CERVI (Cervini), Giovanni Battista
Figlio di Anton Maria, nacque a Firenze e fu battezzato il 28 dic. 1532 a S. Nicolò Oltrarno (Firenze, Arch. dell'Opera del Duomo, Battesimi Maschi).Il 7 luglio 1575 divenne membro, insieme con il fratello Alfonso, dell'arte della seta di Firenze (che includeva anche gli orefici) dopo esser stato più di sei anni garzone da Piero di Martino Spigliati (orafo fiorentino che nel 1556-59 era fornitore di catene d'oro per la corte medicea). Il primo pagamento che si conosca della corte al C. data al 1571. Da questo momento egli divenne uno dei più importanti orafi impiegati dai Medici, benché non lavorasse nelle botteghe granducali ma in una sua bottega al Mercato Nuovo (prima menzione il 29 febbr. 1572). Nei più di dieci anni che fu impiegato da Francesco I de' Medici, il C. eseguì opere di carattere molto diverso, fra cui argenteria domestica (piatti, candelieri, tazze da frutta, ampolle da olio e aceto, rinfrescatoi, ecc.) e gioielli come croci, agnus Dei, anelli, cinti, maniglie, pendenti per profumo, catene, spesso d'oro smaltato. Fra il 1575 e il 1577 il C. lavorava anche per il cardinale Ferdinando de' Medici in Roma. fratello del granduca Francesco (tra l'altro diversi finimenti d'oro per astucci da forbicette).
Ma le commissioni più importanti del C. riguardavano montature d'oro smaltato per vasi di cristallo di rocca o di pietre dure (calcedonio, agata, diaspro o lapislazzuli), fatti dagli intagliatori milanesi Caroni e Gaffuri che dal 1572 lavoravano nel casino di S. Marco a Firenze. La più famosa opera del C. è certamente la montatura, in forma di serpente d'oro smaltato, di una conchiglia di lapislazzuli conservata nel Museo degli argenti a Firenze (Inv. Gemme 1921, n. 413), datata al 1576. Anche le montature d'oro smaltato di una navicella di lapislazzuli e di una tazza di diaspro, ambedue nel Kunsthistorisches Museum a Vienna (inv. nn. 1774 e 1668), possono essere attribuite al C. per ragioni documentarie e per analogia stilistica. In questi oggetti, dalla forma riccamente fantasiosa, elementi bizzarri (animali favolosi, teste di mostri, ecc.) sono compensati da una interpretazione naturalistica e particolareggiata (ad es., dei serpenti), in un ibridismo caratteristico del tardo manierismo.
Per questo aspetto e nei particolari decorativi (cartocci, rosette di fiori, volute di foglie ecc.), il lavoro del C. è molto vicino alle opere dei due orefici importanti alla corte nel tempo di Francesco I: i fiamminghi J. Bylivelt e Giovanni Domes. Questa comunanza di stile fra orefici di origine e formazione tanto disparata è in buona parte dovuta all'influenza prevalente dell'architetto Bernardo Buontalenti, sui disegni del quale lavoravano non soltanto gli intagliatori di pietre dure, ma anche, gli orafi fra cui il Cervi. Anche i motivi fantastici zoomorfi, adattati dal C., risalgono 4 disegni del Buontalenti.
Si deve all'influsso del Buontalenti se questi oggetti, che erano destinati a suscitare ammirazione nelle "Kunst- und Wunderkammer" dei principi, presentano un'armoniosa fusione fra le strutture quasi architettoniche in pietre dure eseguite dagli intagliatori operanti nel casino di S. Marco e le fantasiose montature d'oro di un C. o di un Bylivelt: ed è questa fusione che contraddistingue i prodotti della bottega granducale di Firenze rispetto agli oggetti manieristici milanesi.
La maggior parte delle opere del C. per i Medici è scomparsa: tutta l'argenteria domestica, l'immagine di un bambino (1578) o le posate d'argento dorato con manici di corallo (1577), le bocche d'argento per i vasi di porcellana medicea (1582) o la montatura d'un vasetto d'osso di rinoceronte (1576). D'altra parte le montature di vasi dipietre preziose sono per lo più descritte troppo genericamente perché si possano individuare nel Museo degli argenti o altrove. Anche l'ultima opera del C. per Francesco I - anch'essa non conservata - aveva questo carattere fra fantastico e naturalistico: due montature d'oro per due salierine di lapislazzuli, con il piede formato da tartarughe d'oro smaltato e tre arpie d'oro smaltato che stringono i vasetti (pagamento del 21 luglio 1581).
Il C. morì a Firenze e venne sepolto il 19 febbraio del 1586 (stile nuovo: Archivio di Stato di Firenze, Morte della Grascia, n. 8).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, n. 79 ("Libro di conti del card. Ferdinando"), nn. 98 e 104 ("Memoriali di manifattori"; Ibid., Deposit. Generale, nn. 777 s. Entrata e Uscita della Depos."), nn. 967 s. ("Recapiti di cassa"); Ibid., Arte della seta, n. 13. c. 126v.; I. B. Supino, L'arte di Benvenuto Cellini, Firenze 1901, pp. 53, 55; E. Kris, Meister und Meisterwerke der Steinschneidekunst der italien. Renaissance, I, Wien 1929, p. 132; C. W. Fock, Der Goldschmied J. Bylivelt... und sein Wirken in der Mediceischen Hofwerkstatt..., in Jahrbuch der Kunsthistor. Sammlungen in Wien, LXX (1974), pp. 90, 94, 117, 121; Id., Vases en lapis-lazuli des collections Médicéennes du seizième siècle, in Münchner Jahrbuch der Bildenden Kunst, s. 3, XXVII (1976), pp. 129-134, 147 s. (con elenco delle fatture, pp. 147 s.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 304.