COSTA, Giovanni Battista
Nacque a Genova nel 1524; intrapresi gli studi giuridici, si iscrisse alla matricola dei dottori di Collegio nel 1562. Due anni dopo, nel maggio, fu inviato a Vienna come agente della Repubblica genovese presso la corte imperiale, per collaborare con l'ambasciatore Bernardo Spinola e, alla partenza di questo, avvenuta nel giugno, col nuovo ambasciatore monsignor Giovan Battista Lomellino.
Nelle istruzioni affidategli gli si rammentavano i termini del problema che si stava agitando presso la corte cesarea: la controversia sui beni dei Fieschi. Dopo la congiura di Gian Luigi Fieschi, erano stati confiscati i beni della famiglia, rivendicati da Scipione; accusato di aver partecipato alla congiura del cognato Giulio Cibo, egli si era rifugiato in Francia, dove aveva trovato protezione. Nel 1552 l'ambasciatore imperiale a Genova, Gomez de Figueroa, aveva sentenziato la condanna di Scipione, unico erede della famiglia dopo la morte di suo fratello Ottobono (1555). Tale sentenza era stata in seguito confermata da Carlo V e da Ferdinando I. Tuttavia, grazie ai buoni uffici del re di Francia, Scipione si vide garantiti nella pace di Cateau-Cambresis i benefici derivanti dal trattato, approfittandone per instare presso l'imperatore la restituzione dei feudi; il suo procuratore Giovanni Angelo Crotto riuscì ad ottenere, nel 1562, che l'imperatore ordinasse a Genova l'invio di un suo rappresentante perché si desse inizio a un nuovo processo. Si trattava di una questione di enorme rilevanza per la Repubblica, che temeva la penetrazione dell'influenza francese nel suo territorio, attraverso la restituzione al Fieschi dei feudi di Varese, Montoggio e Roccatagliata.
Iniziò, così, una lunga battaglia procedurale: al C. fu affidato il compito di impedire che si passasse all'esame dei meriti della causa, senza che prima si fosse discussa la nullità della precedente sentenza e l'imputazione per la quale Scipione era stato condannato.
Nel gennaio 1565 l'imperatore stabiliva il termine di tre mesi alle parti perché provassero le loro ragioni. Nel marzo giungevano a Vienna i due ambasciatori genovesi David Premontorio e Giovanni Ambrogio Negrone; il C., contemporaneamente, provvedeva a convertire i capitoli probatori inviatigli nelle posizioni da utilizzare durante gli interrogatori e tentava di ottenere, senza successo, che a rispondere in giudizio fosse Scipione e non il suo procuratore. Nell'ottobre i capitoli probatori presentati da Genova erano accolti e veniva concessa una dilazione di tre mesi alla parte.
Nel gennaio 1566 il C. si trasferiva ad Augusta, al seguito della corte imperiale; nel maggio, con un'altra sentenza interlocutoria, Massimiliano II dichiarava pertinenti tutti gli articoli probatori prodotti da entrambe le parti, accettando altresì gli interrogatori prodotti dal Crotto contro gli articoli probatori genovesi; veniva, infine, stabilita un'altra dilazione di nove mesi. In base a questa sentenza, favorevole al Fieschi, in quanto ammetteva come pertinenti anche quei capitoli presentati da Scipione che toccavano i meriti della causa, Genova iniziava la raccolta delle testimonianze per il processo. Nel settembre, benché ammalato gravemente, il C. dovette far fronte ad un'altra decisione ancora a vantaggio del Fieschi: mentre nelle lettere sussidiali consegnate a Genova si dava facoltà all'avversario di nominare un suo assistente per seguire gli interrogatori dei testi, tale clausola mancava in quelle consegnate a Scipione.
La malattia del C. si protrasse per alcuni mesi: solo nel marzo dell'anno seguente egli poté alzarsi dal letto e recarsi a Praga per ottenere la proroga per nove mesi del tempo probatorio concesso per interrogare i testi; nel giugno egli partì per Poznan, diretto alla Dieta d'Ungheria alla quale presenziava l'imperatore. Nello stesso tempo egli seguì altre questioni agitate presso la corte cesarea: la causa tra la Repubblica e il conte Claudio Landi circa il feudo di Varese Ligure, l'acquisto della terza parte di Zuccarello e il problema del marchesato del Finale. Egli dovette adoperarsi per impedire che questa ultima causa fosse delegata non al re di Spagna, ma all'Impero (1565) e seguì i passi compiuti da due inviati finalini giunti a Vienna per lamentarsi dei soprusi patiti da parte del marchese Alfonso e da parte degli stessi commissari imperiali (1567). Ritornato a Vienna, nell'agosto fu raggiunto dal nuovo ambasciatore genovese, Giorgio de Giorgi.
Insieme con questo il C. dovette controbattere le richieste del procuratore del Fieschi miranti ad ottenere la pubblicazione di alcune testimonianze già in suo possesso; sulla causa di Zuccarello venne sondata l'opinione del Consiglio aulico, il cui parere era contrario all'alienazione compiuta da Giovanni Antonio del Carretto di parte del feudo a vantaggio della Repubblica di Genova, contro cui protestava anche Filiberto del Carretto, cugino di Giovanni Antonio.
Durante il suo soggiorno a Vienna il C. maturò il progetto di dare vita ad una pia opera con lo scopo di praticare attività caritative. Grazie alla collaborazione di Cristoforo Pertana, egli poté radunare intorno a sé un gruppo di italiani residenti nella città imperiale: nacque così la Confraternita della carità, degli Italiani, affidata dapprima al gesuita spagnolo Michele Spes e, nel 1565, a Lorenzo Maggio, rettore del Collegio di Vienna.
Nel marzo 1568 il C. terminò il suo incarico di agente della Repubblica, facendo ritorno a Genova. Nel 1572 egli entrò a far parte della Compagnia di Gesù; trasferitosi a Roma, fu chiamato nel Collegio dei penitenzieri vaticani, che papa Pio V aveva riformato, affidandone il ministero ai gesuiti e stabilendo il loro numero in tredici: il C. ne fu anche rettore per sette anni. Nel 1587 egli compose una confutazione delle obiezioni che il padre Emanuele Gomez aveva avanzato al compendio dei privilegi della Società.
Morì a Roma il 4 giugno 1607.
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca naz., Mss. Gesuitici n. 360: Quae P. Emanueli Gomez absurda visa sunt in compendio privilegiorum Societatis cum confutatione P. I. B. Costae [1587]; Archivio di Stato di Genova, Arch. segreto, Lettere ministri Vienna, 4/2521, 5/2522, 6/2523; Ibid., Istruzioni a ministri, 8/2715; Ibid., Arch. notarile, notaio Camere Filippo, filza 2 (atto del 29 maggio 1604); Ibid., Fondo Gavazzo, filza 4, nn. 976, 978; L. T. Belgrano, Interrogatori ed allegazioni spettanti alla causa promossa da Scipione Fieschi per la rivendicazione dei beni paterni, in Atti della Soc. ligure di storia patria, VIII (1872), pp. 310, 315-18; E. Bensa, Il Collegio dei giurisperiti di Genova, Genova 1897, p. 24; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IX, 1, Paris-Bruxelles 1900, p. 127; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXIII (1934), p. 109; M. Scaduto, L'epoca di Giacomo Lainez, in Storia della Compagnia di Gesù in Italia, IV, Roma 1974, pp. 747 s.