CERLETTI, Giovanni Battista
Nacque a Chiavenna (Sondrio) il 19 maggio 1846, in una famiglia di condizione borghese, da Antonio e da Carolina Roviscioni.
Compì gli studi secondari a Como. Successivamente si iscrisse alla facoltà di matematica presso l'università di Pavia. Nella primavera del 1866 si arruolò nel I battaglione del corpo dei volontari garibaldini e combatté nel Trentino, rimanendo ferito alla mano e al braccio destro, nello scontro di Monte Suello (3 luglio). Per tale fatto d'arme fu insignito della medaglia d'argento e successivamente divenne presidente della Società dei reduci garibaldini di Chiavenna. Tornato agli studi, si laureò in ingegneria nel 1869 presso il politecnico di Milano. Conseguita per esame una borsa di studio per l'estero, si trattenne due anni in Germania ed in Austria per studiare le scienze agrarie ed in particolare la viticultura e l'enologia. Alla Accademia di Klosterneuburg (Vienna) fu allievo del Babo (noto studioso di materie enologiche e della distillazione), che ne dirigeva gli studi enologici. Assieme al professor Mach eseguì ricerche degne di nota intorno alla fermentazione. Nel 1873 il C. promosse a Gattinara (Novara) la prima Stazione enologica sperimentale italiana, di cui divenne direttore. All'opera di propaganda tecnica locale (studio delle esigenze e caratteristiche delle diverse specie di vitigni coltivati; fondazione di una stazione meteorologica), il C. associava l'attività teorica illustrata dagli Annali di viticultura ed enologia italiana (Milano 1873-76), da lui ideati e diretti. Nel 1876 fondò e diresse a Conegliano la prima Scuola di viticultura e di enologia, e la sua iniziativa fu affiancata da A. Carpené.
Tale scuola fu articolata su due gradi di insegnamento, il primo con lo scopo di formare individui preparati all'esercizio pratico delle colture viticole ed alla elaborazione e conservazione dei vini; il secondo per indirizzare all'insegnamento ed alla direzione di aziende e società enologiche. La scuola di Conegliano, divenuta presto famosa, fu sede di due importanti congressi e concorsi: per lo studio delle apparecchiature e macchine enologiche, quello tenutosi nel 1881; per combattere la peronospora della vite quello tenutosi nel 1885. Le pompe irroratrici fecero per la prima volta la loro comparsa in quest'ultima esposizione. In quegli anni in gran parte d'Europa la vite era stata colpita dalla peronospora, con conseguente danno alla vegetazione ed alla produzione. Il C. in una sua nota, Il latte di calce applicato a combattere la peronospora della vite, confutava definitivamente la tesi allora corrente che le soluzioni alcaline danneggiassero le foglie e che lo straterello ricoprente impedisse il processo di nutrizione e di traspirazione delle stesse. Al contrario ne esaltò le proprietà curative contro il dannoso parassita.
Nella cittadina veneta il C. fondò e diresse la Rivista diviticultura e di enologia italiana (1877-86); fondò il primo Circolo enofilo (fu poi fondatore e socio onorario del Circolo enofilo italiano con sede a Roma); contribuì alla ricostituzione (1885) del locale Consorzio agrario. Negli stessi anni dava vita a Milano, insieme col fratello Carlo e con l'ing. M. Bernasconi, alla Agenzia enologica italiana, società per la produzione di macchine enologiche e di distillazione, che aprì proprie filiali a Roma, Bari e Catania entro i primi anni del '900.
Nel 1886 si trasferì a Roma, chiamato a ricoprire la carica di segretario generale della Società dei viticultori italiani, appena fondata da G. De Vincenzi e N. Miraglia. L'importante ruolo ricoperto lo mise in grado di assumere una parte determinante nella stipulazione dei trattati di commercio con l'Austria e la Germania, efficace alternativa per lo sbocco all'estero dei vini italiani in un momento di grave crisi dei rapporti commerciali con la Francia. Già membro della Commissione ampelografica centrale, trovò campo di maggiore influenza nel Consiglio superiore di agricoltura, nella Commissione fillosserica, nel Comitato centrale di viticultura ed enologia. Dietro suo suggerimento furono creati i Comitati antifillosserici, le scuoleenologiche di Alba, Avellino, Catania e Cagliari (modellate sull'esempio di quella di Conegliano) e le cantine sperimentali. Ideò anche una riforma radicale dell'insegnamento agrario superiore, medio ed inferiore, rimasta peraltro lettera morta.
Al fine di incrementare l'esportazione dei vini italiani incoraggiò la fondazione di società esportatrici, ottenne la creazione di Stazioni enotecniche e depositi di vini italiani all'estero sotto il controllo governativo, compì numerosi viaggi, di carattere scientifico e commerciale insieme, specie in Austria-Ungheria e nei Balcani. Nel '94 la Serbia gli offrì la carica di proprio console generale a Roma, in segno di apprezzamento per la collaborazione da lui prestata a quel paese, anche attraverso l'invio a Belgrado di S. Mondini, già suo assistente nella scuola di Conegliano.Fin dall'inizio del suo soggiorno a Roma, egli aveva preso contatto con l'ambiente agrario locale, prestando la sua opera di consulente per l'impianto di vigneti nella azienda delle Tre Fontane dei padri trappisti. Ma solo più tardi, dal '94 in poi, l'Agro romano divenne uno dei campi principali della sua attività: il nome del C. è legato al più importante tentativo ottocentesco di bonifica della Campagna romana.
Il duca Salviati, dopo essere stato assistito nel suo grande impianto di vigne a Migliarino, in Toscana, incaricò il C. di formulare un piano di bonifica per la sua tenuta "La Cervelletta", posta nei dintorni di Roma. Il progetto di trasformazione prevedeva il graduale passaggio dal tipo tradizionale di gestione - imperniato sul pascolo, "rotto" da limitate estensioni di coltura granaria - ad un'azienda simile alle "bergamine" lombarde, incentrata cioè sull'allevamento bovino a stalla e, conseguentemente, sulla produzione di foraggi. Tale profonda trasformazione implicava la sostituzione del "mercante di campagna", tradizionale gestore delle tenute dell'Agro, con la moderna figura di affittuario-imprenditore. "La Cervelletta" venne affittata ai lodigiani Monti, Bonfichi e Secondi con un contratto completamente diverso da quello allora in uso nell'Agro (cioè con fitto più basso, durata maggiore della locazione, contributo dei proprietario alle migliorie). L'esempio della "Cervelletta" fu contagioso, anche perché la tradizionale. agricoltura romana si trovava in un momento di gravi difficoltà, conseguenza sia della crisi generale iniziata negli anni '80, sia della crisi edilizia e bancaria di Roma, sia della congiuntura sfavorevole attraversata dalla pastorizia. Il C. assunse il ruolo di mediatore tra i proprietari romani e gli affittuari lombardi. A Milano tenne conferenze presso la Società agraria di Lombardia, scrisse articoli sul Bollettino dell'agricoltura, intrattenne contatti personali, fino a giungere ad organizzare due visite nell'Agro di affittuari lodigiani, guidati dal presidente dell'Associazione degli agricoltori lombardi, nel febbraio degli anni 1895 e 1896. Si parlava di costituire una società che rilevasse grandi estensioni di terreno nell'Agro per bonificarle e trasformarle. Mentre anche l'agronomo O. Bordiga seguiva l'esempio del C. per il Napoletano, invitandovi i lodigiani, l'iniziativa, per l'Agro si scontrava contro insormontabili opposizioni. I proprietari romani assunsero un atteggiamento sempre più rigido nei confronti delle richieste dei lombardi, specie riguardo al canone di affitto. A dissuaderli dall'impresa intervennero anche l'Osservatore romano (21-22 febbraio e 14-15 marzo 1895) e altri periodici locali.
La responsabilità del fallimento dell'impresa ricadde pesantemente sul Cerletti. Nel luglio del '96 la Società generale dei viticultori si fuse con la Società degli agricoltori italiani, fondata pochi mesi prima. Non solo al C. non venne assegnato nella nuova società un ruolo congruo a quello da lui ricoperto nella prima, ma il gruppo dei proprietari romani in seno al consiglio di amministrazione della Società degli agricoltori dichiarò che si sarebbe opposto alla fusione qualora la società stessa avesse continuato le operazioni riguardanti l'Agro romano.
Lasciò quindi Roma nel '96 e si trasferì a Milano: negli anni successivi elaborò comunque i piani di trasformazione di due altre tenute dell'Agro, quella di Pantano e quella di Cerveteri, che ricalcavano l'indirizzo della "Cervelletta".
Nel 1897-98 compìun viaggio in Venezuela e in Colombia, per conto della Società italiana di colonizzazione, promossa, tra gli altri, dal Credito italiano, da G. B. Pirelli, dal sen. E. De Angeli, da A. Treves, dal banchiere A. Vonwiller. Quale rappresentante della società il 31 maggio 1898 stipulò un contratto che prevedeva vaste concessioni di terreno ed altre facilitazioni da parte del governo venezuelano, in cambio della "importazione" di mille famiglie contadine all'anno, cui la società avrebbe ceduto cinque ettari di terra ciascuna ed anticipato l'occorrente per le abitazioni e le prime scorte. Il contratto venne riconosciuto dal ministero degli Affari Esteri italiano, ma non ebbe seguito per difficoltà insite nella concessione.
Il C. continuò ad interessarsi di questioni coloniali e commerciali in genere. Nel 1899 divenne socio, poi consigliere e per un anno vicepresidente della Società di esplorazioni commerciali in Africa, che proprio in quell'anno mutava il suo nome - impopolare dopo la crisi di Adua ma anche in conseguenza di un effettivo ampliamento di interessi - in Società italiana di esplorazioni geografiche e commerciali. La Società, presieduta da P. Vigoni dal 1887 al 1914, contava tra le sue fila una percentuale consistente di industriali, specie tessili, funzionari del ministero degli Affari Esteri, rappresentanti di società di navigazione: politicamente essa sembra collocarsi nell'ambito dei liberali moderati milanesi, già anticrispini. Il C. partecipò anche all'attività del Comizio agrario di Milano (del cui consiglio direttivo fu membro) e proseguì la sua opera di studioso e pubblicista su questioni agrarie con alcuni articoli su La Tribuna concernenti la possibilità di incrementare in Italia la coltura del cotone.
Il C. morì a Chiavenna, nella notte tra l'11 e il 12 sett. 1906, in una pausa delle sedute della giuria della Mostra degli italiani all'estero, sezione della Esposizione di Milano, di cui era membro.
Fra gli scritti più importanti del C. vanno ricordati: Sulla istituzione di una scuola di enologia nel Veneto, Milano 1874; Relazione sulla fondazione ed ordinamento della R. Stazione di Gattinara ibid. 1875; Le impressioni di un enologo in provincia di Como, ibid. 1876; Relazione al ministero di Agricoltura, Industria e Commercio sulla ispezione della Phylloxera nelle provincie di Como, Sondrio e Novara, Roma 1876; Delle costruzioni inerenti alla enotecnia, Conegliano 1879; Costruzioni enotecniche e vasi vinari, Roma 1885; Un istituto agrario "Garibaldi" a Caprera: proposta, Conegliano 1882; Sull'esportazione dei vini italiani in Inghilterra, ibid. 1883; Sullecondizioni agrarie del distretto di Conegliano: discorso, ibid. 1885; Il latte di calce applicato a combattere la peronospora della vite, Roma 1886; in collaborazione con G. Cuboni, Istruzioniper conoscere e combattere la peronospora della vite, ibid. 1886; Descriptive Account of the Wine Industry of Italy, ibid. 1888; Notes sur l'industrie et le commerce du vin en Italie. Avec une carte vinicole, ibid. 1889; Piano di bonifica e di coltivazione, primi lavori e spese murarie per la tenuta di Pantano. Studio di massima, ibid. 1901; e infine, in coll. con G. Casnati, Ordinamento delle rappresentanze agrarie. Relazione, Milano 1906.
Bibl.: In memoria di G. B. C., Milano 1909; S. Mondini, L'opera di G. B. C. e l'agric. nazionale, in Nuova Antol.,16 sett. 1928, pp. 251 ss.; Il corso nazionale di aggiornamento per enotecnici G. B. C., Conegliano 1966; A. Caizzi, Terra, vigneto e uomini nelle colline novaresi durante l'ultimosecolo, Torino 1969, pp. 93 ss.; A. Milanini Kemeny, La Società di esploraz. commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1924),Firenze 1973, pp. 166-80; M. Scardozzi, La bonifica dell'Agro romano nei dibattiti e nelle leggi dell'ultimo trentermio dell'Ottocento, in Rass. stor. del Risorg., LXIII(1976), pp. 200 ss.