FEROGGIO (Ferroggio), Giovanni Battista
Nacque a Camburzano (prov. di Vercelli) il 5 apr. 1723 da Pietro Agostino e da Vittoria Lampo (Camburzano, Arch. parrocchiale, Libro dei battezzati, 1723). Ilfratello Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario) aveva intrapreso la carriera di misuratore e di architetto nell'Azienda delle fortificazioni e fabbriche in Torino e il F. ne seguì le orme, entrando anch'egli nella stessa Azienda. Il 4 marzo 1752 divenne misuratore e il 13 sett. 1755 architetto, sostenendo gli esami di approvazione presso l'università di Torino (Torino, Archivio stor. dell'Università, Esami facoltà scienze matematiche fisiche e naturali, Registro degli architetti maestri dei conti e misuratori, XD, 2, 1737-1759, pp. 135, 168), con la presentazione di tre disegni illustranti una "Fabbrica civile" (Torino, Bibl. naz., Indice dei disegni di architettura civile e militare, Architettura civile, vol. VII). Figura più di ingegnere che di architetto, dimostro di avere una notevole preparazione tecnica che si espresse soprattutto in interventi di consolidamento -statico e in ampliamento dell'esistente. oltre che in realizzazioni ex novo che gli fecero meritare notorietà maggiore del fratello (al punto che gli furono attribuite opere di Benedetto). La sensibilità strutturale dimostrata lo avvicinò moltissimo all'architetto e ingegnere Bernardo Vittone, che, secondo R. Wittkower (Arte e architettura in Italia. 1600-1750 [1958], Torino 1993, p. 380), riuscì a conciliare lo stile di G. Guarini con quello di F. Juvarra nell'ambito del barocco piemontese: non a caso il Vittone sembra essere la personalità da cui il F. trasse le suggestioni maggiori anche da un punto di vista formale.
Sicuramente facilitato e incoraggiato dall'autorevolezza professionale che il fratello Benedetto aveva ormai raggiunto negli ambienti vicini alla corte, i primi impegni lavorativi lo videro attivo, in collaborazione con lo stesso, sul territorio di Carignano, a risolvere problematiche di carattere idraulico (Carignano, Arch. storico della città, Cart. Lavori pubblici, Fiumi e bealere, 1760) e stradale. Del F. abbiamo un "tipo", ossia una planimetria, firmata e datata 6 ag. I 760, su cui sono delineati a confronto il vecchio tracciato e il nuovo collegamento proposto tra Carignano e Torino (ibid., Disegni). Dal 1760 al 1791 si susseguirono le "Relazioni di visita" e i "Preventivi di spesa" per diversi interventi a carattere idraulico firmati dal F. (ibid., Fiumi e bealere, Ordinati del Comune 1760-1791). Il suooperato era richiesto a Carignano e non solo per preventivi di spesa, ma anche per progetti di consolidamento e riplasmazione sugli edifici a carattere pubblico. Nel 1762 Si interessò delle modifiche da attuarsi a due edifici adibiti a scuderia del quartiere di cavalleria; i lavori proseguirono sino al 1786: a questa data sono da riportare due planimetrie (pianta e sezione) non firmate né datate, ma riferibili al F. per caratteri calligrafici (ibid., Disegni). Nel 1768 fornì il preventivo di spesa per la costruzione di volte in laterizio sopra i nuovi locali del palazzo comunale (ibid., Cartella lettere; Cartella palazzo comunale). È invece da escludere l'intervento a lui attribuito per il calcolo della volta della nuova parrocchiale, progettata da B. Alfieri, perché opera indubbia del fratello. Data l'intensa attività professionale, svolta contemporaneamente in Torino e provincia, il F. non poteva garantire una presenza continua sul territorio di Carignano; per questo intrattenne uno stretto rapporto con l'architetto Carlo Andrea Fea, con cui collaborò assiduamente.
Alla morte improvvisa del fratello, avvenuta nel 1763, il F. si trovò a dovere assumere le commesse da lui lasciate in sospeso, per volontà testamentaria dello stesso (Arch. di Stato di Torino, Insinuazioni di Torino, 1763, lib. 3, cc. 191-206), e ad essere economicamente e legalmente responsabile della sua numerosa famiglia. L'impegno economico doveva essere non indifferente; infatti il F. risulta aver avuto dalla moglie Anna Maria Manera quattro figli maschi, Pietro, che divenne cappellano reale, Francesco Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario), che seguendo le tradizioni di famiglia consegui il titolo di architetto civile e idraulico, Giacinto ed Angelo, che seguirono la carriera militare, diventando ufficiali ingegneri, e tre figlie: Celestina, Teresa e Paolina (ibid., 1795, lib. 8, c. 923). Fortunatamente la grande stima professionale ed umana di cui godette negli ambiti lavorativi e presso la Corona lo sostenne sempre sia professionalmente sia economicamente (Ibid., Regie patenti, 24 apr. 1795).
Il F. successe al fratello Benedetto nei cantieri della Manifattura tabacchi in Torino (una nuova manica per l'edificio della carta: Ibid., Corte, Partiti fabbriche, 1763, 20 maggio, 11 giugno), e della Fabbrica dei cristalli e vetri a Chiusa Pesio, in cui l'impegnativo progetto dei fabbricati, impostato da Benedetto, che prevedeva un sistema autosufficiente, comprendente sulla stessa area sia gli uffici amministrativi sia le zone industriali vere e proprie, fu portato a termine dal F. (Palmucci Quaglino, 1979, pp. 91, 97). Vi sono poi situazioni in cui, anche se la successione non fu cosi diretta, i due fratelli, furono chiamati a distanza di tempo ad intervenire sullo stesso fabbricato, lasciando presupporre che il materiale di studio, grafico e teorico, fosse frutto di una collaborazione e che questo fatto, noto alla committenza, determinasse la scelta dei progettista. Sono questi i casì, ad esempio, del Magazzino del grano, dove nel 1783 il F. fu chiamato a procedere alla sopraelevazione di un piano della manica verso mezzogiorno per formare un quartiere in grado di alloggiare il battaglione provinciale di Torino (Arch. di Stato di Torino, Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., 1783), e soprattutto, presumibilmente, degli interventi di riplasmazione a lui affidati nella chiesa dello Spirito Santo e per la ricostruzione del teatro Carignano, ambedue in Torino.
Nel 1762 il F. delineò una planimetria con il perimetro della nuova chiesa per la Confraternita dello Spirito Santo (Ibid., Tipi del Senato, alleg. 11/5), ma solo nel 1763 il R. Senato espresse parere favorevole sul sito (ampliato) che la chiesa avrebbe occupato dopo le riparazioni ed i rimodernamenti previsti dal F., e a quell'anno (9 genn.) sono da riportare la pianta e la sezione longitudinale con il progetto definitivo (ibid., 11, 12).
La Confraternita aveva inizialmente contattato il F. per una perizia tecnica, perizia richiesta anche a Benedetto, allorché l'Alfieri aveva proposto una nuova chiesa, poi non realizzata. Nel rapporto peritale il F. aveva rilevato che i cedimenti, già evidenziatisi in due dei quattro arconi sostenenti la cupola, avrebbero portato, entro breve tempo, al collasso di tutto l'edificio (Torino, Chiesa dello Spirito Santo, Arch. d. Confr., Documenti, cat. I, vol. V). Si decise allora di affidare al F. il risanamento, che comportò il rifacimento della zona della cupola, sia come profilo sia come altezza di imposta e distribuzione dei sostegni, come pure l'allungamento della zona del presbiterio e l'avanzamento della facciata sulla piazza antistante, secondo quanto si legge chiaramente nella pianta e nella sezione, dove sono messi a confronto la situazione precedente e il nuovo da farsi. È evidente che la portata dei cambiamenti fu tale da rendere legittimo parlare di riprogettazione, anche se il vecchio impianto Permase, soprattutto a livello di sottofondazioni, e condizionò il nuovo progetto. Il cantiere, di cui il F. aveva anche la direzione, durò a lungo, e con interruzioni, come testimoniano i pagamenti che si susseguirono negli anni (Ibid., Libro VII de conti). Ancora nel 1787 si attendeva il marmo di Valdieri per i completamenti (Carignano, Arch. stor., Ordinato, 9marzo 1787) e a quell'anno è da riferire il progetto del F. per il nuovo altare maggiore, anch'esso in marmo di Valdieri (Torino, Chiesa dello Spirito Santo, Arch. d. Confr., Documenti, cat. I, vol. V). Il risultato a cui il F. pervenne, pur muovendosi in piena epoca barocca, anticipa soluzioni neoclassiche che si rilevano nello spazio interno, dove una illuminazione uniformemente distribuita, che evoca echi iuvarriani, esalta il ritmo classico delle colonne corinzie, a fusto scanalato, in bardiglio di Valdieri.
Nel 1786 un violento incendio aveva distrutto il teatro del principe di Carignano, realizzato su disegno dell'Alfieri e collaudato da Benedetto. L'incarico della ricostruzione fu affidato al F., architetto della "Casa di S.A.S. il Principe di Carignano" (Almanacco reale per l'anno 1781, p. 217). Il rifacimento avvenne nel pieno rispetto della struttura preesistente, di cui si mantenne l'invaso con le opportune modifiche e migliorie, soprattutto a livello di prevenzione dal fuoco, realizzando anche un sistema di stoccaggio di acqua da utilizzarsi all'occorrenza. Quest'ultima miglioria tecnologica, insieme col meccanismo utilizzato per alzare ed abbassare il palcoscenico secondo necessità, è da riportare al figlio del F., Francesco Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario).
Quasi contemporaneamente al cantiere dello Spirito Santo, e cioè tra il 1766 e il 1772, il F. diresse anche quello della ricostruzione della chiesa di S. Caterina dei servi di Maria, in Asti, di cui aveva fornito il progetto (Torino, Arch. stor. dell'Ordine mauriziano, Commenda di San Secondo della Torre Rossa, mz. 3, n. 80; mz. 4, n. 104; mz. 516, nn. 118, 131; mz. 7/8, nn. 2223 223, 228, 231, 234; mz. 9, n. 261; Conti, 1766-1774).
La chiesa precedente era stata demolita nel 1732 su consiglio dell'Alfieri, e a quest'ultimo è molto probabilmente da riportare un primo progetto anonimo, datato 1737, a pianta semiellittica, che anticipa le soluzioni barocche realizzate in Carignano; segue un calcolo delle spese in data 17 apr. 1756, sottoscritto da Bernardo Vittone; F. Prunotto eseguì due piante, in data 1765, ma nessuno di questi progetti ebbe seguito e il Consiglio dell'Ordine mauriziano, da cui i padri serviti dipendevano, deliberò in data - 9 apr. 1766 la realizzazione secondo i disegni dei Feroggio. Alla morte del fratello Benedetto, il F. era subentrato nell'incarico di architetto dell'Ordine mauriziano, e questo sicuramente influenzò la scelta finale del progettista della parrocchiale astigiana. La chiesa, che è da considerarsi la più interessante tra le opere realizzate dal F. nonché la più nota e studiata, venne inaugurata il 26 apr. 1773 dopo lunghe e complesse vicende di cantiere che richiesero anche interventi di natura legale. L'impostazione planimetrica a pianta ellittica con cappelle radiali, di matrice fortemente barocca nella definizione ovale degli spazi sia primari che secondari, evoca altresì, nei caratteri distributivi spaziali, modi propri della ricerca rinascimentale, dell'organizzazione cioè di cellule a pianta centrale, poste a corona di uno spazio anch'esso circolare, come ritroviamo in disegni di Leonardo e di Baldassarre Peruzzi. Dalle istruzioni lasciate dal F. non è possibile trarre deduzioni dirette sui metodi costruttivi adottati per la realizzazione della cupola a sezione ellittica: si può però ragionevolmente supporre che questa avvenisse secondo quanto indicato nel Trattato ... delle resistenze di Giovanbattista Borra (Torino 1748), dal momento che tra i testi ereditati dal fratello risulta in elenco tale pubblicazione (Arch. di Stato di Torino, Insinuazioni di Torino, 1763, lib. 2, c. 200v). Nonostante l'eccessiva decorazione ottocentesca, all'interno è ancora oggi percepibile la perfetta organizzazione dello spazio, che rimanda dal vano centrale alle cappelle e viceversa, in un crescendo di movimento circolare di ascendenza guariniana.
L'attività svolta in qualità di architetto dell'Ordine mauriziano costituisce indubbiamente un settore importante della produzione professionale del Feroggio. Portata a termine la costruzione della chiesa astigiana, lo ritroviamo infatti immediatamente inipegnato, nella ristrutturazione dell'ospedale di Aosta, che l'Ordine aveva avuto in dono, con bolla pontificia, nel 1752.
La prima relazione del F. in cui si consigliava la riedificazione risale al 1765 ma non soddisfece evidentemente la committenza. Solo nel 1772, infatti, e secondo un nuovo progetto, sempre di mano del F. (non pervenuto), iniziarono i lavori di cantiere veri e propri, diretti a trasformare il palazzo dei baroni Champorcher sotto la responsabilità del capomastro Cesare Castelli. L'ospedale doveva contenere inizialmente undici posti letto, portati ben presto a quindici, ed avere un costo di esercizio non indifferente per l'epoca (Ibid., Ospedale di Aosta, mz. 1, nn. 14, 22; Conti, 1773-1774, Registri delle sessioni, 1765-1768).
Tra il 1773 e 1774 il F. fu attivo, sempre per conto dell'Ordine mauriziano, anche in Torino, in interventi di riplasmazione dell'edilizia dell'isolato di S. Croce, in cui si prevedevano il rifacimento della casa propria dell'Ordine, attigua all'ospedale dell'Ordine ed alla chiesa magistrale, e la ristrutturazione delle case in via Basilica dal numero civico i al 3 (Ibid., Case in Torino, mz. 6, nn. 139 s., 144-147, 149, 151, 153, 155, 162).
Nei disegni è evidente la volontà di pervenire a una regolarizzazione dello spazio edificato, che portò il F. a rettificare il lato della fabbrica che si affaccia su via Basilica. Il preventivo delle spese era stato da lui presentato già in data 21 apr. 1768, ma i lavori furono differiti fino al 23 sett. 1772, data in cui il F. consegnò una serie di elaborati grafici accompagnati da nuovi preventivi. Mentre l'edificio della "casa" dell'Ordine, seppur con alterne vicende, che ancora nel 1787 testimoniano un cantiere aperto (Torino, Archivio Basilica, Ordinati, vol. V), fu realizzato, la ristrutturazione delle case in via Basilica rimase sulla carta.
Negli anni immediatamente seguenti (1774-1775) il F. operò all'interno dei possedimenti della commenda di S. Maria di Neive (Cuneo) e per questa elaborò un progetto per la riedificazione della cascina chiamata "La Soprana" (Torino, Arch. stor. dell'Ordine mauriziano, Commenda di S. Maria di Neive, mz. II, nn. 70-71) e fornì disegni e calcolo di spese per la realizzazione della nuova cappella di S. Maria di Neive del Piano, detta "Il Monasterio", da eseguirsi utilizzando il materiale ricavato dall'abbattimento dell'edificio precedente (Ibid., mz. II, nn. 72-74; mz. III, Conti, 1775). Nel 1781 fu chiamato a intervenire su un'altra commenda dell'Ordine, quella di Sant'Antonio di Ranverso, dove gli fu richiesto il progetto di una cascina nuova nella regione del "Truchetto" (Ibid., Commenda di Sant'Antonio di Ranverso, mz. 3, nn. 59, 61, 69, 75; mz. 4, n. 149, Ordinati, 1781, p. 160; 1782, p. 276).
L'Ordine mauriziano era proprietario di diverse commende ed il F. fu attivo in qualità di architetto patrimoniale dell'Ordine, tra il 1763, anno in cui subentrò nella carica al fratello, e il 1793, anno in cui cessò ogni attività, nella tutela e nella gestione degli immobili e dei beni (commenda S. Marco di Chivasso, commenda S. Lorenzo di Pinerolo) e anche in interventi di carattere idraulico (commenda Gentile di Carignano); a lui inoltre spettavano la quantificazione dei terreni destinati alle diverse coltivazioni, la sorveglianza delle arature, sarchiature e dissodamenti, la cura e la registrazione delle produzioni, il censimento annuale dei fittavoli, delle loro famiglie e degli attrezzi da lavoro (Ibid., Commenda Gentile di Carignano, mz. 2, nn. 48-50).Accanto all'intensa attività svolta a favore dell'Ordine, il F. portò avanti gli altri numerosissimi impegni professionali che gli derivavano dalla dipendenza dall'Azienda delle fortificazioni e fabbriche, di cui, nel 1776, divenne misuratore ed estimatore generale (Arch. di Stato di Torino, Camerale, Patenti controllo Finanze, patente del 13 dic. 1776, reg. 53, f. 99). Anche per conto dell'Azienda si interessò di estimi e prassi amministrative per tenute agricole di proprietà delle Regie Finanze (Ibid., Fabbriche e Fortificazioni, Relazioni a S. M., 1775; Ibid., Camerale, Patenti controllo Finanze, 1780, biglietti 9-58), ma soprattutto fu richiesto quale esperto in interventi di consolidamento statico ed ampliamenti: potenziamento del complesso della Conceria reale, di proprietà del Regio Demanio, situata in regione Valdocco a Torino, dove, secondo i disegni firmati in data 7 apr. 1767, si prevedeva un edificio a corte chiusa a cui era aggiunto un edificio da pista (Ibid., Arch. Commercio e Manifatture, mz. IV, n. 4). Nel 1772 diventò ufficialmente direttore della Fabbrica dei marmi di S. M. (Ibid., Camerale, Patenti controllo Finanze, patente del 12 apr. 1772), incarico che ufficiosamente teneva dalla morte del fratello; più tardi, nel 1791, chiese ed ottenne la concessione in enfiteusi dell'edificio della segheria dei marmi (ibid., patente del 30 sett. 1791).
Nel 1776 fornì i progetti e i calcoli di spesa per la torre dell'Orologio a Poirino (Torino); i lavori, iniziati nel 1777, furono portati a termine nel 1779 (Poirino, Archivio stor. comun., Ordinati, 1776-1778). Negli stessi anni si interessò della sopraelevazione e della trasformazione della casa di proprietà Messier situata in Torino, nell'isola di S. Pietro; il disegno con il prospetto reca la data del 26 marzo 1776 (Torino, Arch. stor. della città, Cartella 62, fasc. 5, dis. 4). In quella casa, al primo piano, il F. aveva la sua residenza. Oltre a questa trasformazione a lui si deve anche la sopraelevazione di una casa di civile abitazione, posta nell'isola di S. Matteo (21 sett. 1779; ibid., fasc. 4, dis. 24), e il rifacimento della facciata della casa del conte Bertodaro di Tollegno (6 febbr. 1782) (Ibid., Cartella 63, fasc. 1, dis. 56). In qualità di estimatore e misuratore generale di S. M., gli furono richieste poi numerosissime perizie sia di tipo economico (preventivi spese) sia di tipo strutturale (relazioni di visita), come si deduce dalla lettura del materiale documentario riguardante l'Azienda delle fortificazioni e fabbriche (Arch. di Stato di Torino, Fabbr. e Fortific., Relaz. a S. M., 1786-1794).
Oltre che esprimersi in questa attività di carattere più peritale il F., negli anni dal 1785 al 1788, fu chiamato in qualità di progettista sia per la già citata ricostruzione del teatro Carignano sia per la realizzazione del nuovo ospedale di Acqui Terme (Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi per A e B, Acqui, mz.II, ff. 6, 11, 13, 23; Ibid., IArch., Acque, mz. IV, ff. 8, 13, 14; Ibid., Azienda Fabbr. e Fortif., Relaz. a S. M., 1788; Ibid., Corte, Approvazioni contratti fabbriche, 1788, 1789, 1790). Nel 1791l'ospedale non era ancora terminato e il F. risulta ancora impegnato in questa commessa (Ibid., Corte, Partiti fabbriche, 1791). Negli stessi anni in Torino gli fu richiesto un progetto (non realizzato) per le nuove scuderie del principe di Carignano (Ibid., Azienda Savoia Carignano, cat. 53, fasc. 6, n. 1, fasc. 10, nn. 12, 16); ottenne la direzione dei lavori del costruendo palazzo del Senato (Ibid., Corte, Partiti fabbriche, 1788 [15 novembre], 1791 [15 marzo], Approvazioni contratti fabbriche, 1787 [3 maggio], 1788 [2 gennaio, 10 aprile, 3 dicembre], 1789 [16 aprile], 1791 [5-19-22 aprile, 16 giugno], 1792 [18 aprile]; Torino, Arch. stor. comunale, Collezione X, 1791 [20 dicembre], 1792 [10 gennaio]); infine gli fu affidato il rifacimento della chiesa del B. Amedeo (Arch. di Stato di Torino, Fabbr. e Fortif., Relaz. a S. M., 1789; Ibid., Corte, Approvazioni contratti fabbriche, 1789 [4 e 6 agosto], 1790 [27 marzo]).
Nella seconda metà del sec. XVIII lo Stato sabaudo promosse la ristrutturazione edilizia degli istituti di pena al fine di migliorarne le condizioni igienico-sanitarie, le condizioni di sicurezza e prevenire le numerose evasioni: il F. dal 1769 al 1794 fu chiamato ad interessarsi a più riprese di questa particolare tipologia.
Fornì infatti progetti per il carcere di Oneglia (1770) (Ibid., Fabbriche e Fortificazioni, Relaz. a S. M., 1769;Ibid., Corte, Minutari partiti fabbriche, 1770), Alba (1771) (Ibid., Corte, Carte topografiche, III Serie, cart. A), Asti (1772; Ibid.), Biella (1780) (Ibid., cart. B), Carouge (1786; Ibid., cart. C), Saluzzo (1788; Ibid., Fabbr. e Fortif., Relaz. a S. M., 1787, 1788), Aqui (1788; Ibid., Corte, Carte topografiche, III Serie, cart. A), Tortona (1791; Ibid., Fabbr. e Fortif., Relaz. a S. M., 1773; Ibid., Corte, Approvazioni contratti fabbriche, 1791; Ibid., Tipie disegni, Sez. II, n. 98/9), Vigevano (1791; Ibid., Fabbr. e Fortif., Relaz. a S. M., 1791, 1792), Casale (1791; Ibid., Corte, Approvazione contratti fabbriche, 1791, 1792; Ibid., Tipie disegni, Sez. II, n. 156/12). Nella ricerca della tipologia ideale, negli esempi sopra espressi, la preferenza andò all'organizzazione pianirnetrica sviluppata in due maniche regolari, collegate ad angolo retto, che si affacciano su una corte chiusa e recintata.
Per la realizzazione delle ultime commesse relative alle carceri, e soprattutto nella direzione dei cantieri delle stesse, il F. si fece sempre più affiancare dal figlio Francesco Benedetto, a cui nel 1793, ormai molto ammalato, lasciò tutte le procure legali e professionali (Ibid., Insinuazioni di Torino, 1793, lib. 5, c. 1911). Due anni dopo, il 19 marzo 1795, morì a Torino, senza testamento (ibid., 1795, lib. 8, c. 923).
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti citati all'interno della voce cfr. Almanacco reale per l'anno 1781, Torino 1781, pp. 45, 121, 217; M. Paroletti, Turin et ses curiosités, Torino 1819, pp. 194, 264, 386; L. Olivero, La chiesa dello Spirito Santo in Torino e il suo architetto G. B. F., in Torino, 1934, 11-12, pp. 9-17; L. Mallè, Le arti figurative in Piemonte dalle origini al periodo romantico, Torino 1962, pp. 317 s.; C. Brayda-L. Coli-D. Sesia, Ingegneri e architetti del Sei e Settecento in Piemonte, in Atti e Rass. tecnica della Soc. degli ingegneri e architetti di Torino, XVII (1963), 3, p. 35 e passim dell'estratto; N. Carboneri, Architettura, in Mostra del Barocco piemontese (catal.), I, Torino 1963, pp. 78 s.; A. Griseri, Pittura, Ibid., II, p. 42; Schede Vesme, II, Torino 1966, p. 469; L. Tamburini, Iteatri di Torino. Storia e cronaca, Torino 1966, p. 45; A. Griseri, Le metamorfosi del barocco, Torino 1967, p. 360; L. Tamburini, Le chiese di Torino, dal Rinascimento al Barocco, Torino 1968, pp. 404-407; Appunti per la lettura di una città: Carignano, Carignano 1973-1980, I, pp. 42, 106, 180, 188 s., 191, 201, 203; II, pp. 188-189, 191 s.; III, p. 9; IV, pp. 6, 18, 80, 86, 90 ss., 190; L. Borelli, L'architetto F. e la chiesa di S. Caterina, in Gazzetta d'Asti, 1974, 43; A. Gabrielli, Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli, Torino 1977, p. 20; D. Rebaudengo, Le isole di S. Pietro e di S. Baldassarre, Torino 1977, pp. 24, 168 s.; A. Bellini, B. Alfieri, Milano 1978, pp. 146, 191; L. Palmucci Quaglino, Un'industria legata all'economia forestale: la Regia Fabbrica di vetri e cristalli di Torino e Chiusa, in L'Ambiente storico, 1979, 112, pp. 91, 97; Id., Mappa dell'archeologia industriale, Roma 1981, pp. 40-43; Id., Gli insediamenti protoindustriali in Piemonte tra Sei e Settecento: aspetti localizzativi e scelte tipologiche, in Storia urbana, VI (1982), 20, p. 72; Id., Acqui: il complesso termale oltre Bormida, Alessandria 1983, pp. 6-10; Id., Paesaggio rurale e protoindustria: sulle tracce dell'"archeologia del lavoro", in Beni culturali ed ambientali del Comune di Torino, Torino 1984, II, pp. 105, 405, 727, 728; Bâtir une ville au siècle des lumières, Carouge, modéles et réalités (catal.), Torino 1986, pp. 290 s., 382, 438, 647; S.Longo, I Ferroggio ed il loro tempo, tesi di laurea, Politecnico di Torino, facoltà di architettura, a. a. 1987-1988, pp. 61-195;L. Palmucci Quaglino, Continuità ed innovazione della casa rurale di pianura tra Cinquecento ed Ottocento, in Piemonte, Bari 1988, pp. 63-88;Id., Polveriera e fucina delle canne: continuità ed innovazione nelle manifatture d'armi di Borgo Dora e Valdocco, in Acque, ruote e mulini a Torino, Torino 1988, I, p. 270; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 430 (s. v. Feroggio, Benedetto).