ANTEGNATI, Giovanni Battista
Nacque presumibilmente a Brescia verso la fine del 1500, figlio di Bartolomeo. Ripresa dal 1530 l'attività paterna dell'arte organaria, che l'A. aveva seguito da giovane nella officina di famiglia, alcuni suoi lavori sembrano tuttavia testimoniare una mediocre perizia professionale. Il 21 nov. 1536 l'A. ricevette settanta scudi "per haver refato de novo tuto l'organo del Santo" della basilica di S. Antonio a Padova ma il lavoro non soddisfece e così anche il suo restauro all'organo della chiesa di S. Francesco, sempre a Padova.
Per un giudizio su entrambi i lavori fu chiamato l'organaro Vincenzo Colombo, che non fu favorevole nemmeno dopo le modifiche apportate dall'A. secondo le sue osservazioni. La controversia ebbe termine nel 1538 e il Colombo rifece gli organi della basilica del Santo. Attivo in questo periodo in Padova, è presumibile che si possa attribuire all'A., sebbene manchino i documenti relativi, anche la costruzione dell'organo delle monache di S. Benedetto Vecchio. Alcuni anni dopo (23 nov. 1544), egli fu assunto come organista dai deputati della chiesa dell'Incoronata a Lodi e contemporaneamente anche come organaro, poiché gli commisero di aggiungere - secondo le sue stesse promesse - 54 canne di flauto e di rifare il registro maggiore (il principale) all'organo costruito nel 1506 da Domenico di Lorenzo da Lucca (D. Ravani). Confermato come organista stabile nel 1545, l'A. terminò i lavori l'anno dopo eil 21 settembre venne chiamato da Milano l'organista fra' Ludovico de Buffinis per il collaudo. Dall'atto steso nello stesso giorno (21sett. 1546) si rileva, però, che i registri introdotti dall'A. ("... un flauto unissono con le principale, una spetia de come muse, unissono al medesimo registro. Et una parte di come [canne] che luy le dimanda fiferi...") non trovarono il suo pieno consenso, confrontati con l'opera generale di Domenico. Queste aggiunte sono invece importanti testimonianze, come dice il Lunelli, dei nuovi orientamenti estetici degli Antegnati: con esse l'A. si poneva "all'avanguardia nel presentare nuovi colori organistici" e raggiungeva un livello non superato dai suoi discendenti.
Raro era infatti negli organi italiani antichi il flauto in unissono al principale; quanto alla cornamusa - che è un'ancia della famiglia dei regali -, è la prima prova certa dell'introduzione di questo registro negli strumenti degli Antegnati. Il fiffaro citato - registro dolce di fondo combinato col principale e con questo leggermente disaccordato -, che aveva sonorità di voce umana emettendo qualche lento battimento, sarà poi il delicato, espressivo registro favorito dagli organisti italiani.
Assentatosi intanto senza motivo dal suo servizio durante il 1546, l'A. ritornò a Lodi con un certo Iohannes de Albino come aiuto accordatore (e ciò convaliderebbe l'ipotesi che in quel luogo - Albino presso Bergamo - gli Antegnati avessero un'officina), e nel luglio 1548 i deputati dell'Incoronata gli commisero di fare "attastos organi". Una nuova lunga assenza ingiustificata (forse dovuta, secondo il Salamina, a un collaudo sfavorevole della sua opera da parte di un tale Gian Giacomo Piacentino) gli costò il licenziamento il 28 ott. 1549. Riammesso il 2 febbr. 1550 con l'obbligo di insegnare "ad sonandum organum et ipsum ad accordanduni et fabbricanduni" (suoi primi allievi furono Silvestro Bonsignori e Andrea Pongirolli o Pinciroli), fu licenziato ancora dopo una altra perizia negativa dell'organista Claudio de Vegiis (Vegio o De Vecchi) e la vertenza finì in tribunale. Il 10 marzo 1551 per intercessione di Ludovico Vistarini l'A. fu ripreso in servizio, ma, quando ormai i rapporti con i deputati eran tomati pacifici, si ammalò per lungo tempo. Il 21 genn. 1553 egli venne dispensato dall'insegnamento e nel giugno anche dal pagamento del collaudo di Claudio de Vegiis per il restauro di dieci bordoni del flauto dell'organo dell'Incoronata. Un mese dopo, un contratto per tre anni lo confermava alla sua carica; tuttavia non si hanno più sue notizie dopo il 1553. Poiché nel 1556 figurava come organista un certo Silvestro sacrista e nel 1557 veniva eletto Alessandro Pongiroli, si può ritenere che l'A. fosse morto a Lodi prima del 1556 e che gli fosse successo l'allievo Pongiroli.
"Uomo di genio nella ricerca di nuovi registri ma che non conduceva a perfezione i suoi lavori"- secondo l'espressione del Salamina - l'A. non fu, dunque, accurato e abile organaro come alcuni dei suoi congiunti. In generale, i giudizi negativi sui suoi lavori dovettero essere, perciò, piuttosto giusti. All'A. la tradizione attribuisce, senza peraltro alcuna base di documenti, anche la costruzione dell'organo del duomo di Lodi.
Bibl.: D. Muoni, Gli A. organari insigni, in Arch. stor. lombardo, X(1883), p. 203 s.; A. Valentini, I musicisti bresciani e il Teatro Grande, Brescia 1894, p 11; L. Salamina, Organaria Lodigiana in Arch. stor. per la Città e Comuni del Territorio Lodigiano e della Diocesi di Lodi, LIX (1940), p. 63 ss.; Id., Un decennio a Lodi di Giovanni Battista Antegnati, ibid., LXII (1943), pp. 92-95; R. Lunelli, Una breve stasi nell'attività organaria degli A., in Musica Sacra. Rivista Liturgica Musicale (Milano), LXIX, n. 3 (sett.-ott. 1942), p. 4 s. ; C. Antegnati, L'Arte organica... op. XVI (Brescia 1608), a cura di R. Lunelli, Mainz 1958, pp. 40, 42 (ediz. critica in italiano e tedesco, con ricca bibliografia italiana e tedesca).