BISSO (Bissi), Giovanni Battista
Nacque a Palermo il 5 febbr. 1712. Entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù il 4 apr. 1729 e fece la solenne professione dei voti il 15 ag. 1746. Insegnò quindi due anni filosofia a Malta, per altri tre retorica nelle pubbliche scuole del collegio Massimo della città natale, e per altri due spiegò la Sacra Scrittura nella chiesa dell'Ordine. Morì a Roma, dove fu ascritto all'Arcadia, il 2 sett. 1787.
L'erudizione e la didattica di un religioso settecentesco e professore di retorica, di tendenze puristiche, appaiono evidenti nel libro più fortunato del B., l'Introduzione alla volgar poesia, che, adottato nelle scuole e più volte riveduto e arricchito, conobbe numerose edizioni per tutto l'arco di un secolo.
Diretto a condurre a poco a poco la mente dei principianti all'intelligenza della natura e perfezione della poesia italiana, e di tutti i suoi metri particolari, riserva la prima parte alla trattazione della "bellezza esteriore" dei componimenti (accenti, versi, rima, licenze poetiche), toccando nell'ultimo capitolo, dedicato allo stile e alla frase poetica, la "sentenza" (cioè i sentimenti) e la "dizione" (le parole), due dei quattro aspetti essenziali, secondo il canone aristotelico professato dal B., d'ogni poesia; degli altri due, la "favola" (idea, o finzione verisimile) e il "costume" (rappresentazione viva e coerente dei caratteri e dei sentimenti), ragiona saltuariamente la seconda parte, impostata sull'analisi delle varie forme metriche (sonetto, canzone, ode, ecc.). Ogni didascalia è naturalmente accompagnata da fitte citazioni, trascelte secondo un certo gusto per gli autori pastorali, e secondo un proposito di stretta diligenza ("i rimari bisogna sempre averli alle mani"), che fecero montare in furia il Baretti, il quale sulla Frusta letteraria giudicò l'autore "certamente più ricco di buon volere che non di cognizioni poetiche" (I, p. 261).
All'imitazione, o meglio alla tecnica dell'imitare, è più particolarmente adibito l'ultimo paragrafo della prima parte, forse il più meditato e personale: anche qui, l'abitudine classificatoria irretisce il discorso nelle maglie dell'astratta precettistica, non però fino al segno che non si scorga, nella gradazione posta fra il "rubare", l'"imitare" e l'"emulare", e nelle varie direzioni suggerite, di sentimento e di forma, l'intento di far profittare attivamente, più che di servirsi ricalcando, della lezione dei buoni autori, fra i quali campeggia il Petrarca.
Considerevoli spunti d'interesse, pur nei limiti della propedeutica scolastica, presenta il trattatello Della poesia teatrale antica e moderna - aggiunto all'opera precedente con l'edizione del 1777 - soprattutto nella sezione intitolata alla tragedia, che riflette esigenze e aspirazioni assai diffuse nel quadro dell'educazione letteraria gesuitica, che il teatro assumeva come possibile fruttuoso strumento di edificazione.
Sulla base delle discussioni promosse dal Martello, dal Crescimbeni. dal Gravina, dal Muratori, dal Pallavicini e da altri (mentre sullo sfondo sta la Poetica di Aristotele), il B. abbozza una sua opinione, che nel rispetto delle strutture tradizionali propende ad accogliere come legittimi i suggerimenti del senso comune, il lenimento della rima, la varietà delle scene, e rivendica la potenzialità drammatica del martirio cristiano.
Ancora una fatica didattica, soccorsa dall'esempio della Fabbrica e delle Osservazioni dell'Alunno, dei Sinonimi del Rabbi e del Memoriale di Giacomo Pergamini, è il vasto repertorio di Voci e locuzioni poetiche di Dante,Petrarca,Ariosto,Tasso...: sono sinonimi, aggiunti (cioè epiteti, aggettivi), perifrasi e frasi poetiche, ordinati alfabeticamente, e corredati, come al solito, di una ricca e disordinata messe di modelli e di riscontri. Da notare la riaffermata devozione al Petrarca, i cui aggiunti fanno rubrica a sé, e la qualifica di "voci rancide e straniere" e di "oscure e strane formole" rilasciata a buona parte del lessico dantesco.
È necessario avvertire che un omonimo e conterraneo del B., pure gesuita, morto il 18 genn. 1696, insegnò umanità e lingue antiche nel medesimo collegio Massimo, ed è l'autore dell'operetta, apparsa anonima,Palermo festivo,o le feste nella invenzione di S. Rosalia..., Palermo 1654.
Opere: Introduzione alla volgar poesia in due parti divisa, Palermo 1749; seconda edizione accresciuta e migliorata, a cura di F. A. Zaccaria (che vi aggiunse una "lezione" arcadica di Scipione Maffei, la quale accompagnò poi sempre le successive edizioni), Lucca 1755; la prima edizione veneta, Venezia 1762, è quella recensita dal Baretti; edizioni successive sono quelle di Roma 1777, Venezia 1785, Napoli 1847 (ultima edizione conosciuta); Voci e locuzioni poetiche di Dante,Petrarca,Ariosto,Tasso,e d'altri autori del Cinquecento,raccolte e ordinate, Palermo 1756; Vita di S. Rosa di Viterbo (pubblicata col nome anagrammatico di Bassiano Sbigatti), Viterbo 1772; Dissertazione sull'anno della morte di S. Rosa di Viterbo,aggiuntevi in fine alcune note allo estratto fatto da' giornalisti di Firenze della vita di essa santa scritta dal detto autore, Palermo 1775 (tomo XVI degli Opuscoli di autori siciliani).
Bibl.: Novelle letterarie pubbl. in Firenze, XIX (1758), col. 560; G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1286; II, 3, ibid. 1762, p. 1854 (sub v. Bossio); G. Baretti,La frusta letter., a cura di L. Piccioni, Bari 1932, I, pp. 255-62; II, p. 144; G. M. Mira,Bibliografia siciliana, Palermo 1875, p. 104; C. Sommervogel,Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I, Bruxelles et Paris 1890, coll. 1518-20; E. Bertana,Ilteatro tragico ital. del sec. XVIII prima dell'Alfieri, in Giorn. stor. della lett. ital., suppl. n. 4 (1901), p. 115 n.; G. Natali,IlSettecento, Milano 1955, pp. 542, 562, 859.