AVIGNONE, Giovanni Battista
Nato il 22 ag. 1821 a Merate da modesta famiglia, a dieci anni già vestiva l'abito ecclesiastico per godere di un beneficio e poter proseguire negli studi: li compì infatti nei seminari diocesani, mostrando spiccate attitudini per il diritto canonico e l'apologetica.
Il periodo della sua formazione coincise con la diffusione della dottrina rosminiana nei seminari milanesi, ad opera specialmente di F. e A. Pestalozza e di N. Vitali, e con il rettorato di A. Staurenghi e del successore G. Gaspari, che furono i due primi sacerdoti secolari, non appartenenti cioè all'Ordine degli oblati, cui venne affidata la direzione dei seminari dai tempi di Carlo Borromeo. Nel seminario maggiore ebbe come direttore spirituale L. Biraghi, che si sarebbe acquistata larga fama come archeologo, inviso all'Austria per il suo spirito d'indipendenza.
Ordinato sacerdote il 1º giugno 1844, l'A. si trasferì a Padova, dove nel 1847 conseguì la laurea in utroque iure.Nel giugno dello stesso anno mons. G. Corti, consacrato vescovo di Mantova, lo volle con sé come segretario particolare.
Fu questo per l'A. un periodo decisivo, in cui entrò in stretto contatto con il numeroso e attivo clero mantovano di sentimenti nazionali e liberali, gravitante intorno al seminario vescovile dove insegnavano G. Martini, E. Tazzoli, G. Muti, G. Pezzarossa. L'A. tuttavia pare non avesse parte nella congiura in cui furono implicati il Tazzoli e altri sacerdoti, dedicando le proprie maggiori cure ad attività educative e caritative, quali l'assistenza alle case di ricovero, agli ospedali e agli asili per i fanciulli del popolo. Il suo impegno religioso si arricchiva così e si esplicava in un'attività più largamente civile e sociale, secondo le antiche tradizioni del clero lombardo. Nel contempo l'A. viveva da vicino i tragici avvenimenti successivi al '48 e le sanguinose repressioni del '52, sperimentando personalmente le diffidenze dell'autorità austriaca verso ogni segno di indipendenza, specialmente nel clero, considerato ancora, secondo la consuetudine giuseppinista, un corpo di funzionari al servizio dello Stato. Si rafforzò di conseguenza nell'A. la coscienza della necessità che l'azione religiosa della Chiesa si svolgesse al di fuori di ogni controllo del potere civile e non potesse in nessun caso essere ridotta ad instrumentum regni.Il suo patriottismo si alimentava così e si univa indissolubilmente a un ideale di libertà religiosa.
Divenuto sospetto all'autorità austriaca, si vide da questa rifiutare il passaporto quando i vescovi lombardi lo incaricarono di recarsi a Vienna a sciogliere alcune vertenze di giurisdizione. Inoltre il Corti, per intervento diretto del governatore M. Strassoldo, fu costretto nel 1852 ad allontanare l'A. dalla Curia: lo nominò allora canonico della cattedrale e professore di morale e pastorale al seminario, promuovendolo nel '53 a direttore spirituale e nel '54 a rettore. L'A. succedette così al Martini, in un periodo in cui il seminario, nonostante l'esecuzione del Tazzoli e l'allontanamento del Muti e del Pezzarossa, era ancora centro di resistenza antiaustriaca: vi insegnava tra gli altri R. Ardigò, che l'A. molto apprezzava. L'A. continuò anche ad essere il confidente del vescovo: carteggiava, ad esempio, in suo nome, con C. Cantù, cui inviava anche il proprio Panegirico di S. Giovanni Crisostomo (Mantova 1854), contenente un cenno significativo al problema del pauperismo. Nel sett. 1859, rimasta Mantova sotto gli Austriaci, l'A. fuggì a Milano.
Qui egli venne a trovarsi al centro dei gravi contrasti sorti nella Chiesa ambrosiana per le avversioni suscitate nel clero liberale dal vicario capitolare mons. C. Caccia, chiamato a reggere la diocesi in seguito al rifiuto del governo piemontese di concedere l'exequatur al nuovo arcivescovo P. Ballerini, sospetto di simpatie per l'Austria.
Dopo pochi mesi l'A. dava vita al Conciliatore, foglio religioso, che iniziava le pubblicazioni il 3 genn. 1860. Intorno al giornale, che aveva come programma di conciliare la libertà con la religione, si raccolse gran parte del clero colto e liberale di Milano: enumerava tra i suoi collaboratori G. Merzario, A. Sanquirico, G. Giudici, A. Stoppani, L. Vitali, ecc.
L'A. vi pubblicò quotidianamente brillanti articoli, specialmente dedicati al problema del potere temporale e della libertà della Chiesa. Rifacendosi a un ideale di separatismo e rivendicando l'ispirazione cristiana di quel principio, l'A. analizzava la funzione esercitata dal cattolicesimo come forza civilizzatrice, auspicava l'estensione all'ambito dello stesso organismo ecclesiastico di un costume di maggiore libertà e di rispetto delle garanzie canoniche, negava l'opportunità che la missione della Chiesa si appoggiasse ad una qualsiasi forma di potere politico, mostrando i vantaggi che le sarebbero derivati da uno spontaneo abbandono del potere temporale e dall'accettazione della nuova situazione di libertà che le veniva garantita da un regime separatistico. Teorizzando una separazione pacifica, come contenuta implicitamente nello stesso insegnamento dei Padri, la contrapponeva ad una separazione ostile, che prevedeva si sarebbe verificata come conseguenza inevitabile di un irrigidimento dei rapporti tra Stato e Chiesa. Proponeva inoltre alcune riforme ecclesiastiche atte, a suo giudizio, a favorire l'applicazione del separatismo, come il ritorno alle elezioni canoniche secondo un modello rosminiano.
Nel gennaio 1861, a Milano, l'A. pubblicava la memoria Del matrimonio civile (un brano di essa è riportato in G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano 1961, pp. 328 s.), in cui, pur ribadendo le proprie convinzioni separatistiche, si opponeva ai progetti tendenti a togliere efficacia civile al matrimonio religioso. Attaccato violentemente dai fogli intransigenti, tra cui si segnalava l'Armonia di Torino, il Conciliatore fuoggetto di una esplicita riprovazione pontificia nel concistoro segreto del 22 luglio 1861, di cui diede notizia il Giornale di Roma:in seguito a ciò sospendeva le pubblicazioni con il numero del 30 luglio. L'A. aveva nel frattempo dato un impulso decisivo alla costituzione, ad opera degli stessi ecclesiastici raccolti intorno al Conciliatore,di una Società ecclesiastica, che si proponeva di promuovere la cultura del clero e l'incremento degli studi religiosi, particolarmente quelli che potessero esercitare una benefica influenza sui principî sociali. Alla sua fondazione, il 19 maggio 1860, l'A. ne assumeva la vicepresidenza, mentre presidente era eletto G. Bertoglio, sostituito l'anno seguente da G. Ratti.
Un aspro conflitto sorse immediatamente tra la Società (che aveva raccolto vasti consensi anche tra il clero di campagna) e il vicario capitolare: uscirono vari opuscoli anonimi fortemente polemici nei riguardi sia di mons. Caccia sia degli oblati, ai quali erano stati riaffidati i seminari a partire dal 1853, e che venivano accusati di promuovere nel clero una educazione ispirata esclusivamente a principî di autorità e di passiva sottomissione. L'A. ebbe nel contrasto un posto di primo piano: mons. Caccia fece esplicitamente il suo nome in una lettera al pontefice del '62 sulla situazione della diocesi; la Civiltà Cattolica parlava di lui come del capo spirituale della frazione liberale del clero lombardo; si credette perfino di poter ravvisare nell'A. quel canonico milanese cui accennava, per riprovarne gli atteggiamenti, il discorso tenuto da Pio IX il 25 marzo '62 in occasione della promulgazione del decreto di canonizzazione di tre martiri giapponesi.
L'A., in realtà, si era acquistata larga fama anche in ambito non ecclesiastico, sia per profondità di cultura e santità di vita, riconosciute dagli stessi avversari, sia per le eccezionali sue doti di predicatore: da ricordare, tra le sue più famose omelie, il discorso per i morti di Sicilia, pronunciato nella chiesa di S. Carlo il 30 ag. 1960, il quaresimale tenuto nel 1962 a S. Fedele sull'unità della fede e quello dell'aprile del 1863 nella chiesa di S. Francesco da Paola sulla conciliazione di cattolicesimo e libertà; in quest'ultimo l'A. sosteneva essere intrinseco all'indole stessa della libertà la sua associazione ad un principio religioso. Costretta a sciogliersi la Società ecclesiastica in seguito ad ingiunzione di mons. Caccia, l'A., nell'ultima seduta del 12 nov. 1862, si pronunciò contro un ricorso a Roma.
Apprezzato anche dall'autorità civile per il suo fervido patriottismo, l'A. venne nominato nel 1863 regio subeconomo dei benefici vacanti della città di Milano e, nello stesso anno, incluso, con C. Airoldi Aliprandi e G. Lega, in una tema di ecclesiastici nominati dal re a canonici della metropolitana, cui però il vicario capitolare rifiutò l'istituzione canonica. L'A. fu anche uno dei promotori del nuovo giomale, Il Carroccio,apparso nel dicembre del '63, a carattere più schiettamente politico e non alieno dal richiedere l'intervento del governo italiano nelle contese ecclesiastiche, almeno in difesa del diritto di associazione. Ma poco dopo l'A. morì, il 16 genn. 1864, a Milano.
Fra le opere dell'A., oltre a quelle già citate, si ricorda: La Chiesa senza il potere temporale,Milano 1870 (raccolta di scritti pubblicati sul Conciliatore).
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. Arcivescovile: Ordinazioni, busta Y 1933; Mantova, Arch. Vescovile: Protocollo segreto di mons. Corti;Mantova, Arch. del Capitolo della Cattedrale: Verbali delle sedute,vol. XVII, p. 531, vol. XVIII, pp. 32, 74; Milano, Arch. di Stato: Autografi: clero lombardo, busta 14; Bibl. Ambrosiana: fondo Cantù,buste 23 e 39; Torino, Museo Ris.: fondo Mongini; Il seminario di Milano e gli Oblati, per Demofilo Lombardo, Milano 1862, p. 36; Sulle condizioni di Milano prima e doto la guerra del 1859, in La Civiltà Cattolica,s. 5., XIII (1862), vol. I, p. 560; Scioglimento della Società ecclesiastica di Milano, o resoconto della seduta tenuta il giorno 12 nov. 1862, Milano 1862, p. 16; La diocesi di Milano negli ultimi quindici anni,Milano 1862, pp. 86, 121 nota; Le piaghe della Chiesa milanese,Milano 1863, pp. 118-120 (in app., pp. 287-295, il discorso dell'A. sulla conciliazione tra cattolicesimo e libertà); A. Salvoni, Orazione funebre in morte del can. G. B. A. letta in Caravaggio,Bergamo 1864; D. P. Balan, Continuazione della Storia universale della Chiesa cattolica dell'ab. Rohrbacher, dall'elezione al pontificato di Pio IX nel 1846 sino ai nostri giorni, II,Torino 1876, pp. 368-370, 499; L. Vitali, Patria e religione. Commemorazioni,Milano 1904, pp. 223-232 (vi è pubbl. il necrologio dell'A. già apparso sul Carroccio del 18 genn. 1864); C. Bonacina, Mons. Caccia e i suoi tempi, Memorie storiche 1802-66, Milano 1906, pp. 385 s., 479 s., 536; C. Castiglioni, Mons. Luigi Nazari dei conti di Calabiana, arcivescovo di Milano, e i suoi tempi,Milano 1942, pp. 32-34; M. Deambrosis, Conciliatoristi e riformisti italiani dell'Ottocento,in Rass. stor. del Risorgimento, XLIX (1962), pp. 271-312; Diz. del Risorgimento nazionale, II, p.132.