AMALFI, Giovanni Battista d'
Nacque a Napoli, il 3 giugno 1624, da Francesco (Cicco) e da Antonia Gargano. Pare che fosse soprannominato Matteo: con questo nome comunque figura nella cronaca di A. Giraffi. Fratello minore di Tommaso Aniello, il celebre Masaniello da cui prese il nome la rivolta antispagnola del 1647, fu continuamente al suo fianco, fedele esecutore dei suoi ordini e compagno nell'inopinato successo e nella repentina catastrofe. Il 7 luglio 1647 l'A. è tra la folla che incendia i posti daziari e invade la reggia mettendo in fuga le milizie spagnole e il viceré duca d'Arcos.
Il giorno successivo, per incarico di Masaniello che gli fornì un dettagliato elenco dei posti daziari e delle case da bruciare, si mise a capo di alcune centinaia di giovani popolani dei quartieri Mercato, Lavinaro, San Giovanni a Mare e Conceria, li divise in squadre, li munì di torce e dette inizio agli spaventosi incendi che devastarono la città, distruggendo decine di case di speculatori e di eminenti personaggi della vita politica napoletana: sorvegliò tuttavia, secondo le disposizioni del fratello, che nulla fosse asportato dalle case che s'incendiavano e infatti, almeno nei primi giorni della sommossa, alle distruzioni non si accompagnò mai il saccheggio.
L'A. s'incaricò anche di mettere le "assise"ai commestibili, nuovamente disposte da Masaniello, controllandone nei giorni successivi il rispetto da parte dei negozianti. L'11 luglio accompagnò il fratello al Palazzo reale, dove vennero fissate le "capitolazioni", con le quali il viceré dava soddisfazione alle richieste popolari, e il 13 luglio fece parte del corteggio del capopopolo al duomo, allorché l'accordo fu pubblicamente giurato. Il 15 luglio l'A. fu inviato, al comando di circa cinquecento popolani, nelle vicinanze di Benevento con l'incarico di catturare il duca di Maddaloni, l'organizzatore dell'attentato contro Masaniello del 10 luglio e l'unico esponente della nobiltà che tentasse in qualche modo di opporsi alla rivolta della plebe, che si riteneva si fosse là rifugiato. L'A. era però di nuovo a Napoli il giorno dopo, quando fu ucciso Masaniello; gli Spagnoli tentarono di catturarlo, ma egli riuscì a tenersi nascosto per alcuni giorni, sino a che l'amnistia concessa dal viceré il 17 luglio, e dalla quale era stato escluso, per le proteste popolari non venne estesa anche a lui il 21 luglio. Il viceré tuttavia affidò l'A. al macellaio Marco di Lorenzo, perché lo ospitasse e lo sorvegliasse. Nell'agosto, poi, temendo che si volesse fare di lui il successore di Masaniello, come si mormorava già tra la folla, l'Arcos dette ordine di arrestare in tutta segretezza l'A., che rimase prigioniero in Castelnuovo sino al 14 settembre, quando il viceré dispose che fosse clandestinamente strangolato nella "fossa del Miglio".
Fonti e Bibl.: A. Giraffi, Le rivoluzioni di Napoli,Parma 1714, pp. 170, 184, 213, 214, 266; F. Capecelatro, Diario... delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650,a cura di A. Granito di Belmonte, I, Napoli 1850, pp. 73, 98, 100, 109, 168, 195; B. Capasso, La famiglia di Masaniello,Napoli 1875, pp. 15, 19-21, 24, 32, 42, 44, 45,76.