BRITTI, Giovanni Battista
Appartenente a una famiglia cosentina di antica nobiltà, è forse da identificare con un omonimo figlio di Nicola, del quale si sa che viveva in Cosenza nel 1558. La prima notizia sicura su di lui risale al 1584, quando figura tra i membri della Congregazione preposta dal papa Sisto V alla Stamperia orientale, insieme con Giovanni Battista Raimondi, direttore della stessa Stamperia, con Cipriano Saracinelli e con Donato dell'Antella. Che il B. fosse un conoscitore di cose orientali è confermato da una sua lettera al Raimondi del 25 nov. 1585, da Goa, nella quale dichiara, di conoscere "un poco di lingua Turca" (R. Almagià, 1957, p. 89); mentre che il B. fosse "di corte del Cardinal de' Medici", il cardinale Ferdinando, futuro granduca di Toscana, principale promotore della Stamperia orientale, testimonia Filippo Sassetti, in una sua lettera a Piero Spina del 20 genn. 1586 (Lettere, p. 276). È probabile che il B. entrasse in rapporti con il cardinal de' Medici attraverso i due viaggiatori Giovan Battista e Gerolamo Vecchietti, nati a Cosenza, ma di origine fiorentina.
Il B. è noto per aver compiuto un viaggio in Oriente su incarico del pontefice Gregorio XIII e della Stamperia orientale. Il viaggio fu deciso nel 1584 e aveva lo scopo principale di trattare con il Prete Gianni, il sovrano etiopico, per stabilire relazioni diplomatiche tra quel paese e la S. Sede in vista di una unione della Chiesa copta d'Etiopia con quella cattolica.
A questo fine Gregorio XIII emanò per il B. un breve e scrisse lettere credenziali all'ancora leggendario sovrano. Scopo secondario del viaggio, ma al quale il Medici attribuiva grande importanza, era quello della "stampa arabica", di stabilire cioè le possibilità di vendita in Oriente, e in particolare in Etiopia, delle edizioni della Stamperia orientale. In particolare il B. doveva informarsi, secondo le istruzioni impartitegli, "che si spenderebbe per condurre li libri dal Cairo in Ethiopia per schiene di cammelli o d'altre bestie, overo per il Mar Rosso et in quanto tempo arriveranno ordinatamente o per l'una o per l'altra strada ne li loro porti o terre del dominio loro, e bisognandovi sopra ciò passaporti, salvacondotti o privilegi, gli procuri d'haverli, et la medesima informatione detta di sopra si pigli se si volesse usare la via di Portugallo" (Almagià, 1957, p. 78). Inoltre era compito del B. quello di procurarsi manoscritti nelle lingue orientali, di cui doveva avere un elenco dal patriarca dei maroniti. Infine il B., che nel suo viaggio doveva essere accompagnato da un Giovanni Maria Abissino, un etiopico che aveva a lungo servito in Curia come interprete, doveva fornire alla corte romana ogni possibile notizia su quel remoto regno "della grandezza, potenza, paesi subditi et istituti del quale - come gli scriveva nelle istruzioni il cardinal de' Medici - per esser cose lontanissime et poco pratticate dagli huomini nostri non havemo se non una generale et superficiale cognitione" (ibid.).
Il B. partì da Roma nel marzo del 1584 insieme con un altro viaggiatore, Giovanni Battista Vecchietti, il quale, con incombenze analoghe a quelle del B., doveva recarsi in Persia. I due fecero il viaggio insieme sino ad Alessandria, provvisti dalla Camera apostolica di 1.300 scudi. Oltre ai documenti pontifici, il B. recava con sé varie istruzioni sul percorso da compiere e un elenco di "Provincie et città principali dei Prete Jani". Ad Alessandria si separò dal Vecchietti e intraprese la parte più difficile del viaggio. Aveva prescelto la strada della Siria, che lo avrebbe dovuto portare attraverso la Mesopotamia sino al porto portoghese di Hurniúz, nel golfo Persico, e di nui a Massaua e nel Tigrè; da lì contava di arrivare in circa un mese alla corte del Prete Gianni.
In realtà le cose andarono secondo le sue previsioni soltanto nella prima parte del viaggio, sulla quale rimane una lettera al Saracinelli dello stesso B., che si premura, secondo l'incarico affidatogli, di informare gli amici romani delle caratteristiche dell'itinerario. Da Tripoli di Siria il B. si portò ad Hama, ad Aleppo, a Birecik, sull'Eufrate, e di qui, per via fluviale, a Felukia, di dove, passando per le rovine di Babilonia, arrivò a Bagdad, proseguendo quindi, ancora per via fluviale, sino a Bassora, sulla costa del golfo Persico. Il B. punteggia la sua relazione con descrizioni dei luoghi visitati, delle abitudini delle popolazioni, delle loro relazioni con gli Europei, delle numerose difficoltà che si incontravano ad attraversare il paese.
A Bassora il B. ebbe molte difficoltà per ottenere dal pascià, il quale forse nutriva qualche sospetto sulla missione affidata al viaggiatore calabrese, il permesso di imbarcarsi per l'isola di Hurmūz. Peggio ancora gli capitò durante la traversata dello stretto di Hurmūz: qui, secondo le notizie che il Sassetti mandava al granduca di Toscana Francesco I il 23 genn. 1586 (il B., a proposito di questo episodio, nelle sue lettere agli amici romani accenna soltanto ad un naufragio), la "flotta de' navigli dov'egli passava" fu assalita "da certi pescatori abbottinati, che domandano i Nicolotti, furono rubati tutti, e fatto di preda opera di settecentomila zecchini; la gente, la più parte, uccisa"; il B., "ferito in sei parti, rimasto come morto nella sentina del naviglio, che gli Arabi disfecero fino al lume dell'acqua. Andò a discrezion del vento e del mare cinque o sei giorni, vivendo a guisa di sorcio delle tamere ch'erano cadute fra la savorna di questa barca" (Sassetti, p. 306). Finalmente, il B. riuscì ad approdare nell'isoletta di Sirri, nella parte meridionale del golfo Persico, dove poté ottenere soccorsi da uno sceicco. Quindi raggiunse Hurmūz. Anche qui difficoltà e dispiaceri, determinati soprattutto dalla perdita dei documenti; ma questi furono poi recuperati e il viaggiatore poté rimbarcarsi per Goa, dove sperava di rimbarcarsi alla volta del Mar Rosso.
A Goa, dove incontrò il Sassetti, fu costretto a trattenersi per più di un anno, tra mille difficoltà causategli, a quanto egli stesso scriveva a Roma e il Sassetti confermava nelle sue lettere a Firenze, dal provinciale dei gesuiti, risentito perché il pontefice non aveva affidato alla Compagnia la missione in Etiopia. Da Goa, nonostante Popposizione dei padri, "in quest'India quasi più potenti del Vicerè" (Almagià, 1957, p. 88), pare che il B. finalmente riuscisse a partire, non prima, comunque, del novembre del 1586. Secondo il Sassetti egli si proponeva di approdare in un porto del Mar Rosso, o a Melinde, in Africa orientale, per riprendere poi il cammino alla volta della corte etiopica. Ma a destinazione non arrivò mai: dopo Goa si perdono completamente le sue tracce.
Fonti e Bibl.: F. Sassetti, Lettere corrette,accresciute..., a cura di E. Camerini, Milano 1874, pp. 276 s., 306-308, 347 s.; Rerum Aethiopicarum Scriptores occidentales, XI, a cura di L. Beccari, Roma 1902, pp. VI, 176 ss.; G. Sambiasi, Ragguaglio di Cosenza e di trent'una sue nobili famiglie, Napoli 1639, p. 47; R. Almagià, Contributi alla storia della conoscenza dell'Etiopia, Padova 1941, p. 60; Id., Giovan Battista e Gerolamo Vecchietti viaggiatori in Oriente,in Rend. dell'Acc. Naz. dei Lincei, classe di scienze morali, XI (1956), pp. 313-350; Id., G. B. B. cosentino viaggiatore in Oriente, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXV (1957), pp. 75-1011.