BALLARINO, Giovanni Battista
Veneziano, nacque nell'isola di Murano nel luglio del 1603. Avviato dalla famiglia agli studi, si formò una cultura assai vasta, d'impronta soprattutto filosofica e letteraria, e rivelò in giovane età doti che gli sarebbero state di aiuto prezioso nelle future imprese diplomatiche: pronto ingegno e precoce facondia nell'esercizio retorico. A diciott'anni si addottorava brillantemente in filosofia, e già nel 1622, appena ventenne, dava alle stampe un'Oratio in annuis exequiis Illustrissimi et Reverendissimi Ioannis Baptistae Zenis S. R. E. Cardinalis,discorso commemorativo pronunciato nella chiesa di S. Marco e non poco stucchevole per l'insistita ampollosità e le ridondanze dello stile barocco. Il 6 luglio 1622, presentatasi l'occasione di un'elezione straordinaria di addetti alla cancelleria ducale, il B. vi fu assunto per decreto del Consiglio dei Dieci.
Iniziava così quella carriera di funzionario della Serenissima ch'era tradizionalmente riservata alla classe cittadinesca dello Stato veneziano, ed assai ambita. Il giovane B. vi diede presto contributi ragguardevoli di diligenza e di vivace ingegno. Già nel 1623, nonostante la debole complessione fisica e una nativa ritrosia ad esporsi ai pericoli del mare, andò in qualità di segretario presso Leonardo Foscolo, capitano del Golfo; fu nello stesso periodo al servizio di Nicolò Da Ponte, duca di Candia, guadagnandosi la sua fiducia e la protezione della potente famiglia patrizia. Rimpatriato dopo ventidue mesi di soggiorno continuato in Levante, ripartì quasi subito al seguito di Simone Contarini che si recava a Costantinopoli per far atto di ossequio alla corte turca, rimanendovi poi come segretario del bailo Giorgio Giustinian sino al 1626, anno in cui lo ritroviamo nuovamente a Venezia, legato ai suoi impegni di funzionario della cancelleria ducale.
Ma già nel 1627 seguiva a Candia il provveditore generale Francesco Molino, il futuro doge: missione particolarmente pesante durante la quale il Molino lo costrinse quasi senza tregua a lunghi e minuti giri d'ispezione per l'isola minacciata dai Turchi, affaticando il debole fisico del B.: "Così il sonno, il cibo, la quiete da lui si godevano a momenti, con tanto pregiuditio della sua salute, che due volte restò da mortale infirmità sorpreso, preservatone dal Signor Iddio".
Nel 1629, messi in votazione due posti di ordinario nella cancelleria ducale, egli ottenne il primo posto col maggior numero di voti; ma tornò in patria solo nel 1631, concludendo la sua missione di segretario del Molino per il quale scrisse una lunga relazione finale da presentare in Senato. Seguirono per il B. pochi mesi di relativo riposo durante i quali, sollecitato da parenti ed amici, si unì in matrimonio con Marina Padavina, figlia di un altro funzionario della cancelleria, dalla quale ebbe un figlio, Domenico, nel 1632. Nello stesso anno intanto, in febbraio, era già ripartito da Venezia quale segretario di Francesco Zeno, inviato provveditore generale in Dalmazia, mentre si preannunciavano le inquietudini turche preludenti all'invasione di Candia. In parecchi incidenti di frontiera il B. rivelò presto tutta l'abilità diplomatica e la consumata arte del compromesso che aveva appreso nei lunghi anni di soggiorno in Levante. La sua preziosa attività venne premiata nel 1634 con la nomina a segretario dei Pregadi, in seguito alla quale poté di nuovo rientrare a Venezia.
Nell'aprile del 1635 il B. partiva per Vienna, dove prese dimora in qualità di residente veneto, sostenendovi con non lievi sacrifici personali le dispendiose esigenze della carica; trattato con molta liberalità negli ambienti di corte, vi rimase sino al 1638, quando tornò a Venezia per condurvi sino al 1643 numerosi incarichi di segreteria in varie magistrature. Nel 1639 diventava segretario del Consiglio dei Dieci, e nel 1643 arrivava al posto più delicato ed ambito della carriera di cancelleria con la nomina a segretario degli Inquisitori di Stato. Nello stesso periodo il B. portò innanzi un'impresa che gli era stata affidata dal Senato, la riunione sistematica di tutte le leggi del Consiglio dei Dieci in vista di una eventuale riforma. Nel 1645 gli moriva la consorte; si risposò di lì a poco con Prudenzia Perea, facoltosa vedova, che gli diede altra prole.
In quello stesso anno i Turchi avevano invaso Candia, sbarcando di sorpresa nell'isola e cingendo la città d'assedio. Nel 1646, dopo averlo minacciato di morte, il sovrano turco aveva fatto rinchiudere e sorvegliare il bailo veneziano Giovanni Soranzo nella propria abitazione. Nel febbraio del 1648 il B. giungeva in vista delle terre turche, inviato dal Senato come segretario al bailo prigioniero, in realtà come valido aiuto per la sua consumata esperienza nelle cose di Levante nella difficile situazione diplomatica in cui il rappresentante veneto s'era venuto a trovare. Il B. tuttavia, nella insormontabile sfiducia ed ostilità del governo turco, altro non poté fare che condividere coraggiosamente la prigionia del bailo fino al 1650, anno in cui furono rilasciati e poterono far ritorno in patria.
Il B., che durante il ritorno aveva dovuto sostare a lungo a Corfù per una grave malattia, era rientrato a Venezia gravemente provato dai patimenti subiti. Ma tale era il bisogno che la Repubblica aveva di uomini coraggiosi ed esperti sui luoghi cruciali del dissidio con la Turchia, e tanto lo spirito d'iniziativa del B., che già nel 1651 il Senato lo designò nuovamente per accompagnare a Costantinopoli l'ambasciatore Giovanni Cappello.
Iniziava così l'ultimo soggiorno del B. in Levante, quello in cui più grave fu il peso della responsabilità che investì la sua azione. Partì col Cappello nel luglio del 1652, giungendo però a Costanfinopoli solo nel gennaio dell'anno seguente: la guerra di Candia ormai era avviata alla fase di reciproca lenta esasperazione, e quasi impossibile sul piano diplomatico si rivelava l'iniziativa dei rappresentanti veneti, mentre "il nostro Gio. Battista pur troppo haveva in sudor freddo convertito il sangue più vivo". Fallito ogni approccio con i Turchi, la posizione del B., caduto nuovamente ammalato, divenne insostenibile dopo l'ordine di fermo impartito dal sovrano turco e la notizia giunta nel 1653 della morte avvenuta a Venezia della seconda moglie. Chiese al Cappello il permesso di ritornare a suo rischio e pericolo in patria tentando di superare le resistenze turche, ma il Senato non accolse la richiesta trasmessa dall'ambasciatore, troppo premendo la presenza dell'esperto segretario nelle difficoltà d'una situazione diplomatica così logora, resa ancor più precaria dall'età avanzata del Cappello che aveva fatto ricadere a poco a poco tutti i compiti ufficiali sul capo del Ballarino. Richiamato anzi poco dopo il Cappello, l'ambasciata rimase interamente affidata alle cure del B. in una continua alternativa di contatti diffidenti e di rinnovate prigionie.
Il 16 nov. 1660 il governo veneziano gli spediva la lettera di nomina alla carica di cancellier grande, la massima dignità che coronava la sua carriera di funzionarìo. Ma degli agi di essa il B. non poté mai fruire: "Continuavano fluttuanti le procelle della guerra, e il Ballarino ne provava le tempeste nell'animo, che non meno di nave agitata da venti sentivasi combattuto dai pensieri che gli rappresentavano senza fine li contrapposti al suo intento".
Pure tentò qualche iniziativa diplomatica con la corte turca: falliti i maneggi per la pace, nell'agosto del 1666 si mise in viaggio alla volta di Candia per addivenire almeno a più stretti contatti, ma cadde nuovamente ammalato e dovette far sosta a Isdin, una piccola località costiera della Macedonia, dove morì il 29 sett. 1666.
Fonti e Bibl.: I documenti dell'attività diplomatica del B. sono tutti raccolti nell'Archivio di Stato di Venezia, Dispacci al Senato, Germania,filze 78 b-81,e Costantinopoli, filze 132, 137-150. Lettere e documenti ufficiali sono conservati anche nella Bibl. del Civico Museo Correr di Venezia, mss. Cicogna, 3165, III(lettera di ringraziamento per l'elezione a cancellier grande), 2534, LXXVI e LXXVII, 3475,VI (2), 3478/VI (8), 2025/VIII, 3228/CXV (documenti di carattere ufficiale), 2508/XVI(cinque lettere ad Angelo Contarini, ambasciatore straordinario a Vienna, del 1637),1250/XXXI (una lettera da Pera del 1660); nella stessa biblioteca cfr. ms. Cicogna, 1701, Pregi e fregi de Veneti Gran Cancellieri,pp. 195-203. Scarna ma interessante la sua fortuna: D. Giusberti, La vita della morte. Epicedio... recitato nell'esequie solenni dell'Illustriss. et Eccellentiss. Sign. Gio. Battista Ballarino,Venetia 1666; S. Cosmi, In funere Illustrissimi atque Excellentissimi DD. Io. Baptistae Ballarini Magni Venetiarum Cancellarii oratio,Venetiis 1667(è l'orazione ufficiale pronunciata dinanzi al doge e al Senato, rist. nel volume del Cosmi, Hermathena, sive... orationes funebres coram Ser. Senatu Veneto habitae, Ferrariae 1691, pp. 199 ss.); M. Trevisan, L'immortalità di G. B. B. … descritta dalla penna amica di Marco Trivisano nobile veneto l'amico heroe,Venetia 1671, la più interessante ed ampia rievocazione della vita del B., dalla quale si sono tratte le citazioni. Cfr. inoltre E. Cicogna, Delle Inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 91; III, ibid. 1830, p. 481; VI, ibid. 1853, pp. 475, 478, 493, 682; Id., Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 351, 365, 549; G. Soranzo, Bibl. veneziana, Venezia 1885, p. 704; N. Jorga, Geschichte des Osmanischen Reiches, IV,Gotha 1911, p. 50.