto l'aspetto dell'unità e dell'armonia della trama. Il fatto tuttavia non doveva sembrare irrilevante al G., che non a caso sentì il dovere di giustificarsi, rifacendosi all'autorità di P. Corneille e alla pratica della contaminazione del fatto storico che questi aveva adottato nell'articolazione del suo Cid. E proprio Corneille, a distanza di sette anni, si ricorderà di tale citazione nel celebre Discours de la tragédie. Di come il grande tragediografo francese venisse a conoscenza dell'opera del G. non ci è dato sapere; comunque il suo intervento si rivelò magistrale nello sviluppo della disputa. In quell'occasione, infatti, egli sottolineava come la complessità e l'inverosimiglianza strutturale inficiassero nel Costantino - al quale pure riconosceva alcuni meriti - ogni possibilità d'approfondimento dei singoli drammi psicologici, individuando così un difetto tipico della poesia del G., già a partire dall'Ottone: quello cioè di ridurre i propri personaggi a semplici macchine predisposte allo svolgimento dell'azione.
Il G. morì a Roma il 25 ott. 1653.
Fonti e Bibl.: P. Corneille, Discours de la tragédie, in Oeuvres, I, Paris 1862, pp. 71 s.; A. De Rinaldis, Lettere inedite di Salvator Rosa a G.B. Ricciardi, Roma 1939, pp. 59 s.; L. Allacci, Drammaturgia, Roma 1666, I, p. 84; VI, p. 596; G. Carpano, Fasti dell'Accademia degli Intrecciati, Roma 1673, pp. 22, 24 s., 28; P. Mandosio, Bibliotheca Romana, I, Romae 1682, pp. 230 s.; G.M. Crescimbeni, Commentarj… intorno alla storia della volgar poesia, I, Roma 1702, p. 252; II, 2, ibid. 1710, pp. 326 s.; III, ibid. 1711, p. 310; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, III, 1, Milano 1743, pp. 133, 155, 364; G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza italiana… con le annotazioni del sig. A. Zeno, I, Venezia 1753, p. 463; F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca picena, V, Osimo 1796, pp. 60-62; I. Ciampi, Innocenzo X Pamfili e la sua corte, Roma 1878, p. 277; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, V, Bologna 1930, pp. 375-381; E. Bertana, La tragedia, Milano s.d., pp. 214-218; U. Limentani, La satira dell'Invidia di Salvator Rosa e una polemica letteraria del Seicento, in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXXIV (1957), pp. 570-585.