DURAZZO, Giovanni Battista (Battista, Baccio)
Nacque a Genova nel 1637 (fu battezzato il 23 dicembre in S. Maria Maddalena) da Cesare e da Giovanna Cervetto. Appartenne al ramo dogale dei Durazzo: dogi furono il padre nel 1665, il nonno Pietro nel 1619 e il bisnonno Giacomo nel 1573 (vero fondatore quest'ultimo del potere politico della famiglia, attraverso la formula della mediazione tra "vecchia" e "nuova" nobiltà che ebbe modo di sperimentare proprio negli anni cruciali del suo dogato, coincidente con quelli del conflitto civile).
La differenziazione delle competenze (economico-finanziarie, economico-marittime, mercantili, giuridico-amministrative, ecclesiastico-assistenziali), e quindi delle cariche, sembra caratterizzare la struttura della famiglia Durazzo in maniera sempre più netta attraverso lo scorrere delle generazioni, nel compiersi del processo della loro integrazione ai gruppi di vertice, secondo la prassi politico-familiare tipica dell'aristocrazia genovese. Nell'ambito di tale logica, il D. e i fratelli furono avviati a settori diversi: Giacomo e Marcello, nati tra il 1630 e il 1633, intrapresero la carriera ecclesiastica (ma Giacomo mori poco più che adolescente nel 1649; Marcello invece divenne vescovo di Faenza e, nel 1686, cardinale); Pietro, nato nel 1632, scelse la carriera politico-diplomatica (e fu anch'egli doge nel 1685), e il D. probabilmente si cimentò in quella mercantile prima e in quella militare poi, forse per esclusione forzata di altre prospettive.
Infatti sembra che non godesse della stima della famiglia, o almeno di quella del padre: nel testamento Cesare non solo gli riservò una parte molto più modesta di quella del fratello (e questo potrebbe rientrare nella politica di conservazione del patrimonio), ma esprimeva l'ammonizione a che il D. non prendesse parte agli affari del fratello, che restava arbitro di decidere, se fosse stato "molestato" dal D., di limitarsi a riconoscergli la legittima.
Eppure, benché la carriera militare del D. risulti documentata in un'unica circostanza, quella della guerra savoiarda del 1672, la responsabiltià del grado affidatogli nella gravità della situazione e l'abilità nella conduzione delle operazioni dimostrano una competenza professionale.
D'altra parte, bisogna sottolineare che l'identificazione del D. con il commissario generale dell'esercito genovese non è sicura, a causa della ambiguità delle fonti. Il Casoni infatti cita il D. quasi costantemente senza il nome (Annali, VI, pp. 167, 169, 172, 179, 182, 183, 184: come commissario Durazzo o generale Durazzo), e mentre in due punti (pp. 151 e 165) lo definisce Giovan Luca, lo chiama invece Giambattista a p. 163. Come Giovan Battista lo identificano costantemente il Varese e il Donaver.
L'episodio che vide protagonista il D. appartiene alla guerra tra la Repubblica e il duca di Savoia, nell'estate del 1672. Mentre i Piemontesi si preparavano ad avanzare su Savona, il D., Giovan Maria Doria e Goffredo de Marini, commissari della Repubblica nella Riviera di Ponente, stabilivano il quartier generale in Alassio. Eletto commissario generale, il D. assunse la guida delle operazioni e dimostrò pronta intelligenza strategica: non sembra infatti condivisibile il giudizio riduttivo del Vitale, che attribuisce al valoroso capitano corso Pier Paolo Ristori tutto il merito dei successi militari genovesi.
L'opera del D. fu sostenuta per mare dalle galee agli ordini di Giovan Agostino Durazzo e per terra dagli altri commissari (specie da Ambrogio di Negro e da Ippolito Invrea nella zona di Porto Maurizio), ma soprattutto dalla solidarietà civile che in quella circostanza Genova e la sua classe dirigente seppero offrire. L'origine del successo delle operazioni va ricercata però nella decisione di mantenere ad ogni costo separate le due colonne dell'esercito piemontese che, con palese errore strategico iniziale, si erano dirette una su Albenga e l'altra su Porto Maurizio. Dopo aver sconfitto sopra Albenga la colonna guidata da Gabriele di Savoia, il Ristori lo insegui con i suoi contingenti corsi fino a Castelveccchio, riconquistata dai Genovesi il 5 agosto, con gran numero di prigionieri e un ricco bottino, che il D. poté inviare a Genova, chiedendo al Senato l'autorizzazione per procedere alla conquista di Oneglia. L'operazione fu condotta con l'appoggio delle galee al comando del nuovo commissario Gian Maria Doria. Dopo tre giorni di attacchi al circondario, il 15 agosto il D. era pronto a sferrare l'offensiva contro Oneglia, a capo di 5.000 soldati: ma il conte di Castelgentile preferi offrirne la resa senza condizioni.
Il D. prese possesso della città e della vallata, evitò il sacco, ma fece smantellare le fortificazioni, requisi tutta l'artiglieria piemontese, impose una tassa di 50.000 pezzi da 8 reali. Questo successo genovese preoccupò le altre potenze che, attraverso la mediazione diplomatica, obbligarono Genova a concedere la tregua; alla ripresa delle operazioni in autunno, i Savoia, appoggiati dalla flotta francese, poterono riconquistare Oneglia. Ma il D., già dalla fine di agosto, scaduto il termine del suo incarico, aveva chiesto ed ottenuto di tornare a Genova, ed era stato sostituito da Bernardo Baliano: al di là della amara conclusione della guerra, le truppe della Repubblica sotto la sua direzione avevano vissuto forse il momento più glorioso di quegli anni.
Il D. tornò forse all'attività mercantile, tentata una prima volta nella giovinezza. Nel 1666 infatti aveva partecipato, al seguito del cugino Giovan Agostino Durazzo, all'operazione della riapertura dei traffici in Levante; e in Turchia si era fermato alcuni anni, fino al 1669-70. Ma, con certezza, non risulta altro che una sua estrazione a senatore nel 1690. Restò scapolo e mori senza prole, probabilmente a Genova, il 18.ott. 1706
Bibl.: F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1800, VI, p. 163; C. Varese, Storia della Repubblica di Genova, Genova 1838, pp. 30-92 passim; I. R. Gallo, Storia della città di Alassio, Chiavari 1888, p. 77; F. Donaver, Storia della Repubblica di Genova, Genova 1913, II, pp. 318-319; L. Levati, Dogi biennali della Repubblica di Genova, Genova 1930, II, p. 240; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, p. 289 (come Gian Luca); G. Giacchero, Economia e società nel Settecento genovese, Genova 1973, p. 62; D. Punculi, L'archivio dei Durazzo marchesi di Gabiano, in Atti della Soc. ligure di storia patria, n. s., XXI (1981), p. 618; Id., Collezionismo e commercio di quadri…. in Rassegna degli Archivi di Stato, XLIV (1984), p. 170.
M. Cavanna Ciappina