FERRARI, Giovanni Battista
Nacque a Siena: la sua data di nascita oscilla, nelle fonti, tra il 1582 ed il 1585. Nei vari documenti che lo riguardano, contenuti nei Catalogi dell'Archivum Romanum Societatis Iesu, viene più volte citata una precisa data di nascita, il 1º maggio 1585; questa è, però, smentita da altri nei quali, calcolando l'età, la data viene spostata al 1582 o al 1584.
Il F. giunse a Roma ed entrò nella Compagnia di Gesù il 24 apr. 1602; divenne professo il 30 maggio 1621. Dopo i primi quattro anni di teologia, studiò filosofia con Giuseppe Agostini tra il 1606 ed il 1611al Collegio Romano, dove nel 1608 già insegnava umanità. Oltre a seguire i corsi normali, studiò siriaco al collegio maronita con Pietro Metoscita negli anni 1615-16. Dal 1612 al 1616 insegnò grammatica agli studenti di primo anno del collegio maronita, dove fu prefetto di studi dal 1616 al 1619. Nel 1618 divenne insegnante di ebraico al Collegio Romano, carica che mantenne per ben ventotto anni, fino al 1647; nel frattempo, tra il 1615 ed il 1622, continuava a insegnare grammatica e lettere nello stesso istituto. I giudizi di valore dei Catalogi dell'Archivum Romanum Societatis Iesu lo stimano, fino al 1625, appena sufficiente nel suo insegnamento. Negli anni successivi, invece, la sua attività didattica venne valutata in maniera più positiva, ed il F. continuò ad alternare l'insegnamento di grammatica e lettere a quello di ebraico sia al Collegio Romano sia a quello maronita, dove nel 1628 era ancora prefetto di studi. Dalle varie notizie dell'Archivum Romanum Societatis Iesu si ricava anche che il F. non godeva di buona salute ed era di tendenza malinconica o flemmatica.
Le fonti accennano a una sua notevole erudizione teologica, alla quale si accompagnava una intensa attività di oratore e predicatore, che trovò espressione in numerose pubblicazioni delle sue prediche. La sua conoscenza delle lingue orientali, in particolare quella araba, venne tenuta nella dovuta considerazione, tanto che fu chiamato a far parte della congregazione cardinalizia nominata da Urbano VIII per la traduzione della Bibbia in lingua araba. Ma presto il vero interesse del F., l'orticoltura e la botanica, prese il sovravvento, ed egli fece di questa passione, che coltivava assiduamente, il centro dei suoi interessi, alimentato da una conoscenza profonda di tutta la letteratura botanica dall'antichità ai suoi giorni.
Il F., come narra nel suo De florum cultura, conosceva bene i giardini romani, che visitava annotando accuratamente le specie di piante insolite, e aveva accesso nella società romana erudita dell'epoca, soprattutto quella interessata all'architettura e alle scienze naturali. Legato alla cerchia dei Barberini, al cardinale Francesco soprattutto, che aveva un giardino di piante rare, conosceva personaggi importanti dei mondo artistico contemporaneo ed era legatissimo a Cassiano Dal Pozzo, nella cospicua biblioteca e nel famoso "Museo cartaceo" del quale aveva libero accesso e col quale mantenne una intensa corrispondenza erudita dal 1632 al 1654, coinvolgendolo nelle sue due più importanti imprese editoriali; attraverso Cassiano, aveva contatti con Federico Cesi ed i primi Lincei; fu inoltre in rapporti con Cl. Fabri de Peiresc e con quei pittori ed incisori che adornarono di incisioni le sue opere maggiori.
Alcune fonti genericamente elogiative affermano che il F. si distinse per lo spirito e per la varietà delle sue conoscenze; i giudizi dei suoi confratelli su di lui, invece, a parte le suddette valutazioni sullo studio e sull'insegnamento, non furono sempre benevoli. Sicuramente il F. godeva dell'amicizia del preposito generale Muzio Vitelleschi e dei vari Famiano Strada, Vincenzo Guinigi, Terenzio Alciati; tuttavia nell'Archivum Romanum Societatis Iesu, Censurae librorum 1650-1654, n. 668, ff. 327-334, dopo alcuni brevi giudizi positivi di vari gesuiti su opere del F., è contenuto (ff. 333 s.) un lungo giudizio pesantemente critico dell'intera sua opera da parte di Luigi Spinola (al secolo Ottavio, genovese, professore al Collegio Romano e confessore di Clemente IX), datato 28 sett. 1650. Il confratello, dopo averlo giudicato "aut prae adulescentia immaturum, aut prae senio iam deficiens ...", elenca le opere del F., che proprio in quell'anno era tornato nella città natale, non salvandone nessuna e accusandolo di volta in volta di mancanza d'ingegno, di presunzione, di scarso decoro religioso, di mediocrità, di continuo autoincensamento, di sterilità; pone poi in dubbio le sue qualità (la perizia nella lingua ebraica) e finisce per concludere che tanta fatica nel produrre opere così numerose era stata male collocata.
A parte la pubblicistica erudita, dove forse i giudizi dello Spinola, pur se eccessivamente malevoli, trovano qualche giustificazione nello stile a volte fastidiosamente pletorico del F., il confratello non poteva valutare appieno, e anzi, in chiave di austerità religiosa e scientifica postgalileiana, era portato a giudicare in termini severamente negativi il F. come uno degli epigoni, anche se non il maggiore, di quell'importante movimento culturale facente capo a Cassiano Dal Pozzo che, nella prima metà del Seicento, poneva grande attenzione allo studio dell'antichità e delle scienze naturali e che fu alla base della nascita dell'Accademia dei Lincei e all'origine delle grandi collezioni museali. Non era quindi in grado, lo Spinola, di apprezzare la partecipazione del F. all'impulso che quella corrente, partendo da una riconsiderazione dell'antico e dall'osservazione e dallo studio della natura, seppe dare all'arte, alla scienza ed alla cultura contemporanee.
Il F. alternò a volumi impegnativi la pubblicazione di alcuni saggi d'occasione: nel 1612 componeva e pubblicava a Roma una Laudatto Marsilis Cagnati medici praestantissimi, in eius funere habita. Il codice Barb. lat. 1953 della Biblioteca ap. Vaticana contiene la tragedia Remus captivus, composta dal F. e rappresentata, a quanto si deduce dal codice, nel 1614. La composizione è conservata anche nel Barb. lat. 1695, accompagnata da una lettera al cardinale Maffeo Barberini sulla tragedia, in una scrittura molto particolare e molto bella che è eguale a quella di un altro codice vaticano, il Barb. lat. 1749, cc. 159-165v, contenente Aetas florea, sive Oratio I. B. Ferrarii de laudibus virorum principium qui, sedente Urbano VIII, Romae florebant, che nel primo foglio porta in margine disegni di fiori ed api, opera probabilmente di uno scriba barberiniano. La scrittura è la stessa che si incontra ancora nel commento sovrastante alcune incisioni del De florum cultura.
Il F. pubblicò poi due orazioni sull'avvento dello Spirito Santo del riminese Gerolamo Sabbatini (nel 1617) e di Giulio Gabrielli romano (1622), entrambi facenti parte del Seminario romano. Nel 1622 dette alle stampe a Roma il Nomenclator Syriacus, un dizionario che aveva lo scopo principale di spiegare i termini siriaci della Bibbia.
Non mancarono le accuse di incompetenza linguistica. Tuttavia, nella prefazione all'opera il F. afferma di essere stato aiutato da Isaac: Sciadrense, un maronita, che era stato suo allievo al Collegio Romano ed era professore di siriaco, e dal suo antico maestro e allora collega di insegnamento Pietro Metroscita; aggiunge poi di avere attinto per le parole tradotte a manoscritti del collegio maronita di Roma, della Biblioteca ap. Vaticana e della Biblioteca Medicea di Firenze.
Nel 1623 pubblicava a Roma De Christi liberationis obitu, oratio, ristampata sempre a Roma nel 1641 e a Neuburg nel 1724, in un'antologia di cinquanta orazioni sulla morte di Cristo tenute da gesuiti.
Nel 1625 il F. dava alle stampe un discorso sull'avvento dello Spirito Santo, dedicato a Urbano VIII, tenuto da Giuseppe Zato, fiorentino, convittore del Seminario romano. Nello stesso anno pubblicava a Lione le Orationes XXV, dedicate al cardinale Alessandro Orsini, con frontespizio inciso da Federico Greuter su disegno dei Domenichino; la stessa opera, insieme con altri nove discorsi, fu edita a Milano nel 1627, a Roma nello stesso anno con altri tre e, quindi, a Colonia, a cura di Bernhard Rottendorf.
Quest'ultima edizione venne replicata, sempre a Colonia, con frontespizio inciso da Peter Troschel, nel 1650. Una "quarta" edizione dell'opera fu stampata a Roma da Pietro Antonio Facciotti nel 1635 e da quest'ultimo dedicata al card. Francesco Barberini, con frontespizio inciso da Francesco Cimi, su disegno di Francesco Romanelli, con approvazione di Muzio Vitelleschi, generale dei gesuiti. Seguirono un'edizione di Venezia del 1644, una del 1653 senza indicazione di luogo, due di Londra del 1657 e del 1668, ed infine una ristampa dell'edizione di Colonia (Vilnac 1730). Nelle Orationes ilF. inizia a palesare il suo evidente interesse per piante e fiori, con un breve excursus su ville e giardini romani; ad esso alterna alcuni panegirici di santi e quattro orazioni sulla lingua e lo stile letterario ebraico.
Nel 1633 il F. pubblicò a Roma, grazie anche all'assistenza economica e al mecenatismo del card. Francesco Barberini, il De florum cultura, opera sontuosa corredata da quarantasei incisioni, i cui rami furono disegnati da Pietro da Cortona, Guido Reni, Andrea Sacchi, ricordati nella prefazione, ed incisi da Federico Greuter e Claude Mellan; Anna Maria Vaiani, nota per essere stata una corrispondente di Galileo, delineó ed incise una tavola.
I progetti di giardini incisi (pp. 25-37) sono sormontati da una spiegazione, nella quale si ritrova lo stesso italico particolannente bello e curato che s'incontra nel manoscritto vaticano del F. già ricordato. Altre incisioni, tutte di ottima qualità, riguardano utensili di giardinaggio, fiori, bulbi, vasi. L'opera, stampata da Stefano Paolini, è dedicata al card. Francesco Barberini. Una nuova edizione con differenti illustrazioni fu curata da Berliard Rottendorff, medico dell'elettore di Colonia, ad Amsterdain nel 1646; sempre ad Amsterdain sarà realizzata la nuova edizione del 1664. Ludovico Aureli ne eseguì una traduzione italiana che fu pubblicata a Roma nel 1638, uguale nelle incisioni all'edizione del 1633, dedicata ad Anna Colonna.
Nell'opera s'incontrano inoltre brevi descrizioni dei giardini più importanti conosciuti dal F. e di piante di recente introduzione che si trovavano in tali giardini, mai prima trattate (per indicare la corretta coltivazione di alcune piante americane il F. si avvalse dei consigli di due proprietari di giardini romani: Tranquillo Romauli, specialmente, e Giovan Battista Martelletti, che aveva un giardino al Gianicolo); vengono offerti inoltre consigli ed accorgimenti per la composizione di mazzi, ceste e vasi di fiori per l'ornamento di interni, e per la conservazione di fiori recisi durante lunghi viaggi.
Certamente alcune ricette suggerite sono fantasiose e inapplicabili; un grande sforzo prestò invece il F. al sistema di classificazione delle piante descritte. Le incisioni riguardanti piante e fiori erano ricavate da disegni che provenivano dal "Museo cartaceo" di Cassiano Dal Pozzo, che il F. non cessa di lodare e ringraziare; il gesuita inserisce nell'opera anche un'occasionale lode di Fabri de Peiresc, che pure si interessava di fiori. A riconoscimento dei suoi meriti nel campo della botanica Linneo dedicherà al F. una pianta di origine sudafricana, che chiamò Ferraria.
Nel 1646, sempre a Roma, a spese dell'editore Hermann Scheus e per il tipografo Vitale Mascardi, il F. pubblicò una seconda opera di carattere botanico, un cospicuo volume sulla coltura degli agrumi, sotto il titolo mitologico Hesperides, sive De malorum aurerum cultura et usu libri IV.
L'opera è un saggio di tassonomia e'classificazione degli agrumi (divisi in limoni, aranci e agrumi inalfarmati, cioè "mala citrea"), sulla loro origine, terminologia e coltivazione, sui luoghi di diffusione in Europa e nel mondo, ricca di richiami mitologici, ma anche di note importanti dal punto di vista etnografico; ad essa il F. lavorò più di dieci anni. La sua vicenda editoriale è descritta nelle Notizie diverse di Cassiano Dal Pozzo contenute nel codice 39 della Biblioteca Corsiniana, dal quale emerge la considerevole parte avuta da Cassiano nella progettazione e preparazione dell'opera, e nel quale, al f. 1, è riportato il contratto con l'editore, Hermann Scheus, per la pubblicazione.
Il volume è ricco di incisioni eseguite sulla base di disegni dei più celebri maestri contemporanei da C. Bloemaert, Claude Goyrand, Camillo Cungi, Federico Greuter e Dominique Barrière, tavole incise incluse nell'opera e delineate da François Perrier, Nicolas Poussin, Pietro Paolo Ubaldini, Francesco Albani, Andrea Sacchi, Francesco Romanelli, Filippo Gagliardi, Guido Reni, Domenico Zampieri (Domenichino), Giovanni Lanfranco, Girolamo Rainaldi e raffiguranti scene mitologiche, sculture, bassorilievi, serre (quali le. orangeries presenti nel giardino del cardinale Carlo Pio, in quello Aldobrandini, in quello del cardinale Marcello Lante ed in quello del duca di Parma). L'antiporta è incisa da F. Greuter su disegno di Pietro da Cortona. Non firmate risultano invece le incisioni raffiguranti fiori, piante (le varie specie di agrumi) e arnesi da innesto, di cui si ipotizza la probabile parziale attribuzione a Vincenzo Leonardi e Domenico Bonavena. Qua e là ricorrono citazioni di illustri botanici dell'epoca e dei loro esperimenti.
A fornire al F. molte notizie e tutte le immagini fu Cassiano Dal Pozzo: non si va lontano dal vero dicendo che Cassiano fu il vero editore scientifico dell'opera; oltre a fornire il materiale per le incisioni, egli curò i rapporti, anche economici, con l'editore Scheus e con gli artisti che disegnarono le tavole. Per compilare l'opera, il F. si avvalse anche dei consigli di Pietro Della Valle. Nel gennaio 1642 il F. inviò al Poussin, tramite Cassiano, il frontespizio delle Hesperides, composto da Pietro da Cortona, e quattro fogli di disegni rappresentanti agrumi, nella speranza di ottenere il permesso di una dedica a Luigi XIII, re di Francia, alla quale sarebbe dovuto corrispondere un premio in denaro. Poussin si adoperò vanamente per l'una cosa e l'altra, e il F. attese inutilmente finche, nel 1646, il libro fu pubblicato a Roma senza la dedica né la somma sperata. H. Grube pubblicò un riassunto dell'opera, sotto il titolo Analysis mali citrei compendiosa, Copenhagen 1688.
Sempre nel 1646 il F. pubblicò a Siena Collocutiones, ristampata nel 1652, con dedica ai suoi compagni dell'Accademia degli Intronati.
L'opera contiene insieme con vari saggi su giochi militari, sul pugilato senese, sul calcio fiorentino, sull'etnografia ebraica e sull'attività teatrale dei gesuiti a Roma, le due tragedie scritte dal F., Remus captivus, pp. 126-198, e Romulus fundator, pp. 199-24. L'opera è costruita in forma di conversazione tra il F. e Cassiano Dal Pozzo, del quale si ricordano frequentemente la biblioteca e le numerose informazioni offerte al Ferrari. Si può dire che ancora una volta egli dà soltanto (e non esita a riconoscerlo) forma letteraria a notizie e dati ricavati quasi esclusivamente da Cassiano. Per il saggio sul calcio fiorentino, Florentinum harpastum, sive Calcis ludus, a fornire informazioni ai due viaggiatori fu Giovanni Battista Doni.
In collaborazione con Sebastiano Conti il F. compose inoltre i Fasti Senenses, editi dopo la sua morte nel i 660, con una dedica al papa Alessandro VII. I due autori firmarono l'opera con i nomi di Amenus il primo e Compositus l'altro, assunti nell'Accademia degli Intronati. Tra le censurae librorum dell'Archivum Romanum Societatis Iesu, Fondo Gesuitico 666, c. 318, si accenna a un'altra orazione del F. intitolata De Lauretana domo.
Dopo aver pubblicato le Hesperides, la salute del F., già cagionevole, peggiorò. Ritiratosi nel 1647 nel collegio gesuitico di Tivoli, nel 1649 passò a Frascati per tornare definitivamente nel 1650 nella sua città natale, dove mantenne ancora per qualche anno la sua attività accademica (le Collocutiones furono ristampate in questo periodo) e la sua corrispondenza erudita, soprattutto con Cassiano Dal Pozzo.
Morì a Siena il 1º febbr. 1655.
Fonti e Bibl.: Documenti bibliografici e censure sul F. sono contenuti nell'Archivum Romanum Societatis Iesu; la corrispondenza tra lui e Cassiano Dal Pozzo dal 1632 al 1654 è conservata all'Accademia nazionale dei Lincei, Archivio dal Pozzo, Lettere di varii letterati a Cassiano dal Pozzo, VI (4), cc. 332-438, e VIII, cc. 82, 84. Documenti di pagamento per artisti e incisori delle tavole del De florum cultura sitrovano alla Biblioteca ap. Vaticana, Archivio Barberini, Computisteria 49-50, e Giustificazione.
Si veda inoltre: L. De Angelis, Biografia degli scrittori senesi, I, Siena 1824, p. 287; M. J. Dumesnil, Histoire des plus célèbres amateurs italiens et de leurs relations avec les artistes, Paris 1853, pp. 483 ss.; G. Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano dal Pozzo.... in Misc. di storia italiana, XIII (1874), pp. 152, 163 s., 258 ss.; L. Quarré-Reybourbon, Les bouquets et l'assemblage artistique des fleurs au XVIIº siècle, Lille 1897, pp. 6-11; R. G. Villoslada, Storia del Collegio Romano, Roma 1954, p. 326; S. Martini, Nel tricentenario di G. B. F. (1584-1655), precursore della citrografia e della pomologia, in Riv. della ortoflorofrutticultura, (1955), pp. 293 s.; G. B. F. Einer der bedeutendsten Vorläufer der Pomologie, in Schweizer Garten, XXV (1955), pp. 348 s.; G. Masson, Italian gardens, London 1961, pp. 182-185; S. Coggiatti, Giardinaggio a Roma nel '600, in Strenna dei romanisti, XXXIX (1978), pp. 96-101; I. Belli Barsali, Una fonte per i giardini del Seicento: il trattato di G. B. F., in Ilgiardino storico ital., Firenze 1981, pp. 222-234; D. Freedberg, From Hebrew and gardens to oranges and lemons: G. B. F. and Cassiano dal Pozzo, in Cassiano dal Pozzo, Roma 1989, pp. 37-72; Id., Cassiano, natural historian, in Il Museo cartaceo di Cassiano dal Pozzo. Cassiano naturalista, s.l. 1989, p. 13; Id., Cassiano dal Pozzo's drawings on citrus fruits, ibid., pp. 16-36; S. Schütze, Die Cappella Filomarino in Ss. Apostoli. Ein Beitrag zur Entstehung und Deutung von Borrominis Projekt in Neapel, in Römisches Jahrbuch der Bibliothera Hertziana, XXV (1989), p. 317; J. M. Merz, Pietro da Cortona: der Aufstieg zum führenden Maler im barocken Rom, Tübingen 1991, pp. 326 ss.; A. Nicolò, Ilcarteggio di Cassiano dal Pozzo, Firenze 1991, pp. 24 s.; D. Freedberg, F. on the classification of Oranges and Lemons, in Documentary Culture: Florence and Rome from grand-duke Ferdinand I to pope Alexander VII, (Villa Spellman Colloquia, 3), Bologna 1992; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, coll. 676-679; V, col. 1061; IX, coll. 331 s.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XVI, coll. 1217 ss.